Un talento d'acciaio (Cocchi). Federer, la rimonta è da applausi (Semeraro). Federer dei miracoli (Azzolini). Annullare 7 match point. Un'altra lezione di Federer (Rossi)

Rassegna stampa

Un talento d’acciaio (Cocchi). Federer, la rimonta è da applausi (Semeraro). Federer dei miracoli (Azzolini). Annullare 7 match point. Un’altra lezione di Federer (Rossi)

La rassegna stampa di mercoledì 29 gennaio 2020

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Un talento d’acciaio (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Se sei ancora li. Se annulli 7 match point a 38 anni e 178 giorni a uno che ha 10 anni meno di te. Se conquisti un posto nella 46esima semifinale Slam, con un inguine dolorante, contro un giocatore galvanizzato da un torneo fin qui impensabile, allora sei Roger Federer. Tennys Sandgren ci ha provato, dopo il miglior risultato Slam della carriera e aver rispedito a casa prima Berettini e poi Fognini. Gli è mancato il coraggio, quasi annichilito dal timore reverenziale, l’arma in più del Magnifico che stende gli avversari col suo gioco ipnotico e la personalità debordante. I primi tre match point sono arrivati nel quarto set al servizio sul 4-5, poi altri 4 al tie-break che vedeva Sandgren avanti 6-3. Sul quarto e il quinto lo statunitense ha messo in rete il rovescio. Il sesto Federer l’ha polverizzato con un passante e il settimo è stato ancora un errore sul rovescio del ragazzo del Tennessee. Una volta arrivati al quinto, ha vinto la monumentale esperienza di Roger, che raggiunge così la semifinale degli Australian Open per la quindicesima volta. Alla fine del match, Federer è stato circondato dai suoi bambini, che gli sono corsi incontro come si fa con un qualunque papà al ritorno dal lavoro. Fresco e rilassato ha candidamente ammesso: «Sono stato molto fortunato, non meritavo di vincere». Il campione di 20 Slam si riferiva al dolore all’inguine che lo ha costretto a ricorrere alle cure del medico nello spogliatoio e prendere un antidolorifico: «Ho iniziato ad avere fastidio a metà del secondo set. Mi sentivo come se non riuscissi a difendere. In quel momento ho preso anche warning perché ero arrabbiato per il dolore — ha raccontato Federer —. Non volevo ritirarmi, e avevo paura che proseguendo avrei rischiato di compromettere settimane di programmazione e tornei. A un certo punto ho pensato che fosse finita. Poi mi sono aggrappato a piccoli segnali, ho iniziato a credere che un miracolo sarebbe stato possibile e ho portato a casa il quarto set, lì ho capito che avrei potuto vincere. Se da un lato ho avuto un pizzico di fortuna è anche vero che in altre occasioni ho subìto sconfitte dolorosissime, il tennis a volte dà e altre toglie… » . […] Quest’anno a Melbourne Roger è riuscito a vincere due partite al quinto set come gli era successo soltanto altre quattro volte in tornei dello Slam, compreso l’Australian Open del 2017, poi vinto: «Se credo di poter arrivare in fondo? Certo, altrimenti sarei già andato a sciare… La realtà è che vincere match come questo o come quello con Millman, dove tutto sembra perduto, ti dà una spinta in più. In genere mi convinco che sia finita solo quando vado a stringere la mano all’avversario. Ci credo fino alla fine».

Federer, la rimonta è da applausi (Stefano Semeraro, Corriere dello Sport)

Ancora loro, per la 50a volta uno contro l’altro, domani, nelle semifinali degli Australian Open. Una recita da non perdere, un clàsico extralusso. Federer contro Djokovic, il numero 3 contro il numero 2 del mondo, il re del tennis opposto al Djoker che ha saputo infilarsi nell’antica faida con Nadal, terzo attore di un triello degno di un western e ricavarne 16 Slam, mica uno scherzo. L’ultima volta che si sono incontrati è stato a novembre, nella fase a gironi delle Atp Finals, e ha vinto lo svizzero; ma nessuno, neppure lui, l’ha considerata una vera rivincita del drammone tennistico andato in scena, sempre a Londra ma a luglio, nella finale di Wimbledon. Federer che arriva a due matchpoint, ma sul secondo attacca troppo morbido e, fra gli sconfortati ‘ohhh!…’ del Centre Court, si fa infilzare da un passante di diritto di Novak. E dice addio al nono sigillo ai Championships. Ci riproverà, il 38enne Federer, dopo aver faticato ieri un altro quinto set al limite del miracoloso, ma rimediando un acciacco muscolare che potrebbe limitarlo in semifinale. A una certa età recuperare è più difficile, si sa. Stavolta contro il picchiatore smanicato Tennys Sandgren, c’è voluta tutta la fede di Federer in se stesso per uscirne in piedi. Sette match point annullati quando ormai il Genio era con un piede negli spogliatoi, sotto di due set e con la coscia dolorante per un infortunio muscolare. I primi tre li ha cancellati sul 5-4 per Sandgren nel quarto set, aiutato da un avversario capace di sbagliare tutte le volte. Gli altri quattro nel tie-break seguente, evaporati fra discese tentennanti a rete di Sandgren e passanti ineccepibili del Patriarca. Scampato il pericolo, Federer nel quinto set si è finalmente sciolto. Ha ottenuto il break sul 4-2 prima di chiudere 6-3 in 3 ore e 31 minuti. Mica male, per uno a cui da dieci anni, mese più mese meno, tutti non fanno che chiedere: ma quando ti ritiri? […]

