Thiem da urlo. Sfida a Djokovic per il primo titolo Slam (Scanagatta). Scacco al Re? (Crivelli). Thiem scala la vetta dei re (Semeraro). Botte da orbi, Thiem in finale (Azzolini). Il lift di Thiem, un boscaiolo per uno Slam (Clerici)

Rassegna stampa

Thiem da urlo. Sfida a Djokovic per il primo titolo Slam (Scanagatta). Scacco al Re? (Crivelli). Thiem scala la vetta dei re (Semeraro). Botte da orbi, Thiem in finale (Azzolini). Il lift di Thiem, un boscaiolo per uno Slam (Clerici)

La rassegna stampa del 1 febbraio 2020

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Thiem da urlo. Sfida a Djokovic per il primo titolo Slam (Ubaldo Scanagatta, Giorno-Carlino-Nazione Sport)

Se Djokovic, 31 anni, e Federer, 38, hanno giocato giovedì la loro 15esima semifinale all’Australian Open, invece per Dominic Thiem (nella foto), 26 anni e n.5 Atp e Sasha Zverev, 22 anni e n.7, quella di ieri è stata la prima. […] L’austriaco, favorito (6-2 i precedenti) ieri ha perso il primo set nel quale Zverev ha messo un’impressionante 92% di primi servizi, ma poi con un tennis più vario ed aggressivo ha vinto i tre set successivi, 36 64 76(3) 76 (4) in 3h e 42m di grande lotta. Thiem si è mostrato, oltre che più completo, più solido nei frangenti più importanti. Fra Nadal e Zverev ha vinto 5 tie-break di fila. Reduce da due finali di Slam, 2018 e 2019 perse con Rafa Nadal a Parigi Thiem ha detto a John McEnroe a proposito delle sue chances contro Djokovic: «Le prime 2 finali Slam le ho perse contro il re del Roland Garros, campione li 12 volte, la terza la gioco contro il re dell’Australian Open che l’ha vinto 7 volte…». Però, attenzione, Dominic “Dominator” Thiem ha sconfitto Novak Djokovic 4 volte negli ultimi 5 duelli. A Parigi (2) come a Londra nelle finali Atp: l’austriaco non ha complessi né timori reverenziali. Stamani la finale del torneo femminile, con la rediviva spagnola Garbiñe Muguruza, 26 anni, favorita contro la sorpresa Usa Sofia Kenin, 21 anni, ora al n.11 ma mai oltre il quarto turno di uno Slam prima del 2020.

Scacco al Re? (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La luce dell’avvenire si accende dopo un’altra maratona gloriosa contro Zverev, 3 ore e 42′ senz’altro lontane dal pathos e dalla qualità tecnica del trionfo su Nadal nei quarti eppure così significative per il messaggio che una volta di più mandano al mondo: mi chiamo Dominic Thiem e adesso sono lo la vera alternativa all’impero dei Big Three. […] Eppure a favore di Dominator, che due finali le ha già raggiunte a Parigi, nel 2018 e nel 2019, assaggiando l’intoccabilità di Nadal sulla terra, stavolta possono spirare venti benigni: per la consapevolezza che ha di sé, per la tenuta mentale che sinceramente non gli si conosceva, per la solidità tecnica che ormai mostra anche sul veloce. E per i precedenti, una spinta psicologica importante. Contro le leggende È vero, uno Slam è un altro sport, perché viene dopo due settimane senza respiro e quindi si sottrae a considerazioni canoniche, eppure se hai vinto quattro degli ultimi cinque confronti diretti, tra cui gli ultimi due, la tendenza è un segnale. E Thiem è proprio in questa posizione, costruita soprattutto attraverso le grandi vittorie al Roland Garros in semifinale a giugno (il famoso match su due giorni sferzato dal vento) e nel round robin delle Atp Finals di novembre, una delle partite più belle della stagione e su una superficie molto simile a Melbourne. E guardare negli occhi partendo da una situazione di vantaggio il giocatore che più di ogni altro fa della forza della testa l’atout più incisivo, sarà una bella compagnia: «Noi giovani siamo arrivati al tennis nel momento più duro – confessa l’austriaco – perché dobbiamo confrontarci contro leggende incredibili. Io, ad esempio, dopo aver affrontato due volte in finale il Re di Parigi, adesso trovo il Re d’Australia. Può sembrare qualcosa di insormontabile. E invece proprio per le esperienze passate, adesso sono fiducioso di poter alzare il mio livello e di mettermi nella giusta condizione per vincere il match». Senza paura Ne ha pure le qualità tecniche: grazie alla cura Massu, coach ormai da un anno e sinceramente una sorpresa a questi livelli (allenava i bambini), è più aggressivo, più continuo al servizio e non disdegna la rete. Dopo un primo set molle, contro Zverev ha alzato il ritmo, ha tenuto il controllo e ancora una volta è stato perfetto nel due tie break (cinque vinti di fila…), nonostante la tensione degli ultimi scambi: «Avevo mal di stomaco, succede». Djokovic, imbattuto nel 2020 (12 successi), ha già mostrato di soffrirne le accelerazioni e di essere vulnerabile sulla diagonale dei rovesci, per lui solitamente devastante se non fosse che l’altro può giocargli improvvisamente il lungolinea oppure aggirare la palla per il dritto a sventaglio. E il giorno in più di recupero per il Djoker? «Ho così tanta adrenalina in corpo che non mi preoccupo», lo esorcizza Thiem, confortato dalle statistiche: negli ultimi dieci anni, ha vinto sei volte il meno riposato. Basterà per un nuovo trono?

