Australian Open
Berrettini subito fuori a Melbourne (Crivelli, Bertolucci, Capobianco, Azzolini, Martucci)
La rassegna stampa di mercoledì 18 gennaio 2023
Una sconfitta che brucia (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Il suono beffardo e metallico della palla che affonda a metà rete popolerà a lungo gli incubi notturni del Martello disarmato. Un rovescio facile facile, anche dopo ore di lotta feroce (alla fine saranno 4h49′), una semplice benedizione da impartire al Baronetto Murray che si era consegnato alla sconfitta con un attacco molle a metà campo. E invece Berrettini, confuso da troppe soluzioni possibili, finisce per incartarsi e commette un erroraccio fatale, sul 5-4 30-40 del quinto set: era il match point, e gli avrebbe portato in dote un successo strappato con orgoglio, tenacia, volontà di non arrendersi, insomma le qualità che hanno contribuito a portarlo lassù insieme al maglio perforante del servizio e del dritto, dopo un inizio da brividi e una rimonta pazzesca. Invece, Matteo è già fuori dagli Australian Open, al primo turno, lui che difendeva la semifinale di un anno fa e dunque a fine torneo si ritroverà con 710 punti in meno in classifica e una collocazione nel ranking oltre il 20′ posto. […] Certo, il sorteggio non era stato benevolo mettendogli di fronte un uomo da cinque finali (tutte perse) in Australia e uno spirito guerriero che neppure le anche ricostruite hanno ammaccato. Ma il Berrettini visto in United Cup avrebbe maneggiato da campione le insidie della sfida e non avrebbe regalato i primi due set allo scozzese, ritrovandosi a remare a fatica con la testa sott’acqua. Un approccio deludente, che non può essere giustificato dalla chiusura del tetto (rischio pioggia) appena prima del match, che renderà più lente le condizioni del campo, ma piuttosto figlio di una tensione inattesa. Non funziona niente, all’inizio: servizio e dritto non pungono, il Berretto cerca soluzioni affrettate e sbaglia tanto, troppo, contro un avversario che corre e aggredisce nonostante i quasi 36 anni. E quando Murray ha la palla break per il 3-1 nel terzo set, sembra finita. Ma è lì, spalle al muro, che Matteo si ritrova, recupera il cannone (alla fine 31 ace) e annulla il gap, alzando anche il livello qualitativo, fino allo sciagurato match point e al super tie break decisivo dove la prima non entra più e il 5-0 d’acchito per Andy chiude definitivamente i conti. «Non sono contento di come sono entrato nel match. Le condizioni di gioco erano molto diverse da quelle che ci aspettavamo, faceva fresco e fino a due minuti prima pensavamo di dover giocare con il caldo estivo. Mi sono allenato prima del match con un caldo torrido e questo non mi ha aiutato. Sono contento solo di essere riuscito a far girare il match con il poco tennis che avevo in questa occasione. Lo scorso anno vinsi al tie break del quinto (contro Alcaraz negli ottavi, ndr), stavolta è andata male, è il tennis. Fa male perché ho avuto quel match point, e per una sola palla siamo qui a raccontare una storia diversa da come avrebbe potuto essere». Bisognerà dimenticare in fretta quel rovescio sbilenco, metabolizzare una delusione inattesa e ripartire con la solita dedizione dal tornei indoor europei: «Mi sento stanco adesso, ma non ho perso per una questione fisica. Alla fine del quinto sentivo di averne ancora, anche se ovviamente avevo le gambe un po’ pesanti per la fatica. Murray è impressionante per quello che riesce a fare alla sua età, dopo tutto quello che ha passato. lo non ho potuto allenarmi come avrei voluto nella pre-season, dunque sono arrivato qui col dubbio di poter giocare cinque set ad alto livello. Sotto questo aspetto, sono contento perché ho dimostrato a me stesso che ero pronto». Si riparte da qui, la vita non si ferma al suono sordo di un match point finito in rete.
Berrettini fuori, il grande errore è nell’approccio (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)
La delusione è enorme, inutile girarci intorno. Come lunedì per Lorenzo Musetti, ieri è toccato a Matteo Berrettini uscire al primo turno dell’Australian Open al termine di due partite segnate dallo stesso andamento. Partiti con l’handicap di due set e costretti, tra mille peripezie, a rimontare per poi cedere di un soffio quando il peggio sembrava ormai alle spalle. Frutto di ingressi nel match troppo passivi, di scelte tattiche errate e di esecuzioni spesso frettolose. Ma se per Lorenzo entrano in gioco significative attenuanti dovute alla giovane età, alla superficie rapida e all’assenza in panchina, causa malore, del coach Simone Tartarini, per Matteo la prematura uscita dal torneo assume contorni più scuri. Alcuni si affrettano a parlare di distrazioni esterne e di appagamento ed è vero che la fame va di pari passo con l’attenzione e la concentrazione, anche se non sempre queste doti costituiscono la certezza del risultato positivo. Può darsi, non ho prove e argomentazioni per confutare questa tesi. Penso però, pur conoscendo le qualità dell’avversario, che il modo con il quale ha approcciato la partita sia alla base della sconfitta subita. Ha interpretato male la sfida, ha iniziato con Il freno a mano tirato, ha virato strada facendo, si è arrampicato con il servizio e i nervi fino al quinto set, ha divorato un facile match point per poi rimanere a piedi sul più bello, tradito dal suo colpo migliore, il dritto. Accettare passivamente la sfida è un errore il più delle volte imperdonabile. E di sicuro quel match point sbagliato con l’avversario che aspettava inerme solo di essere passato per il conto definitivo, popolerà a lungo le notti da incubo di Matteo. Paradossalmente, un errore dettato da troppa sicurezza, con l’ampio ventaglio di soluzioni a disposizione. Matteo ha avuto troppo tempo per pensare e ha finito per andare in confusione. Siamo all’inizio di un tour molto lungo e dare giudizi definitivi dopo la prima tappa sarebbe sbagliato e irrispettoso. Resta comunque l’amaro in bocca , e non potrebbe essere altrimenti, dopo averlo visto all’opera nelle uscite precedenti, dove avevamo visto una versione di Matteo se non uguale almeno simile a quella scintillante del 2021. […]
Berrettini niente alibi: «Ho sbagliato un colpo» (Rossana Capobianco, Corriere dello Sport)
E’ un’espressione contrita quella di Matteo quando esce dal campo e guarda la Rod laver Arena che lo applaude lui, l’avversario, la partita, tutto quello che ha visto e che ha, evidentemente, gradito. Quattro ore e quarantanove minuti di tennis vero. Ma quando esci per primo dal campo significa soltanto una cosa: hai perso. Hai perso nonostante le ovazioni per te e ricambi il favore ringraziando, cercando in quel momento un appiglio contro la cocente delusione. Sai che ci saranno altre occasioni, sai che tornerai, sai anche di avere un’intera stagione davanti ma quello che il cervello recepisce non è la stessa cosa alla quale obbediscono le emozioni, neanche quando di esperienza ne hai tanta come Berrettini, ormai, neanche se a batterti è stato un ex numero uno del mondo, doppio campione olimpico e vincitore di tre Slam come Sir Andy Murray (6-3 6-3 46 6-7 7-6 il punteggio) . Ripensi a quel match point sul 5-4 nel quinto set, quel rovescio comodo con mille modi diversi di superare un avversario che aveva sbagliato un colpo, te l’aveva servito su un piatto d’argento; non puoi credere che quella palla sia finita in rete. «Ho avuto un match point, ho sbagliato il colpo, questo è il riassunto della partita. L’anno scorso ho vinto 7-6 al quinto, quest’anno ho perso 7-6 sempre al quinto. È il tennis», dice Matteo in conferenza stampa. Il tennis è uno sport brutale, è vero, ma è anche vero che da inizio stagione, United Cup compresa, Berrettini non abbia mai servito bene nei punti importanti e soprattutto nei tie-break, che sono l’essenza stessa del tennis. Probabilmente Berrettini non è ancora convinto della propria forma tennistica dopo una stagione difficile, e certo un primo turno contro Murray, non affaticato da partite precedenti, è un ostacolo molto complicato; i primi due set sono stati controllati dallo scozzese che ha giocato il suo miglior tennis da mesi a questa parte. Berrettini non è soddisfatto. «Mi sento stanco, ma non è per questo che ho perso. Della chiusura del tetto me l’hanno detto mentre scendevo in campo è stata una grossa modifica, ma vale anche per Andy che l’ha gestita meglio. L’inizio è stato umido, poi è diventato più secco, adattarci è quello che dobbiamo fare: ma ho perso perché non ho giocato bene e Murray ha giocato decisamente meglio, sta tornando uno dei migliori del circuito. E’ un gran campione. Impressionante, dopo tanti interventi chirurgici… La cosa buona è che ho ribaltato la partita con poco tennis. E’ stato un gran match che purtroppo non è andato bene per me». Con questa sconfitta Berrettini lunedì 30 si troverà fuori dai primi venti per la prima volta dopo 3 anni, 4 mesi e 25 giorni. […]