Federer dei miracoli (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Ai miracoli ci crede. Roger lo dice con la grazia naturale di chi se li può permettere. Del resto, perché non dovrebbe crederci? Ne ha appena fatto uno. Ha vinto un match che non era più possibile vincere. Semplicemente… Roger era a un niente dal ritiro, ma è rimasto in campo a inseguire non si sa bene che cosa. O meglio, ora lo sappiamo di cosa si trattasse: un’altra vittoria nello Slam, una nuova semifinale. Lì per lì sembrava una follia, un’insensata ribellione al dolore che lo aveva costretto a un lungo “medical time out” nello spogliatoio, unico rifugio possibile quando sono interessate quelle parti che non è bene mostrare in pubblico. Si era alla fine del secondo set, e l’avversario di giornata, Tennys Sandgren, dava l’impressione di poter ormai dilagare, dopo aver consegnato senza pretese la prima frazione. Match finito, alzi il dito chi fosse convinto del contrario. Vedete, i miracoli nello sport sono fatti di centimetri, di gesti, d’intenzioni, sono miracoli di carne e ossa. È la fede dell’uomo in se stesso, niente che possa scomodare l’ordinamento divino. Anzi, il miracolo terreno di Federer ha preso le mosse in modo a dir poco prosaico, da una parolaccia urlata al vento, che gli è costata uno dei pochissimi “warning” subiti in carriera. «L’inguine», ha rivelato poi, «l’ho sentito andare in trazione. Ho avvertito un po’ di dolore e ho pensato: sono fregato. E poi, non so, sono rimasto in campo, un po’ titubante, ho perso secondo set, poi il terzo e sono andato sotto anche nel quarto, 3-0 mi sembra. Ma via via avvertivo che il muscolo si stava sciogliendo. Provaci ancora, mi sono detto. E da capo, di lì a poco: dai, continua, magari qualcosa cambia». È cambiato il match, se vi pare poco. […]

Annullare 7 match point. Un’altra lezione di Federer (Paolo Rossi, La Repubblica)

Se cercate una spiegazione al nuovo, piccolo miracolo della carriera di Roger Federer, non chiedetela al diretto interessato. «Non so neanche io come ho fatto, non meritavo di vincere». L’ultima prodezza di Sua Maestà è sopravvivere a 7 match point avversari per approdare per la 15^ volta (record di ogni Slam) alle semifinali degli Australian Open dove ritroverà Nole Djokovic. Racconta Gianni Clerici: «Mi ha svegliato di buon mattino un amico dalla Svizzera, per raccontarmelo. Gli tremava la voce, mi diceva che era una cosa impossibile, continuava a chiedermi: ma come fa, spiegami come». Lo sconfitto stavolta è Tennys Sandgren. Aveva eliminato Berrettini e Fognini, ha quasi battuto Federer. Quasi. Al cospetto di sua Maestà, Sandgren fin lì non aveva vissuto sudditanza psicologica ma, come disse una volta il tennista australiano Peter McNamara: «C’è una grande differenza tra arrivare al match point e vincere la partita». Su questa linea di confine, al tramonto del quarto set, è cominciata un’altra partita. Sette volte Tennys ha provato a buttar fuori Roger, sette volte Roger ha resistito. Tre sul 5-4, quattro nel tie-break (tre di fila, sul 6-3). I primi quattro match point annullati da altrettanti errori gratuiti. Il quinto dal servizio dello svizzero. Il sesto, l’unico sul servizio di Sandgren, da un gioco di prestigio, rovescio e volée. L’ultimo con un rovescio tagliato che ha provocato l’ennesimo errore. Quando lo danno per finito, Federer rinasce. Quando si ritrova sull’orlo del precipizio, recupera energie e prende a danzare. […] «I believe in miracles» ha detto, rifiatando. Credo nei miracoli. «Signori, questo è Roger Federer», urlava lo speaker. Ma le ricordate le previsioni? «Federer è invecchiato, mi stupirei se vincesse altri Slam», Ivan Lendl, 2011. «Non ha più energia sufficiente per vincere uno Slam. Non stupitevi se l’anno prossimo si ritirerà», Cedric Pioline, 2013. Il messaggio che regala Roger è che si può sopravvivere al delirio di onnipotenza e rigenerarsi nell’umiltà. Un tennista sconosciuto ai più, l’australiano Sam Groth, svela: «Nel cuore Roger è ancora un bambinone. A me parla in slang aussie. Si interessa degli altri giocatori. Nel mondo del tennis, caratterizzato da arroganza, soldi e interessi personali, lui sa muoversi con scioltezza e naturalezza». I giovani come Jannik Sinner bramano per scambiare due colpi con il migliore. «Quando parli con Roger ti fa sentire importante, non conta chi tu sia: fan, avversario o un vecchio decrepito come me» ha detto Rod Laver, l’unico ad aver realizzato due volte il Grande Slam.

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