Il viaggio nel (tennis) futuro di Paolo Lorenzi

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Il viaggio nel (tennis) futuro di Paolo Lorenzi

L’azzurro racconta l’esperienza del mini torneo di Bradenton, tra palline personalizzate e strette di mano proibite

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Paolo Lorenzi - US Open 2019 (foto John Martin)
 

Il tennis è fermo quasi dappertutto, ma non a Bradenton in Florida, dove si è appena concluso un torneino che ha coinvolto anche tennisti professionisti. Tra giocatori dal ranking piuttosto basso, spicca il nome del nostro Paolo Lorenzi che ha colto al volo l’occasione per provare a mantenere un po’ di ritmo partita, vincendo peraltro 14 incontri su 15. Gli incontri si sono svolti con set al meglio dei quattro game come alle ATP Next Gen Finals e, ovviamente, nel rispetto di alcuni accorgimenti per contrastare possibili contagi tra i tennisti. Paolo ha raccontato a La Repubblica l’esperienza e l’atmosfera piuttosto particolari vissute in Florida.

Innanzitutto le porte chiuse. “Strano, molto strano. Mai mi era capitato di giocare a porte chiuse. Senza pubblico, solo con noi giocatori in campo. Il pubblico è parte di noi“. Ovviamente non erano presenti neanche giudici di linea, anche se i giocatori non erano completamente soli. “Un solo arbitro, al centro, ma per dare il punteggio. I punti li chiamavamo da noi. Almeno in questo torneo è andato tutto bene, nessuno ha provato a rubare…”

Per quanto riguarda le norme anti contagio (qui quelle della FIT, qui quelle della USTA), esse si estendevano dalle palline ai cambi di campo. “Hanno organizzato tutto molto bene, ognuno aveva le sue palline.“. Ovviamente non erano i giocatori a portarsi il tubo di palle da casa, ma gli organizzatori stessi provvedevano a distinguerle con le iniziali dei tennisti in campo. Per quanto riguarda la raccolta, ognuno doveva rastrellare solo le proprie secondo la tipica modalità “piede-racchetta“, uno dei gesti forse più distintivi e “romantici” del tennis. “Qui si suda tanto e c’era la possibilità di venire in contatto con una pallina bagnata dell’altro giocatore“.

Per il resto, i giocatori dovevano gestirsi da soli il proprio asciugamano e cambiare campo dai lati opposti, anche se le panchine si trovavano entrambe dalla stessa parte seppur molto distanziate. Di stretta finale alla fine non se ne parla nemmeno, solo un cortese gesto con la racchetta. Lorenzi però non si augura che questa sia la nuova normalità del tennis, neanche quando si ricomincerà. “Per me è un modo per tenermi in allenamento. Però mi auguro che non sia un modello. Io spero di poter riprendere la stagione con le solite abitudini. Vorrebbe dire che anche nello sport la normalità è tornata“.

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