Berrettini, non così (Daniele Azzolini, Tuttosport)
C’è sempre qualcosa da imparare, ma nel tennis di più. Credo sia uno dei mantra di Matteo Berrettini, e dunque, se mi fa spazio, lo condivido con lui, che da ieri, e per chissà quanto, avrà notti affollate di rovesci spiaccicati sulla rete accompagnati da ululati di orrore e clangori di catene, per i molti fantasmi che lo verranno a visitare. Tutti di nome Andy. Io che quel rovescio l’ho visto partire sbirolo e con tutte le intenzioni di combinare una frittata, ne faccio il simbolo di uno sport come non ce ne sono altri, sempre sul filo, sempre tra mille batticuori, e mi chiedo se anche questo non possa essere un modo per anestetizzarne i venefici effetti. Uno sport, il tennis, che innalza al cielo edifici di complessa struttura, bellissimi alla vista ed emozionanti per l’insieme dei turbamenti che riescono a dispensare, ricavandoli però da incerte fondamenta, sorretti da materiali di risulta, fondati su calcoli sbagliati. Il match di primo turno fra Andy Murray e il nostro ormai ex n. 1, s’iscrive d’ufficio alla classifica dei match dell’anno` oggi sicuro del primato poi chissà, ma destinato a restare tra i primi dieci per l’intera stagione. Ha tenuto avvinti gli spettatori per 4 ore e 49minuti, li ha costretti ad applaudire entrambi i contendenti, ad ammirare l’infinito orgoglio dello scozzese bionico e sorprendersi degli slanci coraggiosi del bell’italiano, ha sommato così tanti momenti ad alto contenuto tennistico che la metà sarebbero bastati a ricavarne altri match di prodigiosa fattura. Un match dalle alte percentuali, che ha spinto Berretta oltre la soglia dei trenta ace (31, alla fine), ed entrambi i contendenti a una netta prevalenza di colpi vincenti sugli errori gratuiti (72/59 Matteo, 40/34 Andy), e ha presto issato le insegne dello scontro all’arma bianca, tra sangue, sudore e lacrime, senza mai rinunciare al tennis d’autore, con Berrettini capace su un insolito passante a una mano di obbligare Murray al tuffo per una volée depositata un palmo appena oltre la riga, e lo scozzese in grado di ricamare una smorzata in diagonale, a filo rete, su un drop di Matteo che sembrava imprendibile. Così, a una disamina concreta e quanto mai schietta, il giudizio finale presenta un ossimoro: un match bellissimo fondato su errori che tragici è dir poco. I primi due set di Berrettini, quasi inconcepibili per l’impalpabile presenza del nostro, offuscato da chissà quali negativi pensieri. L’incapacità dello scozzese a chiudere l’incontro nel terzo set; con due palle break a disposizione nel quarto game, un errore che ha rimesso in partita l’italiano. Fino al match point fallito da Berrettini sul 30-40, 5-4 del quinto set, in un game recuperato dal 30-0 per Murray alla battuta. Su una palla che sembrava facile, a un metro e mezzo dalla rete, con i due a un passo, Andy ha concesso il colpo del kappao, sporcandolo però di quel tanto da irretire Matteo che è andato a colpire di rovescio senza la necessaria convinzione. Ne è sortito un colpo smozzicato, sprecato in rete là dove sarebbe stato più facile, con un piccolo tocco, trasformarlo in punto. Da lì, il match è tornato sulla racchetta di Murray, per poi traslocare facendosi largo tra i pensieri più Cupi di Berrettini, che il super tie break del quinto ha finito per giocarlo in trance (5-1, prima del 10-6 conclusivo).[…]
Berrettini si arrende a Murray (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)
Certo, fa rabbia. Anche più del ko d’acchito di Lorenzo Musetti, sempre al super-tie break del quinto set, sempre dopo averne rimontati due e mezzo di impotenza. Eliminato all’esordio degli Australian Open, Matteo Berrettini non ha l’attenuante del braccio d’oro di Carrara, con coach Tartarini ricoverato in ospedale per un attacco di panico. La guida storica del romano, Vincenzo Santopadre, ha sofferto come sempre in simbiosi a pochi metri dal “Martello” e il primo finalista italiano a Wimbledon ha 6 anni e tanta più esperienza del 20enne puledro del Rinascimento azzurro. Perciò non avrebbe dovuto concedere il 6-3 6-3 e break ad un guerriero come l’inglese. Inoltre, nel quinto set, dopo il salvifico 6-4 7-6, ha avuto un comodo match point a tre metri dal net per chiudere 6-4 ma ha svirgolato malamente il rovescio. Inchinandosi poi dopo 4 ore 49 minuti all’ultimo numero 1 del mondo extra i mostri Federer, Nadal e Djokovic. E così, non difendendo i punti della semifinale 2022, scivola fuori dai top 20 dopo 3 anni, 4 mesi e 25 giorni, e rischia già ai primi turni avversari più qualificati. Pseudo esperti, tifosi e scommettitori on line lo ingiuriano, lo beffeggiano, lo bocciano. «In Italia si sta parlando del nulla», commenta stizzito Berrettini. «Mi sono riscaldato all’aperto, faceva caldo e la palla volava, due minuti prima del match mi hanno detto che giocavamo col tetto chiuso, quindi in condizioni più lente. Ho trovato freddo, diverso da come mi aspettavo, ho continuato a mettere over-grip su over-grip, perché ho cambiato tutta la mia tensione. L’inizio è stato umido, poi è diventato un po’ più secco. Noi ci adattiamo continuamente alle condizioni, Andy ha gestito meglio la situazione». La gente non può capire come fa il numero 1 italiano del tennis mondiale a cedere a un avversario di 35 anni, con due anche di titanio, che esce dal campo zoppicante, che non batteva un “top 20” in uno Slam dal Roland Garros 2017, che 4 anni fa annunciava il ritiro. «È impressionante quello che è riuscito a fare Murray dopo tanti interventi chirurgici e tutti i chilometri che ha corso in carriera: dimostra quanto ami il gioco e queste partite. Ha giocato decisamente meglio degli US Open: si muoveva, colpiva la palla, faceva tutto meglio in generale. E ha servito davvero bene. Sta tornando uno dei migliori nel circuito. Sapevo che sarebbe stato un primo turno difficile: è un grande campione. Personalmente è stato fantastico giocare con quell’atmosfera contro di lui, negli ultimi 3 set è stato un gran match che purtroppo non è andato nella mia direzione». «L’anno scorso ho vinto 7-6 al quinto (con Alcaraz) e quest’anno ho perso 7-6 al quinto. E’ il tennis. Riassunto: ho avuto un match point e l’ho sbagliato». […] «Sento di non aver perso perché ero stanco, alla fine del quinto set mi sono sentito appena un po’ pesante sulle gambe, ma non è stato questo il motivo per cui ho perso. Anzi, nell’ultima fase pre-stagionale non mi sono allenato molto per qualche piccolo infortunio e volevo vedere se ero pronto sui 5 set: sono pronto! E poi ho ribaltato la partita con poco tennis, è positivo». Certo, fa rabbia.
ATP
Numeri: il dominio di Djokovic nel tennis maschile dal 2011 ad oggi
Dalle settimane trascorse al numero uno al confronto contro gli altri grandi: Ferruccio Roberti raccoglie alcuni dati che testimoniano chi sia stato il più grande di quest’era tennistica

