Italiani
Adriano Panatta, settant’anni di citazioni
“Non voglio insegnare un tipo di gioco frustrante”. Ripercorriamo alcune frasi del campione romano su come vede il tennis e su come vorrebbe insegnarlo

Adriano Panatta, oggi settantenne, è certamente il più grande tennista italiano (uomo) dell’Era Open, l’unico in grado di conquistare uno Slam (o di raggiungerne la finale) e l’unico ad aver procurato frequenti dispiaceri ad uno dei più grandi, vale a dire Bjorn Borg, tanto da essere l’unico ad aver battuto l’Orso a Bois de Boulogne, e per ben due volte.
Anche dopo il ritiro dalle scene, Panatta è riuscito a rimanere una figura familiare alla gran parte del pubblico italiano, non solo per i suoi trascorsi sui campi (e ora pure al cinema…), ma piuttosto per due caratteristiche da sempre molto nette della sua dialettica: da un lato, la schiettezza, che l’ha spesso portato a prendere posizioni controverse su vari temi; dall’altro, la deprecatio temporum dello stile di gioco contemporaneo, un aspetto che l’ha reso il paladino di una vena nostalgica comune a tanti appassionati, e per questo ancora più amato. Il suo gioco (che con espressione vetusta viene sempre definito “dei gesti bianchi”) e il suo approccio al professionismo sono passati, grazie alle sue affermazioni successive, a incarnare un idealismo tennistico fondato sulle sue sfumature più ludiche ed estetizzanti, lontane dal podismo della pressione da fondo e dalla velocità delle racchette moderne.
La combinazione dei due tratti, non comune fra i grandi del tennis, quasi sempre dediti all’encomiastica dello sport in quanto ben consapevoli che la storicizzazione del presente ne consoliderà la genealogia e quindi il loro ruolo all’interno di essa, ha reso le sue affermazioni motivo di interesse e di scalpore, seppur non sempre condivisibili (motivo per cui microfoni ed editori continuano a cercarlo con notevole frequenza), ed è per questo che UbiTennis ha deciso di celebrarlo con una raccolta delle sue migliori frasi, frasi che più di tutto raccontano Adriano Panatta, un uomo che guarda il tennis come l’ha giocato.
“A me piace parlare dello sport allegro. Il tennis di Nastase è allegro, il tennis di Noah è allegro. […] Lo sport professionistico non fa bene a nessuno, perché i giocatori sono macchine da corsa portate all’estremo. In più nel tennis sei sempre solo, e giocando tanto inevitabilmente diventi un po’ matterello [sic]”, La7, presentazione di “Il tennis è musica” del 2018 con Gaia Tortora.
“Ah, la veronica non si insegna: viene naturale. Quella per annullare il match point a Pavel Hutka, seguita da una volée in tuffo, al primo turno di Parigi ‘76, è forse la più celebre. Il nome veronica lo inventò il giornalista Rino Tommasi. Forse, per non alimentare la mia falsa fama di seduttore, era meglio chiamarla Filiberto!”, Corriere, 2020.
“Mica ce l’ho con il rovescio a due mani. Ho solo detto che a una mano è più elegante e che, se posso, lo insegno così. Ma se arriva un bimbo che naturalmente attacca l’altra mano e colpisce bene, non sarò certo io a staccargliela, per carità di Dio. Quello che volevo dire è che nella mia scuola vorrei insegnare un tennis facile e voglio che i miei collaboratori la pensino come me, e non come si fa altrove. Perché le cose facili sono per certi versi le più complicate da insegnare, ma anche quelle che rendono felici. Se un ragazzino inizia a giocare, cresce, si diverte e ha tante soluzioni in campo, difficilmente smetterà. Non voglio insegnare un tipo di gioco frustrante, cioè quello che oggi fanno quasi tutti […] non è una questione ideologica, è che per fare quel tennis lì, botte di dritto e botte di rovescio e corse forsennate, servono qualità fisiche e forza mentale straordinarie, e mica tutti ce l’hanno. […] Chi diffonde quel tipo di gioco, secondo me, non fa il bene della maggior parte dei giocatori. Crei molti infelici”, in un’intervista di oggi a Federico Ferrero su Tennis Magazine Italia.
