Cosa succede durante una pandemia a chi incorda le racchette di Federer

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Cosa succede durante una pandemia a chi incorda le racchette di Federer

Il New York Times ha raccontato la storia di Ron Yu, l’incordatore delle racchette dei campioni, il cui fatturato è sceso a zero in queste settimane e ha dovuto trovare un altro lavoro part-time. “A mia mamma piace raccontare che sono amico di Federer e lavoro con lui”

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Ron Yu, l'incordatore di Roger Federer (ph. by Eve Edelheit for The New York Times)
 

Vi proponiamo la traduzione di un articolo del New York Times – trovate qui la versione originale. L’articolo racconta la storia di Ron Yu, che per l’azienda ‘Priority One’ incorda le racchette dei giocatori più forti del mondo. Più che incordarle, le personalizza al 100%: dai grip alle impugnature, sistemando anche dei pesi particolari laddove richiesti dal giocatore. E oggi, come tanti altri lavoratori del mondo dello sport, ha visto il suo fatturato scendere praticamente a zero ed è stato costretto a trovare un altro lavoro di ripiego, che si augura temporaneo fino a quando si riprenderà a giocare.


Ron Yu si è innamorato del tennis quando studiava al Georgia Institute of Technology – una passione così intensa che non si è mai laureato, abbandonando gli studi dopo meno di due anni. “Trascorrevo così tanto tempo giocando e bazzicando il negozio dove avrei iniziato a lavorare” dice Yu. “Dando un’occhiata ai miei voti, mi avrebbero cacciato comunque, quindi non è stata poi una decisione tanto difficile in quel momento”.

Cittadino statunitense nato in Corea del Sud ed emigrato negli USA da bambino con i suoi genitori coreani, Yu è diventato uno dei migliori tecnici per quanto riguarda le racchette. Le incorda e personalizza modificando manici e grip e aggiungendo peso ai telai. Ha avuto un ruolo dietro le quinte in 23 titoli Slam di singolare per giocatori come Andre Agassi, Lleyton Hewitt, Stan Wawrinka e Roger Federer. Yu, cinquantaduenne, lavora per l’azienda di servizi per racchette Priority One dal 2001. Fondata dal tecnico che si occupava degli attrezzi di Pete Sampras Nate Ferguson, la Priority One lavora esclusivamente per un piccolo gruppo di giocatori di élite, tra cui il numero 1 del mondo Novak Djokovic e Federer, cliente dal 2004.

L’azienda concentra la propria attività nei quattro Slam e negli eventi ATP di più alto livello. Però, come chiunque altro lavori nel circuito tennistico, l’attività internazionale di Yu è stata messa a terra dalla pandemia. I Tour sono fermi dall’inizio di marzo e la ripresa non avverrà prima di agosto, forse decisamente più avanti. Priority One ha licenziato uno dei suoi tre tecnici, Glynn Roberts, primo incordatore di Andy Murray e Djokovic. Yu è rimasto con l’azienda e ha detto che ancora personalizza racchette e ne incorda una o due al giorno per clienti non professionisti – una caduta verticale dalle 25-30 che potrebbe incordare quotidianamente durante un torneo.

“Secondo i contratti, i giocatori ci pagano per incordare e customizzare quando giocano e viaggiano e noi siamo ai tornei” spiega Yu. Così, al momento, il fatturato è praticamente zero. Yu dice di aver accettato una riduzione dello stipendio alla Priority One e trovato un lavoro part-time di inserimento dati vicino alla sua casa di Tampa, in Florida, per cercare di compensare la perdita di entrate.

D: Quante settimane all’anno sei in viaggio durante un anno normale?
Yu: Fino a un massimo di 33 settimane durante il momento migliore, ma poi sono scese a 26 e ne sono felice. Come ci si sente a dover restare fermi per l’immediato futuro? Mi piace essere a casa con mia moglie, poter cenare con lei ogni sera seduti in cortile. Ma mi manca viaggiare. Mi manca essere ai tornei e mi mancano gli amici conosciuti nel Tour, perché il Tour è un piccolo villaggio che si muove attorno al mondo. Anche se sei in una città nuova, vedi le stesse persone. Lavorare part time fuori dal tennis mi ha davvero fatto capire quanto ancora lo ami. Non che questo nuovo lavoro sia terribile, ma talvolta, dopo essere stato in viaggio per quattro o cinque settimane, mi dicevo qualcosa come “Ohi, mi sono proprio stancato del tennis“. Ma questo mi ha reso ancora più evidente la grandezza di questo sport.

Qual è l’impatto di questa sospensione del Tour sulla comunità degli incordatori?
Mi sono fatto tanti amici che incordano nei tornei dello Slam come parte del servizio on-site e la maggior parte di queste persone hanno un negozio o ci lavorano, e quei negozi sono chiusi o hanno probabilmente perso dall’80 al 90% delle loro entrate. Perfino in tempi normali, non diventi ricco con questo lavoro. Puoi condurre una vita comoda e piacevole da ceto medio, ma quello che sta succedendo è davvero devastante per la comunità del tennis, per gli incordatori e i proprietari dei negozi.

Avete cercato di darvi aiuto reciproco, sia economico o emotivo?
Siamo tutti sulla stessa barca. Non voglio dire che gli incordatori siano una sorta di eremiti, ma possono essere piuttosto introversi. Puoi trovarti in una stanza con dieci altri incordatori a un torneo e sì, scherzi un po’ e chiacchieri; però, quando stai lavorando sul serio e devi sbrigarti, potresti non dire una parola a nessuno per ore. Non sono sicuro che gli incordatori si confidino né chiedano aiuto come fanno invece molte altre persone. Forse dovrebbero.

Quando guardi un incontro, con la tua conoscenza della tecnologia di corde e racchette, lo guardi in modo differente dall’appassionato medio?
Probabilmente quando vedo un colpo e dico che non sarebbe stato possibile vent’anni fa. Ai vecchi tempi, quando la maggior parte dei tennisti giocava con corde in budello naturale, non potevi colpire ogni volta tanto forte quanto avresti voluto, perché dopo cinque o sei colpi avresti perso controllo. Il budello è ‘vivace’, perlopiù. Oggi ci devono mettere un po’ più topspin, ma tirano quasi a tutta velocità. Anche quando si giocano un punto importante e c’è molta pressione, li vedi rispondere e sono in grado di colpire forte quanto vogliono. Oppure, quando uno viene a rete e l’altro, in allungo, la mette incrociata per un passante vincente. E io, “questo non sarebbe successo venticinque anni fa”.

Hai detto che la tua famiglia non approvò la tua decisione di lasciare gli studi al Georgia Tech e lavorare come incordatore. Cosa ne pensano adesso?
A mia mamma piace raccontare alle sue amiche in Corea che “mio figlio è amico di Roger Federer e lavora con lui.” Ciò ha alleviato il dolore.

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