62 – Il numero percentuale delle settimane trascorse come 1 ATP da Novak Djokovic dal 4 luglio 2011 -giorno successivo alla prima vittoria di Wimbledon che lo proiettò sulla cima del ranking – a oggi. Una cifra di per sé impressionante che probabilmente sarebbe potuta essere ancora più significativa se il serbo non avesse saltato la seconda parte del 2017 e se l’anno scorso non avesse scelto di mettersi nelle condizioni di non poter partecipare a due Slam e quattro Masters 1000 (e a Wimbledon i punti fossero stati assegnati).
Altri numeri aiutano a comprendere meglio quanto fatto dal serbo dalla seconda metà del 2011 ad oggi: dal luglio di dodici anni fa ha vinto 19 dei 42 Slam (il 45,2%) e 29 dei 75 (38,6%) Masters 1000 a cui ha preso parte. In questo stesso periodo ha vinto 190 dei 245 (77.6%) match disputati contro colleghi nella top ten e, più in generale, si è imposto in 670 dei 768 incontri disputati (l’87,2%, una percentuale che sale al 89.3 considerando solo le partite non giocate sulla terra rossa). Della prima top 20 che lo vide al numero 1 sono rimasti sul circuito Nadal, Murray, Monfils, Gasquet e Wawrinka, mentre in quella attuale solo l’immenso campione maiorchino e Carreno Busta erano già tennisti professionisti nel momento in cui Djokovic salì per la prima volta al numero 1 del mondo.
Non per fare inutili paragoni tra campioni che hanno avuto ciascuno la loro fantastica parabola, ma per comprendere meglio questo approfondimento sul periodo che parte da quando Nole è diventato numero 1, si può osservare come solo Nadal, di un anno più grande di Djokovic, ha avuto numeri in qualche modo paragonabili al serbo. In questo lasso temporale Rafa ha comunque vinto dodici Slam e diciassette Masters 1000, occupando la prima posizione del ranking ATP per 107 settimane, ma perdendo 18 dei 31 scontri diretti giocati con Novak e sconfiggendolo solo 2 delle 14 volte in cui lo ha affrontato lontano dalla terra battuta. Ancora più pesante lo score con l’altro leggendario “big three”, Roger Federer: nato quasi sei anni prima di Djokovic, compiva di lì a un mese 30 anni la prima volta che Nole diventava numero 1 e ha inevitabilmente pagato la differenza d’età. Ad ogni modo, l’immenso campione svizzero nel periodo che stiamo analizzando ha vinto 4 Slam e 11 Masters 1000, è stato numero 1 ATP per 25 settimane complessive e contro Nole ha vinto 9 delle 27 volte in cui si sono confrontati.
Quando domenica scorsa ha sconfitto in finale degli Australian Open Stefanos Tsitsipas il serbo aveva 35 anni 8 mesi e 6 giorni, ma non è un record: sei volte è accaduto che tennisti più anziani del serbo vincessero uno Slam (il primato assoluto è di Ken Rosewall, che vinse gli Australian Open del 1972 avendo compiuto da poco più di un mese i 37 anni). Così come non è un record di longevità il ritorno al numero 1 del ranking ATP da parte di Djokovic: Roger Federer nel giugno 2018 lo è stato a meno di due mesi dal compiere 37 anni. Quel che impressiona di Nole è piuttosto come a quasi 36 anni riesca ad avere non solo elevatissimi picchi di rendimento -non impossibili ai campioni come lui- ma anche di continuità, una caratteristica molto più rara per gli over 35 negli sport professionistici. A tal riguardo basti pensare che sconfiggendo Tsitsipas pochi giorni fa il serbo ha vinto 38 degli ultimi 40 incontri giocati (e tutti gli 11 match nei quali ha sfidato colleghi nella top 10).
Par | Tit. | Fin. | Part. Gioc. | Part. Vin. | Part. Per. | % Vitt. | % set vinti | % game vinti | % t.b. vinti | |
Australian Open | 18 | 10 | 0 | 97 | 89 | 8 | 91.8 | 82.9 | 62.3 | 63.8 |
Roland Garros | 18 | 2 | 4 | 101 | 85 | 16 | 84.2 | 77.1 | 60.2 | 55.9 |
Wimbledon | 17 | 7 | 1 | 96 | 86 | 10 | 89.6 | 78.7 | 58.6 | 67.2 |
US Open | 16 | 3 | 6 | 94 | 81 | 13 | 86.2 | 76.0 | 60.0 | 61.4 |
Indian Wells | 14 | 5 | 1 | 59 | 50 | 9 | 84.7 | 76.3 | 59.7 | 69.6 |
Miami | 13 | 6 | 1 | 51 | 44 | 7 | 86.3 | 82.1 | 61.6 | 83.3 |
Monte Carlo | 15 | 2 | 2 | 48 | 35 | 13 | 72.9 | 67.0 | 58.0 | 80.0 |
Madrid | 12 | 3 | 0 | 39 | 30 | 9 | 76.9 | 69.6 | 56.0 | 50.0 |
Roma | 16 | 6 | 6 | 74 | 64 | 10 | 86.5 | 76.0 | 59.6 | 63.2 |
Montreal/ Toronto | 11 | 4 | 1 | 44 | 37 | 7 | 84.1 | 79.4 | 58.0 | 73.3 |
Cincinnati | 14 | 2 | 5 | 52 | 40 | 12 | 76.9 | 71.1 | 56.3 | 61.1 |
Shanghai | 9 | 4 | 0 | 39 | 34 | 5 | 87.2 | 81.4 | 61.4 | 71.4 |
Parigi Bercy | 16 | 6 | 3 | 54 | 45 | 9 | 83.3 | 74.2 | 58.3 | 70 |
O2 Arena (ATP Finals) | 11 | 4 | 2 | 46 | 34 | 12 | 73.9 | 68.3 | 56.5 | 70.6 |
Dubai | 12 | 5 | 1 | 50 | 43 | 7 | 86.0 | 78.4 | 59.8 | 69.2 |
Non c’è un centrale che ha fatto la storia recente del tennis a non aver conosciuto le vittorie di Novak Djokovic, unico tennista ad aver conquistato almeno due volte tutti gli Slam, tutti i Masters 1000 (e le ATP Finals). Il decimo successo agli Australian Open, torneo che in assoluto ha vinto più di tutti, fa supporre che con ogni probabilità la Rod Laver Arena sia il campo dove si giocherebbe la sua partita della vita. Più per ricapitolare qualche numero della sua carriera a beneficio dei lettori che per ricavare un dato oggettivo (nel susseguirsi delle edizioni di uno stesso torneo cambiano in parte le condizioni di gioco, basti pensare ad esempio alle modifiche apportate alla superficie e/o alle palline), sono andato a recuperare alcune sue statistiche nei tornei più importanti del circuito e in quelli nei quali ha giocato un elevato numero di match, come Dubai. Dalla tabella in cui sono raccolti i dati arriva la conferma che in effetti gli Australian Open sono il torneo in cui Djokovic ha il più alto rendimento e non solo perché è quello a cui ha preso parte più volte (18, così come al Roland Garros). A Melbourne il serbo vanta la miglior percentuale di vittorie rispetto ai match giocati (91.8%) e di set vinti rispetto a quelli disputati (82.9%). Ovviamente, non sorprende che un sette volte vincitore di Wimbledon abbia numeri eccellenti anche sui campi di Church Road, mentre un pochino stupisce che gli Internazionali d’Italia – dove vanta un ottimo score con sei successi e altrettante finali – siano il torneo sul rosso dove si esprime meglio e in assoluto uno dei migliori per il suo rendimento. In ogni caso numeri incredibili: solo a Monte Carlo, Madrid e Cincinnati (la O2 Arena dove si giocavano le Finals è un discorso a parte, vista l’altissima caratura degli avversari) non ha vinto almeno l’80% delle partite. Not too bad…
Australian Open
Gli outfit dell’Australian Open: trionfa il mix insolito di colori, ma anche il tocco di fresca eleganza
Dal mélange dei colori sgargianti alla tinta unita, fino al tocco classico e un po’ vintage, ecco le mise indossate all’Australian Open

