Noah Rubin è una testa pensante nel mondo del tennis. E anche parlante. Lo abbiamo ormai capito dal suo progetto Behind the Racquet, la pagina Instagram in cui ormai tanti tennisti hanno potuto raccontare la loro storia personale e i momenti che hanno segnato le loro carriere. Oggi Behind the Racquet ha anche un suo podcast, in cui Rubin affronta i temi più salienti che riguardano il mondo del tennis professionistico. Nell’ultima puntata, lo statunitense ha duramente criticato l’organizzazione degli US Open, mettendo in luce i buchi della bolla di Flushing Meadows e la discutibile gestione del primo caso di positività al coronavirus, quello del francese Benoit Paire.
“Questa cosa della bolla è una str***ata!”, dice senza usare giri di parole il n.228 del ranking ATP. “Solo lo staff che lavora negli spogliatoi alloggia negli hotel insieme a noi. Poi c’è un sacco di gente che la sera torna a casa propria e quindi potrebbe contrarre il virus e portarlo all’interno della bolla. Tipo quelli che guidano i bus che ci portano al circolo. Allora che senso ha che ci dormiamo anche noi negli hotel? È incredibile”. Il co-conduttore gli fa notare che comunque anche chi non alloggia negli alberghi messi a disposizione dall’organizzazione, per limitare i contatti con l’esterno è obbligato ad indossare la mascherina. Ma Rubin non sembra affatto contento delle condizioni di sicurezza.
La sua frustrazione però esplode quando si passa a parlare di come è stata gestita la prima positività tra i giocatori arrivati da fuori, quella del francese Benoit Paire. “La USTA ha detto che si stava preparando per avere dei casi positivi. Non mi pare proprio”, commenta il vincitore di Wimbledon junior 2014. Rubin ha rivelato che 11 tennisti/e (più di quelli riportati dalle fonti) francesi sono sospettati di avere avuto stretti contatti con Paire e sono stati messi in quarantena.
“Hanno avuto un nuovo protocollo da firmare, in cui si afferma che non avranno accesso ad alcune aree ma ad altre sì. E potranno giocare il torneo. È una situazione assurda”, prosegue Rubin. “La mia sensazione è che solo perché non c’è nessun top player in questi 11 non annullano il torneo. Il loro comportamento contraddice quello che hanno utilizzato con Guido (Pella) e Hugo (Dellien) la scorsa settimana (i due tennisti non hanno giocato il torneo la scorsa settimana perché entrati in contatto con un positivo, ndr). Ma anche ciò che dicono le leggi di New York. Dicono di avere lavorato con le istituzioni per stilare un protocollo e ora lo violano. Mi immagino la scena: ‘Per favore scriveteci un documento in cui dite che ce la possiamo fare ad organizzare questo torneo’. Quanto si può andare avanti così? Non ho niente contro la USTA. Si tratta solo di essere coerenti e fare le cose secondo le leggi. Vuoi organizzare un grande torneo durante una pandemia? Assicurati di fare le cose per bene!”.
Immaginiamo che le sue perplessità siano condivise (magari in maniera più confidenziale) da altri tennisti all’interno degli spogliatoi del Billie Jean King National Tennis Center. Lo statunitense è dentro la bolla grazie ad una wild card offertagli dagli organizzatori per il doppio. Insieme al connazionale Ernesto Escobedo affronterà al primo turno la coppia indo-canadese formata dallo specialista Rohan Bopanna e dal n.17 del ranking mondiale di singolare Denis Shapovalov.