Boom del tennis italiano? Le chiavi per capirne le ragioni. I meriti e i demeriti FIT - Pagina 3 di 3

Editoriali del Direttore

Boom del tennis italiano? Le chiavi per capirne le ragioni. I meriti e i demeriti FIT

Ora tutti chiedono il perché di tre italiani in ottavi a Parigi, quattro a Roma, un top-ten e altri giovani, Sinner, Musetti e Zeppieri in via di affermazione. Come se Berrettini e Sonego fossero vecchi!

Pubblicato

il

Jannik Sinner - Roland Garros 2020 (via Twitter, @rolandgarros)
 

LA FINE DEI TORNEI ATP NELL’INDIFFERENZA FIT

Io diressi per svariati anni il torneo ATP di Firenze, da metà degli anni Settanta. Ero giovanissimo. Tutti i tornei, come anche il “mio”, erano organizzati sulle spalle dei soci (spesso insofferenti… perché i campi venivano occupati per 10 giorni! E pure gli spogliatoi) dei circoli o di imprenditori privati che si dannavano l’anima per trovare degli sponsor che consentissero di affrontare spese sempre crescenti a fronte di partecipazioni con il passar degli sempre meno eccitanti: la tv ti faceva vedere i grandi campioni, un torneo da 50.000 o 100.000 euro man mano che ci si avvicinava e superava il 2000 – prima erano stati anni di miope presidenza Galgani, poi di miope presidenza Binaghi – era sempre in perdita o in grave sofferenza, comunque a a rischio. I soci, quando erano loro a decidere perché in caso di perdite avrebbero dovuto mettere mano a tasca, non ne volevano più sapere. I soci del CT Firenze ebbero il coraggio di lamentarsi perché a Firenze vinse per tre anni Thomas Muster! “Sempre lui…” dicevano. Avrebbero voluto vedere solo McEnroe, Becker, Sampras e Agassi!

LA FIT NON ERA RICCA COME DICE DI ESSERLO ADESSO

Proteggere i tornei in crisi non era facile avendo poco cash, ma non ci si è nemmeno provato. Ho sempre dato pubblicamente atto a Binaghi e alla Coni Servizi di aver fatto in genere un buon lavoro con gli Internazionali d’Italia sotto il profilo estetico-architettonico e nell’approdo a un bel flusso di denaro a confronto con gli anni ante 2000. Le casse federali si sono rimpinguate e Binaghi ha dunque certamente dei meriti (che vengono a diminuire quando però si rifiuta di restituire i soldi dei biglietti che ha incassato per un torneo non visto, unico fra tutti i Masters 1000 non disputati).

Anche per questo caso, quello dell’afflusso di tanti soldi nelle casse federali negli ultimi anni di gestione, sono necessari dei distinguo neppure troppo piccoli però: in primis la data e l’appartenenza ai Super9 prima e ai Masters 1000 poi, i quali garantiscono la presenza obbligata di quasi tutti i top-ten sono vantaggi che ai tempi di Galgani non c’erano. E fanno una gran bella differenza in termini di vendita di biglietti. Inoltre è anche ben diverso l’incremento derivante dalla vendita dei diritti tv, cresciuti esponenzialmente in questi ultimi anni. Però, per quanto come già detto la FIT di Binaghi non fosse sulle prime ricchissima, non ha fatto nulla per oltre 15 anni per cercare di mantenere in Italia quei tornei ATP che c’erano, trovando il modo di sostenere quei circoli e quegli imprenditori (a Firenze, Bari, Genova, Palermo, Bologna, St.Vincent, Bolzano) che non ce la facevano a reggerli.

SEMBRAVA CHE IL PROBLEMA NON INTERESSASSE LA FIT

E invece la riguardava eccome, indirettamente. Lo ha capito adesso che si è battuta fortemente e meritoriamente per avere prima l’organizzazione delle ATP NextGen finals a Milano e ora per le finali ATP che si giocheranno a Torino per i prossimi cinque anni.

Il problema doveva interessare la FIT anche prima. Non solo perché la disputa di quei tornei sviluppava conoscenze professionali all’interno di quelle mini-organizzazioni locali che avrebbero potuto tornare utili, ma perché veniva dato risalto di quegli eventi su tutti i media, nazionali e locali, tv comprese; Rai 3 era quasi sempre presente per le fasi finali, i giornali sportivi e i quotidiani locali dedicavano ampi spazi. Inoltre ciascun torneo ATP faceva promozione, smuoveva le acque in quelle città, avvicinava giovani e anziani a quel circolo o comunque al tennis. Si reclutavano giudici di linea e raccattapalle con promozioni nelle scuole. Si aiutavano i giocatori italiani a fare attività agonistica di livello senza dover affrontare viaggi, spese e disagi enormi. Spese sempre aumentate per chi, aspirando a diventare un professionista, in tempi più moderni doveva trovare il modo di sostenere tutto il proprio team, coach e quant’altro.

