Sinner nei quarti a Miami (Crivelli, Mastroluca, Bertellino, Valesio). Meditazione e sorrisi: dopo un anno riecco la Andreescu (Crivelli)

Rassegna stampa

Sinner nei quarti a Miami (Crivelli, Mastroluca, Bertellino, Valesio). Meditazione e sorrisi: dopo un anno riecco la Andreescu (Crivelli)

La rassegna stampa di mercoledì 31 marzo 2021

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Super Sinner. La semifinale è a un passo (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

La capacità di farsi scivolare addosso la pressione del favorito? Nella lista del campione destinato a riscrivere le pagine di storia, c’è. La lucida intelligenza di cogliere immediatamente quando la partita vive il momento decisivo e di conseguenza innalzare il livello? C’è pure quella. Ormai dovrà abituarsi a convivere con paragoni ingombranti all’ombra di grandi superstar del passato, ma Sinner è solo Sinner. Unico. Un progetto di fuoriclasse che ancor prima dei vent’anni è già ai quarti di un Masters 1000 avendone giocati appena tre. Gli bastano appena 70 minuti per venire a capo del finlandese Ruusuvuori, come richiedono la classifica (lui è 31, l’altro 83) e la differente sostanza dei colpi. All’elenco, aggiungete pure un’altra dote innata: vincere pur non esprimendosi al top. Come i fenomeni senza tempo. La partita comincia con 35 minuti di ritardo e su un altro campo perché l’Occhio di Falco è andato in tilt, quindi si ritorna all’antico, con i giudici di linea. L’intoppo finisce per alterare gli equilibri iniziali, visto che i primi due game battezzano altrettanti break. Si gioca a specchio, entrambi cercano di prendere il comando da fondo tenendo un ritmo elevato nonostante qualche errore di troppo, ma quando Jannik si ritrova 30-40 e servizio nel settimo game, gira l’interruttore del talento, si leva d’impiccio con tre vincenti e nel game successivo ottiene il break che gli schiude le porte del primo parziale. Più solido, padrone degli scambi, letale al servizio, il rosso di Sesto Pusteria si invola e diventa il quarto italiano ad arrivare così lontano a Miami dopo Caratti nel 1991, Nargiso nel 1992 e Fognini nel 2017. Con il successo, Sinner scala altre due posizioni virtuali nel ranking (ora è 26) ma, come da costume, la filosofia di vita rimane la consapevolezza dei confini già raggiunti e da superare: «Questa vittoria significa molto, perché il primo obiettivo è sempre cercare di migliorare giorno dopo giorno, andando sui campi di allenamento. Poi quando ottieni buoni risultati, sei felice. Stavolta non era facile perché la temperatura era un po’ più bassa, ma rispetto al match con Khachanov mi sono sentito meglio. Lui qui ha battuto grandi giocatori, io ho provato a rimanere attaccato a tutti i punti. Sono contento, ma il torneo non è ancora finito…». Prossima fermata, stasera non prima delle 21, contro Bublik, 44 del mondo, uno dei tanti russi che ha scelto i dollari del Kazakistan. Che tipo di partita lo attenda è tutta nelle parole dell’avversario: «Per me non esiste giocare in sicurezza. Bisogna avere gli attributi per tirare la seconda sul 5-5. Qualcuno può dire che è stupido: lo è, ma io ho il coraggio di farlo».

Sinner, un record tira l’altro (Alessandro Mastroluca, Corriere dello Sport)

Un tuffo nel Passato, uno sguardo gettato al futuro. In una partita con i giudici di linea in carne e ossa per un guasto tecnico ai sensori di Hawk-Eye, Jannik Sinner scrive un altro pezzo di storia. Batte il finlandese Emil Ruusuvuori 6-3 6-2 e si spinge per la prima volta nei quarti di finale di un Masters 1000. Da quando esiste questa categoria di tornei, solo undici italiani sono riusciti ad arrivare ai quarti. Jannik Sinner è il più giovane ad aver raggiunto questo traguardo: a 19 anni e 7 mesi è stato più veloce di Andrea Gaudenzi (20 anni e 9 mesi) e Cristiano Caratti (20 anni e 10 mesi). «La vittoria significa tanto per me – ha detto il ragazzo nell’intervista a caldo dopo la partita – Il mio primo obiettivo è migliorare, giorno dopo giorno, in allenamento. Poi quando arrivano anche i risultati sono più felice». Sinner ritrova Alexander Bublik. Con il kazako, artista della palla corta e del servizio da sotto totalmente discontinuo, ha vinto in rimonta due settimane fa a Dubai. Bublik, però, è uno dei pochi che abbia vinto più partite di lui nel 2020. «Devi andare in campo e cercare di vincere sempre, è quello che sto cercando di fare – ha aggiunto Jannik – A volte funziona, a volte no. Per me è importante dare sempre il 100% ogni giorno, poi vediamo quello che succede». Contro Ruusuvuori, finlandese solido di cui sentiremo parlare ancora, Sinner ha giocato un match più propositivo. Ha servito il 75% di prime in campo, ha sfruttato tutte le quattro palle-break maturate e cancellato una chance potenzialmente decisiva sul 3-3 nel primo set. Da quel momento, ha preso il controllo della partita. Più sicuro ed efficace nei punti importanti, quando la palla scotta, Sinner ha messo in campo la freddezza dei grandi giocatori. Non sono qualità che si possono allenare, sono doti che si possono incanalare come sta facendo il coach Riccardo Piatti, insieme ad Andrea Volpini e a tutto il suo staff.

