Berrettini nei quarti a Madrid (Crivelli, Palliggiano, Azzolini). Osaka a lezione di terra battuta (Grilli). Nadal: Italia, sei un modello (Ramazzotti)

Rassegna stampa

Berrettini nei quarti a Madrid (Crivelli, Palliggiano, Azzolini). Osaka a lezione di terra battuta (Grilli). Nadal: Italia, sei un modello (Ramazzotti)

La rassegna stampa di venerdì 7 maggio 2021

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Questo Berrettini sa di essere forte. Ora un corridoio verso la finale (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

Non serve accendere la tv a notte fonda per sapere che i sogni aiutano a vivere meglio. Matteo Berrettini è un ragazzo quadrato, solido e sempre molto critico verso se stesso, come si conviene a chi aspira solo al paradiso lavorando maniacalmente sui punti deboli. E dunque è abituato a ragionare un passo per volta. Eppure un’occhiata alla sua parte di tabellone, dopo la vittoria negli ottavi su Delbonis, deve essergli per forza scappata. Perché l’orizzonte si è improvvisamente allargato con le eliminazioni di Medvedev e Tsitsipas, portando ai quarti un poker di giocatori (lui, il suo prossimo avversario Garin, Ruud e Bublik) che non hanno mai giocato una finale in un Masters 1000. Bravo perciò Berretto a crearsi l’occasione a capo di una sfida non facile contro il mancino argentino che in carriera ha giocato quattro finali tutte sulla terra e quindi merita l’abusato titolo di specialista della superficie. Tra l’altro, serve dopo un lancio di palla altissimo che rende difficile la lettura preventiva delle traiettorie. Ma a differenza del rivale, non sa uscire dagli schemi consolidati del gioco da fondo, mentre Matteo ormai padroneggia lo slice di rovescio per cambiare ritmo e peso alla palla e può far male con la smorzata. Poi, quando è in difficoltà, si affida all’arma letale del servizio, come sul 3-4 15-40 del primo set, o ancor di più nel tie break dove si ritrova sotto 4-1. Ma con bordate alla battuta che filano anche a 236 km all’ora e soprattutto con variazioni continue nel tagli dei colpi da fondo mette insieme sei punti consecutivi con la forza mentale del campione raffinato: «Come ho fatto a ribaltare il tie break? Ho pensato che alla fine c’era solo un mini-break da recuperare. Poi una volta arrivato a 4-4 la partita è diventata un ring: a quel punto vince chi lo vuole di più. Per questo sono soddisfatto, è stata una vittoria ottenuta con la testa». Matteo è al settimo successo di fila da Belgrado, nonostante il pizzicore dell’infortunio agli addominali non rabbia ancora del tutto abbandonato: «Sento ancora un po’ di fastidio, è davvero particolare. Mentalmente devi essere forte, perche da un lato sai di stare bene ma allo stesso tempo devi stare attento. È un infortunio strano, tre giorni dopo essermi fatto male potevo fare gli addominali ma non riuscivo a girarmi, mi faceva male entrando in macchina, prendendo l’aereo o facendo uno starnuto. Per questo faccio fisioterapia tutti i giorni e uso sl riscaldamento per fare un’attività fisica che mi è utile. Almeno due ore e mezzo quotidiane di lavoro le devi sempre considerare». […]

Berrettini soddisfatto: «Madrid fa per me» (Davide Palliggiano, Corriere dello Sport)

Roma è un po’ più lontana, perché a Madrid Matteo Berrettini vuole restare il più possibile e sta facendo di tutto per ritardare l’arrivo al torneo di casa. Dopo aver eliminato Fognini nel derby italiano del 2° turno ha superato negli ottavi l’argentino Federico Delbonis, numero 77 del mondo, ma dotato di un servizio particolarmente pericoloso. S’è imposto 7-6 (4), 6-4 e stasera assaggerà il centrale Manolo Santana: tocca a lui l’ultimo quarto di giornata contro il cileno Garin (n° 25 Atp). Nessuno dei due è mai arrivato in finale in un Masters 1000 e da quella parte del tabellone vale lo stesso per i protagonisti dell’altro quarto, Bublik-Ruud, due che ieri hanno sancito la “caduta dei grandi” nella parte bassa eliminando rispettivamente Medvedev e Tsitsipas. Il primo set dell’ottavo alla Caja Magica è da manuale del servizio: cannonate da entrambi i lati, aiutate dal fatto che in altura, a Madrid, la palla viaggi più velocemente rispetto al solito. Le prime palle break (2) arrivano all’ottavo game per Delbonis, ma Berrettini le annulla e si porta sul 4-4. Entrambi mantengono dunque il servizio fino al tie-break, in cui Matteo è strepitoso: va sotto 4-1, ma con un paio di palle corte e due prime vincenti (di cui una a 236 km/h) porta a casa il set (7-4). Nel secondo va avanti 2-0, ma si fa recuperare e nel 10° game, sul 5-4, fa il break decisivo e vince la partita al primo match point. «È stato un grande sforzo, soprattutto mentale – racconta -. La differenza in campo con Delbonis era veramente poca. Sono stato pronto nei momenti decisivi del match ed è ciò che sto cercando in questo torneo».