Thiem scala la vetta dei re (Stefano Semeraro, Il Corriere dello Sport)

Adesso il confine passa per Melbourne. La sottile linea rossa tirata fra la resistenza della vecchia guardia, che veste la divisa di Novak Djokovic, e la carica del nuovo, che nell’occasione ha le meches bionde (poco asburgiche) e i bicipiti carichi di Dominic Thiem. The Dominator in semifinale dopo un set di riscaldamento ha rullato Sascha Zverev, che pure gli ha rovesciato addosso una valanga di prime palle, ribadendo quello che già si sapeva alla sua terza finale Slam – le prime due le ha perse al Roland Garros con Nadal – è lui il vero sfidante del Triumvirato. […] LE MANI AVANTI. Adesso tocca a Dominic, primo austriaco in finale a Melbourne, che vincendo diverrebbe il 150° vincitore di un major (il 149° è stato Marin Clic agli Us Open 2015) e scavalcherebbe in classifica Federer planando al numero 3: un sorpasso che rischia di diventare definitivo. «Sono stato due volte in finale al Roland Garros – sbuffa l’aspirante regicida –tutte e due contro Rafa, ora devo affrontare Djokovic, che qui ha vinto sette titoli ed è il re d’Australia. Farò di tutto per batterlo, ma se anche stavolta sarò sconfitto continuerò a lavorare duro». […] Senza dimenticare che Djokovic a inizio carriera è stato il vero babau di Thiem, che ci ha perso per le prime cinque volte (ora il bilancia è 6-4 Djokovic). San Novak ha parecchie ragioni per serrare l’uscio: vincendo il suo 17° Slam tornerebbe numero uno, e potrebbe dare l’attacco al record di 310 settimane al vertice di Federer; oltre a diventare il secondo di sempre dopo Rosewall a vincere lo Slam australe in tre decenni consecutivi. Di fatica sin qui ne ha fatta poca, tranne quella nervosa di sopportare il tifo contrario nel match contro Federer PURO WRESTLING. Thiem invece la vittoria su Rafa nei quarti l’ha pagata con quattro ore di puro wrestling tennistico. Ha sei anni meno del Djoker (26 contro 32), ma sulle spalle il peso della nuova leva che preme per un posto al sole. ll suo avversario però non accetta la sfida generazionale. «Dominic è nel circuito già da molti anni, ha già giocato due finali a Parigi, vinto un Masters 1000, gli serve solo la partita giusta per il colpaccio. Negli ultimi mesi è molto migliorato. Il gioco ce l’ha sempre avuto, ora ha anche l’esperienza e la forza». La domanda è: basteranno?

Botte da orbi, Thiem in finale (Daniele Azzolini, Tuttosport)