Sinner più in alto (Roberto Bertellino, Tuttosport)

L’ottavo di finale più giovane del Masters 1000 di Miami ha avuto come protagonisti il 19enne Jannik Sinner e il 21enne finlandese Emil Ruusuvuori. Match iniziato con un ritardo di circa 30 minuti per un problema tecnico all’occhio di falco (nell’occasione abolito con il ritorno a quello umano). Tennis quasi in fotocopia quello dei due, in equilibrio anche nel break e contro-break di avvio, con derby azzurro tra i coach, Andrea Volpini (team Piatti) per Sinner e Federico Ricci (Academy Nieminen) per il finnico. Rischio di break brillantemente superato da Sinner nel settimo gioco, con tre vincenti consecutivi di varia e solida fattura (4-3). Il break è stato azzurro, consolidato subito dopo per il successo parziale sul 6-3 in 38 minuti. Vento e umidità a Miami, con cielo scuro, ma Jannik ha superato gli ostacoli come un consumato skipper, nonostante le origini montane. Lucidità massima dell’allievo di Riccardo Piatti nel terzo game del secondo set, per un nuovo vantaggio (2-1 e servizio). L’azzurro ha ben gestito la fase centrale della frazione (4-2) piazzando il break della fuga definitiva con un tracciante di rovescio bimane (5-2). Ha chiuso al primo match point, sul 6-36-2 senza appello, “vendicando” l’unico precedente di carriera, nel 2020 al Challenger di Canberra. Notevoli le sue percentuali con il 75% di prime palle in campo comandando così gli scambi. Palesi anche i suoi miglioramenti nei pressi della rete. Chirurgico nelle palle break concretizzate, 4 su 4 e una sola concessa, annullata con classe: «Lui era più stanco di me – ha detto con molta umiltà Sinner al termine – e io ho giocato punto a punto». Oggi Sinner (per lui un nuovo best ranking che dice 26 ATP) sarà nuovamente in campo, per il suo primo quarto in un Masters 1000. Troverà Bublik. […]

Il baby prodigio incanta a Miami (Piero Valesio, Il Messaggero)

Quando si gioca così si hanno due possibili prospettive. O si diventa una sorta di David Ferrer 3.0 (e sarebbe già tantissimo) o si diventa Djokovic. A giudicare da quanto Sinner ha proposto ieri contro il finlandese Ruusuvuori (vittoria per 6-3 6-2 in un’ora e 9 minuti) la tentazione di reputare plausibile la possibilità n.2 è potente. Attenzione, tra l’essere e il divenire c’è una differenza profonda: l’una condizione non convoglia direttamente nell’altra. Però quanto è bella questa tentazione. Sinner ha conquistato il suo primo quarto di finale in un torneo 1000 annichilendo un avversario che rivedremo spesso e volentieri nei prossimi anni. E ha mostrato in modo incontrovertibile che se si dispone mentalmente ad accorciare lo scambio quando possibile, dunque lasciando con celerità la comfort zone della riga di fondo, allora la mano per chiudere i punti a rete è più performante di quanto abbia fatto fin qui vedere. E soprattutto: Jannik ha una testa favolosa. Quando il suo rendimento deve salire, lo fa salire. Quando serve una prima vincente mette un ace. Quando deve soffrire, soffre. Non che sia di ferro: pure lui a partita in corso elabora le arrabbiature. Solo che ci riesce in modo rapido e senza segnali esteriori. Sa che ciò che conta è conseguire il risultato e a questo si dedica. La linea di progresso che Sinner ha messo in mostra dalla vittoria alle Next Gen Finals del 2019 ad oggi è un bellissimo segnale: punta costantemente verso l’alto. A questo punto la semifinale di Miami (oggi giocherà il quarto di finale) è alla portata del nostro. […]

Meditazione e sorrisi: dopo un anno riecco la Andreescu (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Le profezie a volte non fanno i conti con il destino e con Madre Natura. Così, quando nel 2019, dopo il trionfo della Andreescu agli US Open, parve a chiaro a tutti che il dominio del tennis femminile del decennio entrante sarebbe diventato una questione tra lei e la Osaka, nessuno prese in considerazione la variabile infortuni della canadese. Guerriera nello spirito, fragilissima nel fisico, malgrado una costituzione imponente che forse è una della cause di tanti guai, come ha voluto spiegare coach Sylvain Bruneau: «La sua esplosione due anni fa è stata così repentina che probabilmente il suo corpo non era ancora pronto per sopportare così tante partite ad alto livello». Nel 2020, al netto del lockdown forzato, la Andreescu non ha giocato neppure una partita: prima un problema a un ginocchio, poi il riacutizzarsi di un fastidio a un piede. E il pensiero cupo di dover dire addio a una carriera appena sbocciata. Come sempre, l’ha aiutata la meditazione, che pratica fin da ragazzina per 15 minuti ogni mattina, insieme a un programma personalizzato di allenamento che il suo preparatore atletico ha mutuato dagli uomini. Rientrata a inizio anno in Australia con poca fortuna, Bianca sta finalmente rimettendo insieme i pezzi del puzzle e a Miami è finalmente tornato a risuonare il suo «come on!». E nei quarti dopo aver battuto la Muguruza, reduce da 8 partite vinte di fila e dal successo a Dubai: «Dopo averla battuta non facevo altro che sorridere. Sono super felice perché sono tornata per davvero». E il tennis non può che gioirne, perché la Andreescu, figlia di una laureata in economia e di un ingegnere meccanico emigrati in Canada nel 2004 dalla Romania è brillante, intelligente, ha un atteggiamento sempre positivo che le deriva dall’ammirazione per Federer e la Cljisters e ha un gioco che stravolge i canoni del corri e tira attuale, grazie alle variazioni, ai tagli, alle palle corte. C’è bisogno di lei. Se Madre Natura non si accanisce di nuovo.

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