Internazionali a porte chiuse (Viggiani). Spalti chiusi al Foro (Carotenuto). Barty in ritirata, niente US Open «Temo il contagio, resto in Australia» (Cocchi)

Rassegna stampa

Internazionali a porte chiuse (Viggiani). Spalti chiusi al Foro (Carotenuto). Barty in ritirata, niente US Open «Temo il contagio, resto in Australia» (Cocchi)

La rassegna stampa di venerdì 31 luglio 2020

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Internazionali a porte chiuse (Mario Viggiani, Corriere dello Sport)

Internazionali BNL d’Italia, c’è un problema! Il Comitato Tecnico Scientifico ha respinto le linee guida definite dalla Federtennis per l’ammissione del pubblico in occasione del torneo romano (spostato da maggio al 20-27 settembre), avendole ritenute non adatte a quella che è l’attuale situazione italiana legata al Covid-19. Si dovrebbe quindi giocare a porte chiuse perché, in particolare, lo studio della struttura del Centrale ha preso atto che la larghezza dei seggiolini (43 centimetri) per gli spettatori non è una misura in grado di garantire la sicurezza del pubblico. E il discorso vale pure per i dodici campi minori, anche per quelli che pure potrebbero contare su seggiolini di larghezza appena maggiore. Per il momento nessuna reazione o nessun commento da parte della Federtennis, che in questo caso dovrebbe rimborsare i biglietti già acquistati. Se quindi si complica il futuro degli Internazionali, per il Palermo Ladies Open è invece ormai conto alla rovescia. Il torneo della ripartenza del circuito Wta verrà presentato ufficialmente oggi: domani e domenica le qualificazioni (wild card a Elisabetta Cocciaretto, Sara Errani, Giulia Gatto Monticone, Martina Trevisan e alla siciliana Dalila Spiteri), da lunedì il tabellone principale (per il quale sono state attribuite le wild card a Camila Giorgi e Jasmine Paolini). Il torneo, che verrà trasmesso su Supertennis ma anche su RaiSport (due partite al giorno), sul Centrale potrà avere 350 spettatori con mascherina: a ieri erano rimasti addirittura un solo biglietto per la finale e una decina per gli altri giorni. E se Simona Halep, per paura dei viaggi e del Covid-19, ha dato forfait a Palermo, ecco che la numero 1 del mondo, l’australiana Ashleigh Barty, ha annunciato che per lo stesso motivo non andrà a New York, rinunciando al Premier 5 (21-28 agosto, ex Cincinnati) e all’US Open (31 agosto-13 settembre).

Spalti chiusi al Foro (Angelo Carotenuto, La Repubblica – Roma)

Alla stessa maniera di Ibrahimovic e del ghetto, puoi togliere il Foro Italico dalla mondanità, non la mondanità dal Foro. Sono novant’anni che quando arriva maggio a Roma, la città si divide tra chi ce l’ha fatta e chi non ancora. Chi ce l’ha fatta va al tennis. Un popolo che a sua volta si divide tra chi va al tennis per vedere – gli ingenui, i romantici, i nerd – e chi per farsi vedere: il paesaggio faunistico dei soci dei circoli, dei capistruttura Rai, dei conduttori dei talk notturni. Le aziende al Foro ci portano i clienti da impressionare, invitano i manager con cui tenere relazioni. In un anno senza Wimbledon e con centinaia di tornei cancellati, Roma si era convinta di poter reggere lo schema anche a settembre, uno slittamento di quattro mesi sarebbe stato un minimo disagio. Ora che invece la prudenza dei virologi e dei tecnici del comitato scientifico del governo potrebbe svuotare le tribune agli Internazionali, è come se il torneo perdesse un pezzo di sé, non solo la cornice ma una porzione stessa del quadro, le sfumature, o forse proprio il colore. Bisognerebbe chiedere a Gabriela Sabatini quale Roma avrebbe amato senza un pubblico, senza la caciara, senza gli striscioni e i gridolini, senza quella smisurata passione a senso unico che lei ripagava indossando vestiti splendidi, “soprattutto perché era lei a vestirli” (Gianni Clerici). Bisognerebbe domandarlo a Maria Sharapova, che una volta disse di aver imparato a vincere grazie al pubblico di Roma, perché fa casino, ti insegna a non uscire con i pensieri dalla partita, neppure quando un tipo si alza per gridarti: sposami, e tu ti scopri prontissima a rispondergli: non te lo puoi permettere. Uno dei più grandi narratori di tennis, il telecronista americano Bud Collins (NBC, poi CBS, poi ESPN) chiamava Roma il quinto Slam solo per via del pubblico, col quale simpatizzava, e del quale prese a giustificare anche le monellerie più estreme, fino a spingersi a dire che «Gli inglesi hanno forse inventato il tennis, ma gli italiani lo hanno umanizzato». […] La differenza non è nei protocolli ma nelle dimensioni della folla da ammettere. Roma ha dimensioni diverse, costi diversi, un break even diverso. Ha un protocollo che ricalca quello di Madrid, dove la situazione è più pesante che in Italia. […] Tra un torneo cancellato e un torneo a porte chiuse, non c’è differenza finanziaria. Se giochi hai i diritti tv ma anche un montepremi da pagare. Finché non arriverà una comunicazione ufficiale dal comitato tecnico scientifico e dal governo, in federazione continueranno a sperare di poter salvare anche solo qualcosa della realtà già ridotta a cui ci costringe la pandemia.

Barty in ritirata, niente US Open «Temo il contagio, resto in Australia» (Federica Cocchi, La Gazzetta dello Sport)

Paura, fobia, panico. Sentimenti primordiali, incontrollati, in grado di condizionare la vita. E non importa essere grandi campioni, sportivi di smisurato talento, perché la paura è un rivale tosto che spesso si porta a casa la vittoria. Il timore di contrarre il coronavirus, ad esempio, ha frenato Ashleigh Barty, la numero 1 al mondo del tennis femminile. La campionessa australiana ha annunciato di essersi cancellata dallo Us Open, lo Slam in programma (ma da confermare) a New York dal 31 agosto, per i rischi legati alla pandemia. Non succedeva dal 2010 che la prima giocatrice al mondo saltasse lo Slam di New York, da quando Serena Williams, infortunata, fu costretta a rinunciare. Ashleigh conosce la paura, gli attacchi d’ansia l’avevano costretta qualche anno fa a lasciare il tennis, in cui già brillava da junior, per virare sul cricket. Questa volta però, la campionessa si sente responsabile anche per il suo team: «Abbiamo deciso di non viaggiare negli Usa — ha detto — e quest’anno non parteciperemo né al torneo di Cincinnati ne allo Us Open». Una scelta a suo dire dolorosa: «Sono due eventi che amo e non è stato semplice rinunciare, ma ci sono ancora troppi rischi legati alla diffusione del Covid-19. Non vorrei mettere nei guai qualcuno del mio team, o me stessa». Lasciare l’Australia, dunque, potrebbe essere un problema e non è escluso che la 24enne possa decidere di non volare nemmeno in Europa per difendere il titolo del Roland Garros: «Nelle prossime settimane vedremo se partire per giocare i tornei europei. Per ora nulla è ancora chiaro». Ma la Barty non è stata la sola a fermarsi davanti al virus. Anche Megan Rapinoe, campionessa del mondo e capitano degli Usa del pallone, non ha voluto prendere parte alla Challenge Cup. Il torneo era stato organizzato a fine giugno nello Utah dalla North American League ma l’emergenza sanitaria ha convinto l’atleta a non partecipare. […]

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