Berrettini, che peccato "Ma ora punto su Roma" (Palliggiano). Berrettini, Madrid amara. Ora a Roma per il riscatto (Crivelli). Zverev ancora re "Matteo vincerai" (Azzolini). Berrettini sfiora il sogno, Madrid è casa di Zverev. Arrivederci a Roma (Rossi). Matteo, peccato: ma ora puoi prenderti Roma (Grilli)

Rassegna stampa

Berrettini, che peccato “Ma ora punto su Roma” (Palliggiano). Berrettini, Madrid amara. Ora a Roma per il riscatto (Crivelli). Zverev ancora re “Matteo vincerai” (Azzolini). Berrettini sfiora il sogno, Madrid è casa di Zverev. Arrivederci a Roma (Rossi). Matteo, peccato: ma ora puoi prenderti Roma (Grilli)

La rassegna stampa di lunedì 10 maggio 2021

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Berrettini che peccato “Ma ora punto su Roma” (Davide Palliggiano, Corriere dello Sport)

II sogno è svanito sul più bello, quando mancava davvero poco per realizzarlo. A Madrid, il Masters 1000 della Caja Magica l’ha vinto Zverev per la seconda volta in carriera dopo il 2018. A Matteo Berrettini resta l’amaro in bocca per aver perso una finale che comandava un set a zero, ma che ha giocato al meglio delle possibilità contro quello che è uno dei tennisti più forti del momento. Vince il primo set, poi Zverev mette in mostra la sua classe

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Per Berrettini quella di Madrid era la prima finale in carriera in un Masters 1000, la terza per un italiano dopo Fognini (con vittoria a Montecarlo 2019) e Sinner (sconfitta a Miami 2021). Il romano ci era arrivato dopo un torneo giocato al massimo delle sue possibilità, con il vento in poppa e un tabellone tutto sommato meno complicato rispetto a quello di Zverev, che però la finale l’ha dovuta vincere in rimonta mettendoci tutto l’impegno possibile contro quelIo che tutto sommato era un debuttante sulla terra rossa madrilena n tedesco si è tramutato in una vera e propria bestia nera per Matteo

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II primo set è andato all’azzurro, ma non senza difficoltà. Bravo a recuperare nel settimo game un break subito nel secondo, Berrettini è riuscito a portare la partita al tie-break, in cui è andato avanti 5-0. Bene con il dritto, bravo con le palle corte, migliorato rispetto ai giorni precedenti anche con il rovescio a due mani, l’arma che aveva portato Zverev fino alla finale e fatto male sia a Nadal che a Thiem. Eppure, nonostante il vantaggio, ha sbagliato tanto, soprattutto col dritto, facendosi recuperare fino al 5-5. Una ‘follia’ di Zverev, una seconda di servizio a 227 km/h, gli ha permesso sfruttare il doppio fallo del tedesco e chiudere il tie-break 10-8. Da quel momento però non ha fatto più regali e non ha concesso a Matteo neanche una palla break nel secondo set, chiuso 6-4 con il servizio rubato nel 9′ game. Nel terzo set Berrettini ha avuto la palla buona per il break al quarto game, annullata da un dritto di Zverev, che poi ha accelerato, chiudendo il match con un 6-3 senza storia nonostante un match point annullato.

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Berrettini, Madrid amara. Ora a Roma per il riscatto (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

All’improvviso la nebbia. Che ti oscura le idee, ti appannai muscoli, ti accorcia il respiro. Corpo e mente che non rispondono più alle sollecitazioni, mentre dall’altra parte l’esperienza e il controllo di chi ha già vissuto tanti momenti caldi scava a poco a poco un solco che non si fa mai baratro, ma alla resa dei conti risulterà incolmabile. Matteo Berrettini perde la sua prima finale Masters 1000 in carriera dopo averla tenuta in pugno almeno fino alla metà del secondo set, e questo rinfocola i rimpianti ma certo non cancella i meriti del trionfatore, il redivivo Zverev, che proprio a Madrid, nel 2018, aveva conquistato quello che era rimasto fino a ieri il suo terzo e ultimo 1000 e che si è ribellato all’idea della sconfitta quando il destino sembrava definitivamente avverso, sintomo di una ritrovata mentalità da campione e predestinato.

