I sette re di Roma: Thomas Muster

Racconti

I sette re di Roma: Thomas Muster

Nella settimana in cui si sarebbero dovuti giocare gli Internazionali d’Italia, un articolo per ognuno dei sette migliori giocatori della storia del torneo. Oggi è il turno dell’austriaco, amatissimo dal pubblico del Foro

Pubblicato

il

 

Dall’10 al 17 maggio, se non fosse intervenuto il coronavirus a complicare tutto, si sarebbero giocati gli Internazionali BNL d’Italia. Per lenire un po’ la nostalgia, e sperando che il torneo possa essere recuperato quest’anno, abbiamo preparato una serie di articoli sui Sette Re di Roma da pubblicare fino a domenica, il giorno in cui si sarebbe disputata la finale. Abbiamo selezionato i sette tennisti che più degli altri hanno contribuito a scrivere la storia di questo torneo in Era Open.

Oggi è il turno di Thomas Muster, campione a Roma nel 1990 e poi nelle due edizioni consecutive del 1995 e 1996.


Thomas Muster negli anni Novanta è diventato il primo, nell’era Open, a vincere per tre volte gli Internazionali (in 12 partecipazioni). Ma la sintonia tra Roma e l’austriaco più amato dagli italiani nacque in un momento di commiserazione. Quando i trionfi sul Centrale non sembravano all’orizzonte. Maggio 1989, l’argentino Alberto Mancini aveva battuto in finale il favorito Andre Agassi e il ventunenne Muster, in stampelle, era stato invitato alla premiazione da Franco Bartoni, direttore del torneo. A inizio aprile, prima della finale contro Lendl a Key Biscayne, era stato investito da un ubriaco nel parcheggio mentre sistemava le racchette e la borsa in macchina. Il ginocchio sinistro finì sotto i ferri e l’invito al Foro sembrava quasi l’omaggio a una carriera precocemente stroncata. “Camminavo ancora con le stampelle – ha raccontato alla Gazzetta dello Sport qualche anno fa – , la gente si commosse, e quando dissi al microfono ‘Tornerò l’anno prossimo per vincere il torneo’ vidi che intorno c’erano risolini e facce piene di dubbi. È vero, era una scommessa un po’ azzardata, in realtà avrei potuto addirittura rimanere zoppo. E invece è successo un autentico miracolo“.

LA RINASCITA – Muster si auto-lanciò così una sfida, fiducioso nelle sue capacità di raccoglierla. Quella riabilitazione è finita nella letteratura medico-sportiva: si fece costruire da un falegname austriaco una particolare sedia per continuare a palleggiare da seduto, potendo allenare così almeno il busto con la gamba immobilizzata.

Dopo aver accelerato all’inverosimile i tempi di recupero, entrò carico nel tabellone degli Internazionali 1990 lasciando per strada soltanto due set in tutto il torneo. In finale, il successo (6-1 6-3 6-1) sul russo Andrej Chesnokov per vendicare la sconfitta di qualche settimana prima all’ultimo atto di Montecarlo. Con il Foro già frizzante per le notti magiche di Italia ’90 in arrivo, Muster sollevò al cielo di Roma il trofeo che riaccese la sua carriera. Lea Pericoli, all’epoca firma de Il Giornale, raccontò così quella finale a senso unico: “Una partita di cui diventa molto difficile raccontare il punteggio. Chesnokov ha servito male fin dal primo game e quel minimo di pesantezza di gambe, unitamente al ritmo ossessivo che gli imponeva Muster, hanno fatto la differenza. (…) Gli appassionati sono stati privati dello spettacolo che prometteva il match. Tuttavia il pubblico romano, considerato un tempo tra i più difficili del mondo, si è comportato in modo fantastico, accettando la resa di Chesnokov“. Muster, per quell’eccesso di dominio, avrebbe dovuto farsi in qualche modo perdonare.

BIENNIO D’ORO – Ci è riuscito riservando a Roma la sua versione migliore, gli anni del massimo vigore atletico e della piena maturità. Dopo 18 tornei conquistati tra il 1990 e il 1994, nel biennio 1995-1996 ha reso indelebile il suo nome nell’albo d’oro degli Internazionali. Il secondo successo dell’austriaco, a cinque anni dal primo, è arrivato di lunedì. La pioggia aveva fatto scivolare oltre la domenica quella sfida tra padroni della terra con Sergi Bruguera. Muster ha rimontato un set di svantaggio (3-6 7-6 6-2 6-3), alimentando una serie di 40 successi consecutivi su clay che lo porterà dopo poche settimane al suo primo e unico Slam in carriera, il Roland Garros conquistato battendo in finale Michael Chang. Proprio Bruguera, che a Parigi perse lo scettro di due volte campione in carica, gli regalo l’investitura legittimata dalla tripletta Montecarlo (grande rimonta contro Becker)/Roma/Roland Garros: “Quest’anno Muster sulla terra è il migliore di tutti, senza dubbi“.

La finale del 1995

IN CIMA AL MONDO – A febbraio 1996 l’austriaco si arrampicò per la prima volta al numero uno del ranking, rimanendoci aggrappato per cinque settimane. Gli Internazionali rimasero suo terreno di conquista: ancora in quattro set, la finale vinta contro l’olandese Richard Krajicek (6-2 6-4 3-6 6-3) che non riuscì a raccogliere frutti dal serve and volley e ammise di essersi arreso a un avversario “non imbattibile, ma quasi“. Al pubblico, coinvolto dai suoi ruggiti durante gli scambi violenti e affettuoso al momento della premiazione, Muster si aprì: “Siete fantastici, perché con il vostro tifo sapete creare un’atmosfera magica. I miei sogni? Ne ho tanti, tipo vincere a Montecarlo o qui a Roma per la quarta volta“. Poi un sospiro: “In realtà mio vero sogno è di godere di buona salute, perché è l’unica condizione per continuare a giocare“.

La parabola discendente, alle soglie dei 30 anni, era appena iniziata. Chiuderà con 44 titoli di cui 40 su terra, cannibale nella specializzazione estrema. “Ma solo per quattro mesi – ama raccontare – perché poi cominciava la stagione sull’erba…”. A Wimbledon vinse due set in appena quattro partecipazioni. Questione di feeling.


I sette re di Roma

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement