Il "modello UTS" alla prova del campo: il giudizio dopo la prima giornata

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Il “modello UTS” alla prova del campo: il giudizio dopo la prima giornata

I pro e i contro della formula dopo l’esordio sul campo. Nonostante le perplessità, il potenziale è buono. Qualche “americanata” di troppo, ma c’è una base su cui lavorare

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UTSRulez 04: “Avete visto che passante ha tirato The Hammer nell’ultimo punto del terzo quarto?  L’ho sempre detto io che non era solo un picchiatore di servizio!!!

Newdeal: peccato poi che nel quarto non è riuscito a pareggiare il conto e andare al sudden death, più che altro per colpa del suo allenatore: che ci sta a fare lì se non gli ricorda che aveva ancora da giocare la carta “steal serve”. Bastava chiamare timeout e dirglielo. Adesso gli mando un DM su Instagram e gli dico di prendere me come coach che queste cose almeno non le sbaglio.

KingRoger95: Sarà, ma a me queste regole non convincono ancora, preferisco il vecchio tennis.

Smasher: Ecco bravo, tu continua a passare le ore a guardare gente che si asciuga il sudore e fa rimbalzare la palla.

Newdeal: The Former Fat Kid ha spaccato tre racchette oggi, ma l’unico penalty point è arrivato quando a The Baby è scappato un “io ci metto la faccia, perché ca**o non vieni tu a giocare” al suo allenatore ed è stato penalizzato per non averlo detto in inglese.

No, non siamo impazziti, questa potrebbe essere l’estratto di una discussione su qualche forum tennistico se davvero il formato “UTS” dovesse prendere piede. Dopo la falsa partenza di sabato, quando la giornata è stata rimandata a lunedì a causa delle pessime condizioni meteo, è finalmente partito l’Ultimate Tennis Showdown, l’esibizione voluta e creata da Patrick Mouratoglou nella sua accademia di Sophia-Antipolis in Costa Azzurra per “svecchiare” le regole del tennis e renderle più vicine ai gusti del pubblico giovane.

Onestamente, non è stato il disastro che ci aspettavamo: il sistema di gioco “acchiappa” abbastanza, il susseguirsi delle azioni è rapido e coinvolgente e la mancanza delle solite pause è una piacevole sorpresa. Il regolamento è piuttosto articolato e necessita di un po’ di rodaggio da parte di giocatori, arbitri e appassionati, che in qualche frangente si perdono un po’ tra le varie “carte da giocare”, in un modo che ricorda abbastanza i protagonisti del telefilm “Friends” quando simulano il gioco a premi “Bamboozled”.

Durante le partite trasmesse su Eurosport, passare dalle immagini dell’UTS a quelle dell’Adria Tour di Belgrado (che pure si gioca con i set a quattro e il no-ad) è come accostare uno show dei BTS al Concerto di Capodanno di Vienna. Ma vediamo elemento per elemento come sono andate le varie novità di questo UTS.

I PIÙ

TENNIS A TEMPO – Si tratta sicuramente del passaggio più ardito, e non è così tremendo come si poteva pensare, forse perché i giocatori non sono ancora abituati a pensare in termini di cronometro che scade quindi non hanno ancora affinato i tatticismi per sfruttare questo aspetto. Per esempio, un giocatore in vantaggio di alcuni punti verso la fine di un quarto potrebbe mettersi a giocare in maniera più lenta, con qualche pallonetto di alleggerimento, per prolungare i punti e fare quindi “possesso di palla”. Ma per il momento l’innovazione ottiene la sufficienza piena.

TIMEOUT – Questa innovazione potrebbe trovare posto anche nel tennis “tradizionale”: funziona benissimo, nell’UTS è combinata con la possibilità del coaching via cuffie.

NIENTE RISCALDAMENTO – Ottima idea, c’è molta più immediatezza, non si perdono 10 minuti o più all’ingresso in campo con rituali vari.

SHOT CLOCK A 15 SECONDI – Meraviglioso! Diciamolo una volta per tutte, basta con questi balletti di asciugamani e palle che rimbalzano.

