Nei dintorni di Djokovic a New York: Welcome back, Nole

Nei dintorni di Djokovic

Nei dintorni di Djokovic a New York: Welcome back, Nole

Il punto sulla stagione del tennis balcanico dopo lo US Open. Il ritorno di Nole, i rimpianti di Cilic, la crescita di Coric. Ma anche uno Slam al femminile (quasi) tutto da dimenticare

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Con rinnovato vigore, dato che il “titolare” della rubrica da New York ha portato a casa il suo quattordicesimo trofeo del Grande Slam, prima di archiviare definitivamente l’ultimo Slam dell’anno vediamo come è andato lo US Open per i rappresentanti dei paesi dell’ex Jugoslavia. A New York erano sedici in tutto (10 uomini e 6 donne) gli iscritti ai due main draw di singolare. Due in più di Londra (9/5), uno in più di Parigi (9/6), uno in meno di Melbourne (10/7). Dal riepilogo dei dati dei quattro Major stagionali sembrano quasi siano numeri scontati. E invece sono numeri notevoli, se solo ci ricordiamo che parliamo di un insieme di paesi che complessivamente conta meno di venti milioni di abitanti. Tanto per capirci, meno di un terzo della popolazione dell’Italia, che però a New York nei due tabelloni in questione di giocatori ne aveva otto, esattamente la metà.

SINGOLARE FEMMINILE

Da segnalare subito che, dopo tanto tempo, il più numeroso era il gruppetto sloveno. Ben tre in tabellone: non accadeva da ben 15 anni (US Open 2003), tempi in cui c’erano addirittura tre tenniste slovene in top 50 (Srebotnik, Pisnik e Matevzic). Merito dell’esplosione della 20enne Tamara Zidansek, al suo primo Slam, della migliore stagione della carriera di Dalila Jakupovic (al suo secondo Slam dopo Parigi, dove era entrata da lucky loser) e del comeback di Polona Hercog, che dopo tanti problemi fisici da qualche mese è tornato a giocare con regolarità. Non bisogna però dimenticare che la leadership slovena  è stata anche frutto di alcuni problemi contingenti della Croazia, che oltre a Martic e Vekic avrebbe dovuto schierare anche Ana Konjuh e  Mirjana Lucic- Baroni, costrette invece entrambe al forfait da problemi fisici. La ventenne Ana per i famosi problemi al gomito che di fatto le hanno fatto perdere di fatto tutti gli ultimi dodici mesi, la 36enne Mirjana per quelli alla spalla destra che l’hanno costretta allo stop da Melbourne in poi.

Fanalino di coda la Serbia, presente con la sola Krunic in attesa dell’ascesa della grande promessa 17enne Olga Danilovic, che nel frattempo è arrivata al suo best ranking alla soglia della top 100 (è n. 105). Mentre da lunedì – doveroso ricordarlo – è uscita dalla classifica (non gioca dall’agosto 2017, pur non essendosi ritirata ufficialmente) l’ex n. 1 del mondo Jelena Jankovic. Serbia fanalino di coda ma pur sempre presente, cosa che invece non si può più dire del Montenegro, dato che è ormai sparita dai radar Danka Kovinic. Dopo dieci presenze consecutive negli Slam, dallo scorso US Open la 23enne tennista di Cetinje non riesce più a superare le qualificazioni (quest’anno a New York è stata eliminata al I turno dall’azzurra Jessica Pieri). N. 46 del mondo nel febbraio 2016,  Danka è entrata in crisi di risultati nella prima metà dello scorso anno e non si è più ripresa: uscita dalla top 100 ad aprile 2017 non vi ha più fatto ritorno, sino a crollare all’attuale posizione n. 189.