Un Australian Open esplosivo in campo, in tutti i sensi. Il tennis quasi ingiocabile di Novak Djokovic e la potenza devastante di Aryna Sabalenka hanno sbaragliato gli avversari. Non solo. I due campioni di Melbourne Park vincono anche con i loro outfit. Per freschezza ed eleganza quello di Novak, per vistosità, energia psichedelica e originalità quello di Aryna. Tuttavia, la bielorussa stravince anche per come ha scelto di presentarsi nel consueto shooting fotografico con il trofeo, splendida in un abito rosa, romantico e un po’ vintage. C’è però anche chi non ha brillato, né in campo né con la mise, come nel caso della n. 1 del mondo Iga Swiatek. Ma, del resto, come ha detto la stessa Iga in una conferenza stampa, non si può vincere sempre. O come per Stefanos Tsitsipas che, nonostante abbia disputato un torneo pressoché perfetto fino alla finale, nella partita della vita il suo tennis diventa un po’ scialbo e banale, perdendo energia e brillantezza, all’immagine del completo indossato in questi Australian Open.
Nike – Frances Tiafoe, Aryna Sabalenka


Il completo con il quale Frances Tiafoe è sceso in campo a Melbourne ha fatto il giro del web: canotta e pantaloncini con un’unica fantasia maculata e variopinta che lo faceva sembrare uscito da un festival di Rio piuttosto che dallo spogliatoio di un torneo dello Slam. Un look da Tiafoe: nel senso che per non sembrare ridicolo devi avere i suoi bicipiti e la sua “abbronzatura”. Questo completo non era altro che una sintesi di una collezione di Nike che definire vistosa e colorata è dir poco. Ma d’altronde è l’happy slam, giusto? Quindi perché non osare? E in effetti il brand del baffo ha osato tanto. La stessa fantasia l’abbiamo potuta ammirare nel vestito di Sabalenka, alla quale, bisogna dirlo, i colori sgargianti stanno bene e danno quasi risalto al suo carattere tenace. I longilinei e pallidi Sinner e Korda hanno indossato con meno disinvoltura le magliette dal taglio largo e dalle tonalità vivaci (blu cobalto con pantaloncini lilla per l’azzurro e giallo canarino per il figlio di Petr) di Nike. Una collezione accattivante ma non per tutti insomma. (Valerio Vignoli)
Adidas – Stefanos Tsitsipas, Elena Rybakina


