Una sconfitta che brucia (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Il suono beffardo e metallico della palla che affonda a metà rete popolerà a lungo gli incubi notturni del Martello disarmato. Un rovescio facile facile, anche dopo ore di lotta feroce (alla fine saranno 4h49′), una semplice benedizione da impartire al Baronetto Murray che si era consegnato alla sconfitta con un attacco molle a metà campo. E invece Berrettini, confuso da troppe soluzioni possibili, finisce per incartarsi e commette un erroraccio fatale, sul 5-4 30-40 del quinto set: era il match point, e gli avrebbe portato in dote un successo strappato con orgoglio, tenacia, volontà di non arrendersi, insomma le qualità che hanno contribuito a portarlo lassù insieme al maglio perforante del servizio e del dritto, dopo un inizio da brividi e una rimonta pazzesca. Invece, Matteo è già fuori dagli Australian Open, al primo turno, lui che difendeva la semifinale di un anno fa e dunque a fine torneo si ritroverà con 710 punti in meno in classifica e una collocazione nel ranking oltre il 20′ posto. […] Certo, il sorteggio non era stato benevolo mettendogli di fronte un uomo da cinque finali (tutte perse) in Australia e uno spirito guerriero che neppure le anche ricostruite hanno ammaccato. Ma il Berrettini visto in United Cup avrebbe maneggiato da campione le insidie della sfida e non avrebbe regalato i primi due set allo scozzese, ritrovandosi a remare a fatica con la testa sott’acqua. Un approccio deludente, che non può essere giustificato dalla chiusura del tetto (rischio pioggia) appena prima del match, che renderà più lente le condizioni del campo, ma piuttosto figlio di una tensione inattesa. Non funziona niente, all’inizio: servizio e dritto non pungono, il Berretto cerca soluzioni affrettate e sbaglia tanto, troppo, contro un avversario che corre e aggredisce nonostante i quasi 36 anni. E quando Murray ha la palla break per il 3-1 nel terzo set, sembra finita. Ma è lì, spalle al muro, che Matteo si ritrova, recupera il cannone (alla fine 31 ace) e annulla il gap, alzando anche il livello qualitativo, fino allo sciagurato match point e al super tie break decisivo dove la prima non entra più e il 5-0 d’acchito per Andy chiude definitivamente i conti. «Non sono contento di come sono entrato nel match. Le condizioni di gioco erano molto diverse da quelle che ci aspettavamo, faceva fresco e fino a due minuti prima pensavamo di dover giocare con il caldo estivo. Mi sono allenato prima del match con un caldo torrido e questo non mi ha aiutato. Sono contento solo di essere riuscito a far girare il match con il poco tennis che avevo in questa occasione. Lo scorso anno vinsi al tie break del quinto (contro Alcaraz negli ottavi, ndr), stavolta è andata male, è il tennis. Fa male perché ho avuto quel match point, e per una sola palla siamo qui a raccontare una storia diversa da come avrebbe potuto essere». Bisognerà dimenticare in fretta quel rovescio sbilenco, metabolizzare una delusione inattesa e ripartire con la solita dedizione dal tornei indoor europei: «Mi sento stanco adesso, ma non ho perso per una questione fisica. Alla fine del quinto sentivo di averne ancora, anche se ovviamente avevo le gambe un po’ pesanti per la fatica. Murray è impressionante per quello che riesce a fare alla sua età, dopo tutto quello che ha passato. lo non ho potuto allenarmi come avrei voluto nella pre-season, dunque sono arrivato qui col dubbio di poter giocare cinque set ad alto livello. Sotto questo aspetto, sono contento perché ho dimostrato a me stesso che ero pronto». Si riparte da qui, la vita non si ferma al suono sordo di un match point finito in rete.
