Tennis e match fixing: la TIU e l’ingiusto processo. Perché radiare se il tribunale assolve?

Interviste

Tennis e match fixing: la TIU e l’ingiusto processo. Perché radiare se il tribunale assolve?

Le differenze tra i due sistemi di giudizio e cosa c’è dietro al mondo delle scommesse e dei match truccati nei tornei minori. Ne abbiamo parlato con l’avv. Giulio Palermo, esperto nei procedimenti disciplinari nel tennis ed al TAS di Losanna.

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Nel 2008 il mondo del tennis prese definitivamente coscienza del dilagare del fenomeno del match fixing soprattutto a livello di tornei Futures e Challenger. ATP, WTA, ITF e i quattro tornei dello Slam diedero vita alla Tennis Integrity Unit (TIU), nata con l’obiettivo di “garantire l’integrità del tennis grazie a un programma di livello internazionale che fornisca informazioni, istruzioni e tutela ai giocatori e alla grande famiglia del tennis nella sua interezza di fronte a reati relativi a corruzione e scommesse nel tennis professionistico”.

Il Programma anti-corruzione, destinato a tutti gli operatori del settore tennistico, si pose come obiettivo quello di “garantire la protezione contro eventuali tentativi di influenzare negativamente l’esito di una partita, stabilendo una regola uniforme e uno schema coerente di applicazione e sanzioni applicabili a tutti gli eventi di tennis professionistico”.

Un’enunciazione di principi sicuramente lodevole, alla quale però non sempre sono seguite procedure corrette e limpide sotto il profilo della tutela dei diritti degli indagati.

Sgomberiamo subito il campo da ogni equivoco: chi bara, soprattutto nello sport, va punito. Vendere una partita, alterare il risultato di un match significa tradire i valori fondanti dello sport e chi è chiamato a governarne uno dalla rilevanza planetaria come il tennis, deve fare tutto il possibile per evitare che ciò accada. Tuttavia, non tutte le situazioni sono uguali e ad ogni persona accusata di un illecito deve essere data la possibilità di difendersi.

È notizia di pochi giorni fa la sospensione per otto mesi del tennista spagnolo Enrique Lopez Perez, punito dalla TIU per il coinvolgimento in tre match truccati nel 2017 ma a settembre assolto da ogni accusa dalla giustizia ordinaria spagnola. Un caso analogo a quello dei nostri Potito Starace e Daniele Bracciali, assolti dal Tribunale di Cremona, assolti dalla giustizia sportiva italiana (in realtà Bracciali fu condannato a dodici mesi di inibizione ma “solo” per violazione dei principi di lealtà sportiva) e successivamente stangati dalla TIU (dieci anni al campano, radiazione per l’aretino).

Come sono possibili esiti così diversi tra giustizia penale e decisioni della TIU sugli stessi fatti contestati? Lo abbiamo chiesto a uno dei massimi esperti legali nella materia, l’avv. Giulio Palermo, che attualmente difende un giocatore radiato dalla TIU nel processo d’appello dinanzi al TAS di Losanna.  

“Bisogna partire dal presupposto che giustizia penale e giustizia sportiva sono due giurisdizioni differenti e gli esiti della prima non hanno valore di precedente nella seconda. Il principale elemento distintivo è nel differente standard probatorio richiesto per giungere all’accertamento della colpevolezza. Nella giustizia penale vige il principio della colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio. Nella giustizia sportiva invece ci sono standard probatori decisamente inferiori. Se un regolamento disciplinare non prevede uno specifico standard probatorio, la giurisprudenza del TAS di Losanna considera applicabile lo standard di comfortable satisfation (per semplificare, un approssimativo 60% di grado di colpevolezza).

Il regolamento della TIU prevede invece la “preponderanza delle prove” che rappresenta lo standard più basso che esiste in diritto sportivo. In altre parole, il tennis (ATP, WTA, ITF e tornei dello Slam) ha deciso che per squalificare un giocatore accusato di match fixing è sufficiente avere un grado di certezza sulla sua colpevolezza di un approssimativo 51%. Ad esempio, ciò significa che mentre i giudici penali per arrivare ad una sentenza di condanna devono provare un accordo fraudolento tra il giocatore e terzi, alla TIU basta provare che sia più verosimile che tale accordo sia stato raggiunto (rispetto all’ipotesi contraria, ndr). È capitato in passato che un giocatore fosse squalificato perché non aveva fornito un dispositivo mobile di sua proprietà, sul presupposto che tale rifiuto implicasse che in esso vi fossero delle prove schiaccianti a suo carico”.

