A scuola dai professionisti: tennis, diagnosi e terapia

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A scuola dai professionisti: tennis, diagnosi e terapia

Per la rubrica ISMCA Franco Castelli spiega come l’iter diagnostico, utilizzato in medicina per l’inquadramento di un paziente, possa essere applicato al tennis. Obiettivo? Formulare un programma di allenamento personalizzato e ottimizzarne l’efficienza

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L’articolo precedente di Franco Castelli sulla tecnica dello psicodramma applicata al tennis

La rubrica ISMCA ospita un nuovo contributo del medico, psichiatra e psicoterapeuta Franco Castelli, coach GPTCA e membro ISMCA, docente di scuole di psicoterapia e psicodramma e mental coach di tennisti agonisti.

Per comprendere il lavoro da svolgere con un giocatore di tennis è importante una valutazione iniziale per riuscire a capire punti forti e punti deboli, quali sono i problemi principali del suo gioco e come operare per ottimizzare le sue prestazioni in campo. L’approccio a questo tipo di valutazione è sicuramente influenzato della mia formazione medica.  Di fronte a un paziente il medico inizialmente raccoglie l’anamnesi, da intendersi come la storia del paziente e della sua malattia, che comprende il venire a conoscenza dello sviluppo del paziente,  delle sue malattie pregresse e dei suoi problemi attuali. In secondo luogo viene chiesto al paziente quali sono i suoi sintomi, da quanto tempo questi perdurano e come si manifestano. La terza fase comporta l’effettuazione di una visita medica che valuta con l’esame obiettivo le condizioni cliniche del paziente. In una quarta fase può essere richiesto un approfondimento diagnostico tramite la richiesta di esami strumentali o di laboratorio. Raccolti tutti questi elementi viene stabilita la diagnosi o ipotesi diagnostica e si propone la terapia. Le diverse fasi quindi possono essere riassunte come: anamnesi, raccolta dei sintomi, esame obiettivo, esami strumentali e di laboratorio, diagnosi, terapia.

Allo stesso modo, nell’approccio al tennista agonista si valuta la sua storia, i risultati raggiunti  in passato e  recentemente. Indicatori oggettivi di questa fase sono le partite vinte, le partite perse e soprattutto il ranking, che ci può dare importanti informazioni sull’andamento prestazionale dell’atleta. Ci fa capire se è in crescita, se attraversa una fase calante, se i suoi risultati sono costanti o discontinui. Molti tennisti  tendono a sopravvalutarsi, con frasi tipo “Sarei stato il numero  uno,  se non avessi avuto quell’infortunio,  se avessi trovato l’allenatore giusto, se fossi stato 20 cm più alto, se… se… se…”. Altri invece tendono a sottovalutarsi, con frasi come “Quando gioco in partita faccio schifo, non riuscirò mai di arrivare tra i primi, sto pensando di smettere non ne vale la pena“. Al di là delle autovalutazioni, che sono sicuramente importanti, l’unica cosa oggettivabile è il ranking. Che corrisponde alle partite vinte, alle partite perse e al raggiungimento di risultati concreti. Quindi un numero, una posizione, che può essere il punto di partenza di un percorso che ci darà modo di capire, più avanti nel tempo, se il nostro lavoro sta funzionando o no. Altre valutazioni sono troppo soggettive, tipo “Da quando lavora con me è migliorato il suo dritto, da quando lavora con me vince di più, da quando lavora con me è più tranquillo”. Tutte valutazioni soggettive, che non ci dicono se il tennista è migliorato o meno. Questo ce lo dice solo il ranking, capace di valutare la posizione iniziale e la posizione raggiunta dopo un certo periodo di lavoro.

