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L’Italia ha un sindacalista: “Non tutti giocano il fantatennis di Sinner e Musetti”
Francesco Vilardo, 31 anni e numero 714 ATP, ha vissuto una carriera nel circuito Futures. Oggi fa parte del panel ITF: “Se vieni eliminato, un’ora di allenamento costa 45 dollari. E se prenoti con Booking ti fanno pagare la differenza”

Francesco Vilardo ha 31 anni, viene da Fuscaldo, un paesino calabrese vicino a Paola, ed è il numero 714 delle classifiche ATP. Vanta un best ranking di numero 455 ATP risalente al 2018 anno in cui vinse i suoi unici due titoli Future, uno in Israele e l’altro in Bielorussia. Probabilmente avrebbe voluto qualcosa di diverso per la propria carriera, forse avrebbe preferito che lo intervistassero per una bella vittoria. Destino vuole che in questo momento faccia notizia per il suo inedito ruolo di sindacalista.
Lo abbiamo raggiunto telefonicamente un paio di mesi fa, a metà gennaio, quando si trovava a Monastir per un Future 15.000 dollari, proprio il giorno prima che il governo tunisino dichiarasse il lockdown e sospendesse ogni manifestazione sportiva. Sinora, in questo 2021, ha giocato soltanto in tornei nordafricani e nella sua ultima apparizione – a Sharm El Sheikh, in Egitto – è stato eliminato al secondo turno.
Di seguito la trascrizione dell’intervista.
Buongiorno Francesco, raccontaci come ti sei ritrovato ad essere il ‘sindacalista’ dei tennisti.
Nel 2019 eravamo tutti molto preoccupati per le novità portate dal cosiddetto ‘Transition Tour’. Una riforma incomprensibile che rendeva praticamente impossibile il passaggio dal circuito Future a quello Challenger. Si lasciava giusto una tenue possibilità ai primi 15/20 giocatori, spezzando il sogno delle altre centinaia di giovani che vedevano sfumare i loro sforzi per migliorare il proprio status.
Tu ti sei sentito particolarmente coinvolto.
Sai, nemmeno tanto per me. Io ho già 31 anni e posso dire che la mia gara ormai l’ho fatta. Piuttosto per i tanti ragazzi che, con mille sacrifici, stanno provando a entrare nel mondo professionistico. Il messaggio che arrivava era terribile: ‘pensiamo che più di mille giocatori nella classifica ATP siano troppi, quindi vogliamo sfoltirvi’. Secondo me una politica miope perché, prima o poi, dovrà pur esserci un ricambio generazionale. E questo ricambio non possiamo riservarlo a quei ragazzi fortunati che sono cresciuti in paesi tennisticamente evoluti, usufruendo dell’aiuto delle loro federazioni e di quelle preziose wild-card che permettono di fare classifica.
Il merito non conta?
Indubbiamente è fondamentale, ma non tutti sono in grado di giocare il fanta-tennis di Sinner e Musetti. Un ragazzo che nasce in un paese che non organizza tornei ha poche speranze. Lo stesso Sinner, se fosse nato altrove, ci avrebbe messo molto più tempo per arrivare dove è adesso.
Nella ‘rivolta’ contro il transition tour hai avuto anche appoggi importanti, tipo quello di Toni Nadal. Com’è successo?
In maniera abbastanza casuale. Nel febbraio 2019 ero in Kazakistan a giocare un Future assieme a Bortolotti e allo stesso Sinner. Incontrammo Sergio Sabadello (fondatore della ‘Vilas Tennis Academy’ di Maiorca, ndr) che accompagnava Gabashvili. Parlando di quello che stava succedendo, lui fu molto partecipe e mi disse che probabilmente Toni Nadal avrebbe avuto piacere di parlare con me. Così mi diede il numero. Toni era personalmente interessato al problema in quanto i suoi ragazzi dell’Academy di Manacor si erano trovati alle prese con lo stesso problema. Dunque fece un video, sia in inglese che in spagnolo, che abbiamo messo in rete.
Il tuo impegno ‘politico’ è proseguito fino a che nel giugno 2020 sei stato eletto nel Panel ITF con 53 voti, terzo per numero di preferenze.
