Il declino inarrestabile della Coppa Davis per un giorno si è fermato

Editoriali del Direttore

Il declino inarrestabile della Coppa Davis per un giorno si è fermato

LILLE – Grazie a un gran bel doppio e al punto conquistato dalla Francia. Ma è solo un’illusione. E il povero David Haggerty, fischiatissimo, ispira quasi compassione

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da Lille, il Direttore

Non sono pentito di essere venuto a Lille. Venerdì sera lo ero quasi. Questo sabato è stato diverso, ho rivissuto le vecchie atmosfere dei vecchi incontri, delle grandi finali dove per la verità era presente tutta la stampa internazionale, non solo quella locale. Qua come giornalisti siamo solo due italiani, entrambi di Ubitennis, Alessandro Stella e il sottoscritto, un portoghese, un ungherese, una giornalista russa. Perfino l’Associated Press ha utilizzato un corrispondente francese. Non c’è neppure un giornalista inglese! Né un americano. Loro che rappresentano Paesi che nel 1900 l’hanno inventata e giocata per primi. La prima di una ventina di finali di Coppe Davis che ho vissuto di presenza credo sia stata nel ’79 a San Francisco per USA-Italia 5-0 (e il tifoso Serafino che ci fece arrossire di vergogna…), ma in tutte quelle in cui non era coinvolta l’Italia c’erano sempre i colleghi più autorevoli di tutti i giornali più importanti che si incontravano anche a  Wimbledon, Parigi, New York. Di tutte le testate più importanti, di decine di Paesi diversi.

Che qui, in quella che presumibilmente è l’ultima edizione di una storica manifestazione nata nel 1900, la più antica dopo l’America’s Cup di vela (1851) – mentre la prima edizione della Ryder Cup di golf risale al 1927 – non siano venuti neppure i giornalisti belgi che pure stanno a 100 km da qui e che alla Davis sembravano aver  attribuito grande importanza per aver disputato una finale un anno fa e un’altra finale tre anni fa, la dice lunga sulla triste situazione di questo evento morituro. E fa capire perché David Haggerty, il presidente della federazione internazionale, si sia trovato nella scomodissima situazione – dopo anni e anni di d’immobilismo – di dover cambiare quello che non era più al passo dei tempi. Nessuna tv, salvo la francese e la croata, erano interessate alla diffusione dell’avvenimento. Ed è perché i diritti tv della Davis non li voleva più quasi nessun Paese, nessun network generalista – come una volta (RAI, BBC, FRANCE TELE)– ma nemmeno nessun network sportivo allargato a più discipline (ESPN, Eurosport, Sky), che il loro prezzo è inevitabilmente e vertiginosamente calato.

Ed è così, sia detto senza alcuno spirito critico, che Supertennis ha potuto permettersi di acquistarli. Ben per l’Italia e per gli appassionati di tennis italiani, naturalmente, ma è evidente che il problema c’era e c’è, perché oggi gli eventi sportivi si reggono quasi unicamente con la vendita dei diritti tv i quali alimentano la presenza degli sponsor internazionali. La vendita dei biglietti non va trascurata, ma non potrà mai più bastare. Neppure qui dove allo stadio Pierre Maurois c’è la possibilità di ospitare 25.000 spettatori. Figurarsi in stadi più piccoli. Quando nel 2005 andarono in finale a Bratislava Croazia e Slovacchia, i media di tutto il mondo ignorarono completamente l’avvenimento. Tutti, dai giornali americani, e sudamericani a quelli australiani ed asiatici, ma anche gli altri europei. Soprattutto da quell’anno è stato sempre così, ovunque si giocasse. Ancora negli anni Novanta io ricordo di aver seguito le finali di Mosca fra Russia e Svezia (quando venne anche Boris Yeltsin con un codazzo di notabili che impiegarono 5 minuti per sedersi… distraendo Volkov che stava servendo per il match contro Edberg), fra Russia e Stati Uniti, ma a Goteborg fra Svezia e USA (con McEnroe e Connors battuti nel 1984 da Wilander e Sundstrom), a Monaco di Baviera e in altre città tedesche fra Germania e Svezia, Germania  e Australia e…insomma ne parlava tutto il mondo, le pagine dello sport dedicavano ampio spazio a quelle finali, ma anche già alle semifinali.

Ma già Pete Sampras, eroico contro i russi quando vinse 3 incontri su 3, con Kafelnikov il primo giorno, in doppio con Todd Martin il secondo, con Chesnokov battuto al quinto e con i crampi che lo attanagliarono appena trasformato il matchpoint, al punto da essere trasportato a braccia negli spogliatoi, ebbe a sottolineare: “Credevo di aver compiuto una grande impresa e invece quando tornai negli Stati Uniti, quasi nessuno se ne era accorto. La stampa aveva quasi del tutto ignorato quel che avevo fatto”. Insomma tante cose sono cambiate, anche la Davis. Forse da quando Bjorn Borg fece capire che a lui non interessava tanto. E Jimmy Connors, il re degli individualisti, fece anche peggio. Purtroppo.

