Il declino inarrestabile della Coppa Davis per un giorno si è fermato

Editoriali del Direttore

Il declino inarrestabile della Coppa Davis per un giorno si è fermato

LILLE – Grazie a un gran bel doppio e al punto conquistato dalla Francia. Ma è solo un’illusione. E il povero David Haggerty, fischiatissimo, ispira quasi compassione

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da Lille, il Direttore

Non sono pentito di essere venuto a Lille. Venerdì sera lo ero quasi. Questo sabato è stato diverso, ho rivissuto le vecchie atmosfere dei vecchi incontri, delle grandi finali dove per la verità era presente tutta la stampa internazionale, non solo quella locale. Qua come giornalisti siamo solo due italiani, entrambi di Ubitennis, Alessandro Stella e il sottoscritto, un portoghese, un ungherese, una giornalista russa. Perfino l’Associated Press ha utilizzato un corrispondente francese. Non c’è neppure un giornalista inglese! Né un americano. Loro che rappresentano Paesi che nel 1900 l’hanno inventata e giocata per primi. La prima di una ventina di finali di Coppe Davis che ho vissuto di presenza credo sia stata nel ’79 a San Francisco per USA-Italia 5-0 (e il tifoso Serafino che ci fece arrossire di vergogna…), ma in tutte quelle in cui non era coinvolta l’Italia c’erano sempre i colleghi più autorevoli di tutti i giornali più importanti che si incontravano anche a  Wimbledon, Parigi, New York. Di tutte le testate più importanti, di decine di Paesi diversi.

 

Che qui, in quella che presumibilmente è l’ultima edizione di una storica manifestazione nata nel 1900, la più antica dopo l’America’s Cup di vela (1851) – mentre la prima edizione della Ryder Cup di golf risale al 1927 – non siano venuti neppure i giornalisti belgi che pure stanno a 100 km da qui e che alla Davis sembravano aver  attribuito grande importanza per aver disputato una finale un anno fa e un’altra finale tre anni fa, la dice lunga sulla triste situazione di questo evento morituro. E fa capire perché David Haggerty, il presidente della federazione internazionale, si sia trovato nella scomodissima situazione – dopo anni e anni di d’immobilismo – di dover cambiare quello che non era più al passo dei tempi. Nessuna tv, salvo la francese e la croata, erano interessate alla diffusione dell’avvenimento. Ed è perché i diritti tv della Davis non li voleva più quasi nessun Paese, nessun network generalista – come una volta (RAI, BBC, FRANCE TELE)– ma nemmeno nessun network sportivo allargato a più discipline (ESPN, Eurosport, Sky), che il loro prezzo è inevitabilmente e vertiginosamente calato.

Ed è così, sia detto senza alcuno spirito critico, che Supertennis ha potuto permettersi di acquistarli. Ben per l’Italia e per gli appassionati di tennis italiani, naturalmente, ma è evidente che il problema c’era e c’è, perché oggi gli eventi sportivi si reggono quasi unicamente con la vendita dei diritti tv i quali alimentano la presenza degli sponsor internazionali. La vendita dei biglietti non va trascurata, ma non potrà mai più bastare. Neppure qui dove allo stadio Pierre Maurois c’è la possibilità di ospitare 25.000 spettatori. Figurarsi in stadi più piccoli. Quando nel 2005 andarono in finale a Bratislava Croazia e Slovacchia, i media di tutto il mondo ignorarono completamente l’avvenimento. Tutti, dai giornali americani, e sudamericani a quelli australiani ed asiatici, ma anche gli altri europei. Soprattutto da quell’anno è stato sempre così, ovunque si giocasse. Ancora negli anni Novanta io ricordo di aver seguito le finali di Mosca fra Russia e Svezia (quando venne anche Boris Yeltsin con un codazzo di notabili che impiegarono 5 minuti per sedersi… distraendo Volkov che stava servendo per il match contro Edberg), fra Russia e Stati Uniti, ma a Goteborg fra Svezia e USA (con McEnroe e Connors battuti nel 1984 da Wilander e Sundstrom), a Monaco di Baviera e in altre città tedesche fra Germania e Svezia, Germania  e Australia e…insomma ne parlava tutto il mondo, le pagine dello sport dedicavano ampio spazio a quelle finali, ma anche già alle semifinali.

Ma già Pete Sampras, eroico contro i russi quando vinse 3 incontri su 3, con Kafelnikov il primo giorno, in doppio con Todd Martin il secondo, con Chesnokov battuto al quinto e con i crampi che lo attanagliarono appena trasformato il matchpoint, al punto da essere trasportato a braccia negli spogliatoi, ebbe a sottolineare: “Credevo di aver compiuto una grande impresa e invece quando tornai negli Stati Uniti, quasi nessuno se ne era accorto. La stampa aveva quasi del tutto ignorato quel che avevo fatto”. Insomma tante cose sono cambiate, anche la Davis. Forse da quando Bjorn Borg fece capire che a lui non interessava tanto. E Jimmy Connors, il re degli individualisti, fece anche peggio. Purtroppo.