Se queste sono le differenze tra le due giurisdizioni, che possono trovare giustificazione nella differente funzione degli istituti e del bene giuridico tutelato, ciò che apre scenari davvero inquietanti sono le evidenti compromissioni al diritto di difesa dei giocatori indagati che emergono tra le pieghe dei regolamenti della TIU.

I procedimenti disciplinari sono attualmente gestiti da un consigliere-auditore anticorruzione (“AHO”), selezionato da un pool (per molti anni di soli 4 membri) composto da avvocati inglesi nominati unilateralmente dalle istituzione tennistiche e dunque, sostanzialmente, da una delle parti in causa. Il giudizio è gestito applicando il diritto dello Stato Americano della Florida. Considerando che la stragrande maggioranza dei tennisti che sono stati oggetto di procedimenti disciplinari nell’ultimo decennio è composta da giocatori di livello Futures o Challenger, che fanno moltissima fatica a rientrare con le spese della propria attività, è facile comprendere come le concrete possibilità di articolare un’efficace difesa rasentino lo zero, come ci conferma l’avv. Palermo.

USTA National Campus di Lake Nona, Florida

“La circostanza che il procedimento si svolga con applicazione del Diritto della Florida complica non poco le cose. La maggior parte dei giocatori indagati non ha i mezzi finanziari per permettersi un avvocato americano che ha dei costi tra i più alti del mondo. Ciò implica che essi o si fanno rappresentare dal loro avvocato di fiducia, che di solito non proviene dalla Florida e quindi non ha familiarità con le leggi applicabili, oppure rinunciano a difendersi o lo fanno senza un avvocato. Il che ha delle conseguenze nefaste, perché secondo il programma la mancata difesa equivale a ammissione del reato di corruzione e accettazione delle sanzioni. C’è poi da chiedersi che senso abbia che i giocatori siano soggetti a norme che non hanno alcun legame con il caso da decidere: perché un presunto reato di corruzione commesso in Francia da un giocatore giapponese deve essere giudicato secondo le leggi della Florida?”.

Un altro profilo altamente discutibile è quello della mancata pubblicità delle pronunce della TIU e della utilizzabilità delle stesse come precedenti vincolanti. “Nei sistemi anglosassoni (come il diritto dello Stato Americano della Florida) i precedenti giurisprudenziali sono vincolanti. Il problema è che la TIU pubblica quasi sempre solo l’esito del procedimento con un brevissimo riassunto, ma non consente di conoscere l’iter giuridico e decisionale. La conseguenza è che quasi sempre vengono utilizzati come precedenti decisioni ottenute magari in contumacia e soprattutto delle quali non si può conoscere praticamente nulla”.

Le decisioni dell’AHO possono essere impugnate davanti al TAS di Losanna, che decide i caso ex novo, sostanzialmente con un duplicato del processo di primo grado. I costi del giudizio al TAS sono molto elevati, ma da alcuni anni è stato istituito un elenco di avvocati d’ufficio a costo zero per i giocatori che sono in grado di dimostrare che non hanno mezzi economici per permettersi gli onorari di un avvocato specializzato in arbitrati dinanzi al TAS di Losanna. Purtroppo la maggior parte dei giocatori non è a conoscenza di questa possibilità. In tal senso, l’Avv. Palermo considera che “sarebbe opportuno far presente ai tennisti/imputati che esiste questa possibilità al termine dei procedimenti disciplinari gestiti dall’AHO, dato che molti tennisti non impugnano le decisioni dell’AHO al TAS di Losanna in quanto ritengono (erroneamente) di non avere i mezzi finanziari per farlo”.