Berrettini fuori, il grande errore è nell’approccio (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
La delusione è enorme, inutile girarci intorno. Come lunedì per Lorenzo Musetti, ieri è toccato a Matteo Berrettini uscire al primo turno dell’Australian Open al termine di due partite segnate dallo stesso andamento. Partiti con l’handicap di due set e costretti, tra mille peripezie, a rimontare per poi cedere di un soffio quando il peggio sembrava ormai alle spalle. Frutto di ingressi nel match troppo passivi, di scelte tattiche errate e di esecuzioni spesso frettolose. Ma se per Lorenzo entrano in gioco significative attenuanti dovute alla giovane età, alla superficie rapida e all’assenza in panchina, causa malore, del coach Simone Tartarini, per Matteo la prematura uscita dal torneo assume contorni più scuri. Alcuni si affrettano a parlare di distrazioni esterne e di appagamento ed è vero che la fame va di pari passo con l’attenzione e la concentrazione, anche se non sempre queste doti costituiscono la certezza del risultato positivo. Può darsi, non ho prove e argomentazioni per confutare questa tesi. Penso però, pur conoscendo le qualità dell’avversario, che il modo con il quale ha approcciato la partita sia alla base della sconfitta subita. Ha interpretato male la sfida, ha iniziato con Il freno a mano tirato, ha virato strada facendo, si è arrampicato con il servizio e i nervi fino al quinto set, ha divorato un facile match point per poi rimanere a piedi sul più bello, tradito dal suo colpo migliore, il dritto. Accettare passivamente la sfida è un errore il più delle volte imperdonabile. E di sicuro quel match point sbagliato con l’avversario che aspettava inerme solo di essere passato per il conto definitivo, popolerà a lungo le notti da incubo di Matteo. Paradossalmente, un errore dettato da troppa sicurezza, con l’ampio ventaglio di soluzioni a disposizione. Matteo ha avuto troppo tempo per pensare e ha finito per andare in confusione. Siamo all’inizio di un tour molto lungo e dare giudizi definitivi dopo la prima tappa sarebbe sbagliato e irrispettoso. Resta comunque l’amaro in bocca , e non potrebbe essere altrimenti, dopo averlo visto all’opera nelle uscite precedenti, dove avevamo visto una versione di Matteo se non uguale almeno simile a quella scintillante del 2021. […]
Berrettini niente alibi: «Ho sbagliato un colpo» (Rossana Capobianco, Corriere dello Sport)
E’ un’espressione contrita quella di Matteo quando esce dal campo e guarda la Rod laver Arena che lo applaude lui, l’avversario, la partita, tutto quello che ha visto e che ha, evidentemente, gradito. Quattro ore e quarantanove minuti di tennis vero. Ma quando esci per primo dal campo significa soltanto una cosa: hai perso. Hai perso nonostante le ovazioni per te e ricambi il favore ringraziando, cercando in quel momento un appiglio contro la cocente delusione. Sai che ci saranno altre occasioni, sai che tornerai, sai anche di avere un’intera stagione davanti ma quello che il cervello recepisce non è la stessa cosa alla quale obbediscono le emozioni, neanche quando di esperienza ne hai tanta come Berrettini, ormai, neanche se a batterti è stato un ex numero uno del mondo, doppio campione olimpico e vincitore di tre Slam come Sir Andy Murray (6-3 6-3 46 6-7 7-6 il punteggio) . Ripensi a quel match point sul 5-4 nel quinto set, quel rovescio comodo con mille modi diversi di superare un avversario che aveva sbagliato un colpo, te l’aveva servito su un piatto d’argento; non puoi credere che quella palla sia finita in rete. «Ho avuto un match point, ho sbagliato il colpo, questo è il riassunto della partita. L’anno scorso ho vinto 7-6 al quinto, quest’anno ho perso 7-6 sempre al quinto. È il tennis», dice Matteo in conferenza stampa. Il tennis è uno sport brutale, è vero, ma è anche vero che da inizio stagione, United Cup compresa, Berrettini non abbia mai