Australian Open
Australian Open: Lehecka stende Auger-Aliassime, primo quarto Korda-Khachanov [VIDEO]
Prima vittoria ai danni di un Top 10 che certifica anche la qualificazione ai primi quarti Slam per il ceco. Korda vince al super tie-break del quinto contro Hurkacz e trova Khachanov che demolisce Nishioka

J. Lehecka b. [6] F. Auger-Aliassimr 4-6 6-3 7-6(2) 7-6(3)
Non aveva finora espresso prestazioni all’altezza del suo status nell’Australian Open 2023, Felix Auger-Alissime, raggiungendo gli ottavi di finale – lo scorso anno si era fermato ai quarti contro Medvedev con match ball a favore facendosi rimontare due parziali di vantaggio – dopo un percorso alquanto balbettante. Al contrario, diametralmente opposto era stato il rendimento nel torneo di Jiri Lehecka con il giovane ceco in grado di eliminare avversari e campioni Masters 1000 del calibro di Borna Coric e Cameron Norrie. Ebbene nel loro scontro odierno sulla Margaret Court Arena hanno confermato le indicazioni dei precedenti incontri, il numero 7 del mondo in seguito ad un ottimo primo set si è sciolto fragorosamente lasciando spazio, per la propria “scalata” in cattedra, alla maggiore completezza tecnica oltre che alle migliori abilità tattiche del numero 71 al mondo.
Ma dove è mancato di più, il 22enne di Montreal, è stato sul piano mentale: ancora una volta difronte ad un’opportunità ghiotta, grazie alle tante uscite premature delle teste di serie più alte, di involarsi verso la possibile conquista del suo primo Slam è crollato dimostrando di non possedere quel istinto agonistico necessario per riuscire a prendersi di forza certe occasioni che si palesano lungo il cammino della propria carriera. Eccezionale e freddissimo Jiri, che in un sol boccone ingurgita la prima vittoria ai danni di un Top Ten e i primi quarti Slam: è il primo ceco a spingersi così avanti in un Major da Tomas Berdych che quattro stagioni orsono perse proprio in Australia da Nadal. Ora attende il vincente del blockbuster Tsitsipas-Sinner. Proprio l’airone ellenico, dopo l’eliminazione del togolese, diviene sempre più il favorito per giungere in finale nella parte alta – in quella bassa qualche certezza forse ce l’abbiamo -. Ma speriamo vivamente di sbagliarci.
IL MATCH – Il primo set scorre via molto rapidamente con le risposte mai realmente pericolose, che al massimo si inerpicano fino a 30. Non si assiste infatti a nessun gioco, sui dieci complessivi del parziale, deciso ai vantaggi. Dunque queste iniziali premesse farebbero pensare ad un inevitabile tie-break come conclusione dirimente della frazione, e invece un piccolo strappo alla regole della battuta si palesa per indirizzare l’inerzia dell’incontro.
Il momento incriminato è il terzo game, quando il punteggio è in perfetta parità sull’1-1, dove Auger-Aliassime innalza prepotentemente i giri sul motore della propria ribattuta per rompere in maniera incontrovertibile l’equilibrio della sfida. Il canadese, difatti, si porta velocemente sullo 0-40 per poi suggellare lo strappo alla seconda opportunità utile. Tuttavia, Lehecka nonostante subisca il break non si fa influenzare dal primo scossone del match proseguendo la propria partita esprimendo un alto livello di tennis, con il quale tra l’altro il giovane ceco si era già presentato provvisto scendendo sul campo della Margaret Court Arena.
Lo scontro tattico, che fin dai primordiali scampoli della contesa, viene fuori dal confronto tra i due giocatori è una sfida di pressione da fondocampo abbinata ad un alto ritmo di gioco oltre che ad un’intensità feroce. Chiaramente attualmente, pur potendo contare su caratteristiche tecniche abbastanza analoghe, vi è una fisiologica differenza di livello e conseguente status al quale possono attingere nei frame più irti delle loro partite; ben rappresentata dalla distanza in classifica che li divide – dettata in parte da un tasso di esperienza obbiettivamente diverso, anche semplicemente per una questione anagrafica: sono nati lo stesso giorno, soltanto che ad un anno e tre mesi di distanza: Felix nato l’ 8 agosto 2000, Jiri nel novembre del 2001.
Ciononostante, il tennista in questo momento più indietro nel proprio percorso di crescita è sempre spettacolare da ammirare su un campo da tennis. Questo perché il n. 71 ATP appartiene a quella che è indiscutibilmente da sempre la scuola di formazione più abile nel costruire grandi colpitori, ovvero la capacità unica del mettere a punto tennisti in grado di impattare con il proprio piatto corde in maniera del tutto fluida, pulita, e totalmente decontratta. Un mix che fa sì, che all’eccezionale abilità nel percuotere meravigliosamente la palla attraverso movimenti preparatori perfetti e secchi; venga unita la giusta potenza per produrre la simbiotica perfezione del palleggio intenso semi-piatto. Un vero tocca-sano per gli occhi degli appassionati, che però può nascondere una latente insidia quando non si riesce nell’intento programmatico di sfondare l’avversario del giorno mediante la pressione da fondocampo: cioè quella, grazie ad un insieme dei fondamentali espressi con così tanta qualità, di mettere in “palla” anche un rivale che in quella giornata non lo è ma che nell’occasione specifica sfrutta le competenze altrui.
