L'infinito calvario di CiCi Bellis

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L’infinito calvario di CiCi Bellis

Tre lesioni al polso, un osso sovradimensionato, una trafila di cure sbagliate e problemi risolti solo in apparenza. L’ultimo intervento lunedì scorso per rimuovere dal gomito una placca d’acciaio e un rientro che si fa sempre più lontano

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Ha giocato l’ultimo match ufficiale al torneo di Miami dello scorso anno, perdendo in due set contro Vika Azarenka. Da allora, poche e frammentarie notizie, per giunta discordanti, fino a un silenzio discretamente inquietante. Che fine ha fatto CiCi Bellis, una delle più luminose speranze del tennis a stelle e strisce? Pochi giorni fa la prossima ventenne (compirà gli anni domani) nata a San Francisco ha deciso di raccontare il proprio calvario d’infortuni, incomprensioni cliniche ed errori medici, affidando la confessione a Behind the Racquet, la pagina Instagram ideata dal collega Noah Rubin su cui i tennisti raccontano i più diversi “dietro le quinte” dell’attività professionistica.

Due anni fa ho giocato contro questa grande colpitrice in Messico – CiCi si riferisce al match di primo turno perso contro Naomi Broady a Monterrey nel 2017 – e per quattro giorni ho provato un dolore intollerabile alle braccia, che io ho attribuito allo sforzo e i medici a una generica tendinite. Si sono limitati a prescrivere degli antidolorifici, che in qualche modo mi hanno permesso di partecipare alla stagione su terra e a quella sull’erba. In effetti non sentivo più dolore, e prima dello swing asiatico ho deciso di smettere, mi sembrava di aver preso quelle pillole anche per troppo tempo“. Ma il mistero non si era ancora manifestato.

Mi sono concessa due o tre settimane di riposo assoluto durante la off season, poi ho iniziato la preparazione: avevo da poco raggiunto il mio miglior ranking e volevo spingere al massimo, perché era il momento di farlo, ma a Dubai ho letteralmente sentito un rumore sordo provenire dal mio gomito, e a Indian Wells ho raggiunto il picco massimo di dolore e sconforto sia al polso che al gomito stesso. Ne avevo abbastanza delle decine di esami fallimentari a cui mi ero sottoposta, quindi mi sono rivolta alla Mayo Clinic – la nota organizzazione di ricerca medica – per fare la risonanza magnetica più affidabile in circolazione. Il risultato? Il polso presentava tre gravi lesioni e un osso più lungo del normale“. Da lì la Via Crucis di interventi chirurgici, perlopiù incompleti e mai risolutivi.

Mi hanno operata una prima volta, ma solo per ridurre le lesioni. In quel momento, a sentire i medici, la compressione di cui soffriva il braccio si sarebbe risolta senza intervenire sull’osso sovradimensionato. Ma quando ho iniziato a riprendermi dall’intervento al polso il gomito ha iniziato a farmi impazzire, e ulteriori esami hanno evidenziato che due ossa picchiavano l’una contro l’altra quando il braccio era in estensione. Una delle due era peraltro fratturata: ecco il rumore sordo che avevo sentito a Dubai l’anno precedente. Mi hanno dovuta operare di nuovo, limando le eccedenze ossee; un intervento semplice che mi ha permesso di tornare presto ad allenarmi, ma quando sono tornata a giocare è tornato anche il dolore al polso, lancinante, causato dalla compressione di cui parlavo prima che i medici non avevano ritenuto meritevole di attenzioni“.

La conseguenza a questo punto della storia dovrebbe essere prevedibile dai più: altro intervento chirurgico. “L’osso più lungo della norma causava problemi all’intera articolazione, dunque sostanzialmente l’hanno dovuto segare a metà, accorciarlo e installare una placca di metallo per saldarlo. Un intervento complesso, che mi ha costretta ad aspettare molto tempo prima di poter tornare a colpire la palla, ma almeno pensavo di essere guarita. Mi sbagliavo“.

L’ultima, si spera, tappa del calvario è storia recente: “Dopo ogni allenamento il braccio si gonfiava moltissimo, provocando continue infiammazioni. Abbiamo subito immaginato che la placca fosse troppo grande, quindi l’ho rimossa lunedì scorso, e questo è il punto in cui mi trovo ora“.

Una faccenda sportivamente drammatica e di difficile lettura, che rende quantomeno indelicato ipotizzare i tempi e i modi in cui CiCi riprenderà, se la riprenderà, l’attività agonistica. “La cosa più difficile da superare è stata l’avvicinarsi alla normalità, alla convinzione di essere sulla giusta via per la guarigione e trovarsi ogni volta a dover ricominciare da capo, con un problema sempre più grande da affrontare. Non avrei fatto tutto questo se non provassi un amore sconfinato per il mio lavoro“. Ogni commento ulteriore potrebbe essere fuori luogo: non possiamo che porgere alla povera CiCi i nostri migliori auguri, e non solo per il compleanno di domani.

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