Valutazione dei sintomi e problemi.  Viene chiesto al giocatore quali ritiene siano i suoi problemi di carattere tecnico, tattico, fisico, mentale. Questa valutazione viene supportata da un questionario di valutazione, che viene consegnato all’inizio del lavoro al giocatore e che ha una duplice funzione.  La prima è quella di interrogarsi sul proprio gioco, di porsi delle domande su quali sono le proprie capacità, difficoltà e possibilità di migliorare il proprio gioco. Corrisponde all’inizio di un lavoro di consapevolezza di sé, fondamentale per progredire e ottimizzare le proprie prestazioni. In secondo luogo stabilisce un punto di partenza del lavoro, valutando punti forti e punti critici, che poi saranno rivalutati a distanza di tempo, tramite la somministrazione dello stesso questionario, per capire che cosa è migliorato, che cosa è peggiorato, che cosa è rimasto invariato. Lo stesso questionario di valutazione viene somministrato al coach, in modo che anche lui stabilisca il suo punto di vista sul suo giocatore, ponendosi e rispondendo alle stesse domande. In caso di agonisti under 18 il questionario viene somministrato anche ai genitori del giocatore, per avere il loro punto di vista. I familiari sono depositari di un vasto archivio di memorie di incontri del giocatore, avendo assistito più di chiunque altro alle sue partite, fin da quando era piccolo. Inoltre coinvolgerli direttamente nel programma di lavoro aiuta la collaborazione, indispensabile per poter portare avanti obiettivi comuni. I questionari vengono poi confrontati per capire se c’è una condivisione di quali sono le problematiche principali, i punti di forza e gli obiettivi, o non c’è ma ci sono punti di vista differenti.

Nel caso di una valutazione di un tennista, però, la cosa più interessante, prima del contatto diretto con l’atleta e della sua autovalutazione, è poter fare una valutazione obiettiva del suo gioco, che corrisponde all’esame obiettivo medico. Può essere utile in questo senso visionare una partita del tennista e raccogliere materiale video di uno o più suoi incontri, magari ad insaputa del giocatore e prima di conoscerlo, in modo di avere un’immagine obiettiva, non influenzata da altri. Quali sono le informazioni che si possono trarre da questa analisi? Si possono valutare il tipo di gioco del tennista, i suoi punti di forza, i suoi punti di debolezza. Con alcuni parametri che sono importanti per capire, poi, quali priorità dare al lavoro di allenamento. Ad esempio, quanto il tennista entra dentro il campo giocando, la distanza prevalente che occupa dalla linea di fondo, la sua propensione ad attaccare o difendere, la consistenza e la continuità di gioco, le differenza tra prima e seconda palla di servizio, la risposta alla prima e seconda palla di servizio, la capacità di gestione del punto e del match nel suo insieme. Queste sono alcune delle indicazioni di carattere tecnico-tattico che possiamo trarre da questa valutazione.

Altro parametro che può essere valutato è la condizione fisica. Come viene influenzata dalla fatica, dalla durata dell’incontro, dalle condizioni stressanti del match, dalle condizioni atmosferiche, dal gioco dell’avversario, dalle diverse fasi del match, dal diverso terreno di gioco – sintetico, terra, erba -. Ci sono giocatori che partono lenti e si riscaldano con il progredire dell’incontro, altri che partono forti e tendono a calare nel tempo.

Terzo parametro da valutare è la condizione mentale del giocatore, che si evidenzia analizzando:

  • il livello di attivazione – Ad esempio viene valutata la gestione dei primi game, per capire il livello di attivazione con cui il giocatore entra in campo, la reattività, se è scarico o troppo carico
  • il livello di attenzione – Come si mantiene e si modifica durante l’incontro in relazione alle diverse fasi della partita. Ci sono giocatori che soffrono i primi game dell’incontro ed impiegano tempo per entrare in partita, regalando così all’avversario punti facili, che poi sono difficili da recuperare. Altri giocatori fanno fatica a mantenere alto il livello di attenzione e concentrazione all’inizio del secondo set, dopo aver vinto il primo e tendono per qualche game ad allontanarsi mentalmente dall’incontro, perdendo la presenza attiva in campo
  • i thriller points – si tratta dei punti fondamentali dell’incontro, quelli che sono causa di tensione psicofisica, ansie e timori di non farcela. Mi riferisco ai match point, ai set point, ai tie-break, alle palle break, a tutti quei punti che sono decisivi per l’andamento dell’incontro. È importante capire come li vive il giocatore, qual’è il suo atteggiamento in quei momenti, quando è capace di conquistarsi il punto e quando lo spreca, se si parla addosso attaccandosi o si infonde coraggio, se il suo corpo reagisce alla tensione contraendosi e bloccando la fluidità del movimento
  • le pause – Sono gli intervalli di tempo tra punto e punto, tra la prima e la seconda palla di servizio, tra game e game, tra set e set, il cambio di campo. È importante osservare cosa succede se perde o vince il punto, ancoraggi e rituali. La pause possono essere momenti di ricarica, utilizzabili per riprendere fiato e concentrazione e rientrare nel match con una maggiore presenza fisica e mentale, o possono essere momenti nei quali il giocatore si perde e si allontana dal match, spaccando racchette, prendendosela con sè stesso, lasciandosi andare allo sconforto e alla sfiducia dei propri mezzi
  • l’atteggiamento – Il modo di stare in campo può essere diverso per ogni giocatore. Si può valutare se quando è in partita è sicuro, tranquillo, teso, nervoso, sfiduciato, assente, aggressivo o passivo. Importante è la valutazione degli elementi che possono modificare l’atteggiamento e da cosa può essere condizionato. Ad esempio alcuni giocatori partono già sconfitti, se devono affrontare un avversario più posizionato in classifica. Altri soffrono la presenza dei genitori o dello stesso coach durante l’incontro. Alcuni si abbattono dopo i primi errori, altri si attivano se sono provocati. Osservare se l’atteggiamento è diverso in partita rispetto l’allenamento: alcuni giocatori sono spavaldi in allenamento e si perdono in partita, altri riescono a rendere al meglio se sono stimolati dalla competizione dell’incontro.

Quando si vuole approfondire o chiarire un’ipotesi diagnostica formulata in base ad anamnesi, sintomatologia ed esame obiettivo del paziente, si prescrivono, al paziente esami strumentali e di laboratorio. L’equivalente in campo tennistico possono essere dei test di valutazione, eseguiti in campo mediante esercitazioni specifiche. Si possono pensare esercitazioni che testano quantitativamente le capacità dell’atleta, come: test sull’attenzione, test sulla precisione, test sulle capacità di trasformazione, test di variazione del ritmo di gioco, ecc.
Mi soffermo su un test che ho elaborato personalmente, il Grafico sulla percentuale di rendimento in partita a game per game. Il giocatore, dopo la partita, disegna un grafico che corrisponda alla percentuale di rendimento in partita game per game. Il visualizzare, mediante la curva di rendimento in partita, la prestazione appena eseguita, consente un’analisi approfondita dell’incontro, la comprensione di quali sono stati punti di svolta ed i punti critici, l’andamento nel tempo del rendimento in partita. Queste considerazioni sono importanti per acquisire conoscenza del proprio gioco, consapevolezza delle proprie capacità e dei propri limiti.

Questi test, eseguiti all’inizio del programma di lavoro di tennista, possono essere eseguiti nuovamente a distanza di tempo, per valutare se le performance, nelle diverse aree di riferimento, sono migliorate, peggiorate, o rimaste immodificate nel tempo. Questo materiale, annotato per iscritto – verba volant, scripta manent -, diventa prezioso per impostare un programma di allenamento proprio partendo dalle difficoltà specifiche viste in campo, al fine di creare un progetto di lavoro personalizzato, specifico per il singolo giocatore e le sue caratteristiche tecniche, tattiche, fisiche e mentali.