Il caso ha voluto che Adidas a Melbourne vestisse i due giocatori, Elena Rybakina e Stefanos Tsitsipas, arrivati a un passo dalla vittoria. La scelta di Adidas per la collazione dedicata agli Australian Open è ricaduta su un mélange di colori accesi mischiati tra loro in sorta di pennellate di tonalità diverse. Così i pantaloncini di Stefanos e il gonnellino di Elena erano un mix variopinto abbinato per Tsitsipas a una semplice maglia bianca e per Rybakina a una canotta nera. Vista la particolare scelta cromatica del pantalone e della gonna sicuramente meglio il contrasto con un colore scuro che l’accostamento al bianco. Outfit femminile ben riuscito, meno quindi quello maschile dove Adidas avrebbe potuto osare maggiormente anche nella scelta della t-shirt. (Chiara Gheza)
Asics – Iga Swiatek

Minimal e un po’ scontato l’outfit di Iga Swiatek. Per l’edizione 2023 dello slam down under, Asics ha puntato su un abbinamento di canotta e shorts dal color lilla appena accennato; in particolare, la canotta reca leggerissime “pennellate” di un giallo sbiadito. Ne risulta un completo, sì, fresco, che ben si addice al clima torrido australiano ma, forse, un po’ troppo anonimo. Anche se la n. 1 del mondo a Melbourne quest’anno non ha brillato (ha perso agli ottavi dalla futura finalista Rybakina), forse avrebbe meritato una mise di maggiore personalità. (Laura Guidobaldi)
New Balance – Coco Gauff e Tommy Paul


Semplice ma comunque efficace la collezione presentata da New Balance per questi Australian Open, indossata dai due principali testimonial del brand, Tommy Paul e Coco Gauff (anche Ben Shelton ha usato vestiti di questo brand ma non è ufficialmente sponsorizzato). Tutta incentrata sull’accostamento di bianco e nero, accompagnato da colori estivi come pesca e arancione. Per certi versi ricordava l’iconica collezione Nike del 2017, anno di una epica finale tra Federer e Nadal. Ma torniamo al presente. T-shirt girocollo per la sorpresa del tabellone maschile Paul, con bordino con motivo a contrasto e bande orizzontali multicolore. Non male i pantaloncini pesca come idea peccato che la tonalità era troppo tenue e sul bianco si notasse troppo poco la differenza. Canotta bianca aderente con buchi laterali e gonna senza troppi fronzoli per Gauff. A dare un po’ di vivacità la fascia arancioni e le sue scarpe personalizzate. Tutto ben fatto ma New Balance ci aveva abituato a completi più sorprendenti e d’impatto per la giovane tennista afroamericana. (Valerio Vignoli)
Yonex – Caroline Garcia, Casper Ruud


