Quanto ci è mancato il tennis col pubblico: l'Australian Open avrà 30.000 spettatori al giorno

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Quanto ci è mancato il tennis col pubblico: l’Australian Open avrà 30.000 spettatori al giorno

Per le finali dell’Australian Open, la Rod Laver Arena potrebbe essere piena circa all’80%. Torna il tennis con il pubblico. Finalmente

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Esibizione Adelaide 2021 (via Twitter, @AustralianOpen)
 

Non sarà come negli anni precedenti, ma sarà uno degli eventi sportivi internazionali con più pubblico degli ultimi mesi“. Sono le parole di Martin Pakula, ministro dello sport dello Stato di Victoria che in una conferenza congiunta con Craig Tiley – boss di Tennis Australia – ha ufficializzato l’apertura dei cancelli di Melbourne Park a 30.000 tifosi al giorno per l’Australian Open, circa il 50% della capienza complessiva dell’impianto.

Era già stato venduto circa il 25% dei biglietti (sempre in rapporto alla capienza totale) con l’obiettivo dichiarato di spingersi fino al 75%. La mediazione con le autorità sanitarie ha imposto lo stop alla metà della capienza complessiva, e se la vendita dei biglietti esaurirà tutti i tagliandi disponibili, l’impianto di Melbourne sarà frequentato da circa 390.000 persone nel corso delle due settimane.

Il limite sarà ridotto a 25.000 spettatori al giorno negli ultimi sei giorni di torneo, ovvero a partire dai quarti di finale, metà dei quali (12.500) ammessi alla sessione diurna e metà a quella notturna. Considerando che dal day 9 – il primo riservato ai quarti – i match di singolare si giocano soltanto sulla Rod Laver Arena, la presenza di pubblico per gli incontri decisivi del torneo sarà importante, sicuramente superiore al 50% della capienza del campo principale di Melbourne Park che può contenere 15.000 spettatori. “La Rod Laver Arena, andando verso la fine del torneo, avrà un’atmosfera incredibile” ha infatti anticipato il ministro Pakula.

IMPIANTO DIVISO IN TRE ZONE – Per consentire un afflusso più ordinato, e anche per questioni di sicurezza – se uno spettatore dovesse risultare positivo, il tracking di una sola zona sarebbe più semplice – Melbourne Park verrà suddiviso in tre zone adiacenti allo stadio di riferimento: la Rod Laver Arena Zone, la Margaret Court Arena Zone e la John Cain Arena Zone (ex Melbourne Arena, secondo stadio dell’impianto per capienza). Gli spettatori non potranno dunque spostarsi da una zona all’altra, così come sarà rispettata severamente la separazione tra giocatori e tifosi per preservare la sicurezza degli uni e degli altri. Niente autografi o contatti ravvicinati con gli idoli, come è ormai prassi da quasi un anno a questa parte, però le tribune saranno decisamente più piene rispetto all’ultimo Slam disputato.

A Parigi erano entrati appena 1000 tifosi al giorno, costretti peraltro a combattere con un clima infame tra pioggia e freddo; a Melbourne la presenza sarà trenta volte superiore e gli spettatori saranno premiati da temperature decisamente più miti, anche se un pizzico meno calde degli scorsi anni. Nei primi giorni di torneo la colonnina di mercurio non dovrebbe salire oltre i 26 gradi.

Non è invece chiaro a quale limite di capienza saranno sottoposti i sei tornei di preparazione all’Australian Open (l’ATP Cup, i due ATP 250 e i tre WTA 500 in programma a partire da questa notte). Sappiamo che alla manifestazione maschile a squadre verranno riservati i primi due stadi (Rod Laver Arena e John Cain Arena), mentre i primi incontri dei tornei femminili si disputeranno sulla Margaret Court Arena – unico show court destinato – e per il resto sui campi secondari dell’area est. I match dei due ATP 250, al via lunedì, dovrebbero svolgersi sui campi dell’area ovest. Non ci sono però conferme, così come non è chiaro quanti tifosi potranno entrare. I biglietti sono in vendita qui, se per caso ci leggete dallo stato di Victoria e volete farci un salto. Se vi trovate in Australia ma in uno stato differente, vi serve un permesso per andare a Melbourne – ma non è vietato, poiché nessuna regione australiana si trova al momento in zona rossa.

TUTTA UN’ALTRA STORIA – Ormai adusi a tribune vuote e a tristi auto-incitamenti dei giocatori non corrisposti né incentivati da alcuna platea, siamo stati quasi folgorati dalle immagini giunte da Adelaide, dove per l’esibizione ‘Day At The Drive‘ nella capitale del South Australia lo stadio è stato riempito al 75%. Quando uno dei primi rovesci lungolinea del 2021 di Djokovic è stato accolto dall’ovazione del pubblico, ci siamo stropicciati… le orecchie per essere sicuri che non fosse uno di quegli effetti audio posticci che ci sono stati propinati in questi mesi di sport senza pubblico.

Sarà pure un parere sin troppo popolare, ma lo sport senza pubblico non funziona allo stesso modo. Manca l’effetto tipico del gladiatore nell’arena, come prima cosa, e gli atleti lo percepiscono. Cambia (ovviamente in negativo) anche la resa televisiva, sia dal punto di vista uditivo – il recupero in tuffo rimane un richiamo nel vuoto, non c’è reazione; sembra di lanciare un sasso nella gelatina – che dal punto di vista visivo, perché quando la telecamera allarga non c’è nessuno da inquadrare. Nessuno che festeggia o è rammaricato, ogni partita assume le sembianze del match ininfluente di un torneo di pallavolo tra classi di scuola media – quando sugli spalti mancano persino i genitori dei ragazzi, perché si gioca in orario lavorativo. Forse è eccessivo dire che l’assenza di spettatori influenza la prestazione degli atleti, ma possiamo sospettare che il grado di epica di un match sia intimamente collegato alla partecipazione del pubblico.

Chi segue l’NBA probabilmente avrà assistito in diretta alla splendida tripla firmata da Luka Doncic quest’estate, a meno di un secondo dalla fine di gara 4 della sfida di playoff tra i suoi Dallas e i Los Angeles Clippers. Con la squadra californiana ormai a un passo dal punto del 3-1 (vinceranno comunque la serie, alla fine), il cestista sloveno si è inventato una di quelle esecuzioni che ti fanno innamorare dello sport. Una manciata di palleggi ubriacanti, il passetto indietro tipico della palla a spicchi e infine la parabola perfetta che picchia sul ferro e poi si infila nella retina. Il tutto dopo 48 minuti giocati a ritmo elevatissimo in un contesto di partite disputate ogni due giorni. Volendo azzardare un paragone, è un po’ come se Shapovalov battesse Nadal al tie-break del terzo set, al termine di un match di tre ore, trasformando il match point con un recupero di dritto in allungo, che sfiora appena il nastro e atterra all’incrocio delle righe.

Ecco, dopo la tripla di Doncic non è successo niente. Nessun boato, a Orlando non c’era pubblico che potesse saltare in piedi e coprirsi la bocca per frenare il senso di meraviglia. Solo la tiepida immagine digitale di alcuni tifosi, pensata da qualche esperto di marketing convinto (o forse no, neanche lui) di poter dare vita a quel corpo morto che è l’evento sportivo senza tifosi. Rimane il gesto atletico straordinario, accompagnato però da un fastidioso senso di incompletezza.

A Melbourne sarà diverso, finalmente. La regia avrà qualcuno da inquadrare, i tennisti potranno entrare nuovamente nella pelle dei tifosi e nutrirsi del loro sostegno. Torneranno gli ‘ooooh‘ di meraviglia e un doppio fallo sulla palla break tornerà a provocare il mormorìo sconnesso di chi non ha il coraggio di ammettere, ma segretamente ne è convinto, di poter fare meglio di chi ha appena perso il quindici decisivo. Finalmente.

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