Esatto, nel Panel siamo in sei, oltre a me ci sono Jose Bendeck (Colombia), Ti Chen (Taipei), Niki Kalayanda Poonacha (India), Juan Pablo Paz (Argentina) e Aldin Sektic (Bosnia). A presiederlo il grande ex doppista australiano Mark Woodforde.
Raccontaci di cosa vi occupate.
Il Panel non ha potere decisionale ma solo consultivo, quindi la nostra unica chance è mettere all’ITF la maggior pressione possibile sui temi che interessano maggiormente la categoria. Ci si trova periodicamente con i più alti responsabili tra cui Jackie Nesbitt, la Presidente dell’ITF World Tour. Ci ascoltano e credo vogliano davvero capire quali sono i nostri problemi.
Finora avete ottenuto qualcosa?
È molto difficile, ma qualcosa si sta muovendo. Per quest’anno abbiamo ottenuto l’esenzione dalla tassa annuale d’iscrizione all’ITF. La cifra è poco più che simbolica, 70 dollari, ma lo abbiamo considerato un piccolo segnale di attenzione. Una cosa molto più sostanziale su cui stiamo lavorando è invece la questione dei resort.
Cioè?
Attualmente se non dormi dentro al resort non appena vieni eliminato dal torneo non puoi più accedere ai campi se non pagando 20 dollari. Se poi vuoi utilizzare i campi sono altri 25 dollari a persona all’ora. Cioè un’ora di allenamento ti costa 45 dollari. Questo costringe i giocatori a cercare dei campi dove capita. Abbiamo chiesto di inserire nel ‘libro delle regole’ il divieto per questo tipo di comportamenti. Dovremmo avere una risposta a breve. C’è poi il fatto che se prenoti con Booking in un’altra struttura, quando arrivi e scoprono che sei un giocatore ti chiedono immediatamente la differenza, in modo da allineare il prezzo a quello del resort. Così tu paghi 70 euro e il turista tedesco che dorme nella stanza accanto 35.
Vi sentite spesso tra voi del Panel?
Abbiamo creato un gruppo Whatsapp per cui il contatto è quotidiano. Con l’ITF dipende, anche se devo dire che via mail lo scambio di idee è continuo.
L’incarico all’interno del Panel è retribuito?
Vuoi scherzare? Incarico assolutamente onorario (ride, ndr). Lo facciamo per la causa, anche se oggigiorno sembra un po’ strano parlare in questi termini.
Con tutta questa politica ti rimane tempo per il tennis giocato?
Sì certo (ride, ndr). Amo molto il tennis e sono convinto di non aver ancora dato il massimo di quello che potevo (adesso Francesco è n.714 ATP, ndr). Anche per me però vale il fatto che con questi prize-money se finisci la stagione in pari vuol dire che ti è andata di lusso. A patto ovviamente di risparmiare su tutto (tanto per dire io incordo le racchette da solo) e di giocare i campionati a squadre, casomai in più nazioni. Io infatti gioco in Italia, Svizzera e Germania anche se nel 2020 è andata malissimo perché, causa Covid, è stato tutto sospeso.

In Italia con chi giochi?
Con il TC 2002 di Benevento, facevamo la A2 ma purtroppo siamo stati retrocessi. In Svizzera con il Pregassona, una cittadina del Canton Ticino. E in Germania con il Wilhelmshaven che, per motivi economici, non giocherà più i campionati a squadre e quindi dovrò cercarmi un nuovo ingaggio. Comunque in Germania il livello di questo campionato a squadre è altissimo. L’ultima volta che ho giocato con loro, da 500 ATP ero solo il numero 5 della squadra.
Quanto porti a casa con questi campionati?
Mediamente un migliaio di euro a partita.
Il livello si è alzato molto anche nei Future.
Il livello medio è davvero alto e questo complica la vita un po’ a tutti. Ci sono meno tornei a tutti i livelli e quindi abbiamo tanti bravi giocatori che giocano per pochi punti, pochi soldi.
Forse converrebbe giocare gli Open.