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Come era prevedibile, il confronto si snoda fin dai primi punti sul rendimento al servizio e di conseguenza sull’efficacia della risposta. Berretto è il primo a trovare l’aggressività e la misura nella controreplica, e infatti vola avanti di un break prima di veder vanificato subito il vantaggio. Nel tie break del primo set, però, con ferocia e concentrazione sale 5-0 in un amen e sembra ingiocabile. Ma la frenesia lo tradisce, non sfrutta due set point sul 6-4 e poi ne deve annullare uno al tedesco, prima di chiudere con un paio di sassate di dritto. Psicologicamente è lui al comando, i suoi primi turni di servizio nel secondo set confermano le difficoltà di Sascha a trovare contromosse adeguate, ma sul 3-3 la luce si spegne. Calo fisico, un po’ di comprensibile braccino, la battuta che non è più letale e uno Zverev lucido, che riduce gli errori e sale di girl al servizio, sporcandosi le mani anche in fase difensiva. L’ultimo sussulto è la palla break per 113-1 del romano nel terzo set

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Ritorno a casa Soprattutto, è giusto comprendere nell’analisi il punto di partenza, cioè il lungo infortunio che ha tenuto Berrettini lontano dal campi per due mesi dopo un avvio di stagione molto brillante: «E infatti sono comunque felice di aver raggiunto la finale, ho pensato spesso a me stesso e alla fatica che ho fatto per arrivare fin qua. Ma non mi voglio fermare, non è finita, sento tanta volontà di essere sempre più forte. Devo continuare così. Vista la gravità dell’infortunio, non pensavo di mettere tutte queste partite in fila e giocare a questo livello». Intanto è già balzato al numero 8 della Race, stamattina sarà numero 9 nel ranking Atp e domani ritroverà l’amatissima Roma, anche se il debutto con Basilashvili, fresco vincitore sulla terra di Monaco, nasconderà molte insidie:

[…] L’ho già detto tante volte, sento il Foro come casa mia, su quel campi da ragazzino ho palleggiato da sparring partner con Federer e con Nadal sognando di essere come loro e adesso me li ritrovo come avversari dall’altra parte della rete. E l’appuntamento della stagione che amo di più, e quest’anno mi avvicino con un desiderio particolare: spero di arrivare agli ottavi, quando finalmente ci sarà un po’ di pubblico sugli spalti. Ho davvero voglia di sentire gridare il mio nome».

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Zverev ancora re “Matteo vincerai” (Daniele Azzolini, Tuttosport)

«Ne vincerai molti, e farò il tifo per te». Molti altri tornei, intende dire Sascha Zverev, anzi, quanti Matteo Berrettini ne vorrà Ma non questo, è la parte sottintesa dei complimenti che pure giungono sinceri a rischiarare il sorriso deluso di Berrettini. Madrid è il torneo di Zverev, e se lo tiene stretto. Il secondo che vince su questo campo (nel 2018 l’altro) che tutto sembra tranne ciò che realmente rappresenta. Un cubo di vetro e infissi anodizzati, perfetto per uno spazio museale, ma dentro c’è il tennis su terra rossa. E una finale al calor bianco. Matteo l’ha mollata quando si è sentito fin troppo sicuro di averla in pugno. Aveva vinto il primo subendo il sorpasso a un nulla dal traguardo e ritrovando le forze per l’ultimo balzo vincente. Nel secondo set il suo tennis sgorgava felice e risoluto. È stato lì che la desuetudine si è fatta viva, formulando chissà quali dubbi, e quali domande, a scuotere le certezze di Matteo. Ne sarebbe bastato uno. Va tutto troppo bene, e se fosse un abbaglio? Non lo era, ma Berrettini deve completare l’apprendimento, e assestarsi definitivamente nel suo status di giocatore d’alto livello.

