Schwartzman: “La vittoria di Thiem allo US Open ha dato speranza a tutti”

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Schwartzman: “La vittoria di Thiem allo US Open ha dato speranza a tutti”

L’argentino ha concesso un’intervista a Tennis Majors alla vigilia delle ATP Finals. “Fino a due mesi fa non avrei pensato di trovarmi qui”

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Diego Schwartzman - Internazionali di Roma 2020 (foto Giampiero Sposito)
 

La storia di Diego Schwartzman è sicuramente una delle più grandi rivalse del tennis contemporaneo, sia a livello di background (il suo bisnonno, di nazionalità polacca, riuscì a scappare da un treno che lo stava portando in un lager nazista per poi trasferirsi in Argentina) che di caratteristiche fisiche, visto che la sua statura lo rende uno dei giocatori più bassi ad aver raggiunto la Top 10, specialmente in un’epoca in cui i normotipi del gioco stanno andando nella direzione opposta.

Lui però non ha mai smesso di crederci, migliorando il proprio ranking di anno in anno: N.88 a fine 2015, N.52 nel 2016, N.26 nel 2017, N.17 nel 2018, N.14 nel 2019, e infine N.9 nel 2020. Detto questo, la qualificazione per le ATP Finals è andata anche oltre le sue aspettative, come ha confermato a Tennis Majors: “All’inizio dell’anno volevo provare a raggiungere la Top 10, era quello il mio obiettivo, non di giocare a Londra. Quando siamo tornati in campo dopo mesi di pausa non ho giocato al meglio per le prime tre o quattro settimane; fino a due mesi fa non avrei mai pensato di trovarmi qui alle Finals”.

In effetti, i risultati dei primi tre tornei giocati dopo la ripresa (Cincinnati/New York, US Open e Kitzbuhel) erano stati deludenti, fino alla svolta arrivata nella Città Eterna, dove ha ottenuto la prima vittoria in carriera contro Nadal e raggiunto la finale: “Da lì in avanti, però, ho iniziato a giocare il mio miglior tennis ogni settimana, e le mie sensazioni diventavano sempre più positive. Quindi dopo Roma ho pensato, ‘ok, se vado bene a Parigi ho una chance di qualificarmi per Londra e di finire in Top10’”. È poi arrivata la prima semifinale Slam a Parigi, seguita dalla finale di Colonia 2 e dai quarti di Bercy che hanno messo in ghiaccio la qualificazione.

Alla fine, però, si torna sempre a parlare della sua altezza, suo tratto distintivo e apparente tallone d’Achille sulle superfici rapide, ma Diego non la vede così: “Credo che mi abbia dato tante altre qualità, come la mobilità o la forza mentale, perché sono uno che cerca di sfruttare le opportunità e che lavora ogni giorno. Io ho delle qualità, chi è alto due metri ne ha altre. Quindi penso solo che sia un gioco diverso e un modo diverso di allenarsi quotidianamente”.

Schwartzman è tifosissimo del Boca Juniors (infatti deve il suo nome a Maradona), ma ci tiene a ricordare la tradizione tennistica del suo Paese fin dai tempi di Vilas e, poco dopo, di Sabatini: Il tennis è importante in Argentina. Il calcio è al primo posto, ma poi ce ne sono tanti altri. Metterei il tennis dietro al rugby e all’hockey su prato femminile, che sono molto popolari, ma in generale gli argentini amano lo sport professionistico; siamo un popolo appassionato. È veramente difficile fare carriera nel tennis, perché è costoso e perché siamo lontani dai Paesi dove si giocano i grandi tornei, eppure abbiamo tantissimi bambini che iniziano a giocare ogni anno”.

D’altronde l’ultimo albiceleste a qualificarsi per le Finals risale a soli due anni fa, quel Juan Martin Del Potro che forse non tornerà mai a giocare ma che nel 2018 è stato anche N.3 ATP: Del Potro mi scrive sempre quando ottengo dei buoni risultati, abbiamo un bel rapporto, siamo amici sul tour. È triste che abbia avuto così tanti infortuni. Non ci è capitato spesso di giocare bene nello stesso torneo”. I suoi veri modelli, tuttavia, sono stati altri: Quelli che mi hanno davvero aiutato, però, sono Mariano Zabaleta e Juan Monaco, che per me sono come dei fratelli maggiori. Hanno iniziato ad aiutarmi quando avevo 15 anni, ci allenavamo insieme in pre-season e mi davano consigli”.

Il sogno della sua carriera non può che essere di vincere uno Slam, magari a Parigi, anche se come, dice lui stesso, potrebbe dover attendere il ritiro di Rafa per farcela. Nel 2020, però, ci sono state delle indicazioni che l’hanno confortato: “La vittoria di Dominic [Thiem] allo US Open ha aiutato tanti giocatori a crederci, e lo stesso vale per Zverev che ha raggiunto la finale, quindi sì, penso che ce la si possa fare. Però è veramente dura, quello che vedete voi da casa è lo stesso che vediamo noi qui, è davvero difficile batterli nel tre su cinque”.

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