Da un punto di vista economico giocare gli Open conviene sempre. Però non ci sono punti in palio ed io vorrei provare a risalire in classifica per tornare a giocare i Challenger, anche se sono consapevole che con le regole odierne è quasi impossibile. Per arrivare ai Challenger bisogna essere nei primi 350, per cui servono più o meno 130 punti. A me ne mancano un centinaio e, visto che una vittoria vale 10 punti, significa che in un anno dovrei vincere una decina di tornei (nel 2020 il plurivincitore Alessandro Bega ha vinto 4 tornei, ndr). Dopo la cancellazione del ‘Transition Tour’ ci hanno dato il contentino dei punti ATP diretti, ma molti di meno rispetto a prima. Quindi il gap tra Future e Challenger si è allargato.
Il tennis se non altro ti consente di viaggiare, cosa che, a quanto so, ti piace moltissimo. Riesci anche a fare del turismo?
Ci provo sempre. Il tennis mi ha dato l’opportunità di vedere posti incredibili, Sudafrica e Australia su tutti. Pensa che in Sudafrica mi feci tatuare l’Africa su una spalla.
Invece il posto più brutto?
Penso in India. Dove dipende molto dal tipo di torneo che stai disputando. Io ci ho giocato dei Challenger e andò tutto bene. Nei Futures purtroppo lo scenario cambia. Una volta mi trovai in un posto sperduto nel nulla dove c’erano solo i tre campi e nient’altro. Rimasi tre settimane ed ero talmente depresso che persi sempre al primo turno.
Raccontaci di quella volta a Minsk.
Era il 2018 e stavo giocando i quarti di finale del Future contro il turco Agabigun (attualmente n. 658 ATP, ndr). Ero sotto 6-4 5-2 e 30-0 su servizio dell’avversario. Vicino all’angolo dove tenevo l’asciugamano c’era Giorgio Ricca che stava guardando la partita. Allora mi avvicino e, un po’ sconsolato, gli chiedo di cercare un volo per l’indomani. Poi vado a rispondere e tiro una smorzata a caso. Faccio punto. Torno all’asciugamano e Ricca mi dice che ha trovato il volo. Vado di nuovo a rispondere e mi esce un pallonetto sempre un po’ casuale. Fatto sta che l’avversario si incarta un po’, perde il servizio e io rientro inaspettatamente in partita e dico a Giorgio di tenere in stand by la prenotazione. Te la faccio breve: vinco la partita e poi anche il torneo.
Quando sei in giro fai gruppo con gli altri italiani?
Quasi sempre, ma se non ci sono non ho problemi a socializzare anche con gli altri. E sinceramente non mi dispiace nemmeno stare da solo.
Nel caso come occupi il tuo tempo?
Mi piace molto leggere, soprattutto libri gialli. Ultimamente mi sono dedicato anche a letture di carattere filosofico.
Grazie Francesco, ti ringrazio molto e ti faccio un grande in bocca al lupo sia per il tennis che per il sindacato.
Grazie, speriamo in un grande 2021.
ATP
Draper salta Wimbledon per l’infortunio alla spalla patito al Roland Garros
Dopo il ritiro a match in corso nel 1° turno parigino contro Etcheverry, Jack Draper è costretto a rinunciare anche all’intera stagione sui prati

Jack Draper salterà l’ormai imminente – al via tra meno di un mese, il 3 luglio – edizione numero centotrentasei del torneo di Wimbledon a causa dell’infortunio alla spalla patito nella prima settimana del Roland Garros, precisamente durante una sessione di allenamento che ha preceduto l’incontro di esordio contro l’argentino Tomas Etcheverry.
Purtroppo per il classe 2001 di Sua Maestà, il fastidio era già piuttosto pronunciato da impedirgli anche solo di poter portare a termine il match di primo turno, dal quale si è così dovuto ritirare: dopo aver perso il primo set 6-4 e ritrovatosi sul punteggio di 1-0 nel secondo ha alzato definitivamente bandiera bianca – non prima di aver provato comunque a continuare per diversi minuti pur con uno stato fisico limitante, ben rappresentato dai numerosi servizi da sotto in cui si è esibito. Il 23enne di La Plata beneficiando di quest’occasione ha saputo farla fruttare nel migliore dei modi, compiendo un grandissimo exploit e raggiungendo un’incredibile quarto di finale sospinto dall’alto.