Tornando a questo weekend posso dire che i miei tre giornali (La Nazione, Il Giorno, Il Resto de Carlino), dopo un pezzo di presentazione scritto giovedì su venerdì, non sono stati nei due giorni successivi neppure interessati a ricevere articoli che non fossero flash. Il nostro massimo quotidiano sportivo, La Gazzetta dello Sport ha dedicato spazi modestissimi intorno a pag. 40, segno davvero dei tempi cambiati. C’è il weekend di calcio e della Davis non sembra interessarsene che pochi nostalgici. Ma la situazione dell’Italia, come scrivevo più su, è quella di tutti i Paesi extra Francia e Croazia. E allora se la situazione è così radicalmente cambiata occorre prenderne atto con quel pragmatismo che forse soltanto un dirigente americano poteva prendere. Attenzione, non sono l’avvocato difensore di David Haggerty. Non avrei fatto cambiamenti così radicali, ma forse senza farli l’ITF non avrebbe trovato sponsor interessati a investire 3 miliardi di dollari in 25 anni. Per carità, anni fa la ISL, convinta che i Masters 1000 potessero competere con gli Slam, fece un investimento pazzesco, promise mari e monti e fallì miseramente dopo pochi anni mettendo nei guai tutti quegli organizzatori che si erano fidati del grande progresso…che non ci fu.

Se avete avuto pazienza di ascoltare l’audio intervista con Haggerty, o la sua trascrizione, avrete forse capito che l’uomo si trova in grande difficoltà, stretto fra l’ATP che spalleggiata dai giocatori fa guerra all’ITF, fra le federazioni di oltre 100 Paesi su 150 in serie difficoltà economiche, fra una Laver Cup spuntata fuori dal nulla ma patrocinata da un personaggio carismatico come Roger Federer che con la Laver Cup ha indovinato una formula che fa divertire la gente e che è l’unica al mondo a far sì che grandi rivali si trovino a giocare fianco a fianco, fra investitori che arrivano da un altro mondo e non hanno cognizione dei vari conflitti di interesse che esistono da sempre nel tennis. Onestamente David Haggerty, ieri fischiato a lungo, sepolto di buuh (fino a che la musica li ha soverchiati) quando ha avuto l’ardire di procedere sul campo alla presentazione dell’Excellence Award a Francois Jauffret – un giocatore che, come dicevo ieri, non è stato un grande campione per via di due soli tornei vinti, ma che ricordavo aver inflitto due sonore batoste a Adriano Panatta a Montecarlo e al Roland Garros (cinque set a zero e appena 14 games lasciati a Adriano in quei cinque set!) – mi ha fatto pena. Che poteva fare? Far finta di niente? Lasciare le cose come stanno, soprattutto quando si era reso conto che l’ATP e i giocatori erano pronti a mandare in pensione ITF e Coppa Davis in un colpo solo?

Non so che cosa succederà fra un anno o due. Sono meno ottimista di Haggerty che crede ancora si possa arrivare a un evento unico che si chiami ancora Coppa Davis. E che si fida di quello che gli avrebbero detto Djokovic, Kermode e altri, al punto da ritenere che gli ultimi incontri di Londra siano stati straordinariamente proficui. Lui ci ha detto che di notte dorme sereno, ma chissà se i fischi crudeli che lo hanno subissato prima del doppio non gli risuoneranno come un incubo nelle notti a venire. Io spero solo che i soldi che sia ATP sia KOSMOS sembrano intenzionati a mettere servano a far funzionare due avvenimenti simili ma diversi. Perché tutti quei soldi fanno certamente gola ai giocatori. Che l’ATP sia disposta a cedere la gestione di un evento all’ITF, così come viceversa, non mi sembra probabile. Ma ho meno strumenti cognitivi di quelli che dice di avere Haggerty. Intanto posso dire che almeno un mio pio desiderio è stato esaudito: quest’ultima Davis non si è esaurita in due giorni. È ancora viva al terzo. E dopo due deludentissimi primi singolari si è visto finalmente un bel match, giocato da sicuri specialisti del settore.

Pavic è stato quest’anno n.1 del mondo, anche se giocando insieme a Marach. Dodig con Melo era arrivato ad essere una delle primissime coppie prima di separarsi dal brasiliano. Mahut e Herbert sono stati la prima coppia del mondo a più riprese. Lo spettacolo non è mancato, la grande atmosfera della Coppa Davis neppure. Certo, pensavo, se fosse stato un match in due set, sarebbe finito 6-4 6-4 con un break per set e quelle emozioni provate nel terzo set – prima quasi dominato dai francesi che hanno mancato palle del 3-0 e del doppio break e poi invece dai croati capaci di  risalire dall’1-3 al 6-3 – e poi nel quarto, con i tre match point annullati da Mate Pavic, non ci sarebbero state. Sono state invece i momenti più belli ed eccitanti di queste prime due giornate.

Non mi aspetto, ahimè, di riviverle nella terza giornata. Pouille – l’amico Noah, cui detti una wild card al torneo di Firenze quando aveva 18 anni! E che ieri in conferenza stampa mi ha prima detto I love you… negandomi la conferma che avrebbe scelto Pouille (“Perché lo dovrei dire? Se vuoi lo dico a te se mi giuri che non lo dirai a nessuno!” ), salvo poi chiamarmi Gianni confondendomi con Clerici! – darà di certo tutto se stesso per battere Cilic, ma dubito che riesca a farcela. Magari riuscisse a strappare un set allora il match diventerebbe divertente. Nulla contro i croati – con i quali anzi intrattengo ottimi rapporti, da Cilic che trovo ragazzo adorabile a Coric che è stato gentilissimo quando sono andato dal suo coach Riccardo Piatti a Bordighera a intervistarlo, da Ancic che è venuto lui a cercarmi in sala stampa per salutarmi, a Ljubicic che non lo ha fatto ancora ma non è detto che non lo faccia, a tanti carissimi colleghi – ma se Cilic vincesse in tre set come venerdì, mancherebbe ogni pathos. Se perdesse e il match si dovesse decidere al quinto duello, fra Coric e forse Herbert, beh sarebbe una degna conclusione di una storica, mitica, leggendaria competizione.