UN’ECATOMBE – Al primo turno, fuori cinque su sei… Peggior risultato dell’anno, dato che a Parigi almeno un paio di secondi turni (Vekic e Martic) erano arrivati. Le due croate invece qui sono saltate subito. Donna Vekic ha lottato ma non è riuscita a venire a capo – per la quarta volta in quattro scontri diretti – di Anastasija  Sevastova (tds n. 19). La 22enne di Osijek questa estate, dopo gli ottavi a Wimbledon, ha raggiunto il suo best ranking (n. 37), ma il tanto atteso salto di qualità onestamente ancora non si è visto. Petra Martic è stata invece sconfitta da Safarova con un doppio 6-4. Per Petra, che aveva iniziato alla grande l’anno con gli ottavi di finale a Melbourne, dagli Slam  – che invece lo scorso anno avevano rappresentato il fiore all’occhiello della sua stagione – sono arrivate poi solo delusioni, Anche se c’è da dire che a Flushing Meadows ha sempre raccolto poco (mai oltre il secondo turno). La  spalatina sperava di più da questa stagione, sebbene la vittoria della scorsa settimana al 125K di Chicago la riporta tra le prime quaranta al mondo.

Le slovene erano in tre ma hanno fatto i bagagli subito. Con non pochi rimpianti. Quelli di Polona Hercog, che si è arresa in tre set alla voglia di emergere della 18enne wildcard statunitense Claire Liu, ex n. 1 del mondo juniores. E soprattutto quelli di Dalila Jakupovic, che ha raccolto solo tre game contro la 21enne svizzera Jil Tiechmann, proveniente dalle qualificazioni. Lo stesso numero di game che ha portato a casa contro Kristina Mladenovic la 20enne Tamara Zidansek, ma qui ci poteva stare considerando che c’era di mezzo anche l’emozione dell’esordio in uno Slam. La giovane tennista di Postumia rimane comunque una piacevole rivelazione della stagione, che l’ha vista anche vincere il suo primo torneo WTA (il 125K di Bol, in Croazia, a luglio) ed entrare in pianta stabile nelle prime cento (è n. 75) dopo aver iniziato l’anno in 180esima posizione. E considerato che all’orizzonte si profila un altro giovane talento, quella Kaja Juvan vincitrice dell’Orange Bowl nel 2016, che a diciassette anni è appena entrata tra le prime 200 al mondo, sembra proprio che il tennis sloveno femminile possa tornare a dire la sua.

KRUNIC SALVA L’ONORE – Così, alla fine, è stata solo la Serbia a fare un po’ di strada. Per niente scontato, dato che nei tre tornei di preparazione allo US Open Aleksandra Krunic aveva subito tre cocenti sconfitte al primo turno, raccogliendo in tutto la miseria di quattro game. Il sorteggio però le è stato amico, facendole affrontare all’esordio una giocatrice ben più in difficoltà di lei come Timea Backsinszky. In tabellone grazie al ranking protetto a causa del lungo stop in seguito all’operazione al polso e altri guai fisici (l’ultimo uno strappo al polpaccio a maggio), l’ex top ten svizzera quest’anno di eliminazioni al primo tutto ne aveva subite sei, su sei tornei disputati. E a New York è arrivata la settima, con la 25enne serba che le ha rifilato pure un bagel nel terzo set.

Del resto, New York è l’unico Slam in cui Aleksandra Krunic si è sempre trovata a suo agio. Un quarto (2014) ed un terzo (2017) turno nelle precedenti cinque partecipazioni sul cemento di Flushing Meadows per lei, che invece nelle otto apparizioni complessive negli altri tre Slam aveva superato il primo turno solo una volta (III turno a Wimbledon 2015). Feeling confermato anche stavolta, dato che alla vittoria su Backinszky ha fatto seguire anche quella netta contro Kirsten Filipkens, che arrivava dalla vittoria al turno precedente contro la semifinalista della passata edizione Coco Vanderveghe). Mettendo poi in difficoltà nel turno successivo persino la finalista 2017 (e futura semifinalista) Madison Keys, vincendo il primo set e magari rimpiangendo ancora adesso di non aver sfruttato l’occasione del break all’inizio del secondo. Passata la paura, la statunitense ha infatti iniziato a bombardare da fondo e corsa e geometrie non sono più state sufficienti ad Aleks, che scivola di un paio di posizioni nel ranking ma rimane comunque nell’orbita delle top 50 (n. 51).

SEGUE A PAGINA 2: IL SINGOLARE MASCHILE

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