Leggete Ubitennis, ma non smettete di giocare a tennis, quale sia la vostra età!

Editoriali del Direttore

Leggete Ubitennis, ma non smettete di giocare a tennis, quale sia la vostra età!

Un appello ai lettori perché, ostacolati nella pratica dal COVID-19 (e dai tesseramenti obbligatori), non lascino la racchetta

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Cari amici di Ubitennis, innanzitutto tanti cari auguri di un sereno 2021. Vi ho già ringraziato e augurato tutto quello che si può augurare con questo lungo articolo e in questo video registrato davanti al mio super-albero di Natale. Oggi vorrei invece fare un appello.

È vero che noi ci rivolgiamo sempre ad amici che leggono di tennis e non sappiamo quanti di voi lo pratichino sul campo. È stato più difficile del solito farlo quest’anno, un annus horribilis come ho avuto più volte modo di dire (senza alcuna pretesa di originalità), un anno al quale possiamo soltanto raccomandare di andarsene e tutt’al più di… chiedere scusa per tutti i danni che ha fatto, le vite che si è portato via, le sofferenze che ha procurato a tutti, perfino a quelli che non hanno avuto perdite familiari e di lavoro e non sono stati neppure contagiati ma hanno comunque sofferto gravi limitazioni della loro libertà, inclusa quella di comunicazione con i propri cari e amici prediletti, che non abbiamo potuto né frequentare né tantomeno abbracciare.

I single sono rimasti quasi inevitabilmente single anche se magari avrebbero avuto piacere di non restarlo, le famiglie e le coppie hanno vissuto momenti talvolta difficili se costretti a vivere in ambienti ristretti dove mancava l’aria… ma l’elenco degli inconvenienti più o meno gravi sarebbe interminabile e pressoché scontato, per cui la mollo subito qui e torno al tema iniziale, cioè al tennis giocato con un appello rivolto ai praticanti abituali di tutte le età e anche ai tennisti della domenica: “Non smettete di giocare a tennis!.

Da vecchietto ormai, ma irriducibile nell’animo, mi permetto di suggerire la continuazione dell’attività anche dopo i 60 anni. Non sarò infatti certo io a scoraggiare la pratica del tennis, sport al quale mi sono avvicinato all’età di quattro anni e praticato a livelli agonistici ma non super professionistici fino ai 26. Oggi lo gioco raramente, ma solo perché ogni volta ritengo che dovrei essere meglio preparato prima di scendere in campo, onde evitare infortuni in agguato. Quando ho trascurato un approccio prima morbido sono stato punito da piccoli acciacchi che sarebbero stati evitabilissimi. Una volta il polpaccio, un’altra la spalla o il braccio.

In quell’arco di tempo fra i 10 e i 26 anni, e lo dico non per narcisismo ma per dare un’idea di come lo abbia praticato, ero stato convocato ai raduni della nazionale junior al centro tecnico nazionale di Formia con i vari Panatta, Bertolucci, eccetera. Erano tempi in cui l’importanza di avere una condizione atletica a sostegno del puro talento tennistico avrebbe dovuto essere intuitiva. Ma non era così. La necessità di una preparazione atletica a supporto delle doti naturali di agilità, reattività, tocco, timing, fantasia, senso tattico, aggressività, intelligenza, iniziativa, veniva trasmessa dai tecnici dell’epoca in maniera piuttosto blanda e comunque veniva quasi rimossa dai tennisti più promettenti, quasi che fosse una preoccupazione eccessiva, comunque non prioritaria.

Per molti diventava quasi un blocco psicologico. Ricordo ai raduni junior, alcuni di noi giovani “promesse” – nel mio caso… mancate! – che proprio si facevano vanto di sfuggire a certi allenamenti. Se riuscivano a fare un giro di corsa in meno, erano felici e soddisfatti di avere ingannato chi non se n’era accorto. Mi sono reso conto che ciò valeva più per l’Italia che all’estero.

Anche per questo motivo, ritengo, la maturazione dei tennisti italiani è quasi sempre arrivata in grave ritardo rispetto ai coetanei stranieri, vale a dire di quelle nazioni culturalmente più predisposte ad una più severa disciplina. Quanto sopra vale per il tennis, più che per altre discipline individuali umili (alludo al ciclismo, allo sci di fondo, alla boxe), sviluppatesi in contesti meno borghesi, meno socialmente elitari dove l’applicazione e la determinazione dei giovani aspiranti campioni anziché essere applaudita e incentivata veniva quasi irrisa.

Io stesso sono arrivato a vincere più volte i campionati italiani universitari, in singolare come in doppio… grazie al modesto tasso di scolarità dei nostri migliori tennisti. Ma non certo grazie a un impegno “atletico” serio, determinato, professionale. Altri tempi. E qualche rimpianto. Un bell’alibi per me stesso potermi dire: “Chissà dove sarei potuto arrivare se mi fossi allenato più seriamente!” .

Tuttavia i muscoli hanno memoria. Se hai fatto per tanto tempo sport di un certo livello, recuperare e mantenersi sufficientemente in gamba è più facile che per chi si improvvisi. E la cultura a suo tempo accumulata, anche se non sempre interamente assimilata, ti consente di capire che sebbene l’innata componente agonistica ti spingerebbe a fare scatti e sforzi superiori alla tua condizione fisica di over 64enne – nel mio caso 71 – per recuperare una pallina e aggredirla, mettendo quindi a rischio la tua sanità, ti consiglia però di affrontare gradualmente la ripresa di un’attività eventualmente interrotta.

Il tennis è sport di scatti, movimenti rapidi, istintivi e spesso irruenti. Non lo si deve affrontare con improvvisazione. È sport talmente completo, ritengo oggettivamente più completo della gran parte degli sport perché quasi tutti i sensi (vista, udito, tatto in primis) sono sollecitati e così anche quasi tutti i muscoli e arti, inferiori e superiori, che può fare sicuramente bene anche a un’età avanzatissima – c’è chi gioca e partecipa anche a piccole gare anche dopo i 90 anni – ma l’approccio deve essere sempre intelligente, misurato e rapportato alla propria preparazione progressiva. La continuità motoria, ‘allenativa’, è un aspetto irrinunciabile, se si vogliono evitare contraccolpi, boomerang negativi.

Buon tennis a tutti, fa bene, ma occorre essere saggi, prudenti. Guai a fare il passo più lungo della gamba. E con gli anni… la gamba, e non solo quella, si è certamente un po’ accorciata.

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