Un duro colpo per il 21enne britannico, dato che si tratta dell’ultimo di una lunga serie di problemi di natura fisica che ne hanno irrimediabilmente condizionato il rendimento negli ultimi mesi di Tour. Il mancino di Sutton era infatti in grande ascesa ai nastri di partenza dello US Open 2022, tuttavia purtroppo la sua corsa fu nuovamente fermata da un altro crack fisico che l’obbligò al ritiro a fine terzo set della sfida di sedicesimi, dando così la possibilità di involarsi agli ottavi al futuro semifinalista di Flushing Meadows Karen Khachanov.
La tormentata conclusione della scorsa annata tennistica ha rappresentato però, per la sfortuna del n. 4 di Gran Bretagna, solamente l’inizio di un calvario senza pace che lo ha tormentato a tal punto da permettergli di disputare nel 2023 la miseria di 8 eventi.
Nonostante Jack fosse estremamente sconfortato dall’ennesimo stop fisico, in seguito alla “non” partita contro il sudamericano, dal box del giocatore flirtava comunque ottimismo guardando al successivo blocco del calendario: la stagione su erba. Si pensava, difatti, che il problema non avrebbe poi intaccato così tanto il prosieguo dell’anno ma tutte le speranze sono crollate fragorosamente non appena Draper si è sottoposto agli esami clinici del caso rivolgendosi ad uno specialista del settore: il responso è stato inequivocabile, niente prati e soprattutto forfait allo Slam casalingo.
“Dalle analisi è apparso chiaramente come la mia spalla necessiti di un periodo di riposo forzato, e successivamente di una fase riabilitativa per riacquistare pienamente le proprie funzioni. Io e il mio team siamo così stati costretti a dover prendere la difficile decisione di saltare la stagione su erba di quest’anno. Ho sempre saputo che in questo sport ci sono così tanti alti e bassi, ma questo momento è davvero duro da accettare. Certamente però non smetterò di perseverare” ha commentato, a margine di questo nuovo infortunio, su Instagram il diretto interessato.
Nelle parole del campione juniores 2018 di Church Road non si accenna a nessun intervento chirurgico, perché assieme al suo staff hanno optato per un percorso di recupero meno invasivo e che si basi quasi esclusivamente sulla fisioterapia. Il rientro, se tutte le tabelle di marcia verranno rispettate senza controindicazioni, alle competizioni è previsto tra la metà e la fine di luglio.
Quando ha potuto giocare con uno stato di forma non inficiato da fastidi fisici di vario genere, Jack Draper – ex n. 7 a livello junior – ha indiscutibilmente dimostrato di possedere il potenziale per spiccare il volo nell’élite ATP dei migliori al mondo ma come è facilmente intuibile questo contesto di benessere fisico è stata un’assoluta rarità: prima l’infortunio alla gamba destra a New York, poi un virus influenzale che l’ha debilitato e non poco in pre-season
La storia personale tra il ragazzo nato nel sud di Londra e SW19 ha visto finora andare in scena due soli capitoli: l’esordio assoluto nel 2021 quando è stato capace di strappare un parziale a Novak Djokovic, mentre nel 2022 è riuscito a fare un passo in più prima di soccombere – sempre in quattro set – con l’australiano Alex De Minaur. Dunque si prospetta un’altra pesante assenza per i colori britannici, dopo quella di Emma Raducanu – anche lei in preda a continui infortuni di carattere fisico, ma che a differenza di Jack è stata costretta ad andare sotto i ferri.
ATP
Dominic Thiem cede la poltrona austriaca: da lunedì non sarà più n.1 del suo Paese
Sconfitto al secondo turno di Heilbronn, il ventinovenne Dominic Thiem è costretto a lasciare il primo posto del tennis austriaco a Sebastian Ofner

Dopo la sconfitta al secondo turno all’ATP Challenger di Heilbronn, Dominic Thiem è costretto a cedere il gradino più alto del tennis austriaco a Sebastian Ofner.