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Zverev c’è passato, ha imparato a giocare le finali centimetro per centimetro, passo dopo passo. Colpo su colpo. Nel gioco ha trovato la coerenza e la sistematicità invocate dal padre. È stato un duro lavoro, a quanto è dato sapere.

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Sascha è da 5 anni che si scontra con una realtà che tende a intralciarlo nei suoi propositi. Il padre se n’è accorto da tempo, e appena gli è stato possibile, uscito da una malattia che aveva fatto temere per le sue sorti, è tomato ad allenare il secondogenito ai principi della concretezza,

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Ordine, lo slogan di papà Alexander. Che però con un tipo del genere non sempre funziona. Ma è quello che ci vuole, e lo si vede in un primo set che Sascha sembra gestire meglio di Matteo, salvo ritrovarsi a consegnare per primo il break (nel settimo game), per sua fortuna subito ripreso nel game successivo, e più in generale a soffre il livello di gioco del nostro, intelligente nelle variazioni (con la smorzata, e ancora di più con il dritto estemo, che sembra una catapulta) che di fatto impongono il ritmo al match. Allo sprint finale i due giungono spalla a spalla. Sascha ha due punti in più, ma i winners li firma quasi tutti Berrettint Un brivido interminabile lo regala il primo tie break. Matteo prende il sopravvento, sullo slancio del mini break ottenuto con il punto d’avvio, che Sascha avverte come uno smacco personale. S’incupisce, il tedesco, quando le cose non filano come vorrebbe. Le vive come un affronto. Su quello stato d’animo, serve un attimo per regalare i due successivi servizi, e il tedesco di fatto s’ingarbuglia e spedisce Berrettini avanti 5-0. Sembra fatta, ma non è vero.

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Allunga però a 6-4, ha due set point da gestire, il primo sul servizio. Ne sorte una seconda morbida e Zverevo pareggia 6-6, prima di scattare avanti 7-6. Qui Matteo toma in scena, salva il set point, e i due si ritrovano 8 part È il momento atteso, Zverev ne combina una delle sue. La prima di servizio non entra e lui, nervi a fior di pelle, tira una seconda sopra i 210 orari. Esce anche quella. È il 9-8 per Matteo, che stavolta non sbaglia, 10-8 e primo set Il primo perso dal tedesco in questo tomeo. Qui finisce la storia. Berrettini si arena sul 3-3 del secondo sete Zverevlo sopravanza in via definitiva. Anche nel terw il break arriva allo stesso modo, dopo una brusca frenata di Matteo causata da chissà quali turbamenti. «La sconfitta fa male. Zverev ha retto meglio e più a lungo di me. Ne ha giocate tante di finali toste, è abituato a gestire situazioni che io ancora poco conosco», dice Matteo. «Ma so di aver fatto il possibile, so di non essere lontano da Zverev. Parto da Madrid con una certezza in più».

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Berrettini sfiora il sogno, Madrid è casa di Zverev. Arrivederci a Roma (Paolo Rossi, La Repubblica)

Accarezzare la vittoria. Sfiorarla, e poi vederla svanire. Una fitta, un dolore fisico oltre che mentale. C’era una finale in ballo, quella di un torneo come Madrid. Un evento importante, giusto uno scalino sotto gli Slam. Ma Matteo Berrettini ha perso la maratona delle due ore e quarantuno minuti contro Alksander Zverev: 6-7 (8), 6-4, 6-3 per il tedesco nato da genitori russi. Peccato: all’Italia sfugge il secondo Masters 1000 dell’anno, dopo la finale persa a Miami da Jannik Sinner. “Radio Berretta”, come il tennista romano si è qualche volta definito (giustificando il fatto che è un chiacchierone in campo) a un certo punto, precisamente sul 3-3 del secondo set, si è spenta per un attimo. Un cortocircuito, un black-out di pochi minuti che però è costato l’inerzia della finale. Fino a quell’istante il romano pareva in controllo del match, ma il tennis è uno sport maledetto. Del diavolo, dicono. Un punto, un colpo, un quindici sposta l’ago della bilancia. Da quel momento – e Berrettini aveva ottenuto il primo set – è diventato un filo d’erba che è oscillato al vento alzato dal gioco altrui.