Tornando a questo weekend posso dire che i miei tre giornali (La Nazione, Il Giorno, Il Resto de Carlino), dopo un pezzo di presentazione scritto giovedì su venerdì, non sono stati nei due giorni successivi neppure interessati a ricevere articoli che non fossero flash. Il nostro massimo quotidiano sportivo, La Gazzetta dello Sport ha dedicato spazi modestissimi intorno a pag. 40, segno davvero dei tempi cambiati. C’è il weekend di calcio e della Davis non sembra interessarsene che pochi nostalgici. Ma la situazione dell’Italia, come scrivevo più su, è quella di tutti i Paesi extra Francia e Croazia. E allora se la situazione è così radicalmente cambiata occorre prenderne atto con quel pragmatismo che forse soltanto un dirigente americano poteva prendere. Attenzione, non sono l’avvocato difensore di David Haggerty. Non avrei fatto cambiamenti così radicali, ma forse senza farli l’ITF non avrebbe trovato sponsor interessati a investire 3 miliardi di dollari in 25 anni. Per carità, anni fa la ISL, convinta che i Masters 1000 potessero competere con gli Slam, fece un investimento pazzesco, promise mari e monti e fallì miseramente dopo pochi anni mettendo nei guai tutti quegli organizzatori che si erano fidati del grande progresso…che non ci fu.

Se avete avuto pazienza di ascoltare l’audio intervista con Haggerty, o la sua trascrizione, avrete forse capito che l’uomo si trova in grande difficoltà, stretto fra l’ATP che spalleggiata dai giocatori fa guerra all’ITF, fra le federazioni di oltre 100 Paesi su 150 in serie difficoltà economiche, fra una Laver Cup spuntata fuori dal nulla ma patrocinata da un personaggio carismatico come Roger Federer che con la Laver Cup ha indovinato una formula che fa divertire la gente e che è l’unica al mondo a far sì che grandi rivali si trovino a giocare fianco a fianco, fra investitori che arrivano da un altro mondo e non hanno cognizione dei vari conflitti di interesse che esistono da sempre nel tennis. Onestamente David Haggerty, ieri fischiato a lungo, sepolto di buuh (fino a che la musica li ha soverchiati) quando ha avuto l’ardire di procedere sul campo alla presentazione dell’Excellence Award a Francois Jauffret – un giocatore che, come dicevo ieri, non è stato un grande campione per via di due soli tornei vinti, ma che ricordavo aver inflitto due sonore batoste a Adriano Panatta a Montecarlo e al Roland Garros (cinque set a zero e appena 14 games lasciati a Adriano in quei cinque set!) – mi ha fatto pena. Che poteva fare? Far finta di niente? Lasciare le cose come stanno, soprattutto quando si era reso conto che l’ATP e i giocatori erano pronti a mandare in pensione ITF e Coppa Davis in un colpo solo?

Non so che cosa succederà fra un anno o due. Sono meno ottimista di Haggerty che crede ancora si possa arrivare a un evento unico che si chiami ancora Coppa Davis. E che si fida di quello che gli avrebbero detto Djokovic, Kermode e altri, al punto da ritenere che gli ultimi incontri di Londra siano stati straordinariamente proficui. Lui ci ha detto che di notte dorme sereno, ma chissà se i fischi crudeli che lo hanno subissato prima del doppio non gli risuoneranno come un incubo nelle notti a venire. Io spero solo che i soldi che sia ATP sia KOSMOS sembrano intenzionati a mettere servano a far funzionare due avvenimenti simili ma diversi. Perché tutti quei soldi fanno certamente gola ai giocatori. Che l’ATP sia disposta a cedere la gestione di un evento all’ITF, così come viceversa, non mi sembra probabile. Ma ho meno strumenti cognitivi di quelli che dice di avere Haggerty. Intanto posso dire che almeno un mio pio desiderio è stato esaudito: quest’ultima Davis non si è esaurita in due giorni. È ancora viva al terzo. E dopo due deludentissimi primi singolari si è visto finalmente un bel match, giocato da sicuri specialisti del settore.

Pavic è stato quest’anno n.1 del mondo, anche se giocando insieme a Marach. Dodig con Melo era arrivato ad essere una delle primissime coppie prima di separarsi dal brasiliano. Mahut e Herbert sono stati la prima coppia del mondo a più riprese. Lo spettacolo non è mancato, la grande atmosfera della Coppa Davis neppure. Certo, pensavo, se fosse stato un match in due set, sarebbe finito 6-4 6-4 con un break per set e quelle emozioni provate nel terzo set – prima quasi dominato dai francesi che hanno mancato palle del 3-0 e del doppio break e poi invece dai croati capaci di  risalire dall’1-3 al 6-3 – e poi nel quarto, con i tre match point annullati da Mate Pavic, non ci sarebbero state. Sono state invece i momenti più belli ed eccitanti di queste prime due giornate.

Non mi aspetto, ahimè, di riviverle nella terza giornata. Pouille – l’amico Noah, cui detti una wild card al torneo di Firenze quando aveva 18 anni! E che ieri in conferenza stampa mi ha prima detto I love you… negandomi la conferma che avrebbe scelto Pouille (“Perché lo dovrei dire? Se vuoi lo dico a te se mi giuri che non lo dirai a nessuno!” ), salvo poi chiamarmi Gianni confondendomi con Clerici! – darà di certo tutto se stesso per battere Cilic, ma dubito che riesca a farcela. Magari riuscisse a strappare un set allora il match diventerebbe divertente. Nulla contro i croati – con i quali anzi intrattengo ottimi rapporti, da Cilic che trovo ragazzo adorabile a Coric che è stato gentilissimo quando sono andato dal suo coach Riccardo Piatti a Bordighera a intervistarlo, da Ancic che è venuto lui a cercarmi in sala stampa per salutarmi, a Ljubicic che non lo ha fatto ancora ma non è detto che non lo faccia, a tanti carissimi colleghi – ma se Cilic vincesse in tre set come venerdì, mancherebbe ogni pathos. Se perdesse e il match si dovesse decidere al quinto duello, fra Coric e forse Herbert, beh sarebbe una degna conclusione di una storica, mitica, leggendaria competizione.

Buon tennis, buona domenica e buona ultima Davis a tutti.

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