Italia, sei da 10? (Crivelli). Osaka ferma il tennis: «È un genocidio» (Azzolini). Sinner rischia grosso contro il n. 11 del mondo (Bertellino)

Rassegna stampa

Italia, sei da 10? (Crivelli). Osaka ferma il tennis: «È un genocidio» (Azzolini). Sinner rischia grosso contro il n. 11 del mondo (Bertellino)

La rassegna stampa di venerdì 28 agosto 2020

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Italia, sei da 10? (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Il momento è Gaio. Ci perdoni il tennista faentino se scherziamo un po’ con il suo cognome per suggellare una giornata a suo modo storica per le racchette italiane: non era mai accaduto, infatti, che 10 azzurri entrassero direttamente, cioè per meriti di classifica, nel tabellone maschile di uno Slam. Il sorteggio di ieri degli Us Open, insomma, si è colorato anche di azzurro. Gaio la settimana scorsa era stato l’ultimo a passare il taglio, da numero 130 del mondo (ora ha perso una posizione), grazie al ritiro del taiwanese Lu, che non se l’è sentita di affrontare il viaggio a New York causa pandemia. Federico, perciò, si è aggiunto a quelli già sicuri di un posto: Berrettini (n. 8), Sonego (46), Sinner (73), Mager (79), Travaglia (86), Seppi (88), Caruso (99), Cecchinato (106) e Lorenzi (123). Un record: negli ultimi due anni per quattro volte ci siamo spinti fino a nove, comprendendo però anche qualificati (stavolta a New York le qualificazioni non si giocano) e lucky loser, senza contare che manca Fognini (11 del mondo) ancora in recupero dall’operazione alle caviglie. Siamo così sul podio delle nazioni più rappresentate, dietro agli Stati Uniti (13 diretti più 7 wild card), a pari merito con la Spagna. Certo, la situazione particolare legata al coronavirus ha aiutato, poiché hanno rinunciato all’appuntamento 7 dei primi 50 al mondo, ma resta il dato oggettivo corroborato da un’altra statistica: nella classifica pubblicata prima del lockdown di marzo, nella top 300 del mondo, ultimo confine per l’élite, c’erano 21 italiani, quarto Paese dopo Spagna (22), Francia e Stati Uniti (27 ciascuno). Insomma, il tennis azzurro ora coniuga qualità e quantità. E Corrado Barazzutti, dal 2000 capitano di Davis, si gode il momento e guarda con ambizione al futuro che verrà: «Quando in tempi di magra dicevamo che c’erano comunque le basi per creare un movimento finalmente all’altezza delle nostre ambizioni, sapevamo che il grande lavoro degli ultimi anni avrebbe prodotto buoni frutti. Quando sono diventato c.t. l’ambiente era spaccato: con la Federazione abbiamo cominciato a dialogare con i coach privati, creando un sistema che esaltasse le sinergie tra il settore tecnico federale e gli staff dei giocatori. In questo modo tutti abbiamo avuto l’opportunità di crescere». […]