Molto grintoso il vestito della Yonex indossato da Caroline Garcia. La francese, che ha chiuso il 2022 con il grande trionfo alle WTA Finals, è scesa in campo a Melbourne con tutta la sua grinta e grandi aspettative anche se, alla fine, la sua corsa è stata fermata agli ottavi di finale da una delle sorprese del torneo, Magda Linette. Ma la grinta e lo slancio in Caroline non mancano mai e l’outfit dell’Australian Open li esprime al massimo: un vestito semplice, dritto, total black ma con un leggero effetto marmorizzato; la parte superiore, una canotta, reca un solo tocco di bianco sul colletto a polo, sul logo del brand e i nomi degli sponsor. Solo i polsini sono diversi, di colore lilla. Un abito non molto fantasioso, certo, ma di grande personalità e adatto al fisico slanciato e atletico di Caroline. Il nero tita unita invece viene spezzato per l’outfit di Casper Ruud. Il bel campione norvegese, che in questi giorni sta brillando sulla copertina di Vogue Scandinavia, in abbinamento alla polo nera ha sfoggiato degli shorts dello stesso color lilla dei polsini di Caroline. Un accostamento un po’ insolito per Ruud che solitamente veste in modo molto classico. Il colore pastello illumina anche le sue scarpe nere, sulla punta e sul tallone. Scelta originale e inaspettata. (Laura Guidobaldi)
Castore – Andy Murray

Uno dei protagonisti di questa edizione degli Australian Open è sicuramente Sir Andy Murray. Lo scozzese, seppur uscito al terzo turno, ha dimostrato di avere un cuore immenso nei match maratona vinti contro Berrettini prima e Kokkinakis poi. Andy è vestito dal marchio britannico Castore Sportswear che per lui ha disegnato un completo classico e molto elegante. Pantaloncino verde scuro e t-shirt bianca con una riga verde che l’attraversa in obliquo. Il logo del brand, un paio di ali spiegate, ben in vista sia sulla maglia che sui polsini bianchi che sul cappellino anch’esso candido. Murray a Melbourne spicca quindi non solo per la tenacia sportiva, ma anche per l’eleganza senza tempo del suo outfit. (Chiara Gheza)
Lacoste – Novak Djokovic


Novak Djokovic non ha sbagliato un colpo in Australia. Nemmeno in fatto di vestiti. Il completo a lui riservato da Lacoste per questa edizione del primo Slam stagionale era moderno e riconoscibile ma al contempo classico e non eccessivo. Abbandonato il verde smeraldo per l’azzurro con dettagli in arancione. Niente più motivi minimalisti in favore di una sorta di bandiera a scacchi sventolante che va a ricoprire l’intera polo: in un tono su tono nella versione serale e in azzurro che sfuma verso l’arancione nella versione diurna, forse la più riuscita delle due, anche perché stacca meglio con il pantaloncino azzurro. Solite scarpe colorate, pure quelle con l’abbinamento di colori reso celebre dai New York Knicks nel Basket di oltreoceano. Il tocco del campione è arrivato però al termine della finale, con la giacca con il numero 22 composto da una serie di piccoli coccodrilli. E, visto il dominio mostrato da Djokovic in campo. in quel di Parigi farebbero meglio a prepararne altre con il numero 23, 24, 25… (Valerio Vignoli)
Lacoste – Daniil Medvedev

Il personal branding è ormai ampiamente utilizzato dai giocatori di tennis per promuovere se stessi e la loro immagine. Basti pensare all’iconico “RF” di Federer, per il quale lo svizzero ha litigato con Nike, o alla stilizzazione delle corna di un toro di Nadal. Di recente pure Sinner ha lanciato il suo marchio, raffigurante una volpe. Con l’inizio del 2023 è venuto il turno di Medvedev. Il suo logo, pensato insieme a Lacoste, rappresenta la sua passione per i videogiochi e ricorda i quattro tasti di una playstation, con le sue iniziali nelle icone di sinistra e destra. Ci si poteva mettere più fantasia insomma. Il suo outfit dimostra però che per quanto riguarda i vestiti il brand del coccodrillo dà ancora dei punti a tanti. Una maglietta rosso fuoco (colore ideale sul blu del cemento australiano) con un colletto a v molto particolare, che fa un effetto finta polo, con una riga bianca a contrasto. Maniche in tessuto traforato, pantaloncini bianchi (e neri) e scarpe bianche. Essenziale e rifinito nei dettagli. In puro stile Lacoste insomma. (Valerio Vignoli)
Hugo Boss – Matteo Berrettini

Non è certo uno Slam fortunato per Matteo Berrettini che esce al primo turno per mano di Andy Murray. Peccato per il marchio Hugo Boss che ha trovato nel giocatore italiano un modello perfetto. Anche a Melbourne Matteo si è distinto infatti per classe ed eleganza con un accostamento di colori adatto a ogni occasione: maglietta bianca e pantaloncino nero. Il tocco modaiolo è stato regalato dalla borsa con la quale Berrettini entrava in campo, sulle stesse tonalità del completo ma dal taglio geometrico ed essenziale. La parola “BOSS” ben in vista sul lato della stessa. Come sempre Matteo promosso per quanto riguarda il lato fashion del tennis. (Chiara Gheza)
Giomila – Camila Giorgi

I completini Giomila, il brand ideato dalla stessa Camila e da sua madre, sono sempre un successo. Peccato che tale formula vincente spesso non accompagni anche i risultati in campo e, in Australia, dopo un buon inizio, la tennista di Macerata è stata travolta al terzo turno da Belinda Bencic. Comunque, in fatto di outfit, Camila ha davvero poche rivali. A Melbourne ha sfoggiato un abbagliante completo rosa fucsia che le stava benissimo. Semplice, in tinta unita (c’era anche la variante nel colore beige, più delicata), il completo mette in luce la silhouette perfetta dell’azzurra, simboleggiando tutta l’energia e l’esplosività del tennis della Giorgi. La canotta, lineare e senza frondoli, accompagna il gonnellino altrettanto semplice ma leggermente mosso e leggero. Un completo semplice e frizzante al tempo stesso, che si addice perfettamente al celeste dei campi di Melbourne Park. (Laura Guidobaldi)
DK One – Jelena Ostapenko