L’Italia non è a terra (Daniele Azzolini, Tuttosport)

C’è ancora Italia, a Madrid, dove la terra non è mai stata troppo ospitale con i nostri tennisti. Occorre risalire ai tempi di Panatta, che qui fece due finali, nel 1973 e nel 1975. Antichità romane… Ma la carta di quest’anno viene dalla Roma moderna di Matteo Berrettini. Siamo nei quarti, il tabellone è buono, ma gli avversari tosti. E Matteo, dopo Belgrado, coglie il sesto successo di fila. Contro un Delbonis che quando decide di giocare, riesce a toccare livelli insospettati. Ne viene fuori un match da taglie forti. Berrettini e Delbonis si affrontano su scarni accenni di tattica, ma con una vigoria che il pubblico di Madrid apprezza. Bisonti che s’incornano, più che tori che caricano, ma queste sono sottigliezze. L’argentino mancino serve con un movimento quasi senza senso, con la palla che viene lanciata all’altezza di un secondo piano. Avvia il gesto, fa partire lo sputnik dalla rampa di lancio, si ferma, sembra un’azione al rallentatore, che d’improvviso prende velocità per cercare l’impatto. Appare un miracolo ogni volta che colpisce la palla, ma ne ottiene un colpo solido e dal gran rimbalzo. Non veloce, ma piazzato e di non facile lettura. Non è il genere di tennis che piace a Matteo. Sembra tutto in parità, all’imbocco del tiebreak del primo set. E il gioco decisivo lo ha visto subito sotto, 1-4 addirittura. Serve un cambio di marcia. Rimedia i due punti della sua battuta (3-4), strappa due volte il mini-break a Delbonis (54), mette un ace, e chiude (7-4). Sei punti di seguito in una manciata di secondi. Il match si risolve sul 5-4 a favore dell’italiano. Matteo si batte la manona sul petto, indica la testa (che gli è servita, eccome) e regala i polsini a due belle ragazze. Nella sua metà del tabellone, quella bassa, Matteo è la testa di serie più alta, e l’unico Top Ten. Manca Medvedev, sparito per noia sotto i colpi di Cristian Garin. […]

Osaka a lezione di terra battuta (Massimo Grilli, Corriere dello Sport)

Aria di Internazionali. Oggi è in programma il sorteggio delle qualificazioni, al via domani, mentre domenica scatterà il primo turno maschile, seguito a distanza di un giorno dalle gare del tabellone femminile. Cominciano intanto gli arrivi e gli allenamenti nei circoli della Capitale. Ieri mattina, nell’affascinante cornice dell'”Antico Tiro a Volo”, ha sudato per un paio d’ore Naomi Osaka, numero 2 del mondo, alla ricerca della formula giusta per giocare bene anche sulla terra battuta. La Osaka è assistita da dicembre da Wim Fissette, con cui ha vinto subito l’ultimo Open d’Australia, il quarto Slam della sua collezione. «l’obiettivo è tornare al numero 1 del mondo», ha detto nei giorni scorsi il coach belga, ma per scalzare dal trono l’australiana Barty bisognerà fare risultati anche sulla testa battuta, ed è qui che nasce il problema Osaka non giocava su questa superficie da due anni, a Madrid ha perso al secondo turno dalla ceca Muchova e in tre apparizioni romane ha giocato solo 5 partite, vincendone tre. «Non sapevo cosa fare – ha detto Osaka dopo la sconfitta in Spagna – sono stata anche troppo difensiva. Ma soprattutto mi ha colpito come si muoveva la mia avversaria, vorrei imparare a scivolare sulla terra come fa lei. Devo allenarmi ancora tanto, forse mi ci vorranno due anni per capire come si gioca su questi campi. Ma per fortuna imparo in fretta…». […]

Nadal: Italia, sei un modello (Andrea Ramazzotti, Corriere dello Sport)

Felice e sorridente con accanto il suo quarto Laureus World Sport Awards della carriera, Rafa Nadal ha detto che non pensa al ritiro, ma che sogna di vincere ancora a Wimbledon. Reduce dalla vittoria agli ottavi di Madrid contro Popyrin, il fuoriclasse spagnolo ha parlato ieri da Madrid in videoconferenza anche del nostro tennis, che da mesi ha espresso talenti e si è imposto all’attenzione internazionale. «Sono molto contento per la vostra federazione – ha spiegato – perché significa che ha fatto un grande lavoro e adesso può contare su grandi giocatori. Matteo è già nei top ten, Jannick è in un’ottima posizione del ranking, lotta per vincere i tornei e a Miami è stato finalista. Poi c’è Musetti che ha avuto un grande anno perché ha talento e passione. Il vostro è un tennis in notevole ascesa ed è un bene per il Paese. Speriamo che succeda lo stesso in Spagna». Nadal è legato all’Italia e non a caso, durante la conferenza, ha risposto a una domanda in italiano sull’importanza del pubblico che si è rivisto a Barcellona e a Madrid, ma che sarà presente pure a Roma e Parigi. «Sono contento che la gente torni sugli spalti e mi auguro che non sia… una novità. Il pubblico è importante per la nostra vita, perché lo sport con le tribune vuote non è lo stesso. Noi atleti abbiamo la necessità di avere tifosi». La carta d’identità dice che tra meno di un mese compirà 35 anni, ma non sente il bisogno di programmare il ritiro. «So bene che il tempo passa e che prima o poi dovrò pensare al mio futuro non più da giocatore. Non sono impaurito, ma sinceramente questo non è il momento per affrontare l’argomento. Non posso predire il futuro e non so quando dirò basta. Ora però sono felice di ciò che sto facendo, ovvero di dare il massimo, di allenarmi ogni giorno e di competere per vincere. Il mio corpo dà le risposte giuste, e finché potrò e mi divertirò, lotterò. In effetti – ha continuato sorridendo – è diventato più difficile vincere gli Slam. Il fatto è che noi invecchiamo… Ci troviamo di fronte grandi giocatori e una nuova generazione di ragazzi di talento. Io ho iniziato nel 2003, quasi 20 anni fa, e il mio è stato un lungo viaggio. Ma sono ancora qui e voglio vincere sempre. So bene che farlo a 35 anni è più complicato che a 25, però non mollo». […]

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