Potendo giocare in casa, in Italia, i tennisti italiani sui propri campi potevano sfruttare il vantaggio del pubblico per cogliere una vittoria in più, talvolta una programmazione più rispettosa delle loro esigenze. Potevano conquistare con minore difficoltà più punti e posizioni in classifica, oltre che a godere di un più facile accesso (soldi e punti) alle wild card dei tornei. Soprattutto riservate ai giovani. Insomma, per farla breve – e breve ormai purtroppo non è più – finalmente, dopo essersi fatti sfuggire quelle date che costituivano vere e proprie rendite di posizione e che oggi costerebbe una fortuna rilevare, va dato finalmente merito a questa FIT di aver capito che aiutare l’attività dei tornei doveva diventare un aspetto politico-istituzionale prioritario. I due eventi ATP dimostrano il cambio di strategia che peroravo inutilmente da anni.

L’AVVENTO DECISIVO E VINCENTE DI 18 CHALLENGER

Ed ecco allora – anche perché la passione in Italia per il tennis c’è sempre stata a dispetto dei magri risultati dei nostri tennisti – che sono fioriti fior di challenger in Italia. Così si è cominciato a sostenere almeno un pochino gli organizzatori dei challenger, tipo quelli lodevolissimi del MES di Marchesini e delle sue figlie. E nel 2019 non ancora colpito dal COVID-19, l’Italia ha potuto programmare ben 18 challenger. Solo nei grandissimi ed estesissimi Stati Uniti ce ne sono stati di più! Mi pare 27… Per ragazzini in carriera come Musetti, Zampieri, Nardi, ma anche per i più grandi come Sonego, Giustino, Travaglia e (dai non fatemeli scrivere tutti…), è stata una vera manna. Se si trova il modo di sostenere i ragazzi che sognano di diventare professionisti, beh si dà linfa vitale anche ai team privati, ai loro coach.

CHE PECCATO UNA SERIE A COSÌ MAL ORGANIZZATA

Un altro modo utile sarebbe la serie A che purtroppo continua a essere organizzata in modo indecoroso e improduttivo, ma almeno un po’ di “fieno” ai nostri giocatori di categoria A e B lo fornisce ugualmente, anche se meno delle gare intercittà tedesche e francesi. Altri “matrimoni tecnici” pluriennali come Santopadre-Berrettini, Piatti-Sinner, Arbino-Sonego, Sartori-Seppi (e per i prossimi anni Sartori-Cecchinato), Tartarini-Musetti, Melaranci-Zeppieri, Vagnozzi-Travaglia, Catarsi-Trevisan, Furlan-Paolini, e tanto tempo fa Remondegui-Serra Zanetti, Piccari-Knapp – cui, come accennavo, si possono aggiungere tranquillamente i tecnici federali che come Rianna non fanno danni ma anzi danno un apporto di qualità – sono la vera chiave dei successi dei giocatori italiani di oggi, degli ultimissimi tempi, di domani. La strada è quella giusta. Ci si è messo tanto, troppo tempo ad imboccarla. Pazienza. L’importante è che ora si prosegua.

LA SPINTA ALLA COMPRENSIONE È VENUTA DALLE RAGAZZE

Forse la spinta decisiva è venuta qualche anno fa dalle nostre ragazze top-ten. Soltanto quando ci si è resi conto che tutte loro che ci hanno regalato quattro Fed Cup, due Slam in singolo e sei in doppio, avevano preferito lasciare l’Italia per affidarsi a coach esteri, soprattutto in Spagna, con Gabriel Urpi, Pablo Lozano, Salvador Navarro, qualcuno si è reso conto in FIT che occorreva cambiare qualcosa: trovare il modo di aiutare e sostenere i coach italiani e i giocatori italiani. I risultati di oggi sono frutto di questa consapevolezza finalmente acquisita circa un quinquennio fa. Fatemi per favore capire con i vostri post, se questo editoriale vi ha interessato o meno. La mia redazione propende per il… meno! Se ha ragione smetterò di scriverne.

Pagine: 1 2 3

Continua a leggere
Commenti
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement