Tommy Robredo non molla il tennis. Il 40enne di Hostalric, ex numero 5 del mondo, si è ritirato dal tennis giocato appena sette mesi fa nel torneo casalingo di Barcellona, ma è pronto a rimettersi in gioco. Lo spagnolo ha sposato il suo primo progetto da allenatore: seguirà dal 2023 Chun-Hsin Tseng, tennista taiwanese classe 2001 che quest’anno è entrato per la prima volta nei primi 100 giocatori del mondo riuscendo a qualificarsi per le Intesa Sanpaolo Next Gen ATP Finals di Milano. Tseng risiede già a Barcellona ed è pronto per cominciare una nuova avventura per tornare in top-100 e mantenere le attese di una carriera juniores eccellente che l’ha portato al numero 1 della classifica di categoria e a vincere Roland Garros e Wimbledon junior nel 2018.
Robredo ai microfoni di Punto de Break, ha spiegato i dettagli di questa collaborazione:
“Negli ultimi quattro mesi ho aiutato un ragazzo di 13 anni di nome Oscar. Mi hanno contattato chiedendomi una mano e lo seguo una settimana al mese. Mi trovo molto bene. Con Tseng sarà la prima esperienza come coach professionistico, ma sono due progetti simili: entrambi hanno bisogno di aiuto, anche se a livelli diversi. Se vuole continuare a scalare la classifica, serve continuare a lavorare sul fisico e la consistenza. È un progetto molto interessante”.
Chi compone il resto del team? “A viaggiare sarà Abraham Gonzalez, che fa parte da diversi anni della squadra di Andrey Rublev (insieme a Fernando Vicente, ndr). Anche lui cercava una nuova esperienza, un cambiamento, quindi tramite il mio agente lo abbiamo trovato e per il bagaglio che si porta dietro dagli ultimi anni era il profilo perfetto. Lavorerò insieme a lui, ma da casa, facendo la programmazione e vedendo tutte le partite in tv. Inoltre ci sarà anche Walter Navarro, un preparatore fisico con molta esperienza nel circuito. Io non viaggerò: l’idea è che Abraham lo segua direttamente per la maggior parte dell’anno”.
Cosa ti ha spinto ad allenare Tseng? “È un ragazzo di 21 anni che ha già raggiunto le prime 90 posizioni del ranking mondiale. Oggi è al numero 115 perché non ha difeso i punti di un paio di Challenger dell’anno scorso. Evidentemente è molto bravo, altrimenti non sarebbe arrivato così in alto. Il suo problema è che non aveva mai avuto un allenatore e una squadra fissa: ha fatto tanti cambiamenti viaggiando con suo padre. Il nostro obiettivo è insegnargli un po’ di tattica e di razionalità in campo per portarlo ad un livello ancora più alto. Il primo passo sarà quello di restare nei primi 80-90 giocatori del mondo in modo tale da poter giocare sempre gli Slam e avere stabilità economica, poi vedremo dove potrà arrivare. Di Tseng mi piace inoltre l’umiltà e l’atteggiamento: appena gli dici qualcosa lo fa subito. È un gran lavoratore”.
Tseng ha una superficie preferita? “Gli piace giocare sulla terra battuta, probabilmente deve migliorare ancora un po’ su cemento. Ma devo ancora vederlo bene all’opera. Il suo problema principale è l’altezza, perché colpisce bene sia di dritto che di rovescio in tutte le direzioni da ogni posizione del campo, ma essendo solo 1.75 quando deve servire non ha la stessa struttura fisica di uno Zverev o di un Medvedev. Di contro però si muove molto bene ed è molto agile, questo lo farà competere ad alti livelli su tutte le superfici”.