Al termine di questa valutazione diagnostica, dovremmo essere in possesso di dati, informazioni e conoscenze che ci consentono di impostare un programma terapeutico, se stiamo parlando delle problematiche di un paziente in un contesto medico, o un programma di allenamento, se stiamo parlando di un atleta in un contesto sportivo. Il programma di allenamento di un tennista risulta così essere personalizzato in relazione alle conoscenze specifiche delle sue capacità tecniche, tattiche, fisiche e mentali, che abbiamo acquisito nella valutazione diagnostica descritta. Nell’impostazione di un programma di preparazione mentale di un tennista, la cui funzione sia di integrare le diverse aree (tecnica, tattica, fisica e mentale), è indispensabile che il lavoro, anche sul piano mentale, sia svolto direttamente sul campo. In tal senso viene svolto sul campo un training psicosomatico, partendo da esercitazioni specifiche che affrontino le problematiche rilevate nella fase diagnostica, in modo da fare esperienza diretta in allenamento delle difficoltà che abitualmente il tennista vive durante la partita. Questa situazione stressante e frustrante, riprodotta nella prima parte dell’allenamento, consente la possibilità, in primo luogo, dello sviluppo di una consapevolezza da parte del giocatore stesso delle proprie problematiche. In secondo luogo, dopo una riflessione congiunta sulle difficoltà appena vissute, si apre l’opportunità di trovare insieme altre soluzioni al problema, nuovi copioni e schemi di gioco da rappresentare e sperimentare immediatamente in campo nella seconda parte dell’allenamento. Se io faccio esperienza diretta del problema in allenamento, quando mi ritrovo in partita lo conosco già, ed è più facile per me trovare una soluzione in quanto l’ho già sperimentata nell’allenamento stesso.

Quindi, invece di acquisire nuove conoscenze di sé tramite la parola e il dialogo con uno psicoterapeuta, con questa metodica di lavoro apprendo direttamente dall’esperienza, secondo il principio ed il modello della mente di Wilfred Bion. L’esperienza vissuta – prima della frustrazione per non essere riuscito ad eseguire al meglio l’esercizio proposto, poi della soddisfazione per aver individuato il problema e trovato la soluzione – facilita l’acquisizione di nuove idee e pensieri, allarga lo spazio mentale, aumenta la consapevolezza di sé e del proprio gioco, indispensabile per diventare registi delle proprie partite ed ottimizzare le proprie prestazioni in partita.

Per concludere, è interessante ricordare che l’obiettivo principale della medicina non è il curare le malattie dei pazienti, ma operare per la salute della persona. Il rischio della medicina attuale è quello di adoperarsi per la risoluzione del sintomo con una terapia efficace, invece di inquadrare il sintomo in un contesto che comprenda corpo e mente della persona, al fine di ritrovare uno stato di benessere generale. Allo stesso modo risolvere il problema della risposta al servizio di un tennista o della sua solidità durante l’incontro, limitandosi ad un lavoro tecnico, potrebbe essere una terapia efficace solo per il sintomo, ma se non inquadrato in un contesto generale, che comprenda tecnica, tattica, condizione fisica e mentale, potrebbe non modificare in senso positivo il gioco del tennista e l’ottenimento di risultati sul campo.

Propongo allora un esempio di cosa significa diagnosi e terapia riferita al tennis. Se dalla valutazione diagnostica risulta che le principali problematiche del giocatore sono relative all’attenzione, al ritmo di gioco, alla risposta alla prima palla di servizio, alla gestione dei thriller points, si imposta la terapia o il lavoro dell’allenamento con un programma di lavoro personalizzato ed esercitazioni specifiche rivolte alle problematiche emerse nella valutazione diagnostica. Ho elaborato una scheda, chiamata “Tennis: Diagnosi e Terapia” per la valutazione tecnica, tattica, fisica e mentale del tennista, che riassume le diverse fasi esposte e può essere utilizzata come metodo di lavoro. La possibilità di utilizzare un metodo scientifico, sia in fase diagnostica che nella programmazione di un lavoro di allenamento, può consentire di integrare i diversi aspetti tecnici, tattici, fisici e mentali, di potenziare l’efficienza del training e ottenere una miglior performance in partita.

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