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Ha continuato, certo. Ha lottato. Perché è un atleta indomito, generoso. Non ha accettato la sconfitta, ma nel suo cuore ha compreso che il match aveva preso una pendenza tipo quella dei Pirenei al Tour de France. E lo sprint del primo set chiedeva il suo prezzo. «Ne vincerai altri, di Masters» gli ha bisbigliato al rituale saluto di fine match il tedesco, ragazzo di fairplay che qui aveva già vinto nel 2018. Ma Berrettini non ha nascosto la delusione: aveva fatto venire – come già a Belgrado l’altra settimana – i genitori. E gli sguardi lanciati al suo box dicevano molto di più di ogni possibile parola di circostanza. Il coach, Vincenzo Santopadre – uomo di buon senso e talvolta anche fatalista – lo ha applaudito, ricordandogli come la strada ritrovata è il regalo più grande di questi giorni. La verità vera è che ora Matteo atterrerà nel primo pomeriggio a Roma dove lo attende il suo torneo preferito, quello di casa. E in cuor suo sa qual è il vero cruccio: non averlo potuto preparare come si deve. Per questo la vittoria di Madrid gli avrebbe reso il cuore più leggero. Ma essendo un ragazzo di rara intelligenza saprà come adattarsi, passare dagli 800 metri d’altura di Madrid all’umidità del Foro Italico.

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Matteo, peccato: ma ora puoi prenderti Roma (Paolo Grilli, Nazione-Carlino-Giorno Sport)

Dopo due ore e 42 minuti di battaglia sulla terra rossa della Caja Magica di Madrid si è infranto il sogno di Matteo Berrettini di vincere il suo primo torneo Masters 1000 in carriera. L’ha spuntata l’altro gigante, il tedesco Alexander Zverev, già trionfatore nel 2018 nella capitale spagnola. Il punteggio di 6-7 (8) 6-4 6-3 a favore del numero 6 del mondo la dice lunga dell’equilibrio su cui è vissuto a lungo il match. E se rimangono rimpianti, c’è anche la certezza per Matteo di poter uscire a testa alta da una finale prestigiosissima. E di essere tornato a competere con i migliori del mondo dopo un infortunio che a inizio anno ne aveva minato le sicurezze. «Vincerai tante altre finali, ma non questa», ha detto «Sascha» Zverev al romano dopo la partita. E Matteo potrà in parte consolarsi sapendo di essere salito, da oggi, alla posizione numero 9 Atp.

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Per Matteo questa era la sesta finale della carriera in tornei del circuito internazionale, dopo cinque in tornei 250. II romano ha trionfato quattro volte: nel 2018 a Gstaad, nel 2019 a Budapest e Stoccarda e quest’anno a Belgrado.

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Ed è emersa ieri la maggiore esperienza ad altissimo livello del tedesco, giunto al quindicesimo titolo in una carriera che l’ha visto anche salire al numero tre Atp tre anni e mezzo fa. Poco male, davvero, per Matteo, che comunque incassa un assegno da 189mila euro. Ma che soprattutto avrà già da domani la chance di dare l’assalto a un altro Masters 1000, nella sua Roma. Di fronte avrà subito il georgiano Basilashvili, non uno qualsiasi: numero 31 Atp, ha appena vinto il torneo di Monaco e con Matteo è 2-2 nelle sfide precedenti. Ma con questa forza ritrovata, l’azzurro sa di non doversi porre dei limiti. Più avanti, nel tabellone, ci sarebbero Tsitsipas e Djokovic.

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