Buon tennis, buona domenica e buona ultima Davis a tutti.

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Roland Garros – Il dubbio è: Djokovic è sempre lui o no? Se lo è la probabile semifinale Djokovic-Alcaraz sembrerà una finale anticipata

Djokovic ha perso una sola volta con Khachanov, Alcaraz mai con Tsitsipas. Ancora rimpianti per la sconfitta di Sonego. E Rune si conferma un gran maleducato

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Un brutto e triste risveglio, come ho detto anche nel video, ritrovarsi al Roland Garros senza un tennista italiano da seguire nei tabelloni principali.

Ci siamo fermati agli ottavi, e a domenica, con i due Lorenzo, Musetti e Sonego. E i rimpianti soprattutto per la partita di Sonego ci sono e tanti. Poteva vincere sia secondo sia terzo set, con un pizzico di fortuna in più e oggi sarei qui a presentare il match Sonego-Djokovic invece che ad aspettare di constatare se Djokovic è ancora lui.

Se Nole fosse ancora il vero Nole probabilmente anche il miglioratissimo Khachanov, non avrebbe via di uscita. Il russo  è stato battuto dal serbo 8 volte su 9 è l’unica volta che vinse fu a Bercy, il torneo dove non sai mai se chi lo gioca va lì perché ci deve andare, ma se è ormai qualificato per le finali ATP che cominciano di lì a pochi giorni si impegna il giusto.

 

Se Nole non fosse il vero Nole beh, allora anche Sonego avrebbe potuto giocare le sue carte.

Ma dei se e dei ma sono piene le fosse e ci tocca soltanto sperare che le cose vadano meglio sull’erba di quanto sono andate sulla terra battuta, una volta nostro terreno di maggior raccolta.

Da qualche anno a questa parte però, Berrettini bi-campione al Queen’s e finalista a Wimbledon, Sinner nei quarti in Church Road, forse otteniamo migliori risultati oltre Manica.

Intanto contro lo scorrettissimo Rune Francisco Cerundolo ha dimostrato che Sinner non aveva perso a Roma da un pisquano qualsiasi.

Magra consolazione, direte, ma pur sempre consolazione. Mi è sembrato davvero poco competitivo, anche se è stato un break avanti nel secondo set, Grigor Dimitrov con Zverev. Il bulgaro che aveva lasciato soltanto 8 game a Altmaier, sarebbe stato più competitivo e determinato contro Sinner? Non lo sapremo mai.

Piuttosto quanti avevano dato per molto probabile l’approdo di Jannik ai quarti di finale, non avevano fatto i conti con il recupero di Sasha Zverev, il quale ora non giocherà più da n.3 del mondo, ma nemmeno da n.27 come è adesso.

Insomma questo Zverev sarebbe stato un osso duro anche per un buon Sinner. Era la zona ancora più bassa, quella dove si è infilato Etcheverry,quella che avrebbe potuto essere un buon terreno da conquistare, grazie anche al k.o. di primo turno di Daniil Medvedev.

Ma Sinner era piazzato più, fra Dimitrov e Zverev, quindi è inutile piangere sul latte versato altrove. L’argentino ha dominato Nishioka quindi non sarà un avversario comodissimo neppure per il risorto Zverev.

Ma non c’è dubbio che il quarto più interessante della metà bassa lo giocheranno nella giornata di mercoledì Ruud e Rune, con il danesino che vorrebbe ripetere il risultato della semifinale di Roma, dopo che dal norvegese aveva perso 4 volte su 4. Intanto non si è fatto né in qua né in là quando si è trattato di “rubare” un punto importante ai danni di Cerundolo. Aveva fatto rimbalzare la palla due volte e lo sapeva benissimo. Si è preso il punto con la complicità dell’arbitro dalla voce baritonale ma distratto.

Io penso però che il vincitore del torneo uscirà dalla metà alta del tabellone. Oggi si affrontano Djokovic e Khachanov e in serale Alcaraz e Tsitsipas, con i primi che hanno dominato i confronti diretti: 8-1 come già detto il serbo sul russo, 4-0 lo spagnolo sul greco,.

Se Djokovic batte Khachanov vuol dire che sta bene e che allora la probabile semifinale  Alcaraz-Djokovic potrebbe essere presentata con un po’ di spregiudicatezza come una finale anticipata. A Roma Djokovic perse da Rune, ma non era il vero Djokovic.

Per quanto riguarda il torneo femminile dall’alto in basso abbiamo questi accoppiamenti nei quarti: Swiatek-Gauff (che fu la finale lo scorso anno), Haddad Maia-Jabeur – e qui c’è almeno un po’ di fantasia geopolitica, una polacca contro un’americana, una brasiliana contro una tunisina –mentre nella metà bassa e in campo oggi ci sono tutte tenniste dell’Europa dell’Est, Muchova e Pavlyuchenkova – con la prima che ha fatto stragi di azzurre (Trevisan e Giorgi) e la seconda che 2 anni fa fece finale qua ma oggi è n.333 WTA perché è stata a lungo infortunata – Svitolina e Sabalenka per un altro duello che si concluderà senza una stretta di mano.