Nei commenti dei precedenti articoli in molti ci hanno fatto notare l’assenza di Jelena Ostapenko, i cui completi, griffati DK One, marchio lettone di solo abbigliamento femminile, non sono passati inosservati di recente. E stavolta abbiamo deciso di rimediare a questa nostra negligenza, anche per celebrare il primo quarto di finale in Australia della tennista baltica. A Melbourne la Ostapenko si è presentata con un outfit un po’ slegato: il taglio retrò sottolineato dall’ mplissimo colletto a polo e dalla gonna a pieghe sormontata da una fascia cozzava con l’abbinamento di colori molto sgargianti come corallo e blu elettrico. Un look sicuramente meno azzardato di quello visto al Roland Garros, un patchwork improbabile di maniche in simil pizzo, fantasia piede de poule e dettagli viola. Ma anche meno identificativo. E a questo punto da Ostapenko ci aspettiamo sempre tanto. Vediamo se riuscirà nuovamente ad alzare l’asticella a Parigi, il suo slam preferito. (Valerio Vignoli)
Lo shooting fotografico della campionessa Aryna Sabalenka

Aryna Sabalenka non trionfa solo in campo conquistando il tanto agognato primo titolo slam ma è vincente anche nella scelta della mise in occasione del tradizionale shooting fotografico con il trofeo. Aryna è uno splendore in un modello romantico, color rosa antico in tinta unita, lungo a tre quarti, semplice ma arricchito quanto basta da decorazioni floreali dello stesso tessuto dell’abito, applicati ai bordi delle mezze maniche e sul collo alto, quasi a formare un collier di fiori. Questi recano un tocco di vivacità anche sulla parte laterale destra del vestito. Lo arricchiscono quanto basta, senza scadere nel kitch, anzi. E poi l’acconciatura, una meraviglia. I capelli sono raccolti in uno chignon dietro la nuca e leggermente appiattito, in stile Ottocento, molto molto raffinato. Insomma, se in campo Sabalenka sa essere una veria furia di potenza e aggressività, nel festeggiamento del giorno più bello della sua carriera, ha scelto di privilegiare grazia, eleganza e romanticismo. (Laura Guidobaldi)
Australian Open
AO Donne, Steve Flink: “Sabalenka ha fatto grandi progressi, sono un po’ preoccupato per Iga Swiatek” [VIDEO ESCLUSIVO]
Il giornalista e Hall of Famer risponde al direttore sul tennis femminile: “Nei prossimi due-tre anni vedremo la migliore Coco Gauff”