“Borg e Vilas hanno rovinato una generazione di giocatori. Oggi non c’è più un giocatore d’attacco, capace di ammorbidire la palla. Andre Agassi è stato l’evoluzione di questo tennis. Ha inventato un nuovo modo di giocare, primo attaccante a fondo campo. Oggi trovi degli energumeni che impugnano l’attrezzo. Il tennis è un’altra cosa. Guardo Federer. Lui gioca troppo bene. Lui è un illuso, vorrebbe battere quella belva di Nadal giocando bene a tennis. Impossibile“, Panorama, 2006.
“Non l’ho mai detto a nessuno, conservo un’unica cosa: la pallina del match point contro Vilas a Roma, una Pirelli. Se la fece regalare mio padre Ascenzio, custode del Tc Parioli. Quando è mancato, riordinando casa, l’ho trovata. Poi è sparita di nuovo, misteriosamente. L’ha ripescata di recente mia figlia Rubina in un cassetto. È sbiadita, dura come un sasso. E con il tempo si è rimpicciolita, come i vecchi”, Corriere, 2020.
“Al Roland Garros in particolare giocai il miglior tennis della mia vita, dopo aver annullato con un tuffo un match point dell’avversario e surclassato Borg nei quarti di finale. Sessanta secondi di pienezza totale, di felicità, alla fine della finale con Harold Solomon e poi basta. La sera, nella cena di gala, ricordo, ero già molto triste. Un senso di vuoto. Quasi una depressione, che mi è durata tre settimane di seguito“, Panorama, 2006.
“[P]er Berlinguer dovevamo andare in Cile. E voleva lo sapessimo. Per il segretario del Pci non sarebbe stato giusto che la Coppa finisse nelle mani del Cile del regime-Pinochet piuttosto che nelle nostre. Da lì in poi la strada verso la partenza si fece in discesa. Fu come un liberatutti. Il governo Andreotti disse che lasciava libero il Coni di decidere, quest’ultimo lasciò libera la Federazione e di fatto ci ritrovammo a Santiago, liberi di vincere. Grazie a Berlinguer“. La Repubblica, 2009.
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Musetti dopo la batosta con Alcaraz: “La cosa più difficile è lottare, oggi ho scelto la via comoda: lasciarsi andare”
“Ho fatto tutto quello che non dovevo fare” così Lorenzo Musetti, eliminato al Roland Garros dal n.1. “Lui è stato più grintoso, non c’è da stupirsi del suo gioco”

Risultato decisamente netto quello con cui il numero 1 del mondo Carlos Alcaraz ha raggiunto i quarti di finale del Roland Garros, estromettendo Lorenzo Musetti, battuto 6-3 6-2 6-2. Di seguito le risposte date in italiano dal 21enne Musetti:
D: Quando la situazione sembrava un po’ compromessa ti abbiamo visto tirare delle manate. È forse un rimpianto di qualcosa che non hai fatto all’inizio?
Lorenzo Musetti: Sicuramente potevo fare molte altre cose rispetto a quelle che ho fatto, ho fatto forse tutto quello che non dovevo fare (sorride). Ci eravamo prefissi di avanzare sul suo rovescio o comunque imporre un gioco su qeul’angolo dove fa meno male. Col dritto muove molto bene la palla, spesso viene a rete e si avvicina molto. Credo che i piani di gioco erano simili per tutti e due, il primo che riusciva a prendere il controllo con il dritto provava ad imporre il gioco per vincere il punto. Io oggi non mi sono espresso come avrei voluto. Non credo si tratti di emozione, ma più che altro devo avere consapevolezza di me stesso e del livello che ho; non devo fare confusione quando sono di fretta. A volte mi faccio prendere troppo da chi c’è dall’altra parte. Ci sto lavorando e speriamo che già dai prossimi tornei questa sconfitta mi sia da lezione.
D: Comunque in passato hai battuo anche Djokovic quindi si possono ripartire da queste belle sensazioni per andare avanti.
Lorenzo Musetti: Non serve ripartire dal passato perché è una cosa poco realistica. Una cosa che mi serve è proprio vedere, analizzare questo match giocata in maniera sbagliata sin dall’inizio e vedere cosa avrei dovuto fare, sicurmente anche nei match precedenti, per valutare cos’è il mio gioco e cosa sarà in futuro. Partendo da questo torneo, i match con Shevchenko e Norrie sono state giocate da manuale quindi andranno osservate anche queste che rappresentano un cambio di marcia, senza ombra di dubbio.