La Svitolina, un po’ perché sposata con Gael Monfils e mamma di un erede nato ad ottobre, un po’ perché ucraina, è stata adottata dal pubblico francese come se fosse nata e cresciuta sugli Champs Elysées. Se dovesse vincere la porterebbero sotto l’Arco di Trionfo. Intanto ieri ha riservato alla Kasatkina lo stesso trattamento rivolto alla Blinkova. Nessuna stretta di mano. La Kasatkina non si faceva illusioni ma c’è rimasta male, sia per il comportamento orribile del pubblico francese, sia per il mancato gesto della Svitolina perché lei in fondo è stata una delle poche russe che ha provato a esporsi un po’. Cosa che non ha fatto, ad esempio, la bielorussa Aryna Sabalenka che anzi –sulla scia di Naomi Osaka – è riuscita convincere i deboli organizzatori a riunire un gruppo qualificato di giornalisti scelti dalla stessa organizzazione. Non avrebbe dovuto essere tollerato. Ma i giornalisti oramai sono tutti talmente appiattiti che nessuno osa più opporsi a niente. Del resto basta leggere le domande le trascrizioni delle domande fatte ai tennisti per rendersi conto di quanto l’autonomia, la indipendenza dei giornalisti, la loro personalità sia scaduta.

E’ responsabilità dei vari organismi che gestiscono il tennis questa assenza di un minimo di verve nelle conferenze stampa. I giocatori vengono istruiti per non dire nulla di interessante e ci riescono benissimo. Negli altri sport non è così. Poi ci si lamenta se nel tennis, in parallelo con il progressivo e inevitabile prepensionamento dei FabFour,  mancano le personalità. Quelle che ci sarebbero vengono soffocate. E va a finire che le sole interviste che vengono lette ovunque sono quelle “inarrestabili” di Kyrgios che gioca pochi mesi l’anno, cioè quando gli va.. 

E’ un errore, anche culturale, di chi si occupa della comunicazione del nostro amato sport. Si sentono dire solo le cose più scontate, ammantate di dichiarazioni politically correct. Sandra Mondaini, pace all’anima sua, direbbe al suo Raimondo Vianello: “Che noia che barba, uffa che noia che barba!”.

Vabbè, oggi ero di cattivo umore e vi ho spiegato perché. Agli azzurri impegnati nelle fasi finali dei grandi tornei, ormai mi ci ero abituato. Non vorrei tornare a …digiunare come mi è toccato fare per 40 anni. 

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Editoriali del Direttore

Roland Garros: Sonego ha più fisico di Berrettini, Sinner e Musetti, ma deve lavorare sul…fisico! Musetti non deve più giocare da junior. Il “gap” con Alcaraz

Cosa manca ai nostri migliori tennisti. Non lamentiamoci per due azzurri in ottavi. Sonego vale più del suo ranking attuale. Musetti ha problemi di crescita. Le ultime due partite da soppesare nel contesto di tutto un torneo

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Lorenzo Sonego - Roland Garros 2023 (foto Roberto Dell'Olivo)

Ci restano solo sparuti juniores. Gli altri, più che sparuti sono spariti. Nei tabelloni del grande tennis l’Italia, con le sconfitte degli ultimi due Lorenzo superstiti, non c’è più.

All’inizio del torneo pensavo – come quasi tutti, nessun pensiero particolarmente originale – che Jannik Sinner avesse più chances di chiunque dei nostri azzurri per arrivare alla seconda settimana, ma purtroppo Jannik, come già a Roma con Cerundolo (però avete visto Cerundolo?), ha sofferto con Altmaier l’eccesso di pressione che un po’ tutti, lui compreso, gli mettono addosso.

E’ ancora giovane, ha un tennis ancora incompleto, c’è ancora tanto lavoro da fare, tanti limiti da limareNel fisico, nella tecnica, nella tattica, nel mentale quando l’appuntamento è importante. Aspetterei ad emettere sentenze negative e definitive. E’ un top-ten e alla sua età non lo avevamo mai avuto. Un top-ten destinato a durare. Top 5, top 3? Vedremo. Bando a sentenze affrettate.

 

Ci vuole più equilibrio di quello che di solito manifestano molti tifosi. Non intendo commettere lo stesso errore.

Il discorso vale anche per Musetti e Sonego. Anche nel loro caso ho riscontrato giudizi affrettati, in passato e oggi. Poco equilibrati.

Se dovessi basarmi soltanto sui match di ottavi di finale, i verdetti sarebbero chiari: Sonego, neo n.40 ATP, ha giocato alla pari con Khachanov (n.10 virtuale) finchè ha avuto le energie per farlo, mentre Musetti, neo best ranking a n.17 (virtuale…), non l’ha fatto con Carlitos Alcaraz, apparso superiore sotto tutti gli aspetti, tranne che per gli errori gratuiti che sono stati pari (23)…ma con la non trascurabile differenza che il murciano ha cercato molto di più il punto, in tutti i modi – dalle smorzate quasi sempre imprendibili, ai serve&volley perfetti sia come scelta di tempo che come esecuzione – e il diverso resonto statistico sui vincenti lo sottolinea chiaramente (42 contro 17).