Moritz Thiem, fratello di Dominic che ha allenato sia lui che Ofner, ha analizzato la partita di Heilbronn senza troppi filtri: “Non è stata una bella partita, fatta eccezione per il primo set. Adesso (Dominic) deve iniziare a trasformare in partita i colpi che sta già giocando in allenamento, altrimenti farà sempre fatica contro tutti”.
Si apre invece per Ofner una nuova finestra, più luminosa ma più dispendiosa. Col passaggio alla posizione n. 80 al mondo il ventisettenne stiriano avrà nuove importanti opportunità, che deve però essere bravo a sfruttare al meglio e al momento giusto: il rischio che venga superato presto da altri giocatori è dietro l’angolo. Per ora si riposa, godendo dell’attesa della gloria (ufficiale) che arriverà con l’aggiornamento della classifica della nuova settimana. Giocherà il suo primo match da n.1 austriaco sull’erba di Ilkley (Gran Bretagna, 19-25 giugno 2023).
Marianna Piacente
Flash
Roland Garros, doppio femminile: la finale sarà Fernandez/Townsend contro Hsieh/Xinyu Wang
Domenica mattina l’ultimo atto del doppio femminile del Major parigino. Solo la 37enne Hsieh Su-Wei ha già vinto uno Slam tra le tenniste in campo

Nella giornata in cui l’attenzione mediatica è completamente rivolta verso le due semifinali maschili del Roland Garros, in particolare quella tra Novak Djokovic e Carlos Alcaraz, tra la mattinata e il primo pomeriggio di venerdì 9 giugno si è però anche definita quella che sarà la finale di doppio femminile nello Slam di Bois de Boulogne. Fernandez/Townsend e Hsieh/Xinyu Wang si contenderanno la coppa nell’atto conclusivo in programma domenica mattina.
Si tratta della prima finale in un Major per il duo composto dalla canadese Leylah Fernandez e dalla statunitense Taylor Townsend, che si presentavano a Parigi da teste di serie n° 10 e che hanno battuto in semifinale la coppia, in questo caso tutta americana, Gauff/Pegula, seconda forza, sulla carta del tabellone, nonché formazione finalista nel 2022. Il punteggio a favore di Fernandez/Townsend è stato piuttosto netto, solo 4 games concessi e un 6-0 6-4 eloquente in 1 ora e 4 minuti, condito addirittura da un bagel nel primo parziale.
Guardando individualmente all’una e all’altra giocatrice che hanno raggiunto questo prestigioso traguardo e quindi, in sostanza, separando per un attimo la coppia, per Townsend è la seconda finale a livello Slam, che si aggiunge a quella centrata allo Us Open del 2022 al fianco di Caty McNally, mentre per Fernandez, già finalista in singolare a Flushing Meadows nel 2021 nell’incontro perso con Emma Raducanu, sarà invece, quella dell’11 giugno, la primissima volta in finale in doppio in un palcoscenico tanto importante.
Traslando invece l’attenzione alle loro rivali, la taiwanese Hsieh Su-Wei e la cinese Xinyu Wang arrivano in finale da non teste di serie, anche perché stiamo parlando di un connubio tennistico recente. Dei cinque incontri disputati per ottenere il risultato, però, ben quattro successi le hanno viste estromettere delle giocatrici seeded, tra cui, proprio in semifinale, le seste favorite del tabellone Melichar-Martinez/Perez, in tre set con lo score di 6-2 3-6 6-3.
Anche in questo caso, esaminando singolarmente le due giocatrici, va rimarcato che Hsieh è rientrata nel circuito a 37 anni suonati solo all’inizio di maggio del 2023, dopo uno stop volontario di 18 mesi. I suoi tre titoli in singolare non sono nulla rispetto alle 30 coppe ottenute in doppio (ex n° 1 di specialità), tra cui il trionfo proprio a Bois de Boulogne nel 2014, quando condivideva il campo con Peng Shuai. Xinyu Wang (classe 2001), invece, può dimenticare la batosta subita in singolare da Iga Swiatek al terzo turno di questo Roland Garros con la sua prima finale in doppio in uno Slam.