Il viaggio dentro Federer: "Non bisogna sprecare il proprio talento"

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Il viaggio dentro Federer: “Non bisogna sprecare il proprio talento”

Lo svizzero ha concesso un’intervista al portale BecomingX, che racconta storie di personaggi di successo per farle diventare ispirazione comune. E si è raccontato sin dall’adolescenza

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Roger Federer con il trofeo di Wimbledon 2017
 

Alle origini di Roger Federer, con il permesso del diretto interessato. È il focus dei cinque minuti monografici che lo svizzero ha concesso a BecomingX, sito che raccoglie interviste in cui personaggi di successo raccontano il loro percorso. Da star del cinema come Julia Roberts e Channing Tatum al campione di pugilato Wladimir Klitschko, passando per premi Nobel e personalità della politica internazionale e della cultura. L’obiettivo è diffondere storie di risultati raggiunti con sacrificio, che possano servire da ispirazione. Il fuoriclasse di Basilea non si è tirato indietro, partendo nel racconto dai ricordi dell’adolescenza e dal primo bivio.

Ricordo quando giocavo a badminton, ping pong o tennis, nel giardino a casa di amici e dicevo “Il vincitore di Wimbledon è Roger Federer” – racconta – e mi inginocchiavo come a voler sollevare un trofeo. Sognavo di vincere Wimbledon. Giocando contro un muro o un doppio con i miei amici, già mi rendevo conto che il tennis per me era qualcosa di più di colpire una pallina. Ho anche giocato a calcio, ma quando si è trattato di prendere una decisione tra football e tennis, per fortuna ho scelto il tennis”.

IL DISTACCO – “Nel mio primo match in assoluto ho perso 6-0 6-0 e sentivo commentare qualcuno: ‘Forse non è bravo come immaginavamo’. Da quel momento ho iniziato a lavorare duro in allenamento, a giocare sempre più tornei. Sono diventato campione nazionale svizzero Junior per la prima volta a 12 anni. Arrivò il momento di una piccola intervista con il National Tennis Magazine. Mi chiesero se sarei voluto andare al National Tennis Center di Ecublens, risposi di sì, che sarebbe stata una buona opportunità per me sulla strada per diventare un giocatore professionista. Ci andai a 14 anni. Ero ospitato da una famiglia dal lunedì al venerdì, tornavo a casa solo nei weekend e ho convissuto con una grande nostalgia per i primi nove mesi. I risultati erano alternanti, mancanza di fiducia, non parlavo la lingua, mi sentivo davvero combattuto. Poi però le cose sono andate meglio“.

BIENNIO DECISIVO – “Dai 14 ai 16 anni sono stati gli anni più determinanti della mia vita. Stando lontano da casa e pensando a cosa avrei voluto fare davvero. Ricordo quando sono andato dal dentista, mi chiese cosa avrei stessi facendo e gli risposi: il giocatore di tennis. Mi chiese: ‘E poi?’. No, solo il giocatore di tennis. Mi ponevo delle domande, ma ho iniziato a pensare che sarei potuto diventare il nuovo giocatore di punta per il tennis svizzero. Quando avevo 16 anni, Peter Carter arrivò al National Tennis Center, avevo già lavorato con lui a Basilea. Se sono arrivato dove sono oggi, gli devo molto. Morì in un tragico incidente durante il suo viaggio di nozze in Sudafrica. Una perdita che sconvolse il mio mondo e diventò anche uno stimolo. Da quel momento credo di aver cambiato marcia, dicendo a me stesso di dover prendere il tennis molto sul serio. Non volevo essere un talento sprecato. Non dimenticherò mai cosa è successo e mi mancherà per sempre”.

CAMBIO DI PROSPETTIVA – “Diventando numero uno del mondo e vincendo Wimbledon, sono diventato un personaggio di riferimento per il tennis mondiale, per tutti i ragazzi che praticano questo sport. Una cosa che non do per scontata, perché per me gli eroi, i modelli da seguire, sono stati molto importanti: Edberg, Sampras, Becker, Michael Jordan. Mi sono trovato a essere io l’ispirazione per altri. Da quel momento tutto è andato avanti velocemente, con l’obbligo costante di vincere. Pensi che vuoi imparare qualcosa di diverso rispetto al tuo lavoro, o spendere più tempo con i tuoi amici o con la famiglia, ti trovi a pensare ‘Forse sto sacrificando troppe cose’.

Io credo ci debba essere un sano equilibrio. No so per quale motivo io abbia avuto tutto il successo che ho avuto. Non miravo a 20 Slam, nemmeno al numero uno del mondo, almeno non durante la mia crescita in Svizzera. Nulla è stato facile o veloce. Se hai la passione per ciò che fai, ci credi e ti circondi delle persone giuste, puoi arrivarci davvero. La cosa in cui credo davvero è provare a non sprecare il proprio talento. Dando il massimo e non lasciando nessun rimpianto sulla tua strada, potendo essere così sempre orgoglioso di ciò che hai ottenuto”.

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