Le due singole partite, di Sonego come di Musetti, andrebbero soppesate nel contesto di tutto il torneo. E anche della storia dei tennisti italiani al Roland Garros.

Vero che l’appetito vien mangiando, ma fino a qualche tempo avere due italiani in contemporanea piazzati agli ottavi di finale nel “campionato del mondo sulla terra battuta” sarebbe stato considerato un successo.

E le partite di ieri non devono far dimenticare quelle dei giorni precedenti.

Sonego aveva palesato una schiacciante superiorità tecnica nei confronti di due discreti giocatori, Shelton e Humbert (giocando in trasferta), e ha ribadito contro Khachanov l’ottima dimostrazione di tennis e di carattere mostrata con Rublev (peraltro già battuto a Roma tempo addietro; ergo non un caso).

Sulle qualità tennistiche di Sonego, più che su quelle guerriere (che furono anche esse messe in dubbio quando Lorenzo perse a Torino da Goyo in Davis, salvo riscattarsi abbondantemente a Malaga 2022 l’anno dopo) parecchi in questi anni hanno continuato a dubitare.

Non Gipo Arbino, il suo coach che lo conosce meglio di chiunque e, al di là dell’affetto paterno, conosce bene anche il tennis per potersi esprimere con cognizione di causa.

E’ certamente vero che Lorenzo ha ancora una fragilità: una sorta di vera necessità “psicologica” di trovarsi in mezzo a match da… corrida, un torneo e un campo importante, tanta gente, tanto tifo, per esaltarsi e dare il meglio di sé quando è carico al punto giusto. Ecco che in questi casi, più eccezionali che ordinari, lui allora riesce a mostrare un repertorio di colpi e soluzioni tecniche tutt’altro che banali. Spesso da campione. Da top-10 e dintorni, più che da top-40. La fiducia di Gipo è quindi ben riposta.

Ha giocato una grandissima partita con Rublev e per tre set si è ripetuto con Khachanov, due top-ten che hanno giocato bene, molto bene. Entrambi. Lorenzo, che certamente aveva parlato con il suo allenatore, è stato molto lucido anche nella disamina post-sconfitta con il secondo russo, grande amico del primo.

Sonego ha fatto capire di aver accusato la stanchezza, la fatica della intensa maratona corsa due giorni prima con Rublev. Senza voler fare il …sapientone del “io sì che me ne sono accorto subito” mi era parso chiaro già a partire da metà terzo set contro Khachanov che Lorenzo era molto meno agile, meno scattante e di riflesso anche molto meno lucido.

I servizi slice esterni di Khachanov erano tremendi. Lo buttavano fuori dal campo (se e quando riusciva a rispondere) e venivano seguiti da terribili mazzate di dritto. Ma anche di rovescio Khachanov ha fatto grandi progressi. Del resto il russo è reduce da due semifinali consecutive negli ultimi due Slam. Quando “Polpo” Sonego doveva compiere i soliti recupero sul suo lato destro, quello del diritto che è abituato a lasciare un tantino più scoperto per poter girare attorno alla palla e colpire più dritti che rovesci dall’altro angolo, faticava più del solito, arrivava con maggior affanno del consueto, la spinta sul dritto era meno …spinta!

Non aveva recuperato lo sforzo. Ha quindi ragione Lorenzo quando dice che deve lavorare sul fisico, per potersi permettere in futuro anche due maratone in 48 ore. Djokovic e Nadal hanno vinto tutto quel che hanno vinto perché al di là del talento sono – erano? – due mostri anche atleticamente. Capaci di tenere la massima intensita come nella finale australiana del 2012 anche oltre le sei ore in un giorno solo. E Nadal nel 2009 – cito a memoria – vinse un Australian Open alla domenica recuperando lo sforzo di una maratona pazzesca in rimonta di poche ore prima con Verdasco. Quando qualunque altro tennista sarebbe stato moribondo.

Lo stesso Sonego riposato di venerdì contro Rublev avrebbe probabilmente vinto anche contro Khachanov, anche se questi sono discorsi teorici perché poi ogni partita fa storia a sé. Khachanov ha altre armi rispetto a Rublev – il servizio e la potenza devastante dei fondamentali soprattutto – anche se è meno agile. Resta tuttavia molto agile anche lui considerata la stazza.

Chiudo con Sonego per dire che la stanchezza si manifesta non solo nella minor rapidità e reattività, ma anche nella diversa lucidità. Avanti 4-0 nel tiebreak del terzo set ha sbagliato un dritto per lui comodo proprio per mancanza di freschezza mentale. Fosse salito sul 5-0 non avrebbe quasi certamente perso quel tiebreak. Ma forse non avrebbe poi vinto ugualmente. A meno che Khachanov, più fresco, non si fosse innervosito. Aveva perso malamente il servizio sul 5-4.

Lorenzo era stanco, se non stravolto, perché le rincorse cui lo aveva costretto Khachanov con quel bombardamento da fondocampo avevano fiaccato perfino la sua non comune resistenza. Si portava dietro la lotta con Rublev. Poca lucidità ha mostrato anche in almeno 3 o 4 occasioni in cui poteva giocare il passante da situazione di gioco favorevoli e invece, dimentico del vento, ha cercato il lob passante ad effetto. Tutti sbagliati. Tutti abbastanza inutili.