servito bene nei punti importanti e soprattutto nei tie-break, che sono l’essenza stessa del tennis. Probabilmente Berrettini non è ancora convinto della propria forma tennistica dopo una stagione difficile, e certo un primo turno contro Murray, non affaticato da partite precedenti, è un ostacolo molto complicato; i primi due set sono stati controllati dallo scozzese che ha giocato il suo miglior tennis da mesi a questa parte. Berrettini non è soddisfatto. «Mi sento stanco, ma non è per questo che ho perso. Della chiusura del tetto me l’hanno detto mentre scendevo in campo è stata una grossa modifica, ma vale anche per Andy che l’ha gestita meglio. L’inizio è stato umido, poi è diventato più secco, adattarci è quello che dobbiamo fare: ma ho perso perché non ho giocato bene e Murray ha giocato decisamente meglio, sta tornando uno dei migliori del circuito. E’ un gran campione. Impressionante, dopo tanti interventi chirurgici… La cosa buona è che ho ribaltato la partita con poco tennis. E’ stato un gran match che purtroppo non è andato bene per me». Con questa sconfitta Berrettini lunedì 30 si troverà fuori dai primi venti per la prima volta dopo 3 anni, 4 mesi e 25 giorni. […]
Berrettini, non così (Daniele Azzolini, Tuttosport)
C’è sempre qualcosa da imparare, ma nel tennis di più. Credo sia uno dei mantra di Matteo Berrettini, e dunque, se mi fa spazio, lo condivido con lui, che da ieri, e per chissà quanto, avrà notti affollate di rovesci spiaccicati sulla rete accompagnati da ululati di orrore e clangori di catene, per i molti fantasmi che lo verranno a visitare. Tutti di nome Andy. Io che quel rovescio l’ho visto partire sbirolo e con tutte le intenzioni di combinare una frittata, ne faccio il simbolo di uno sport come non ce ne sono altri, sempre sul filo, sempre tra mille batticuori, e mi chiedo se anche questo non possa essere un modo per anestetizzarne i venefici effetti. Uno sport, il tennis, che innalza al cielo edifici di complessa struttura, bellissimi alla vista ed emozionanti per l’insieme dei turbamenti che riescono a dispensare, ricavandoli però da incerte fondamenta, sorretti da materiali di risulta, fondati su calcoli sbagliati. Il match di primo turno fra Andy Murray e il nostro ormai ex n. 1, s’iscrive d’ufficio alla classifica dei match dell’anno` oggi sicuro del primato poi chissà, ma destinato a restare tra i primi dieci per l’intera stagione. Ha tenuto avvinti gli spettatori per 4 ore e 49minuti, li ha costretti ad applaudire entrambi i contendenti, ad ammirare l’infinito orgoglio dello scozzese bionico e sorprendersi degli slanci coraggiosi del bell’italiano, ha sommato così tanti momenti ad alto contenuto tennistico che la metà sarebbero bastati a ricavarne altri match di prodigiosa fattura. Un match dalle alte percentuali, che ha spinto Berretta oltre la soglia dei trenta ace (31, alla fine), ed entrambi i contendenti a una netta prevalenza di colpi vincenti sugli errori gratuiti (72/59 Matteo, 40/34 Andy), e ha presto issato le insegne dello scontro all’arma bianca, tra sangue, sudore e lacrime, senza mai rinunciare al tennis d’autore, con Berrettini capace su un insolito passante a una mano di obbligare Murray al tuffo per una volée depositata un palmo appena oltre la riga, e lo scozzese in grado di ricamare una smorzata in diagonale, a filo rete, su un drop di Matteo che sembrava imprendibile. Così, a una disamina concreta e quanto mai schietta, il giudizio finale presenta un ossimoro: un match bellissimo fondato su errori che tragici è dir poco. I primi due set di Berrettini, quasi inconcepibili per l’impalpabile presenza del nostro, offuscato da chissà quali negativi pensieri. L’incapacità dello scozzese a chiudere l’incontro nel terzo set; con due palle break a disposizione nel quarto game, un errore che ha rimesso in partita l’italiano. Fino al match point fallito da Berrettini sul 30-40, 5-4 del quinto set, in un game recuperato dal 30-0 per Murray alla battuta. Su una palla che sembrava facile, a un metro e mezzo dalla rete, con i due a un passo, Andy ha concesso il colpo del kappao, sporcandolo però di quel tanto da irretire Matteo che è andato a colpire di rovescio senza la necessaria convinzione. Ne è sortito un colpo smozzicato, sprecato in rete là dove sarebbe stato più facile, con un piccolo tocco, trasformarlo in punto. Da lì, il match è tornato sulla racchetta di Murray, per poi traslocare facendosi largo tra i pensieri più Cupi di Berrettini, che il super tie break del quinto ha finito per giocarlo in trance (5-1, prima del 10-6 conclusivo).[…]
Berrettini si arrende a Murray (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Certo, fa rabbia. Anche più del ko d’acchito di Lorenzo Musetti, sempre al super-tie break del quinto set, sempre dopo averne rimontati due e mezzo di impotenza. Eliminato all’esordio degli Australian Open, Matteo Berrettini non ha l’attenuante del braccio d’oro di Carrara, con coach Tartarini ricoverato in ospedale per un attacco di panico. La guida storica del romano, Vincenzo Santopadre, ha sofferto come sempre in simbiosi a pochi metri dal “Martello” e il primo finalista italiano a Wimbledon ha 6 anni e tanta più esperienza del 20enne puledro del Rinascimento azzurro. Perciò non avrebbe dovuto concedere il 6-3 6-3 e break ad un guerriero come l’inglese. Inoltre, nel quinto set, dopo il salvifico 6-4 7-6, ha avuto un comodo match point a tre metri dal net per chiudere 6-4 ma ha svirgolato malamente il rovescio. Inchinandosi poi dopo 4 ore 49 minuti all’ultimo numero 1 del mondo extra i mostri Federer, Nadal e Djokovic. E così, non difendendo i punti della semifinale 2022, scivola fuori dai top 20 dopo 3 anni, 4 mesi e 25 giorni, e rischia già ai primi turni avversari più qualificati. Pseudo esperti, tifosi e scommettitori on line lo ingiuriano, lo beffeggiano, lo bocciano. «In Italia si sta parlando del nulla», commenta stizzito Berrettini. «Mi sono riscaldato all’aperto, faceva caldo e la palla volava, due minuti prima del match mi hanno detto che giocavamo col tetto chiuso, quindi in condizioni più lente. Ho trovato freddo, diverso da come mi aspettavo, ho continuato a mettere over-grip su over-grip, perché ho cambiato tutta la mia tensione. L’inizio è stato umido, poi è diventato un po’ più secco. Noi ci adattiamo continuamente alle condizioni, Andy ha gestito meglio la situazione». La gente non può capire come fa il numero 1 italiano del tennis mondiale a cedere a un avversario di 35 anni, con due anche di titanio, che esce dal campo zoppicante, che non batteva un “top 20” in uno Slam dal Roland Garros 2017, che 4 anni fa annunciava il ritiro. «È impressionante quello che è riuscito a fare Murray dopo tanti interventi chirurgici e tutti i chilometri che ha corso in carriera: dimostra quanto ami il gioco e queste partite. Ha giocato decisamente meglio degli US Open: si muoveva, colpiva la palla, faceva tutto meglio in generale. E ha servito davvero bene. Sta tornando uno dei migliori nel circuito. Sapevo che sarebbe stato un primo turno difficile: è un grande campione. Personalmente è stato fantastico giocare con quell’atmosfera contro di lui, negli ultimi 3 set è stato un gran match che purtroppo non è andato nella mia direzione». «L’anno scorso ho vinto 7-6 al quinto (con Alcaraz) e quest’anno ho perso 7-6 al quinto. E’ il tennis. Riassunto: ho avuto un match point e l’ho sbagliato». […] «Sento di non aver perso perché ero stanco, alla fine del quinto set mi sono sentito appena un po’ pesante sulle gambe, ma non è stato questo il motivo per cui ho perso. Anzi, nell’ultima fase pre-stagionale non mi sono allenato molto per qualche piccolo infortunio e volevo vedere se ero pronto sui 5 set: sono pronto! E poi ho ribaltato la partita con poco tennis, è positivo». Certo, fa rabbia.