Musetti show (Esposito-Crivelli). L'urlo di Caruso. E ora c'è Djokovic (Azzolini). Il guerriero Caruso innesca l'italshow (Grilli). Coco, ragazza di marmo con un destino da Venus (Marchetti)

Rassegna stampa

Musetti show (Esposito-Crivelli). L’urlo di Caruso. E ora c’è Djokovic (Azzolini). Il guerriero Caruso innesca l’italshow (Grilli). Coco, ragazza di marmo con un destino da Venus (Marchetti)

La rassegna stampa di mercoledì 16 settembre 2020

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Musetti show (Elisabetta Esposito – Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Siamo fatti della stessa materia dei sogni. Una notte magica che potrebbe aver tenuto a battesimo la meravigliosa deflagrazione di una stella brillantissima. Lorenzo Musetti si prende il cuore di Roma annichilendo un monumento come Wawrinka ed entra nel libro dei record con la leggerezza di un talento ancora grezzo ma di qualità altissima: era già diventato il primo giocatore del 2002 ad approdare a un tabellone principale di un Masters 1000, adesso è anche il primo della sua classe d’età ad aver vinto una partita Atp. Peccato soltanto non ci fosse il pubblico: in una serata come questa, gli avrebbe tributato il trionfo che meritava. Tra i due avversari sul Centrale ci sono 17 anni, 232 posizioni in classifica (lo svizzero è 17, Musetti 249) e qualche centinaio di vittorie di differenza. Eppure, con la personalità del campione consumato, Lorenzo affonda fin dai primi scambi il coltello nella precaria condizione tecnica e atletica di Stanimal, al debutto assoluto post lockdown. Soprattutto, nella sfida tra rovesci a una mano, è il colpo del giovane azzurro a impressionare per profondità e incisività, a illuminare per pulizia di esecuzione. Una clamorosa lezione di tennis, che in 24 minuti produce il più incredibile degli esiti: il vincitore degli Australian Open juniores 2019 conquista il primo set per 6-0. Roba da brividi: «Mi sono sentito bene fin dall’allenamento del pomeriggio, il Centrale mi esalta e non mi spaventa. Quando ho visto il sorteggio, per un attimo mi è mancato il fiato, perché Wawrinka è uno dei miei idoli, ma ho avvertito subito sicurezza. Lui non si aspettava che cominciassi così forte e così convinto». Pienamente padrone di sé e della partita, Musetti sale 2-0 anche nel secondo, fino a quando il trionfatore di tre Slam mostra segnali di vita, che si sublimano in un rendimento al servizio finalmente all’altezza, anche se i punti con la seconda rimarranno sotto il 50% per tutto il match. Stan recupera il break, finalmente capisce che fare a botte rovescio contro rovescio contro il giovanotto è sconsigliabile, ma nel tiebreak decisivo regala ancora troppo per sperare di allungare la sfida e far valere poi il peso della gloria e dell’esperienza. Giusto così, Musetti è stato il miglior giocatore in campo e può permettersi di esultare: «Nel 2° set lui ha cominciato a servire molto meglio, io sono stato bravo a rimanere agganciato alla partita senza farmi prendere dall’ansia. D’altronde sto lavorando molto sull’aspetto mentale e nell’ultimo mese ho fatto grandissimi progressi. Questo è il giorno più bello della mia vita, più del successo da junior a Melbourne. Adesso avrò 24 ore per metabolizzarlo, devo restare con i piedi per terra per la prossima partita». Troverà Nishikori, un altro califfo: ma dopo una vittoria così, l’obiettivo può essere solo il cielo. […]

L’urlo di Caruso. E ora c’è Djokovic (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Un italiano che abbatte il più celebrato schianta-azzurri di questi ultimi mesi. Salvatore Caruso è lì, sotto l’asciugamano, fra rimembranze ed emozioni tutte sue. Stremato. Forse piange, avvolto nell’asciugamano bianco, forse no, «ma avevo gli occhi lucidi» confesserà di lì a poco. La gioia ha un che di lirico, come si potrebbe chiedere di trattenerla a uno che si chiama Caruso? L’altro se la svigna. La baldoria è finita. Da Wimbledon dell’anno scorso Tennys il Terribile ha sconfitto Fognini (due volte), Berrettin e Sonego. Ci ha provato con Caruso ed è giunto a un tanto così dall’ennesima vittoria, poi quello l’ha trafitto con un colpo che non si aspettava. Gli ha sfilato il match point sotto il naso ed è corso a prendersi il premio. Ma possibile? Si caro Tennys Sandgren, le belle storie finiscono così, per mano di uno del sud, lontano 45 posizioni in classifica, un ragazzo dal sorriso largo e dalla pelle mora, che ricorda un po’ quei messicani che è “meglio se stanno dall’altra parte del muro”, come hai sempre auspicato. Ma chissenefrega di Sandgren. Parliamo di Caruso Salvatore, da Avola e della sua ennesima prima volta. «Del match point non mene sono nemmeno accorto, l’ho giocato in serenità. Ero più preoccupato quando mi ha fatto il break sul 3-2 del terzo. Se non lo avessi ripreso subito sarebbe andato 5-2 e non avrei avuto più molte chance. Invece sono stato bravo, ho fatto le cose giuste». Primo turno superato a Roma, una scalata che lo porterà a battere per la seconda settimana consecutiva il best ranking, oggi al numero 87. «Peccato non ci fosse il pubblico. Il bello della vittoria è sentire tutti vicini, sapere che li hai fatti felici». Il pubblico gli mancherà ancora di più oggi, contro Djokovic. Mancherà a tutti, e chissà con quale verve si sarebbero espressi i Pasquini del Foro Italico. Avrebbero issato cartelli per suggerire a Sabbo di stare attento alle pallate di Djokovic, soprattutto quelle tirate dietro le spalle ad altezza della gola. Hai visto mai? Lui risponde serio. «Lo incontro per la seconda volta, e il match del Roland Garros, in terzo turno, lo ricordo bene. Cercherò di evitare gli errori di quella volta. Mi piacerebbe sfilargli un set». Ci pensa su. «Magari due», chiude con un sorriso. […]

Il guerriero Caruso innesca l’italshow (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

Un tris così non ce l’aspettavamo. La seconda giornata di gare ha i volti felici di Caruso, lottatore sotto un sole implacabile, di Cecchinato, finalmente vicino ai livelli di un paio di anni fa, e soprattutto dell’incredibile Musetti, classe 2002, che ha maramaldeggiato con la copia sbiadita di Wawrinka. Un colpo clamoroso, quello del ragazzo di Carrara, che può davvero dargli la spinta decisiva per una carriera da predestinato. «Vai Salvuzzo, forza», sembrava quasi implorare il suo clan, nel finale di una partita estenuante, con tutte le marcature saltate, contro Sandgren (numero 49 del mondo), che non vedeva l’ora di appendere nella sua cameretta nel Tennessee l’ennesimo scalpo azzurro, dopo quelli strappati quest’anno a Berrettini, Fognini e Sonego. Alla fine, dopo quasi tre ore di lotta e un match point annullato, l’happy end lo ha regalato una risposta sbagliata dell’americano (che appena uscito dalla Next Gen Arena ha sfogato la sua rabbia distruggendo la racchetta sul cemento romano), per l’urlo liberatorio di Salvatore Caruso, che ha festeggiato il suo primo successo in un Masters 1000 finendo in lacrime. «Qua a Roma avevo perso tante battaglie – ha detto più tardi – finalmente sono riuscito a vincerne una». Oggi però gli toccherà affrontare un certo Djokovic, già suo avversario un anno fa al Roland Garros. «Mi sento bene e spero di poter reggere lo scontro. Devo entrare in campo pensando di poter vincere». A completare la bella giornata della Sicilia, è arrivato poi il trionfo del palermitano Cecchinato, 113 del mondo, a capo di un’altra rimonta, contro l’inglese Edmund (45). Il semifinalista di Parigi 2018 ha pagato a caro prezzo un paio di distrazioni nel primo set, è rimasto attaccato all’avversario nel secondo, chiuso in un laboriosissimo tie-break, prendendo poi il largo nella terza frazione. Alla soavità di un gioco solo di classe, Musetti ha aggiunto chili di muscoli e di grinta che hanno irrobustito il suo stile. Disarmante la facilità con cui questo diciottenne, dalla manina benedetta dagli dei del tennis, ha travolto nei primi giochi un Wawrinka lento e appesantito, ma sempre numero 17 (Lorenzo è 249). Servizio robusto, botte da fondocampo, smorzate, tocchi irridenti sotto rete, smash da fondo campo, e poi il solito rovescio da favola (a una mano), che ha retto senza paura il confronto con il maestro Stan. Otto giochi a zero prima di vedere lo svizzero conquistare il primo game, un breve passaggio a vuoto sul 3-1. Lorenzo ha continuato a sfoderare prodezze in serie fino al tie-break stradominato, chiuso con un passante vincente. […]