Poi, per carità, Sonego può rimpiangere di non aver inferto il colpo del probabile k.o. già nel secondo set quando ha avuto 4 pallebreak per salire 3-1 – e nessuno può sapere  come avrebbe reagito Khachanov trovandosi sotto 6-1,3-1 – mentre non può rimproverarsi nulla per il setpoint mancato nel tiebreak. Khachanov gli ha servito un missile a 199 km l’ora. Semmai quella steccata di rovescio quando era ancora avanti di un minibreak, sul 5-3. Ma, insomma, di punti su cui si può recriminare in un match di 3 ore e 3 quarti ce ne sono sempre a bizzeffe.

Lorenzo sistemi il fisico – e sì che lo ha già buono…, certo migliore di Berrettini, Sinner e Musetti tanto per esser chiari! Tuttavia non basta mai se si vuol fare strada negli Slam, quando almeno una o due partite durissime ci sono sempre – e si caverà belle soddisfazioni.

Passo all’altro Lorenzo.

E non dimentico, non sarebbe giusto farlo, quanto bene ha giocato tutte le sue altre partite, Ymer, Schevchenko, Norrie. Non solo tennis bellissimo a vedersi. Ma anche tennis efficacissimo. Puntuale. Ineccepibile sotto tutti i punti di vista.

Contro Alcaraz, invece, match da junior. Da dimenticare…senza dimenticare tuttavia anche che Alcaraz è Alcaraz. Una potenza impressionante e una flessibilità altrettanto impressionante nella capacità di alternare colpi terribilmente potenti a smorzate delicatissime. Come se invece di avere un solo braccio ne avesse due. Uno per tirare forte, un altro per accarezzare drop-shot irraggiungibili. Come pigiando un bottone. Sempre o quasi sorprendendo l’avversario. Qualsiasi avversario per quanto si è visto nelle giornate di vena. Ha battuto quattro volte su quattro Tsitsipas, mi aspetto che lo faccia per la quinta. Perché sul lato sinistro Tsitsi è troppo debole e quando colpisce i suoi topponi monomani di rovescio finisce col corpo all’indietro: una manna per chi sa giocare le smorzate con l’abilità di Carlitos.

Diversa storia potrebbe essere semmai fra Carlitos e Djokovic. Se Djokovic riuscisse a ripresentarsi in quei panni che per adesso non gli ho ancora visto reindossare.

Ma torno su Musetti. L’ho “bollato” poco sopra dicendo che ha giocato come uno junior. Sì, senza il giusto approccio mentale, senza la voglia di lottare come è invece indispensabile. Del resto lo ha ammesso lui stesso a fine match. Leggete le sue dichiarazioni.

Fin dall’inizio, quando ha cominciato con l’illusorio break, è sembrato troppo Narciso. Più intenzionato a cercare il colpo strappa-applausi, che la sostanza. Ogni volta che è stato scavalcato da un lob ha cercato impossibili tweener. Ogni volta! Senza mai l’umiltà di una difesa meno arrogante e pretenziosa.

Idem sulle rare smorzate sulle quali, partendo da così lontano, era riuscito ad arrivare. Ha sempre cercato di tirar fuori il coniglio dal cappello del mago prestigiatore.

Ingenuo. Presuntuoso. O più semplicemente – nell’occasione eh, non sto esprimendo giudizi assoluti sul personaggio Musetti, mi sto riferendo soltanto a questa singola partita e si sa che ogni partita fa storia a sé – giovane, giovanissimo.

Credo che imparerà la lezione. Il talento non si discute. Ma lui non ha bisogno di sottolinearlo a tutti i costiAnche perché il costo alla fine si chiama sconfitta. E con Alcaraz si è trattato di sconfitta pesante. Non è mai stato in partita, non ha mai dato l’impressione di poterci entrare, di poterla rovesciare. Sembrava che ci fossero due categorie di differenza.

Ci sono? Può essere, oggi come oggi. Ma non è detto che ci saranno sempre. Perfino Alcaraz ha i suoi bassi, non solo alti. Lo abbiamo visto a Roma. Quando anziché a comandare tutto, gioco e punteggio, si trova . inopinatamente per lui e per gli altri – sotto, indietro, si innervosisce, si smarrisce, può commettere errori giovanili lui pure. In fondo i 23 errori gratuiti di domenica non sono pochissimi.

Carlitos è fortissimo, in tutti i sensi, anche tatticamente. Quando decide di venire avanti, seguendo il servizio oppure in controtempo, non sbaglia quasi mai il momento, il tempo, la scelta. Indubbiamente un fenomeno. Fa paura pensare che certamente migliorerà ancora. Ma migliorerà anche Musetti che, a suo modo, ha qualcosa di straordinario anche lui. E non solo la bellezza di certe sue invenzioni. Si assottiglierà o si approfondirà il gap fra i due? Nessuno può saperlo.

Ma se la vittoria di Amburgo non era da prendere per oro colato, perché Carlitos non era ancora quel che è oggi, anche questa batosta del Roland Garros non va presa per oro colato. Il gap c’è, indubbiamente, ma non credo sia così profondo come è sembrato nell’occasione. Ad Maiora.

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Editoriali del Direttore

Roland Garros: Un sabato moscio vigilia di una domenica elettrizzante per i duelli Sonego-Khachanov e Musetti-Alcaraz. Intanto Swiatek passeggia. Ma è un bene?

Perché un Sonego che rigiocasse come venerdì contro Rublev potrebbe bastare, Musetti dovrà fare ancora meglio che nei primi due set contro Norrie per battere Alcaraz

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Il sabato del villaggio Roland Garros è cominciato male, con il ritiro imprevedibile della Rybakina per un’improvvisa influenza. E’ proseguito con una serie di match di scarsissimo interesse e zero suspence. Unica eccezione il discreto match serale giocato da Zverev e Tiafoe, piuttosto avvincente sia pur con tanti errori dell’uno e dell’altro. Zverev arriva per la sesta volta negli ottavi a Parigi, a un anno dal suo disastroso infortunio contro Nadal (a proposito mi associo agli auguri di compleanno per lui; il fatto che abbia deciso di operarsi significa che non vuole smettere di provarci, un po’ alla murray). In tre ore e tre quarti il tedesco di Amburgo ha battuto Tiafoe per la settima volta su 8 duelli.

Prima  Rune ha lasciato 8 game a Olivieri (penso che Vavassori si sarebbe difeso meglio), Ruud ha ceduto un set al gigante cinese Zhang, ma poi ha perso 9 games nei tre set successivi facendone il doppio. Il match forse più atteso fra le donne, la russa di 16 anni Mirra Andreeva contro Coco Gauff di 19 non ha entusiasmato neppure nel primo set che pure è finito al tiebreak e l’ha vinto la ragazzina russa –  3 break per parte, tanti errori, tennis modesto – figurarsi il secondo e il terzo set in cui la Andreeva è scomparsa dal campo raccogliendo appena due game in due set. Magari fra un anno o due diventerà una sfida ad alto livello. Per ora non lo è stata.

L’amico Fritz è stato ingiustamente seppellito di fischi al suo apparire sul Lenglen, nonostante questa volta non giocasse contro un francese come al turno precedente, perché i francesi non gli hanno perdonato di essersi risentito per il loro tifo assolutamente scorretto quando lui ha affrontato e battuto l’ultimo superstite transalpino Rinderknech.

 

Fritz aveva pienamente ragione. Anche se con lo zittire polemicamente il pubblico cafone ha invitato migliaia di lepri a correre. Gli spettatori francesi sono stati pessimi in questo torneo. Sarà anche colpa della crescente popolarità del tennis l’aver avvicinato tifosi di estrazione… “curve degli stadi di calcio”, ma si sta esagerando e sarebbe bene che si studiasse il modo di porvi un freno.

Una volta succedeva soltanto in Coppa Davis, soprattutto in Sud America ma anche nei Paesi dell’Est Europa (e anche al Bonacossa di Milano quando giocava Fausto Gardini o al Foro Italico quando si esibiva Adriano Panatta), che l’avversario del giocatore di casa venisse disturbato in maniera pesante, maleducata e decisamente scorretta.

Ora succede anche nella capitale francese e abbiamo visto che neppure il tempio di Wimbledon è rimasto esente da questo genere di comportamenti. Chiedere a Djokovic cosa provò quando giocò contro Federer. Il mondo dei social, con le sue esasperazioni e con l’aumento esponenziale dei “web-eti” che si nascondono fra i leoni di tastiera, ha certo contribuito a questa progressiva degenerazione. Chi dice che così il tennis è più vivo e meno asettico ha la vista corta.

Per la gioia di quei Gallipitechi in tribuna sul Lenglen l’argentino Cerundolo ha matato Fritz, così è saltato un altro top-ten, dopo Medvedev, Rublev, Sinner e Aliassime. Cinque su 10, la metà. Mica pochi. Chissà se stasera si aggiungerà anche qualcun altro. Il clan di Musetti è fiducioso, più della critica. Alcaraz è imbattibile per il carrarino?  Vedremo, vedrò.

Se Sonego battesse in mattinata Khachanov, come già gli accadde a Montecarlo 2019, non sposterà quella statistica solo perché il russo grande amico dell’altro russo Rublev non è più un top-ten – lo è stato però – ma oggi è n.11 Atp.

Djokovic non mi è parso in forma trascendentale, ma francamente non riesco a immaginarlo in difficoltà con Varillas e neppure con chi vincerà fra Khachanov e Sonego. Insomma non gioca bene Novak, ma un posto in semifinale non credo glielo possa togliere nessuno.

Comunque il torneo maschile ha offerto battaglie bellissime, maratone memorabili e noi certo non dimenticheremo le bellissime performances di Sonego e Musetti (dimenticando Sinner e cinque ragazze su sei), almeno è incerto e interessante quanto a prospettive.

Invece quello femminile mi pare lasci parecchio a desiderare. Il dominio della Swiatek, ora soprattutto che la Ribakina è uscita di scena e se la Sabalenka non gioca come a Madrid dove però l’altitudine favoriva il suo tennis, mi pare così schiacciante da risultare noiosamente prevedibile. Perderà il torneo solo se, come a Roma, dovesse farsi male. Ma certo non glielo si augura. Poi qui non c’è stata finora quella umidità che ha afflitto oltre misura, come non mai, gli Internazionali d’Italia. E che è stata la causa indiretta di molti problemi muscolari e diversi ritiri.

Iga aveva perso 8 games in 4 set nei due precedenti turni in cui aveva comunque inflitto un 6-0 nel secondo set sia alla Bucsa sia alla Liu, ma contro la Xinyu Wang è stata uno schiacciasassi: l’ha battuta addirittura 6-0, 6-0. In quei 12 games a senso unico ha concesso soltanto 17 punti. Mi chiedo con che spirito scenderà in campo contro Iga l’ucraina Tsurenko che pure ha battuto la canadese Andreescu.

