WTA 2020, dodici match da ricordare (seconda parte)

Al femminile

WTA 2020, dodici match da ricordare (seconda parte)

Dalle partite australiane di gennaio sino all’anomalo Slam dell’autunno francese, dodici incontri memorabili scelti per qualità tecnica, tattica e agonistica

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Naomi Osaka e Victoria Azarenka - US Open 2020
 

Seconda parte dell’articolo dedicato ai match memorabili del 2020. Questa settimana tocca alle partite di vertice: dalla posizione numero 6 alla posizione numero 1. Per comodità di lettura ripeto i criteri-guida utilizzati per la scelta, già pubblicati nel pezzo di martedì scorso (a cui rimando per la classifica della partite dalla numero 12 alla numero 7). In sintesi, non posso parlare di “migliori match” perché ho considerato solo le partite che ho visto personalmente, quindi una parte molto limitata rispetto a tutte quelle disputate. La preferenza cerca di tenere conto di diversi aspetti: qualità tecnica, tattica, ricchezza di emozioni, ma anche importanza dell’evento. E, naturalmente, si tratta di un giudizio del tutto personale, senza pretesa di oggettività.

6. Naomi Osaka b. Jennifer Brady 7-6(1), 3-6, 6-3 – US Open, SF
Una partita di impronta quasi maschile per la eccezionale preponderanza del servizio, non solo in termini di ace/doppi falli (Osaka 10/2, Brady 9/1), ma soprattutto per quanto riguarda i break. In tutto il match ce ne saranno solo due, uno per parte.

Primo set. Osaka salva l’unica palla break che le giocatrici si concedono nel set con una prima di servizio non controllata da Brady. Poi si viaggia soprattutto con gli uno-due a la prevalenza della battuta. Sino al tiebreak. E qui Osaka alza molto il livello: risponde bene, non regala più il minimo errore e la sua maggiore consistenza produce un solco netto. Il tiebreak si conclude 7 punti a 1 per Naomi.

Secondo set. Il tipo di set statisticamente più facile da raccontare. Una sola palla break, convertita da Brady nell’ottavo game, è sufficiente a definire la situazione: 6-3 in 36 minuti. Forse inconsapevolmente, Naomi è leggermente scesa di intensità, la sua profondità di palla è diventata meno continua e questo ha permesso a Jennifer anche di prendere qualche volta la rete (sei punti su sei nel set). Sul piano tattico va sottolineato che Brady ha giocato quasi solo di dritto, perché Osaka non è stata in grado di costruire geometrie che sollecitassero più a fondo il rovescio di Jennifer, il colpo meno solido del suo repertorio.

Terzo set. Osaka torna intoccabile: nessuna palla break concessa, e una conduzione dei turni di servizio al limite della perfezione: Brady in risposta non riuscirà nemmeno una volta a raggiungere la parità. Al contrario Jennifer cede la battuta al quarto gioco e poi deve salvare altre tre palle break sull’1-4 per evitare che la partita termini con un probabile 6-1. Riesce comunque a tenere duro, e a chiudere il match con un solo break ceduto. 6-3 Osaka.

Per quanto riguarda le pure statistiche uno dei migliori match dell’anno, visto che il saldo fra vincenti ed errori non forzati è ampiamente positivo per entrambe: Osaka +18 (35/17), Brady +10 (35/25). Però quello che manca alla partita per stare ancora più in alto in questa classifica è un autentico sentimento di incertezza su chi avrebbe finito per spuntarla. Personalmente, infatti, non ho mai davvero pensato che Osaka potesse perdere. Malgrado avesse di fronte una giocatrice in forma strepitosa (Brady si era presentata in semifinale senza perdere set) Naomi ha dato la sensazione di essere in controllo, tanto è vero che quando ha contato davvero ha sempre avuto la meglio. In sintesi: una partita tecnicamente eccellente, ma con un piccolo deficit in termini di pathos.

5. Ons Jabeur b. Karolina Pliskova 6-4, 3-6, 6-3 – Doha, 3T
Una di quelle partite in cui anche il pubblico concorre a produrre una atmosfera elettrica, che ci ricorda quanto più difficile sia “accendere” un match in tempi di Covid, con gli spalti tristemente vuoti. Qui invece siamo prima delle limitazioni imposte dalla pandemia. A Doha la wild card Jabeur, che già parte con la simpatia degli spettatori, sa rafforzare il loro sostegno proponendo colpi di tecnica superiore. Di fronte ha la numero 3 del ranking Pliskova: Ons in carriera non ha mai sconfitto una Top 5, ma c’è sempre una prima volta.

Primo set. Il momento fondamentale è proprio in apertura: Pliskova va al servizio, perde il game di battuta e Jabeur conserva il vantaggio sino in fondo, fra l’altro senza nemmeno dover salvare palle break. 6-4 Jabeur.

Secondo set. Pliskova non ha intenzione di lasciare strada facilmente: alza il livello di gioco e, come nel primo set, è sufficiente un solo break al quarto gioco a far pendere l’equilibrio in suo favore. 6-3 Pliskova.

Terzo set. Uno dei set più “caldi” e coinvolgenti del 2020. Jabeur sembra essere entrata nel ritmo della battuta di Pliskova, comincia a rispondere sempre meglio; questo obbliga Karolina a lottare duramente per tenere i propri turni al servizio: salva un paio di palle break nel quarto game, ma nel sesto game, chilometrico (8 vantaggi), alla fine deve cedere. Lo stadio di Doha è un catino ribollente, ma Pliskova non si arrende: si rimbocca le maniche e riesce a confezionare il controbreak, sottolineato da un ruggito inusuale per Karolina. Ma Jabeur non ha intenzione di farsi sfuggire l’occasione: ancora break che le permette di andare a servire per il match. Sul 5-3 Ons rimane lucida e chiude la sua impresa in bellezza, grazie a un ace. Jabeur 6-3.

Che Jabeur sapesse produrre tennis frizzante e creativo si sapeva. Che disponesse di un dritto efficace e incisivo, anche. Forse però erano meno attese due doti che si sono rivelate fondamentali per prevalere in questa partita: la capacità di abnegazione nelle fasi di contenimento e la qualità delle risposte, che hanno permesso di limitare gli ace di Pliskova ad appena 4. Ma da sottolineare anche la combattività di Karolina, che ha offerto un ottimo tennis pur giocando virtualmente in trasferta. Saldo vincenti/errori non forzati: Pliskova -2 (20/22), Jabeur +15 (33/18).

a pagina 2: I match numero 4 e numero 3

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