Osaka ferma il tennis: «E’ un genocidio» (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Se non ti batti per qualcosa, qualcosa ti batterà». La storia politica di Naomi Osaka, giovane donna giapponese di colore e da ieri paladina del Black Lives Matter («la vita dei neri conta») a capo della sezione tennistica del movimento, comincia da questa frase che ha lo stesso sapore dei molti aforismi sparsi lungo venti anni di carriera dal suo amico più caro e ormai perduto, Kobe Bryant. Non sono parole di ieri. Naomi le scrisse, tra una foto e un commento, il giorno della grande manifestazione di Minneapolis, il 26 maggio scorso, organizzata per protestare dopo la morte di George Floyd, l’afroamericano deceduto in seguito a un arresto violento da parte della polizia. Lei partecipò, partendo la mattina presto da Los Angeles, dove vive, e ne fornì un ampio resoconto sui social, puntellato da riflessioni amare e sconcertate. Ieri, la tennista ha compiuto un passo avanti nel ruolo di combattente per i buoni diritti delle popolazioni nere, che non vogliono più pagare sulla propria pelle i rigurgiti razzisti di quella parte della società che nella discriminazione crede di trovare una soluzione alle proprie paure e al malessere sociale in cui vive. È stato il giorno della prima sortita pubblica ufficiale nel suo mondo, il tennis, condotta per vie dirette, com’è nel suo stile. Ha fatto sapere di non essere disposta a giocare la semifinale del tomeo di Cincinnati (a New York) contro la belga Mertens, perché appoggia la protesta dei giocatori di basket esplosa dopo il ferimento da parte della polizia del ventinovenne nero Jakob Blake a Ketosha, vicino a Milwaukee, perché (ha scritto in una dichiarazione manifesto) «guardare il continuo genocidio della gente di colore per mano della polizia mi dà il voltastomaco», e perché «sono una donna di colore, e come donna di colore credo che ci siano cose più importanti cui prestare attenzione piuttosto che guardarmi mentre gioco». Una presa di posizione che ha avuto l’effetto, clamoroso e unico nella storia del tennis, di dare la sveglia a Wta e Atp, obbligate a correre ai ripari e affiancare la Nba del basket decretando un giomo di stop al torneo. Si riprende oggi con il tennis. La finale si sposta di un giorno (domani), e per gli Us Open che partono lunedì ci sarà un giorno in meno di riposo, cosa che Naomi ha chiosato con un nobile sebbene ponderato «chi se ne frega». Non è il tennis sport immune dalle questioni razziali, non lo è mai stato e non lo è nessuno in questo mondo. […] Si trova di tutto, da Lleyton Hewitt che nel 2001 fermò il gioco durante un match agli Us Open con James Blake, per chiedere al giudice arbitro se non notasse qualche punto in comune fra il suo avversario e il giudice di linea (entrambi neri) e se la cosa non potesse configurarsi come una cospirazione ai suoi danni; alle difficoltà vissute da Arthur Ashe e Althea Gibson per diventare tennisti, in un’America i cui circoli sportivi rifiutavano l’ingresso ai neri. Meno conosciuto, ma significativo, un episodio legato al Sud Africa, protagonista Monica Giorgi nel 1972. Impegnata in Fed Cup a Johannesburg, l’azzurra rimase colpita dal piccolo rettangolo transennato in tribuna (in modo da non incorrere in sanzioni) per gli appassionati di colore. Per tutta risposta giocò l’ultima giornata con una maglietta su cui era rappresentato un atto d’amore attraverso il disegno di due piedi neri sovrapposti a due bianchi. Pochi se ne accorsero, forse. Ma non la federazione italiana, che squalificò la Giorgi per due anni.

Sinner rischia grosso contro il n. 11 del mondo (Roberto Bertellino, Tuttosport)

Sorteggio dei due tabelloni degli US Open, ieri, in “bolla” stile Covid-19, ovvero senza dirette. In campo maschile il meno baciato dalla sorte dei 10 azzurri in gara è stato Jannik Sinner che troverà in primo turno il russo Karen Khachanov, n° 11 del mondo. Matteo Berrettini, testa di serie numero 6, esordirà contro il giapponese Go Soeda. Andreas Seppi dovrà fronteggiare la potenza dell’americano Tiafoe, Gianluca Mager l’imprevedibilità del croato Kecmanovic. Caruso invece troverà l’australiano Duckworth. Per Gaio, uno degli ultimi ad entrare in main draw, ci sarà il lituano Berankis. Marco Cecchinato si misurerà con il sudafricano Harris, mentre Stefano Travaglia ha avuto in sorte il tenace australiano Jordan Thompson. Lorenzo Sonego ha “pescato” l’ultima testa di serie, il francese Mannarino, contro il quale conduce 2-0 nei precedenti, mentre Paolo Lorenzi cercherà il successo contro Nakashima. Novak Djokovic giocherà la prima contro il bosniaco Dzumhur e Dominic Thiem esordirà contro lo spagnolo Jaume Munar. Tra le donne sono solo due le azzurre in gara. Jasmine Paolini affronterà la francese Caroline Garcia e in caso di vittoria potrebbe trovare la prima della lista, Karolina Pliskova. Camila Giorgi se la vedrà con la belga Alison Van Uytvanck, ostica ma non impossibile. Sofia Kenin, campionessa degli Australian Open 2020 e seconda testa di serie, ha avuto in sorte la belga Wickmayer. Per Serena Williams ci sarà la connazionale Ahn. Tabellone in rosa con moltissime assenti di rilievo, ben 6 delle prime 10 del ranking, tra cui Barty e Halep.

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