Ne sono passati di anni, ma visto che a tennis non si può giocare tanto vale aprire il bagaglio dei ricordi. Jelena Ostapenko e Stan Wawrinka si sono concessi a Tennis.com, che esattamente come la nostra testata avrebbe voluto passare le scorse due settimane a raccontarvi il Roland Garros e che si è invece dovuta accontentare delle ricorrenze. Così va di questi tempi, ed è sempre meglio di niente.
Il doppio Q&A è andato simbolicamente in scena sabato scorso, il sei giugno, giorno in cui si sarebbe dovuta disputare la finale femminile dello Slam sul rosso. Sono passati tre anni dalla clamorosa vittoria sul Philippe Chatrier di Jelena Ostapenko, che in finale contro Simona Halep chiuse due settimane incredibili con il titolo in mano dopo aver vinto il quarto match consecutivo al terzo set. Arrivò dal nulla, imprevista e imprevedibile per classifica (iniziò il torneo da 47 WTA), età e soprattutto attitudine alla terra battuta; una predisposizione al mattone che è incredibilmente rimasta invariata nonostante tutto: paradosso dei paradossi, le sette vittorie infilate in quell’indimenticabile marcia restano le uniche ottenute in carriera da Aliona al Bois de Boulogne.
“Ho ancora i brividi se penso a quei momenti, sono stata travolta dalle emozioni, dalla fama, da tutto ciò che nessuno si sarebbe mai aspettato da me e che invece, da quel momento, ognuno ha iniziato a pretendere. Una cosa del genere ti cambia la vita, rendendola peraltro molto più complicata: per il resto di quella stagione e per l’intera annata successiva non sono riuscita a confermarmi, avevo pressioni enormi e tutte le avversarie davano il loro meglio contro una campionessa Slam, è normalissimo.“
Qualche timido segnale di ripresa si è visto in coda allo scorso anno (finale a Linz, vittoria a Lussemburgo) e all’inizio di quello in corso prima dello stop, specialmente in Fed Cup (gran vittoria sulla neo-campionessa dell’Australian Open Sofia Kenin contro gli Stati Uniti in febbraio), ma, in attesa di ulteriori exploit, il nome della lettone rimarrà inevitabilmente legato a quella primavera parigina e al gioco senza paracadute che l’ha resa famosa, nel bene e nel male. I cinquantaquattro vincenti scagliati nella finale del 2017 sono ancora vivi nella memoria di molti: “Se hai paura te la cavi una volta, due, tre, ma non vinci un Major. Le partite bisogna provare a prendersele e a me piace tirare, provarci; mi piace pensare che se l’azzardo non pagherà ci sarà un’altra opportunità di chiudere.”
Meno loquace per carattere e abitudine al successo, Stan Wawrinka, indimenticabile campione dell’edizione 2015, interpreta la parte del sornione che non vuole rifilare al pubblico dichiarazioni già rimasticate centinaia di volte. Così, dopo aver risposto “il mio amico Jean Imbert” all’inevitabile domanda sulla prima immagine che salta alla mente quando si pensa alla nouvelle cuisine, “The Man” dileggia gli snob che popolano lo Chatrier quando gli viene chiesto cosa renda unico al mondo il centrale del Roland Garros: “Senza dubbio i posti vuoti nei box durante le semifinali del venerdì, perché i VIP sono a pranzo!“. Le precarie condizioni fisiche esibite negli ultimi anni non hanno consentito repliche. A lui, e forse anche ad Aljona, la pausa potrebbe non aver nuociuto così tanto. E chissà, forse a fine settembre…