Parigi, Berrettini non tradisce: azzurri a forza 5 (Scanagatta). Il futuro è di Sinner. In campo ricorda i big (Mouratoglou). L'esame superato (Azzolini). Dal buio alla luce, Martina ha vinto la sua partita (Mastroluca)

Rassegna stampa

Parigi, Berrettini non tradisce: azzurri a forza 5 (Scanagatta). Il futuro è di Sinner. In campo ricorda i big (Mouratoglou). L’esame superato (Azzolini). Dal buio alla luce, Martina ha vinto la sua partita (Mastroluca)

La rassegna stampa di venerdì 2 ottobre 2020

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Parigi, Berrettini non tradisce: azzurri a forza 5 (Ubaldo Scanagatta, La Nazione)

Sono cinque, con la vittoria di Berrettini sul sudafricano Harris (64 46 62 63) dopo un paio di set complicati da un rovescio poco centrato, gli azzurri al terzo turno del Roland Garros, come accadde solo nel 1955. Oggi giocano i 4 vincitori di mercoledì. Berrettini affronta domani il qualificato tedesco Altmaier (22 anni, n.186). Sinner è favorito con Federico Coria (n.99 Atp), il fratellino di 10 anni più giovane di Guillermo che perse finali quasi vinte a Parigi 2004 con Gaudio (ebbe matchpoint) e a Roma 2005 con Nadal. Sonego (n.46) potrebbe anche battere Fritz (n.30). E’ certo più dura per Cecchinato (n.110) contro Zverev (n.7), finalista all’Us Open con mille chances mancate in finale con Thiem, ma il tedesco non è sempre continuo. Praticamente impossibile il compito di Travaglia con Nadal che lasciando 4 game all’americano McDonald ha fatto fast food. Djokovic non ha voluto essere da meno: al lituano Berankis ha dato 61 62 62. Sembra d’essere tornati ai tempi in cui Borg a Parigi lasciava briciole ai rivali. Ma in quest’era i Borg sono due. E con Thiem forse tre. Nulla da fare per Jasmine Paolini con Petra Kvitova (63 63). Oggi Martina Trevisan con la Sakkari spera di far meglio.

Il futuro è di Sinner. In campo ricorda i big (Patrick Mouratoglou, La Gazzetta dello Sport)

Jannik Sinner è sicuramente uno dei tennisti più promettenti del panorama mondiale. Ha solo 19 anni, ma è già nei primi 100 del mondo e ha già battuto giocatori del calibro di Tsitsipas, Goffin, Tiafoe, Monfils e altri. Quando valuto e osservo attentamente un giovane atleta, tengo in considerazione degli specifici criteri che mi sembrano essenziali. La prima qualità che valuto è la loro predisposizione alla competizione, per emergere devi essere un gran lottatore ma anche avere grinta ed agonismo innati. Questo giovanissimo italiano, possiede tutte queste qualità, è molto forte in partita, riesce a far salire il suo livello di gioco durante il match e soprattutto sa imporsi nei momenti importanti, quelli dove è più facile cedere all’emozione o allo stress. Il secondo criterio da osservare è la capacità di dare velocità alla palla, sembra scontato, ma non lo è affatto, e Jannik possiede anche questa qualità. Lui ha quella che gli americani chiamano easy power che tradotto significa che è in grado di imprimere forte velocità alla palla senza fare troppo sforzo. La sua è rapida, pesante. Jannik riesce ad accelerare la velocità di gioco quando lo decide lui. Ha un gioco completo: è capace di scendere sulle palle per finire il punto a rete, ma anche concludere da fondo campo. Ha le caratteristiche del tennis moderno, perché per progredire e salire al più alto livello, oggi, i punti deboli non sono più tollerati. Sinner ha anche un altro punto di modernità nell’appoggio sulle palle e sui colpi in corsa, precisi ed efficaci sia sul dritto che sul rovescio. Gioca sempre nelle zone giuste del campo e quelle che decide lui, dimostra una grande maturità tecnica per la sua giovane età. Per tutti questi motivi, il tennis italiano potrà contare, nei prossimi anni, su un giocatore di altissimo livello e in grande ascesa.

