C’è tutto Daniil Medvedev nei cinque punti che, di fatto, hanno deciso il derby con Andrey Rublev (7-6(6) 6-3 7-6(5)) e mandato il russo più anziano ai quarti di finale dello US Open 2020 – senza alcun set perso in cinque partite. Si era al tie-break di un primo set avaro di palle break con Rublev (sorprendentemente) in vantaggio 6-3 e di conseguenza in possesso di tre set point consecutivi, quando Medvedev ha soffiato sul vento della partita cambiandone completamente – e definitivamente, si scoprirà poi – l’inerzia.
Dopo il doppio fallo che ha privato Rublev di uno dei due mini-break di vantaggio e il nastro fortunato che gli ha consegnato i tre set point, è cominciato il saggio di bravura del finalista in carica del torneo. Prima un rovescio vincente in lungolinea, di quelli che sorvolano la rete con un paio di centimetri di vantaggio e muoiono bassi nei pressi dell’angolo, poi un servizio vincente, quindi lo scambio logorante per indurre Rublev all’errore con lo sventaglio di dritto e infine, vero capolavoro, quel rovescio in recupero estremo laterale che ci ha ricordato – per esecuzione e momento della partita – nientemeno che l’ex favorito numero uno del torneo, quello che si è eliminato da solo. Manca il quinto punto, quello che sul 7-6 gli ha consegnato il tie-break: come chiude un set un giocatore che profuma di campione e ha il servizio a disposizione? Ace, per l’appunto. A Rublev rimangono la frustrazione e la racchetta rotta nel mezzo della serie positiva di Medvedev; racconterà poi in conferenza, lo sconfitto, che è questa la differenza attuale tra lui e i grandi giocatori: loro quando sono in difficoltà non reagiscono così, non rompono le racchette.
IL RESTO DELLA PARTITA – Non è per pigrizia che siamo partiti dalla descrizione della parte finale del tie-break, o per sensazionalismo, ma perché sono stati davvero quei cinque punti a decidere una partita in cui Rublev sembrava persino avere un pizzico di verve in più nello scambio. Parliamo però di sensazione, perché i numeri dicono che Medvedev non solo non ha offerto alcuna palla break, non solo non ha mai concesso a Rublev di arrivare a 40 sul suo servizio ma addirittura l’ha fermato prima del 30 dodici volte su diciassette (12/17). Esatto, ha tenuto più di 2/3 dei suoi turni di servizio concedendo al massimo due punti. In queste condizioni, quale speranze di vincere può avere il giocatore che fallisce la sola occasione che gli resta di togliere un set a un avversario non breakkabile – ovvero vincendo il jeu decisif?
Dal canto suo, Rublev potrebbe controbattere che di palle break ne ha offerta soltanto una in quel secondo set dominato da Medvedev, e proprio sulla conversione di quest’unica occasione di break ci soffermeremo per raccontare quali siano le fondamenta del progetto di campione che Medvedev ritiene di poter realizzare. Daniil è andato a prendersi il punto a rete, attaccando due volte con il dritto, e l’ha chiuso con uno smash facile facile eppure giocato con soverchia cattiveria, tanto per accertarsi di tenere la testa dell’avversario sott’acqua. Prima che essere un eccellente atleta dotato di ottime soluzione tecniche, Daniil Medvedev sembra infatti essere lo stratega migliore che si aggiri per queste lande in assenza di Nadal e Djokovic. Probabilmente è questo che fa la differenza, ancor più delle sue leve tentacolari e della capacità di servire e rispondere con tale continuità.
Di Rublev si può certamente dire che gli è mancata ‘un po’ di prima di servizio’ (in campo ne ha messa una su due, il 51%) per blindare un colpo che in questo torneo era stato quasi perfetto, e alla luce della sola palla break concessa non è stato così malvagio neanche oggi. Più ancora, la sua seconda ha dato la sensazione di risentire dei momenti di tensione: nel tie-break è sfociata in un doppio fallo, in diverse altre occasioni ha concesso a Medvedev di entrare e comandare lo scambio con troppa facilità.
Del terzo set, invece, si può raccontare che Medvedev l’ha giocato con le marce leggermente più basse, sperando di vincerlo col minimo sforzo, e ha rischiato qualcosina sul finale quando, dopo un trattamento del fisioterapista alla spalla destra, ha accusato un principio di crampi nel tie-break che avrebbe potuto riaprire una partita che appariva sepolta. Un po’ impacciato nei movimenti e visibilmente più intenzionato a risolvere lo scambio entro i primi colpi, Medvedev ha aumentato i giri in risposta ma ha sciupato il vantaggio (5-4 e servizio) con un serve&volley sciagurato; anche qui è tornato alla mente il Djokovic che, ogni tanto, prova a sorprendere l’avversario con soluzioni tecniche poco utilizzate nel corso della partita.
Poco male, quando hai la testa del campione: quando Rublev ha servito (bene) per salvare il match point, Medvedev ha risposto profondo, ha tenuto il ritmo dello scambio basso per disincentivare l’accelerazione avversaria e poi improvvisamente ha giocato il suo classico drittone a sventaglio piattissimo, sul quale Rublev non ha potuto opporre altro che una difesa larga di un paio di dita.
“Guarderò Thiem-Medvedev durante il trattamento del fisioterapista ma non faccio pronostici. Oggi Andrey è stato un po’ meno aggressivo di quanto mi aspettassi, quindi ho cercato di prendere qualche rischio in più“. Queste le parole dello scacchista Daniil a fine partita. Il principio di crampi a fine partita sarà sufficiente a incrinare le sue certezze, dacché in questo torneo, negli ultimi dodici mesi, ha perso soltanto contro Nadal – e per un soffio, al quinto set, una finale poco meno che epica? Chissà. La sensazione è che non sarà così.