Vi è poi un’altra grave incongruenza che caratterizza le decisioni della TIU. “C’è un altro aspetto che differenzia i procedimenti della TIU da ciò che accade, ad esempio nei procedimenti gestiti dalla FIFA o dalla UEFA. Nei loro regolamenti sono previsti degli illeciti con conseguenti sanzioni, nel programma della TIU c’è un’elencazione delle violazioni ma le sanzioni sono rimesse alla totale discrezione dell’organo giudicante. Dato che le precedenti decisioni degli AHO non sono pubbliche, non c’è modo di poter limitare/controllare la discrezione dell’organo giudicante”.

LE COSE POSSONO CAMBIARE?

A questo punto bisognerebbe chiedersi cosa si può fare per migliorare la situazione. In realtà, la circostanza che i procedimenti disciplinari nel tennis presentino delle criticità risulta evidente anche a chi governa il tennis mondiale. All’inizio del 2016 ATP, WTA, ITF e tornei del Grande Slam nominarono un comitato indipendente di tre avvocati esperti in materia – l’Indipendent Review Panel (“IRP”) – con l’obiettivo di affrontare tutte le questioni relative alle scommesse. A dicembre 2018, l’IRP ha concluso la sua indagine pubblicando un approfondito rapporto (115 pagine) che si può leggere sul sito della TIU.

Il tema della corretta ed equa distribuzione delle risorse e della sostenibilità economica della professione nel tennis professionistico è certamente il cardine del futuro dello sport, ma è indubbio che la peculiarità del gioco unita alla possibilità di scommettere live su quasi ogni singolo colpo di una partita, costituisca un cocktail esplosivo che espone il tennista non di prima fascia alle peggiori tentazioni.

L’avv. Palermo osserva che “nel rapporto del IRP sono emerse le problematiche più evidenti. In primo luogo si è ritenuto opportuno suggerire la creazione di un’unica fase giudiziaria dinanzi a un tribunale indipendente e imparziale, nominati da un’istituzione arbitrale terza e non dall’ ATP, WTA, ITF e dai tornei del Grande Slam. Invece di prevedere l’applicazione di una singola legge nazionale, l’IRP ha ventilato l’ipotesi di applicare dei principi generali di giustizia ed equità, come peraltro avviene per i giochi olimpici o nel basket. Infine, sarebbe opportuno stabilire una qualche forma di assistenza legale affinché gli atleti possano difendere adeguatamente i propri diritti come avviene nei procedimenti disciplinari della FIFA e della UEFA. Il Panel ha presentato i suoi risultati due anni fa, ma ad oggi nulla è cambiato nonostante il Tennis Anti-Corruption Program venga aggiornato/modificato ogni anno”.

Insomma, sembra evidente che la “tolleranza zero” sbandierata ai quattro venti dalle istituzioni tennistiche contro quello che certamente resta un cancro dello sport con la racchetta (e non solo), stia producendo risultati in termini di squalifiche e radiazioni anche a discapito dei diritti dei giocatori indagati. Non v’è dubbio che la mano pesante della TIU abbia lo scopo di fungere da deterrente per tutti i giocatori, ma in tale atteggiamento sembra scorgersi anche la manifestazione dell’incapacità di trovare una strategia efficace per risolvere il problema alla radice.

Il rapporto dell’IRP ha puntualmente identificato queste problematiche” – segnala l’avv. Palermo  -“Accanto a giocatori che finiscono nelle reti delle associazioni criminali, c’è un altro fenomeno che definirei quasi grottesco. Molti giocatori residenti in continenti in cui il numero di tornei organizzati si è ridotto drasticamente finanziano tramite il match-fixing (su punti quali doppi falli e/o perdite di games) i loro viaggi in Europa per poter avere le stesse opportunità dei giocatori europei di scalare il ranking”.

Ci sarebbe da chiedersi il perché non si limitino le giocate possibili. Non c’è dubbio che il settore betting faccia girare tantissimi soldi e non è nemmeno corretto demonizzare l’idea stessa di scommettere sullo sport; peraltro, le agenzie di scommesse italiane contribuiranno al fondo ‘Salva Sport’ istituito in questi mesi versando lo 0,5% della raccolta sulle scommesse relative a qualsiasi evento sportivo . Certo, pensare di mettere i bastoni tra le ruote a quelli che ancora oggi sono tra i principali sponsor dei tornei è davvero troppo complicato, ma questa è un’altra storia. O forse no.

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