Berrettini si arrende agli ace di Opelka. Djokovic vince facile (Crivelli). Che batosta per Thiem, re delle esibizioni (Zanni). Berrettini, il passo del dopo lockdown (Azzolini)

Rassegna stampa

Berrettini si arrende agli ace di Opelka. Djokovic vince facile (Crivelli). Che batosta per Thiem, re delle esibizioni (Zanni). Berrettini, il passo del dopo lockdown (Azzolini)

La rassegna stampa di mercoledì 26 agosto 2020

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Berrettini si arrende agli ace di Opelka. Djokovic vince facile (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Sotto quei 211 centimetri si cela un animo artistico: durante il lockdown, Reilly Opelka ha coltivato la passione per la pittura studiando sui libri e acquistando alcuni quadri. Sul campo, però, la sua mano più che il pennello usa la clava: se ne rende conto Berrettini, stoppato dai 19 ace del gigante yankee numero 39 Atp che non gli ha concesso nemmeno una palla break. Nel primo set, invece, fatale a Matteo l’unico break dell’incontro, poi nel tie break del secondo Opelka allunga grazie a un pallonetto svirgolato che diventa ingiocabile per l’allievo di Santopadre (il coach è rimasto in Italia). Peccato, in questa stagione balorda Berretto avrebbe bisogno di match di livello con continuità, soprattutto adesso che sono alle porte gli Us Open della semifinale 2019. Un anno è un secolo, del resto, soprattutto se di mezzo c’è una pandemia mai vista. E allora Daniil Medvedev, che giusto 12 mesi fa a Cincinnati cominciava un’incredibile escalation verso il top mondiale vincendo il torneo, adesso fatica ad abituarsi all’idea: «A essere onesto non avverto alcuna pressione. Le cose mi sembrano differenti, per prima cosa giochiamo a New York. Poi non ho punti da difendere, quindi vengo qui per vedere qual è al momento il mio livello. Non mi sento il campione in carica per quanto è diversa la situazione rispetto a un anno fa». Gli organizzatori, peraltro, per il momento non lo hanno trattato come si conviene al re, mettendolo due volte alle cinque del pomeriggio con un’umidità da impazzire. Tutto ok anche per Djokovic nonostante il mal di collo, ma il torneo perde uno dei favoriti: un irriconoscibile Thiem si lascia travolgere da Krajinovic.

Che batosta per Thiem, re delle esibizioni (Roberto Zanni, Corriere dello Sport)

Il Covid-19 non l’ha mai fermato perché, nonostante l’attività ufficiale del tennis fosse stata sospesa, Dominic Thiem ha girato tra esibizioni e pseudo tornei. È diventato celebre soprattutto per essere andato nella bolla infetta di Novak Djoloovic, ribattezzata “Adria Fiasco Tour”. E si è pure scusato. «Sono rimasto scioccato – uno dei suoi post sui social – quando ho saputo le notizie dall’Adria Tour. Per settimane avevamo giocato senza pubblico, così noi giocatori siamo stati felici di avere fan all’evento… ma siamo stati troppo ottimisti. Il nostro comportamento è stato un errore, abbiamo agito in maniera troppo euforica». L’austriaco, 3 al mondo, al primo vero impegno nel Western & Southern Open, è subito caduto e anche pesantemente (6-2 6-1) contro il serbo Filip Krajinovic (32 delle classifiche), che nel turno inaugurale aveva sconfitto a fatica l’azzurro Salvatore Caruso dopo una battaglia durata oltre due ore. «Si è trattato solo di una partita orribile – il suo primo commento – Non ho giocato bene per niente, mai avuto il ritmo.. Andrò alla lavagna per valutare che cosa è andato stono. Spero di trovare delle risposte il prima possibile visto che gli US Open si stanno avvicinando. Ho avuto molti problemi a tornare, il perché è difficile da capire in questo momento, ma ci penserò e spero di avere un quadro migliore della situazione». […]

Berrettini, il passo del dopo lockdown (Daniele Azzolini, Tuttosport)

A spasso sull’orlo del cratere, nello straniamento causato dall’eterna battaglia fra la dura realtà e l’illusione che tutto possa risultare facile, i rampanti del tennis vivono una condizione insolita, determinata dal lungo lockdown, che i più avveduti continuano a segnalare come una svolta imprevista oltre la quale “niente sarà più come prima’: Determinati a proseguire nelle operazioni di caccia che avevano già avviato, con l’urgenza di avvicinare le prede più ambite, quelle che governano il tennis ormai da quattro lustri, la meglio gioventù del Duemila rischia di dimenticare che qualcosa è avvenuto anche alle loro spalle, portando a maturazione i nuovi talenti che fino al marzo scorso non si erano ancora rivelati, o rinvigorendo gli antichi campioni. Non stupisce la faticaccia compiuta da Matteo Berrettini per venire a capo di Emil Ruusuvuori, finlandese confinato al momento sull’ultimo strapuntino della Top 100. Un match che andrà riletto tra qualche mese, quando il biondino di Helsinki, 21 anni trascorsi per lo più a farsi le ossa nelle retrovie, tra Future e Challenger, sarà con ogni probabilità ben più in alto nella classifica. Ha il talento delle cose facili, Emil, e lo ha mostrato venendo a capo dei colpi di maglio portati da Berrettini. Ha saputo ribaltare, di fatto, un match che Matteo stava controllando, dall’alto di un servizio che nell’occasione funzionava meglio sulla seconda piuttosto che con le violente bordate di prima intenzione. E ha trovato il modo sul primo match point del romano di risalire rapidamente, danzando sulle gambe agili e molto utilizzando i colpi in contro balzo, alla maniera (giusto un po,’ via…) di Federer. Il contraccolpo ha scaricato Berrettini, facendogli sfuggire il set dalla racchetta, ma può consolarsi il nostro della buona tenuta mostrata a partire dal terzo set, quando non ha più concesso alcunché sui turni di battuta. Fino ad alzare la pressione intorno al finlandese e trovare il corridoio giusto per sopravanzarlo e puntare dritto al traguardo, dove è giunto al sesto match point. Un match da rivalutare a nostro avviso. E anche a parere di Matteo Berrettini. «Mi ero allenato con Emil, sapevo quanto fosse in gamba», ha detto in una conversazione con il sito Ubitennis che ci siamo permessi di rubacchiare, «Non tutto ha funzionato al meglio, ma ne sono uscito bene, e questo mi conforta». […] Il tennis è in continuo divenire, e il lockdown ha nascosto i miglioramenti dei tanti che inseguono. Prendiamone atto. Il discorso vale anche per Sascha Zverev, che forse pensava di poter prendere a ceffoni uno come Murray solo perché in ritardo nella classifica dopo le operazioni alle anche. Ora il quarto Fab appare risanato (per quanto tempo non è dato sapere) e sarebbe stato giusto aspettarsi, da parte di Sascha, un diverso atteggiamento, più dubbioso sulle sue attuali possibilità, e più attento invece al tennis di Andy, che quando gira è ancora superiore al suo (e non di poco). Non bastano sempre due colpi di servizio. Murray, se ha ancora voglia di giocare con tutto quello che gli è capitato, vuol dire che si sente un uomo in missione. Lo si è visto. Nei recuperi e nel non darsi per vinto. Una lezione dura, per il tedesco.

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