Berrettini: "Da Madrid a Roma, a me la terra" (Palliggiano). Fognini, l'ora dell'orgoglio (Bertellino). La grande bellezza. Da Pietrangeli a Panatta: a Roma eravamo i re (Franci)

Rassegna stampa

Berrettini: “Da Madrid a Roma, a me la terra” (Palliggiano). Fognini, l’ora dell’orgoglio (Bertellino). La grande bellezza. Da Pietrangeli a Panatta: a Roma eravamo i re (Franci)

La rassegna stampa di lunedì 3 maggio 2021

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Berrettini: “Da Madrid a Roma, a me la terra” (Davide Palliggiano, Corriere dello Sport)

Dal trionfo di Belgrado a quella che è quasi una prima volta. Sui campi della ‘Caja Magica’ Matteo Bernettini c’era già stato in un paio di occasioni, ma sembra passata una vita. La prima nel 2018, quando si fermò alle qualificazioni, poi nel novembre del 2019 con l’Italia in Coppa Davis. In questi giorni, a Madrid, il romano ci è arrivato dalla porta principale, da numero 10 del mondo e 8 del torneo, che significa solo una cosa: main draw e un bye per il secondo turno.

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Ora come ora, che lo voglia o no, è lui il nostro portabandiera. Cosa sta succedendo in Italia? «L’exploit è dovuto ai tanti ragazzi che s’impegnano, seguono progetti importanti con allenatori che hanno voglia di migliorare e migliorarsi. Stiamo raccogliendo i frutti del lavoro, di ciò che è stato seminato in passato, ma allo stesso tempo ci sono delle generazioni che si incastrano: non voglio dire che sia fortuna, ma sono quelle cose che succedono e basta». Cè quindi un effetto Nadal anche da noi? Decine di ragazzi che crescono a vista d’occhio emulando ciò che fanno i campionI locali? «Qualcosa di simile: la Spagna storicamente ha avuto tanti grandi giocatori, numeri uno al mondo, ha un passato e un presente importante nel tennis. Noi cerchiamo di imitarli. Faccio un esempio: se ai vertici ci sono ragazzi che pochi anni prima di arrivare sui grandi palcoscenici si trovavano in tornei minori, questo ci fa sognare, ci fa abbassare la testa e lavorare. E questa la chiave: il fatto che ci siano tanti giocatori italiani che in settimana portano risultati dà stimolo a tutto il movimento».

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Quali sono le sue sensazioni per questo torneo? «C’è tanta fiducia dopo la vittoria in Serbia. Le condizioni del torneo mi piacciono, l’altitudine è qualcosa che si sposa bene con il mio tennis (si gioca a 657 me- tri, ndr). La presenza del pubblico, poi, fa molto piacere. Ho visto alcuni match, si sentivano i tifosi ed è qualcosa a cui non eravamo più abituati, qualcosa di sicuramente positivo». Le aspettative nel suoi confronti sono inevitabilmente alte: «Ogni settimana è diversa, il fatto che abbia vinto a Belgrado non vuol dire che qui a Madrid farò grandi cose, però la fiducia è tanta perché sono tornato ancora una volta da un infortunio più forte di prima. Mi sento in forma, sto giocando bene, ci tengo a fare bella figura qui a Madrid, poi a Roma e durante tutta la stagione sulla terra. Non so dove potrò arrivare, ma mi sento pronto per fare un buon risultato». Cè la possibilità che II suo debutto sia subito contro Fognlni in un derby tutto italiano. «Fabio però deve giocare un’altra partita (oggi contro Tabemet ndr). Se dovesse essere lui non sarebbe un match facile: è un grande giocatore, ci conosciamo molto bene, è pericoloso. Io però ho tanta fiducia, tanto lavoro alle spalle e so che sto giocando bene in questo periodo».

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Fognini, l’ora dell’orgoglio (Roberto Bertellino, Tuttosport)

È subito il giorno di Fabio Fognini, uno dei quattro azzurri in main draw nel Masters 1000 di Madrid. II ligure esordirà nel terzo match dalle 11 all’Arantxa Sanchez Stadium contro il giocatore di casa Carlos Taberner che ieri ha stoppato, e nettamente, la corsa di Lorenzo Musetti nel turno decisivo delle qualificazioni. II carrarino è apparso lontano dal suo miglior standard, troppo testardo nel cercare la conclusione con le palle corte e stranamente meno combattivo del solito. Ha invece brillantemente superato il tabellone iniziale Marco Cecchinato, in rimonta contro Carballes Baena. II palermitano, che aveva già centrato l’ingresso nel main draw del Masters 1000 di Montecarlo, se la vedrà domani in 1° turno contro “cliente” difficile come Roberto Bautista Agut, numero 9 del seeding.