E mi domando anche se una tale schiacciante superiorità faccia davvero bene allo sviluppo e alla popolarità del tennis femmnile.  

Mentre tantissimi match maschili del Roland Garros hanno richiesto un quinto set, quasi trenta, e ancora di più sono andati oltre alle 3 ore e mezzo di strenua battaglia, beh fa un certo effetto constatare che la Swiatek sta in campo meno di un’ora e lo spettacolo davvero non c’è.

 Non è colpa sua, certo che no, ma qualche domanda questa situazione priva di equilibrio al vertice – fatta eccezione per la Sabalenka in buona giornata – un pochino la suscita sul famoso discorso caro a Billie Jean King della parità del montepremi. Non sarà un discorso politically correct, ma che possano sorgere dei dubbi io lo capisco. 

In quasi nessuna altra disciplina sportiva le donne guadagnano tanto quanto gli uomini come nel tennis, pur godendo di una competitività ad alto livello molto meno agguerrita. E pur “vendendo” molti meno biglietti per uno spettacolo che dura quasi sempre anche molto meno.

Tant’è che perfino Amelie Mauresmo, direttrice del torneo e certo non sospettabile di non avere a cuore le donne, finora aveva sempre programmato come match serale sullo Chatrier una partita di singolare maschile.

Chi si azzarderebbe a far pagare un biglietto per una sola partita della Swiatek che magari dura meno di un’ora? Per il match serale di stasera la Mauresmo, criticata per il suo pragmatismo…maschilista (proprio lei!), si è presa il rischio di programmare per la prima volta una partita femminile, Stephens-Sabalenka e certamente pregherà che la partita duri più di un’ora e mezzo, magari due, e vada al terzo set.

Altrimenti sai le proteste di chi ha acquistato il biglietto di domenica sera mesi fa? Quanti si lamenterebbero: “Ma proprio a noi doveva toccare?”. Auguriamoci che sia una bellissima partita. Stephens e Sabalenka sono entrambe vincitrici Slam e in grado di giocare molto bene. Non sono sempre state esempi di continuità, però. Mi sa che Amelie terrà lì di riserva Mansour Bahrami e qualche altra vecchia star (Leconte?) in caso si dovesse prolungare lo show.

Mi aspetto naturalmente spettacolo da Sonego con Khachanov _ quasi certamente al Lorenzo da Torino avrà fatto piacere dover rigiocare sul Lenglen dove ha battuto Rublev – e ovviamente anche da Musetti con Alcaraz.

I due italiani hanno giocato talmente bene venerdì che il mio unico timore è che non riescano a ripetersi su quegli straordinari livelli. E invece per battere gli avversari odierni dovrebbero, soprattutto Musetti che pure nei primi due set aveva fatto vedere un tennis da marziano, giocare  ancora meglio. Mentre Khachanov non può essere considerato superiore a Rublev, rispetto al quale ha più servizio, maggiore potenza e forse anche superiore risposta ma anche una minore agilità e una minore capacità difensiva, non c’è dubbio che Alcaraz sia molto superiore, sotto tutti gli aspetti, a Cameron Norrie. Per questo dico che forse per battere Khachanov può bastare lo stesso Sonego di venerdì, magari evitando di servire seconde palle sotto i 140 km orari a costo di fare qualche doppio fallo in più, mentre per battere Alcaraz Musetti dovrà davvero superare se stesso e la sua miglior partita di sempre. Giocandola non per due soli set come contro Tsitsipas o Djokovic, ma per almeno tre set. Meglio se per quattro o cinque.

Teste di serie eliminate

Tabellone maschile:

PRIMO TURNO
2 Medvedev ( Seyboth Wild)
10 Aliassime ( Fognini) 
20 Evans ( Kokkinakis)
25 Van De Zandschulp ( Tirante)
30 Shelton ( Sonego)
31 Kecmanovic ( Vavassori)
32 Zapata-Miralles (Schwartzman)

SECONDO TURNO
8 Sinner (Altmaier)
16 Paul (Jarry)
18 De Minaur (Etcheverry)
19 Bautista Agut (Varillas)
24 Korda ( Ofner)

TERZO TURNO
7 Rublev (Sonego)
9 Fritz (23 Cerundolo)
13 Hurkacz (Varillas)
12 Tiafoe (22 Zverev)
14 Norrie (17 Musetti)
15 Coric (Etcheverry)
26 Shapovalov (1 Alcaraz)
29 Davidovich-Fokina (3 Djokovic)

Tabellone femminile
PRIMO TURNO
8 Sakkari ( Muchova)
12 Bencic (Avanesyan)
13 Krejcikova (Tsurenko)
16 Pliskova ( Stephens)
18 Azarenka ( Andreescu)
21 Linette ( Fernandez)
25 Kalinina ( Parry)
26 Trevisan ( Svitolina)
29 Zhang (Frech)
30 Cristea ( Paolini)

SECONDO TURNO:
5 Garcia (Blinkova)
15 Samsonova ( Pavlyucenkova)
17 Ostapenko (Stearns)
19 Zheng ( Putintseva)
20 Keys (Day)
22 Vekic (Pera)

TERZO TURNO
3 Pegula (28 Mertens)
23 Alexandrova (14 Haddad Maia)
24 Potapova (Pavlyucenkova)
27 Begu (Muchova)

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