Coco, ragazza di marmo con un destino da Venus (Christian Marchetti, Corriere dello Sport)

L’insidia di Coco, la tunisina Ons Jabeur, veste uno zuccheroso e a tratti abbacinante completino fucsia. Tira però tranvate di dritto, rimanda spallate di rovescio, poi ciniche smorzate e pallonetti. Vuole dire a Coco, al secolo Cori Gauff, 16 anni e mezzo, che sulla terra non è ospite gradita. Ma Cori detta Coco è paziente, quadrata e precisa. Le basta giocare sulla profondità e crea voragini. Un gesto di stizza solo nel secondo set, si rammarica per un erroruccio veniale di un copione perfetto. Gauff batte Jabeur 6-4 6-3 in un’ora e 21 minuti di tennis matematico. Finisce così il debutto al Foro Italico di Cori Gauff, per molti la nuova Williams. Venus, che oggi a Roma sfida la Azarenka, reduce dalla finale Slam di New York, più che Serena. Diverse le analogie tra Coco e le sorellone. A cominciare dal papà coach che guida l’ingresso nel tennis. Quello di Coco si chiama Corey, ex cestista alla Georgia State University; poco lontana la madre Candi, ex nuotatrice: è lei che le ha fatto da insegnante, tra una partita di tennis e l’altra, e consigliera. Il team Gauff “vale” oggi la 53° piazza del ranking mondiale, numero 49 lo scorso febbraio, e contratti di sponsorizzazione a 6 cifre. «Quando ti guarda e ti dice che diventerà la numero 1 puoi solo crederci», ha detto di lei il francese Patrick Mouratoglou, stella polare di Serena Williams. Dopo i signori Gauff, che hanno lasciato le rispettive attività per seguirla, il primo a scommettere sulla ragazza di Delray Beach è stato proprio Mouratoglou, che le ha spalancato le porte dell’Academy a 10 anni. «Sono contenta di aver vinto all’esordio a Roma perché venivo da tre sconfitte consecutive. Penso di aver imparato molto su me stessa come giocatrice. Da dopo la sosta forzata non mi sento ancora a mio agio, ma credo di aver davvero trovato la mia strada». Il suo talento è sbocciato con largo anticipo. A 13 anni diventa la più giovane finalista degli US Open Junior. A 14 vince il Roland Garros Junior (2018). A 15 è la più giovane a superare le qualificazioni a Wimbledon. E ad arrivare agli ottavi del torneo, battendo all’esordio in tabellone proprio Venus in un match diventato già leggenda. Carisma puro, come quando va al muro contro muro con la Wta perché, da regolamento, fino a 18 anni potrà giocare un numero limitato di tornei. O quando diventa una delle paladine antirazziste di Black Lives Matter con frasi tipo quella pronunciata in Florida: «Voglio il cambiamento, ora. Se scegli il silenzio, scegli la parte dell’oppressore». Coco Gauff, marmo tra i marmi.

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