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I due primi giocatori del lotto sono Rafael Nadal e Daniil Medvedev. In casa Italia presente anche Jannik Sinner, che esordirà contro Guido Pella, e Matteo Berrettini, già avanti di un turno, che aspetta proprio il vincente di Fognini Tabemet Nel WTA 1000 di Madrid la sorpresa di giornata è giunta dall’eliminazione di Naomi Osaka, che ha ribadito la sua scarsa propensione alla terra rossa, per mano della ceca Muchova.

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Terzo turno conquistato da Maria Sakkari (Gre), Aryna Sabalenka (Mr), Jennifer Brady (Usa) e Simona Halep (Rom). Ieri ha centrato il secondo titolo ATP stagionale, dopo quello di Doha, il georgiano Nikoloz Basilashvili che nel 250 di Monaco di Baviera ha sconfitto per 6-4 7-6 il tennista di casa Jan-Lennard Struff. Nell’ATP 250 di Estoril a segno invece Albert Ramos Vinolas, in rimonta sul britannico Cameron Norrie.

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La grande bellezza. Da Pietrangeli a Panatta: a Roma eravamo i re (Paolo Franci, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

Li aspettiamo da una vita, i magnifici ’70.

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Li aspettiamo anche e soprattutto al Foro Italico, quegli anni da leggenda, quelli in cui gli Internazionali, se li guardavi in controluce, si riempivano di tricolore. E non è che il decennio precedente fosse stato avaro in questo senso eh. Anzi, ancor prima a cavallo degli anni 60′ si incastona il mito di Nicola Pietrangeli, uno dei più grandi di tutti i tempi. Nic piazzò il primo grande trionfo nel 1957 contro un altro italiano, Giuseppe Merlo, che due anni prima perse il derby in finale con l’amico di sempre Fausto Gardini. L’anno seguente cedette in finale contro l’australiano Mervyn Rose – nell’era in cui da quelle latitudini arrivavano giocatori mostruosi – ma nel 1961 arrivò il bis, con la vittoria su Rod Laver (6-8 e poi il capolavoro di Nic: 6-1, 6-1, 6.2), la classe fatta uomo e racchetta di legno, uno dei titani del tennis mondiale di tutti i tempi. E il trionfo di Pietrangeli non andò in scena al Foro, ma a Torino, dove fu spostato eccezionalmente il torneo per il Centenario dell’Unità d’Italia. Nic giocò ancora la finale, ma il sogno della tripletta gli sfuggì nel 1966, in finale contro Tony Roche, guarda un po’, anche lui australiano. Nic Pietrangeli consacrò il suo tennis al ‘Parioli’ dove qualche anno dopo un ragazzino di nome Adriano entrerà di prepotenza nella leggenda. Adriano era figlio di Ascenzio Panatta, il custode del circolo, un mito di quegli anni. I due, Pietrangeli e Panatta, troveranno anche il modo di trionfare insieme: Nic da capitano non giocatore, Adriano da stella della squadra. E che trionfo: la magnifica Coppa Davis conquistata con una squadra che batterà l’Australia in semifinale – un tabù nerissimo per noi – con un serratissimo 3-2 e poi in finale il Cile, nella giornata delle ‘magliette rosse’ sfoggiate dagli azzurri per contestare il regime di Pinochet.

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In quella magnifica Nazionale, come sabbia in un pugno, sono ristretti i quattro uomini che hanno rappresentato la pura essenza, la magia e l’indubbio merito di piazzare racchetta e palline bianche

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E arrivano gli anni ’70. II primo guizzo non è mica di Panatta, ma di Paolo Bertolucci, giocatore sublime tecnicamente e compagno di doppio inseparabile di Adriano nelle battaglie di Davis. Paolo arriva in semifinale contro Ilie Nastase – altro mostro sacro – e perde al quinto set in uno dei match considerati tra i più belli di sempre. Sono gli anni in cui «Dopo una partita magari mi prendevo un gelato con Borg al bar del tennis e si passeggiava tra la gente, mica come adesso che i giocatori sono star irraggiungibili…», ci ha raccontato tempo fa Panatta. Proprio lui, nel leggendario 1976, anno in cui trionferà al Roland Garros, vincerà Roma contro un altro tennista leggendario, l’argentino Guillermo Vilas.

Quelli sono gli anni in cui Panatta non solo vince, ma diventa icona, poster nelle camerette dei ragazzi e tutto quello che può far rima con ‘star’ pur camminando tra la gente, mica come la generazione Cristiano Ronaldo. Nel 1978 Adriano ci riprova contro un suo amicone dell’epoca, un certo Bjorn Borg.

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Nel mezzo, c’è gloria anche per il Ringo Starr di questi Beatles del tennis, Tonino Zugarelli che arriverà in finale perdendo contro Gerulaitis.

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