L’esame superato (Daniele Azzolini, Tuttosport)

Vi sono match che valgono di più. Più della vittoria che portano con sé, più dei punti che fanno classifica. Sono i match di crescita, corsi accelerati per diventare più forti. Matteo Berrettini, di queste partite anomale, fuori contesto, ne ha giocata una ieri, nel corso della quale ha subito una mutazione sofferta, cui si è mostrato recalcitrante all’inizio, poi sempre più partecipe fino ad assecondarla e lasciarsi trasportare. Nel corso della stessa, lungo due ore e 41 minuti di pallate, si è spogliato dei panni stretti con cui era sceso in campo, che lo trattenevano e lo tiravano da ogni parte, e ne ha via via indossati altri, più comodi e agevoli. L’avversario era un amico dei tempi andati, di poco più giovane di lui. E sempre battuto. E quando uno l’hai sempre battuto vai in campo convinto di poterlo battere sempre. Ma non è così. […] Così, capita che Lloyd “sempre battuto” scenda in campo con le idee precise sul da farsi, mentre Berrettini abbia le gambe pesanti. Gli funzionava il servizio, al nostro Matteo, e a quello si aggrappava, ma il suo gioco appariva involuto, cedevole, rallentato. Da qui è cominciato il match della crescita. Dal momento in cui Matteo si è reso conto di dover riconquistare in breve una condotta diversa, certo che mutando atteggiamento avrebbe ritrovato i colpi che funzionavano a sprazzi e lo muovevano a furore. […] La mutazione ha preso forma nel terzo e ha portato rapidamente a dominare. Matteo ha ritrovato la velocità che serviva nelle gambe, il colpo d’occhio che permette di anticipare le intenzioni altrui, e i colpi si sono ricomposti nella loro insostenibile pesantezza. Matteo ha chiuso dilagando. […] Gli italiani in terzo turno ora sono 5, ed è un record importante. […]

Dal buio alla luce, Martina ha vinto la sua partita (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Martina Trevisan ha iniziato a volare. «Ora penso a me, a come io sto in campo e non alla mia avversaria» ha detto dopo la vittoria contro Cori Gauff, la sedicenne di cui tutti parlano. Un successo che le ha permesso di arrivare dove fino a poco fa non avrebbe osato nemmeno sognare, al terzo turno del Roland Garros. Oggi Gauff è sempre al centro della scena, come Martina alla sua età. Ma non si cresce tutti con lo stesso tempo. «Giocare a tennis mi divertiva. Fino a quando non mi sono divertita più» ha sintetizzato Trevisan in un articolo confessione su The Owl Post. Insieme all’ammirazione per il suo dritto mancino naturale e veloce, inizia a sentire intorno a sé la fretta di cogliere i frutti di quel suo talento acerbo. Vive il tennis come una responsabllità, ma ha spalle ancora troppo strette per portarne il peso. Scappa via dal tennis, che abbandona dal 2010 al 2014. Fugge dal suo fisico muscoloso che avrebbe dovuto essere la cura e si è rivelato l’origine di un malessere buio che ora guarda in faccia e chiama col suo nome: anoressia. Smette quasi di mangiare, nella paradossale convinzione che sparire sia il modo per farsi vedere. Tocca il punto di non ritorno e riemerge. Ha ricominciato con i tornei di grado più basso, gli ITF con monteprerni di diecimila dollari. La seconda carriera le porta soddisfazioni. Nel 2017 si qualifica per la prima volta in un torneo WTA, nel 2019 chiude la stagione da numero 153 del mondo, il suo best ranking. Con accanto il coach Matteo Catarsi (un destino nel nome), all’Australian Open debutta nel tabellone principale di uno Slam. Si prende anche la soddisfazione di superare Eugenie Bouchard, ex top 10, nell’ultimo turno di qualificazione. Al Roland Garros, ha vinto la sua prima partita in un major contro Camila Giorgi che si è ritirata a metà del secondo set. Poi la tranquillità in una partita complessa come quella contro Gauff. «Dovevo pensare solo a me, e non al fatto che dovevo giocare contro una giocatrice così giovane ma con più esperienza di me negli Slam». Al terzo turno sfida la greca Maria Sakkari, numero 24 del mondo. Esserci è già un successo. Ma non fermatela, non ancora.

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