D: Sei stato sorpreso da certe giocate di Alcaraz? Discese a rete, palle corte ecc
Lorenzo Musetti: Sicuramente certi numeri, certi gesti atletici altri giocatori non li fanno, però ecco sei numero 1 al mondo, il più giovane della storia del tennis, un significato ce l’abbia. C’è poco da sorprendersi. Ovvio che in campo, soprattutto per la situazione di svantaggio si tende a meravigliarsi un po’. Più che altro mi sono sorpreso in maniera negativa di quello che facevo io, troppe volte uscivo dallo scambio, magari con una palla corta che non c’entrava nulla, servito sempre male, di fretta, non mi sono mai caricato. Un atteggiamento non positivo che reputo influente sul mio gioco. Ovvio che se al numero 1 al mondo gli lascia anche questo, dà il megio di sé come ha fatto vedere. Su qualsiasi superficie sta imponendo il suo gioco su chiunque.
D: Da una partita di questo tipo cosa ti resta per capire cosa fare per raggiungere quel livello?
Lorenzo Musetti: Questa partita mi serve non dico come bagno di umiltà perché non ho avuto la sfacciataggine di dichiarare qualsiasi che non fosse vera. Oggi mi sento solo di accettare che lui ha giocato meglio, è entrato più grintoso, con più voglia di vincere e mi ha battuto tre set a zero. La cosa più difficile credo sia proprio lottare, io oggi ho scelto la via più comoda che è quella di lasciarsi andare, arrendersi un po’; la prossima volta sceglierò di lottare. Ma proprio da queste partite imparo a scegliere la via più dura che darà i suoi frutti.
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Gipo Arbino su Sonego dopo la sconfitta con Khachanov: “Si è deciso tutto in pochi punti, come sempre a questo livello”
“Nel terzo set Lorenzo è calato a livello fisico, ma Khachanov è un gran giocatore, migliorato molto”. Queste le parole di coach Gipo Arbino dopo la partita di Sonego agli ottavi di finale del Roland Garros

Purtroppo non ce l’ha fatta Lorenzo Sonego a fare il bis di russi in quel di Parigi. Nel pomeriggio di domenica si è dovuto arrendere agli ottavi di finale contro Karen Khachanov, che insegue la sua terza semifinale consecutiva a livello Slam. L’azzurro, partito bene nel primo set, ha tenuto alto il livello fino al terzo set, nel quale il russo ha avuto la meglio al tie-break, annullando un set point all’italiano, e portandosi così avanti 2 set a 1. Da lì l’assolo del numero 11 al mondo, che in 3 ore e 29 minuti si è garantito un posto nei quarti di finale, dove sfiderà Djokovic. Lorenzo può ritenersi più che soddisfatto della sua prestazione a Parigi, nella quale ha battuto giocatori del calibro di Shelton, Humbert (reduce da vittorie nei Challenger) e il vincitore di Montecarlo Rublev. Anche Gipo Arbino – coach dell’azzurro – si è espresso dopo la sconfitta contro il russo. Qui sotto le sue parole al direttore Scanagatta.
D: Lorenzo ha perso una partita che poteva vincere: già nel secondo set poteva avere la meglio, come anche nel terzo, in cui si è trovato in vantaggio per 5-3 al tie-break e ha avuto anche un set point. Se fosse andato avanti 2 set a 1 sarebbe cambiato abbastanza.
Gipo Arbino: “Sì decisamente. Da come era partito, con il 6-1 e 4 palle per il 3-1, se avesse concretizzato quelle opportunità molto probabilmente il set sarebbe andato a favore di Lorenzo. Invece è stato molto bravo Khachanov, soprattutto sulla prima palla break in cui c’è stato uno scambio molto combattuto, e nel quale ha avuto anche un po’ di fortuna. Da lì è cambiato un po’ tutto, perché il russo è cresciuto molto e ha iniziato a servire slice a uscire imprendibili. Nel terzo set, poi, Lorenzo ha fatto il break sul 4-5 e l’ha portato al tie-break, nel quale si è trovato avanti 4-0 con due mini-break e ha sbagliato un dritto lungolinea a campo vuoto, che poteva portare a un vantaggio ulteriore, magari anche ad andare sopra 2 set a 1. Questa, quindi, è stata una partita che si è decisa in pochi punti, come sempre a questo livello”.
D: In effetti sul 4-0 al tie-break Lorenzo, dopo aver messo a segno il suo settimo ace, ha sbagliato quel dritto che era abbastanza semplice e che poteva portarlo sul 5-0. In quel caso il tie-break non lo perdi più.
Gipo Arbino: “No, non lo perdi più, perché sia psicologicamente che realmente è difficile che Lorenzo perda quattro punti al servizio”.