[…]Se le danno di santa ragione, ma lo fanno con spirito puro, come se non ci fosse un domani. Hanno imparato così, Dominic e Sascha, e pensano che le vie spicce siano le più appropriate per venire a capo di qualsiasi questione. Senza giri a vuoto, né infingimenti. Senza tatticismi, ché quelli davvero non li sopportano. Eccolo il tennis nuovo, non mette a confronto smorzate e volée, ma quanto uno sappia andarci giù duro, guardando negli occhi i rivali, misurando la potenza di colpi che mai si pensava potessero giungere a simili velocità. Non hai paura? Respect, amico mio… […] C’è sempre un castello da diroccare, con quel po’ po’ di bazooka che hanno al posto del braccio, e loro vi si dedicano con cieca determinazione, senza accorgersi che vi sono altre vie per farlo cadere, o magari che la porta è già aperta e non c é bisogno di abbattere un muro per passare oltre. Sono questi i pensieri che accompagnano la quotidiana visione delle manovre militari di Thiem e Zverev, amici come ce ne sono pochi nel circuito, incapaci di trascorrere una giornata senza inviarsi un messaggio, un video, il cinguettio di un terzo amico. Giungono alla semifinale che potrebbe cambiare la vita a uno dei due, e alla vigilia appaiono abbastanza solidali da sospingersi l’un l’altro verso la meta. « E’ l’inizio di una nuova pagina del nostro sport», avvisa Zverev, confezionando la frase che tutti sperano di sentir dire. «Noi non abbiamo segreti», rivela Thiem, parlando del suo amico. È l’annuncio che non vedremo novità di alcun tipo in campo. Solo botte. Botte da orbi. Parte meglio Zverev, pare addirittura con un friccico di voglia in più. In questi Australian Open ha ritrovato tranquillità. La gran botta del servizio dovrebbe avviare la sistematica ricerca delle traiettorie a uscire, ma il percorso appare sin troppo logico, e Sascha gli dà una bella limata per rinfrescarlo. Meno orpelli, si va dritti alla meta. La percentuale dei servizi sale alla cifra monstre di 92, e il meno pesante supera comunque i 210 orari. Sascha domina il primo set con un tennis coraggioso e pulito. E l’inizio della sua fine, ma ancora non lo sa. Su quei colpi ripuliti e scrostati da qualsiasi “costruzione della mente” che si vede benissimo dove siano diretti e a quale velocità viaggino, Thiem sembra il più felice degli uomini. Pur aderendo alla stessa filosofia di vita e di gioco dell’amico tedesco, Madre Natura l’ha dotato di colpi altrettanto potenti ma con un pizzico in più di spin, che gli consente di tenere in campo, talvolta, anche ciò che è evidentemente destinato oltre la riga di fondo. […] È il più sicuro dei due, e tanto basta per proiettarlo in finale, la terza che giocherà nello Slam, ma la prima fuori dall’amica terra rossa del Roland Garros. Non c’é molto da raccontare sulla svolta favorevole a Thiem. L’unico brivido viene da un temporaneo abbassamento delle luci, all’inizio del terzo set, il disco scelto per consolare il pubblico è “Sweet Carolina” di Neil Diamond. Sascha ha recuperato quel po’ di terreno perduto nel corso di una stagione quasi del tutto da buttare, ha raggiunto il punto più alto del suo tennis, ha rischiato di vincere il terzo set (e costretto Thiem a due miracoli di rovescio per impedirglielo), può ripartire da qui, ma è d’obbligo chiedersi quali passi avanti gli consentirà mai il suo tennis forse troppo riconoscibile.

Il lift di Thiem, un boscaiolo per uno Slam (Gianni Clerici, La Repubblica)

C’è, in finale dell’Australian Open, almeno un tennista che i bookmaker non avevano previsto, a quote modeste: si chiama Dominic Thiem, viene da un Paese di sciatori, l’Austria, che ereditò un tennista dalla Cecoslovacchia durante la guerra, Roderich Menzel. Seguito da Nicolas Massú e per un paio di settimane anche da Thomas Muster, Thiem ebbe un grande coach, Gunter Bresnik, che lo costrinse a lavorare da boscaiolo per farsi i muscoli, muscoli che nella semifinale vinta su Zverev si sono visti nel diritto e nel rovescio liftatissimi. […] Queste due qualità gli hanno fatto vincere 3-6 6-4 7-6 (3) 7-6 (4) il match contro Alexander “Sascha” Zverev, anche lui prodotto da un intimo coach, addirittura suo padre (Alexander senior), e insieme al fratello Mischa tennista professionista. Thiem ha raggiunto per la terza volta una finale del Grande Slam. Ci era arrivato 2 volte negli ultimi 2 anni al Roland Garros, ma è stato respinto da Rafa Nadal. Ora si è visto chiaramente che ad altre superfici il suo gioco può adattarsi benissimo, soprattutto il suo passante superliftato, che egli non cambia mai quale che sia il punteggio della partita. Thiem ha avuto il suo miglior momento quando Zverev ha accusato un suo istante d’incertezza nel secondo set. Molti già pensavano che l’austriaco fosse pronto per una successione alle due finali dei campionati di Francia 2018 e 2019, invece perduti contro Nadal. E si era permesso di battere Djokovic nelle Atp Finals di Londra, l’anno scorso. Possiede un liftaccio da togliere addirittura pelo alla palla, un’eredità non facile da ottenere dal suo allenatore, un’eredità che dovrebbe mettere in guardia chi giochi diritto piatto e servizio non troppo tagliato come Zverev. Zverev del quale si parla troppo bene, che gioca troppo bene a tennis, almeno per il momento. Anche a McEnroe l’austriaco ha sottratto alcune parole di lode e sanno tutti quanto è riservato Johnny Mac nel non lodare altri che se stesso.

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