I MENO

OBBLIGO DI PARLARE INGLESE – Totalmente innaturale ed eccessivamente penalizzante per i non madrelingua. Speriamo che sia la prima cosa a sparire nelle inevitabili iterazioni che verranno proposte per affinare la formula. Anche perché minacciare un penalty point a chi non parla inglese durante un match nel quale l’arbitro annuncia il punteggio all’inesistente pubblico in francese sa un po’ di presa in giro.

CARTE – Qui il giudizio dipende dal tipo di carta di cui si parla: ce ne sono alcune che funzionano, come quella che “ruba” il turno di servizio all’avversario, quella che gli toglie una palla di servizio (per indurlo nel “monofallo”) e quella che fa valere triplo i punti vincenti. Anche se quest’ultima potrebbe provocare comportamenti contrari allo spettacolo, dato che per l’avversario è meglio commettere un errore e regalare un punto piuttosto che permettere un vincente e concederne tre. Da rivedere le altre: costringere l’avversario a fare il punto in due o tre colpi non ha troppo senso dal punto di vista del gioco, così come obbligarlo al serve and volley.
Abbastanza neutra la carta che permette di avere tre palle di servizio, che nella prima giornata non si è vista.

ALGORITMO – Ogni quarto c’è un algoritmo che mette a disposizione dei due allenatori quattro carte scelte dal “mazzo”, e di queste carte gli allenatori ne scelgono due. L’algoritmo sceglie anche per quanti punti ogni carta è “attiva” una volta giocata dal giocatore.
La disponibilità delle carte può essere fondamentale, e se l’UTS avrà la pretesa di essere preso sul serio come sport dovrà fornire maggiore trasparenza sul funzionamento di questo algoritmo, che al momento è una “scatola nera” che fornisce risultati.

SUDDEN DEATH – Va sicuramente rivisto il meccanismo che decide il vincitore sul punteggio di due “quarti” a testa, a partire dal nome. Vedere Feliciano Lopez con la maglietta nera piena di teschi e sentir parlare di “morte rapida” ha creato un momento funereo che di questi tempi sarebbe meglio evitare. Al momento è più o meno come tirare una moneta.

UTILIZZO DEI SOPRANNOMI – A ogni tennista è stato affibbiato un soprannome: Berrettini è “The Hammer” (il martello), Feliciano Lopez è “El Torero”, Gasquet è “The Virtuoso”, Tsitsipas è “The Greek God” (il Dio greco), e questi soprannomi vengono usati dall’arbitro quando chiama il punteggio. Francamente fa un po’ troppo WWE (World Wrestling Entertainment), e la mancanza di consistenza con il tabellone elettronico dove vengono usati i nomi anagrafici stona parecchio.

CONSIDERAZIONI FINALI

Mouratoglou durante il suo tour mediatico per lanciare l’evento aveva detto che uno dei motivi per cui il tennis tradizionale non piace ai giovani è perché è lento, complicato e ci sono troppe pause.
L’UTS per essere veloce è veloce, ma non si può certo dire che il regolamento sia semplice! Quanto alle pause, poi, sono addirittura troppo poche: non ci sono sufficienti spazi per infilare gli spot pubblicitari, cosa che potrebbe causare qualche problema con le televisioni. D’accordo che per il momento si è puntato molto sulla piattaforma OTT a pagamento, ma se si vuole uscire dalla nicchia c’è bisogno della televisione, almeno oggi. In futuro magari chissà.

Un altro problema è che si tratta di una formula difficilmente replicabile a livello amatoriale: la necessità di un cronometro e la complessità introdotta dalle carte rende complicato creare una versione “da tavolo” dello sport. Sarebbe davvero utile se gli appassionati potessero giocare anche loro con le stesse regole, perché così sarebbe più facile per loro immedesimarsi nei campioni che vedono in campo.

Infine non è chiaro che tipo di evoluzione possa avere questo modello dal punto di vista bettistico. Quello delle scommesse è certamente un volano incredibile per l’interesse del tennis, oltre che una rovinosa piaga ai livelli più bassi del professionismo. Questo regolamento è fatto per aumentare l’aleatorietà del risultato, cosa che agli scommettitori non piace troppo. Vedremo se attecchirà anche con i bookmakers.

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