D: Ho avuto l’impressione che nel terzo set Lorenzo fosse un po’ più stanco del suo avversario, che tirava molto forte e costringeva Sonego a rincorrere. Questo è successo soprattutto dalla parte del dritto, con il quale, nei recuperi l’altro giorno con Rublev, Lorenzo non aveva avuto problemi.
Gipo Arbino: “Sì, vero. Nel terzo set un calo fisico c’è stato. Ci sono stati alcuni game lunghissimi dove Lorenzo ha difeso 20-30 colpi dell’avversario che giocava a tutto braccio; quindi non è tanto la quantità di tempo che uno gioca, ma che tennis c’è in campo, perché un conto è rincorrere una palla che va a 60 km/h, un altro è farlo con una che viaggia a 120 km/h. Lo sforzo fisico in quest’ultimo caso è doppio, come ad esempio quando, nel secondo set, Karen ha recuperato i game di svantaggio giocando molto bene, forte e preciso vicino alle righe. Lì per Lorenzo è stato molto difficile stargli dietro”.
D: Rimane comunque un gran torneo per Lorenzo, ma dispiace, perché se vai in vantaggio 2 set a 0 o 2 set a 1 le cose cambiano anche se sei stanco.
Gipo Arbino: “Sì, perché poi si trova l’energia, soprattutto mentale. Gestirsi la partita in un determinato modo poteva anche far vincere Lorenzo, ma non è detto, perché dall’altro lato della rete c’era un giocatore veramente tosto, che è migliorato molto sulla precisione, sul rovescio e sul servizio, con il quale ad un certo punto era ingiocabile”.
D: Dove andate adesso?
Gipo Arbino: “Adesso andiamo a casa, e poi valuteremo se andare o meno a Stoccarda; vedremo come si sentirà Lorenzo. Secondo me sarebbe giusto andare, non tanto per fare un gran risultato, ma per abituarci all’erba, per poi fare meglio gli altri tornei”.
Andrea Binotto
evidenza
Roland Garros, Sonego: “Come tennis il livello c’è, devo crescere sotto l’aspetto fisico”

da Parigi, il nostro inviato
D. Alla fine hai finto la benzina? Hai ceduto per un motivo fisico?
“Non ne avevo più tanto alla fine, purtroppo non son riuscito a fare il break nel secondo set e nel terzo ho sprecato tante occasioni. I primi tre set sono stati duri, molto duri, alla fine ho avuto solo un affaticamento all’adduttore, ma niente di che, solo fatica”
D. Hai qualche rimpianto per il tiebreak, forse per il diritto sbagliato sul 4-0?
“No, ho dato tutto, ovviamente le occasioni le ho avute come anche lui, non ho niente da recriminare”.
D. Antonio Garofalo ( Ubitennis). Hai battuto Rublev e hai giocato per oltre tre ore alla parei con Khachanov che ha fatto semifinale negli ultimi due slam e ora qui è ai quarti. Hai dimostrato di essere ad altissimi livelli, cosa pensi che ti manchi per poter anche tu essere competitivo fino in fondo negli slam?
“Credo l’aspetto fisico, negli slam conta tantissimo. Devo migliorare e avere tanta forza fisica. Non basta giocare un gran tennis, a questo livello conta molto l’aspetto fisico”.
D. Hai giocato un grande primo set, forse a livelli mai visti, hai dominato.
“ Ho giocato molto bene, lui non serviva benissimo e mi dava possibilità di imporre il gioco, poi dopo gli scambi si sono allungati ed è stato più faticoso tenere il servizio”
D. E’ comunque un ottimo torneo dopo un inizio di stagione difficoltoso
“Si, ho grande fiducia, ho giocato partite molto dure, mi porto a casa ottime prestazioni, un gran match contro Rublev e anche oggi ho lottato alla pari con un giocatore che arriva in fondo agli slam. Per me è un grande passo avanti e devo avere continuità e confermarmi a questi livelli. Solo con il cuore e la grinta non si va avanti, ci vuole anche il tennis, sto arrivando al livello di questi giocatori qui. Oggi più che a livello tecnico, la differenza è stata a livello fisico, devo mettere su benzina per le prossime partite”
D: Cosa significa mettere su benzina ancora?
“ Che a livello fisico ho grandi margini di miglioramento. Già adesso riesco a giocare 5 set con Rublev e non avere cali. Devo riuscire a fare più partite così fino alla semifinale o alla finale”.