0:04 Ubaldo: parlando del torneo femminile, credo si possa dire che, anche se non molti si aspettavano una nuova sconfitta negli ottavi di finale di Iga Swiatek, abbiamo avuto una delle più belle finali degli ultimi anni a livello Slam. Tra Sabalenka e Rybakina abbiamo avuto del buon tennis con pochi break, cosa che accade spesso nel singolare femminile. Abbiamo avuto una finale tra la numero 2 del mondo e una numero 10 che con i duemila punti del successo a Wimbledon sarebbe una top five.
1:09 Flink: Ubaldo sono arrabbiato con te!
1:13 Ubaldo: come mai? (sorride)
1:16 Flink: mi hai tolto le parole di bocca! Sono d’accordo, è stata una splendida finale, e come hai detto tu, è stata una sfida tra due ottime battitrici. Nel primo set Sabalenka ha ceduto il servizio sul quattro pari, e quindi ha perso il il set; ma poi non ha più perso la battuta, e ha vinto con un break per set. Aryna ha messo in campo diciassette ace e solo sette doppi falli, dati molto buoni per lei. Inoltre, il livello di gioco è stato alto, condotto da entrambe in maniera aggressiva. Entrambe hanno giocato molto bene da fondo, soprattutto Sabalenka; non potrei essere più d’accordo sul fatto che questa finale spicca tra quelle giocate nei Major durante l’ultimo biennio. Per come è stata giocata, perché è stata combattuta. Rybakina ha dimostrato che la sua vittoria a Wimbledon non è arrivata per caso, e Sabalenka finalmente c’è l’ha fatta.
L’ho vista più calma, più composta; persino quando ha servito un doppio fallo sul match point nell’ultimo game, non si è disunita. È rimasta concentrata su quello che doveva fare, ha preso un bel respiro e ha chiuso il match; sta crescendo come giocatrice e agonisticamente. Rybakina ha un bel temperamento; possiede un delle migliori prime palle del circuito, e deve migliorare forse la seconda nel kick, altrimenti le migliori ne trarranno vantaggio e lei potrebbe vacillare un attimo, ma aver giocato due finali Slam nell’ultimo anno con una vittoria e per lei incoraggiante. Sabalenka è sempre stata frenetica, sovraeccitata durante i match importanti; questo è un momento fondamentale per lei, non credi Ubaldo? Non dico che vincerà tutti gli Slam, ma ora crede di più in sé stessa.
3:36 Ubaldo: sì, ho visto Sabalenka perdere al Roland Garros da Camila Giorgi; ha commesso tantissimi doppi errori, proprio senza testa, senza voler offendere. E ora, come tu dicevi, aver vinto uno Slam dopo aver perso tre semifinali, le darà una grande fiducia. senz’altro potrà anche migliorare la seconda palla, se consideriamo che ha giocato nella finale un colpo molto piatto; un effetto in kick le permetterebbe di risparmiare qualche doppio fallo.
4:50 Flink: non è stato così male, certo può migliorare. Ha iniziato con un doppio fallo, e ne ha fatto uno sul match point, ma servire solo 7 doppi errori in tre set relativamente lunghi non è male, soprattutto se consideriamo che ha servito 17 ace.
Deve migliorare il kick sulla seconda, ma gioca già bene lo slice; sta migliorando, lo scorso anno ne faceva anche venti a match.
5:35 Ubaldo: se non ricordo male lo scorso anno ha servito 428 doppi errori: una media di 8 a match. Ma alcuni match sono finiti 62 61, quindi era come iniziare da 0-15 ogni turno di servizio!
6:03 Flink: sì Ubaldo, ma non credo che lo vedremo più così. Lei migliorerà ancora, anche negli altri aspetti del gioco. Un particolare a suo favore nella finale è che ha difeso meglio, ha colpito meglio da fondocampo. Puoi fare più cose di Rybakina da entrambe le parti del campo. È davvero completa, sa colpire sopra il capo, sa volleare.
6:48 Ubaldo: dal momento che ama prendere dei rischi, forse la terra battuta è la superficie più pericolosa. Se non riesci a chiudere nei primi quattro scambi, allora più provi più rischi di sbagliare. Comunque come dicevi tu è completa e gioca bene sia dritto che rovescio, mentre il dritto di Rybakina non è tra i migliori.
dal punto di vista di un americano, e stata più brutta la sconfitta di Pegula o di Gauff?
7:40 Flink: Pegula ha avuto un ottimo inizio d’anno; ha battuto Iga Swiatek e in tanti si aspettavano facesse grandi cose; per Coco dobbiamo sempre ricordarci che è giovanissima, quindi una sconfitta è comprensibile. la gente si dimentica la sua età e crede che abbia 25 anni solo perché è nel grande tennis da almeno cinque. Quindi è stata più deludente Pegula.
8:18 Ubaldo: in termini di potenziale chi vedi meglio tra le due?
8:29 Flink: Gauff. Nel lungo periodo; lavorerà molto e migliorerà la seconda palla e il dritto, mentre il rovescio è già ottimo adesso. Ha uno splendido atteggiamento sul campo, sa stare calma. Il suo dritto è traballante, e la sua seconda palla. Le ci vorranno due o tre anni. Pegula può andare meglio quest’anno, ma nei prossimi cinque anni scelgo Coco.
9:21 Ubaldo: parlando di delusioni, Iga Swiatek ha perso 64 64 da Rybakina, mentre Ons Jabeur ha ceduto a Vondrousova 61 57 61, risultato deludente per una numero 2 del seeding.
9:52 Flint: delusione perché abbiamo visto Jabeur perdere la finale di Wimbledon da Rybakina e la finale degli US Open da Swiatek, e quindi ci aspettavamo di più da lei. Nel suo puzzle ci sono così tanti pezzi; colpi bellissimi, il servizio la palla corta. Se non è ispirata accadono cose come quelle in Australia. Ma non sono preoccupato per lei, saprà rifarsi più avanti nella stagione.
Riguardo Swiatek, l’anno scorso ha vinto 37 match di fila fino a Wimbledon. durante la sua striscia vincente ha trionfato a Parigi. Poi ha vinto gli US Open. Non credo la vedremo dominare in questo modo; certo vincerà ancora altri Slam e rimarrà a lungo tra le prime tre o quattro del ranking. Per la consistenza del suo gioco. Ma punto di più su Rybakina. Iga si affida molto al suo gioco in difesa; prova ad essere più aggressiva, cosa che le serve per restare al top, ma non è a suo agio. È stata così convincente a Miami e Indian Wells, e poi a Parigi.
Quest’anno per lei sarà in altalena; potrebbe rimanere numero 1 del mondo, ma non rimarrei scioccato se alla fine della stagione fosse terza o quarta. Sono curioso di vedere cosa combinerà quest’anno; non ha vinto agli US open e adesso ha cominciato l’anno con questa caduta. Sono un po’ preoccupato per lei.
11:56 Ubaldo: penso che non sia facile continuare a vincere per chi non ha nel dritto il proprio colpo migliore. Tu puoi avere il miglior rovescio del mondo; guarda Djokovic. Lui ha probabilmente il miglior rovescio del mondo, specialmente il lungolinea e la risposta, ma i vincenti più importanti li ottiene con il dritto. È anche il limite di Rybakina, che ha un gran rovescio ma un dritto da migliorare.
Steffi Graf invece aveva un rovescio non tra i migliori, ma giocava un dritto straordinario; è difficile dominare a lungo senza un gran dritto.
13:23 Flink: sono d’accordo. L’anno scorso Swiatek ah ha migliorato il colpo e ha giocato diversi vincenti…
13:36 Ubaldo: sulla terra forse, dove hai più tempo per colpire.
13:47 Flint: no, anche agli US Open, ma sono d’accordo su quanto dici sulla terra battuta. Il dritto è importante un po’ per tutte; Rybakina ha un ottimo servizio e quindi può compensare in un game con tre punti diretti. Swiatek ha un servizio buono, non un grande servizio, e quindi non può ricavarci gli stessi punti.
Hai parlato di Steffi: il suo rovescio non era una grande arma, ma sapeva tenere lo slice molto basso per poi riuscire a colpire con il dritto, e lo sapeva fare in maniera meravigliosa.
Il dritto di Swiatek è la chiave; avrà bisogno di migliorarlo del 10-20%.
14:48 Ubaldo: grazie mille Flint, abbiamo spaziato su diversi argomenti di questi Australian Open. Un’ultima cosa: chi vincerà i singolari al Roland Garros?
15:10 Flint: tra le donne dico Swiatek, che gioca sulla sua superficie preferita, dove ha vinto due volte negli ultimi tre anni. Tra gli uomini forse ti aspetti che io dica Nadal per il suo quindicesimo trofeo. Ma non è al meglio, e in Australia si è infortunato ancora, contro McDonald. Penso che Djokovic potrà fare il colpo. Se Nadal sta bene può farcela. Cosa ne dici Ubaldo?
16:02 Ubaldo: che non è più il miglior Rafa; non lo vediamo al meglio da almeno sei mesi. Il favorito sarà Djokovic, anche se è difficile dirlo quattro mesi prima.
16:34 Flint: se Rafa non torna in condizione, Djokovic sarà il favorito. Inoltre, se nemmeno quest’anno potrà giocare negli Stati Uniti, ne trarrà giovamento dal punto di vista fisico, perché si presenterà fresco per la stagione sulla terra battuta.
17:12 Ubaldo: si ritroveranno a Montecarlo.
17:17 Flint: sì, non farà troppa differenza se Djokovic salta due tornei sul duro. Lui è determinato, ha vinto il suo secondo Roland Garros due anni fa e l’anno scorso ha perso nei quarti da Nadal. E’ dura batterlo, anche sulla terra rossa. È il secondo giocatore del mondo sulla terra battuta.
17:41 Ubaldo: grazie Flint, ottimo amico grande collega e… altri complimenti te li farò in privato!
Danilo Gori