Perciò ammirare Jiri in azione, nostalgicamente, non può non riportare alla memoria le gesta di quel bellissimo colpitore – vien da sé con le ovvie differenze – che era Tomas Berdych: non a caso idolo tennistico dell’attuale n. 1 di Repubblica Ceca.
Tornando alla cronaca del match, come detto, il giovane tennista di Mlada Boleslav non si fa minimamente scalfire dal punteggio in essere dopo aver ceduto il proprio turno di servizio continuando a sfornare un’ottima prestazione da ogni punto di vista, sia sul pianto tecnico che mentale. Ma in particolare ciò che deve essere sottolineato con una speciale menzione d’onore, in seguito ad averne giustamente tessuto le lodi fondocampocentriche, è la grande manualità di cui Lehecka può godere nei pressi della rete: completo il repertorio dell’ex n. 59 al mondo, che è in grado di esibirsi al volo come meglio crede attraverso una chirurgica copertura alare.
Detto tutto questo, il parziale inaugurale va dritto dritto – ed è proprio il caso di dirlo, visto il valore di questo colpo nel gioco canadese – nelle fauci nordamericane. Il tennista di origini togolesi, infatti, si aggiudica il set iniziale per via di una scintillante resa di uno dei suoi due principali cavalli di battaglia: il colpo d’inizio gioco. Il 22enne di Montreal domina con il proprio fondamentale mettendo a segno i seguenti straordinari numeri, benché siano assolutamente nella consuetudine del suo bagaglio di opzioni: 3 ace, il 73% di prime palle in campo ma soprattutto il 79% di trasformazione. Più che però i dati in sé, ciò che maggiormente ha redatto il margine differenziale rispetto all’avversario è stata una specifica freccia della faretra a disposizione della sesta testa di serie: la prima esterna lavorata con traiettoria slice. Felix è infatti uno dei pochissimi giocatori del circuito, che su questo tipo di servizio è in grado di imprimere oltre che l’ovvio taglio anche una potenza non banale. Il che rende praticamente impossibile rispondere a cotale servizio quando è in giornata, almeno che non si abbia una strabiliante capacità nel leggere in anticipo la battuta altrui e nel farle pagare dazio tramite sovraumani riflessi da esprimere in frazioni di secondo – forse si contano sulle dita di una mano i tennisti al mondo che ne sono in grado, uno è certamente il cannibale serbo attualmente sofferente per un fastidio alla coscia sinistra.
I meriti del canadese, poi, si gonfiano ulteriormente andando a scovare le percentuali del servizio ceco: 68% di prime, 71% di realizzazione e addirittura un solidissimo 63% di punti vinti con la seconda. Ma in verità è proprio grazie alla seconda palla che l’allievo di Toni Nadal rende magistrale la sua performance in battuta – quantomeno finora – dove con il suo invidiabile 71% (5/7) viene da considerare quasi normale la percentuale ceca sul medesimo colpo – invece un dato superiore al 60% sulla seconda di normale ed ordinario non ha nulla.
Se però si ha voglia di rendere giustizia a tutti gli aspetti tattici offerti dal primo set, bisogna affermare – ma è proprio andare a cercare il pelo nell’uovo – che a volte Lehecka ha mostrato eccessiva frenesia nella ricerca del vincente. In talune circostanze, in particolare nei game di risposta, ha preferito una ribattuta definitiva ad una soluzione più interlocutoria che invece gli avrebbe garantito di iniziare lo scambio e sovraccaricare il semifinalista dello US Open 2021 di ulteriore pressione psicologica. Al contrario, un Felix a cui è stato permesso tutto sommato di poter gestire la frazione con relativa tranquillità mentale lo ha messo nelle migliori condizioni per esprimere tutta la propria consistenza nello scambio. E infatti la grande solidità da un lato, con un computo di errori leggermente superiore ai canoni a cui il ceco deve sottostare per far partita pari nel confronto odierno, pongono il punto esclamativo sul 6-4 in 37 minuti.
L’inizio di secondo set lasciava presagire un medesimo andamento con speculari caratteristiche rispetto al primo, anzi fino al 2-2 i servizi appaiono addirittura ancora più letali: soltanto due 15 concessi alle risposte. Ma poi qualcosa cambia, alcune dinamiche assumono una direzione che forse fino a quel momento era quasi totalmente imprevedibile, dei principi cardini interni all’ecosistema del match modificano profondamente il loro sviluppo.
Il giovane ceco, dopo comunque un ottimo primo set, sale in cattedra: inizia a mostrarsi decisamente più aggressivo di quanto già non lo fosse stato fino ad allora. Un atteggiamento offensivo contraddistinto da ripetuti attacchi verso la rete, peraltro in controtempo, con i quali fa ammirare compiutamente le proprie qualità balistiche districandosi tra pazzesche volée eseguite in contro-balzo e veroniche esemplari. Non è però solo questo deciso innalzamento del proprio livello sul piano della proposta offensiva che impressiona di Lehecka, ma anche la grande sagacia tattica nel saper scegliere il momento più consono per accelerare oppure quando decifrare l’attimo in cui è più efficacie giocare maggiormente in sicurezza. E questa abilità nel “fare le cose giuste in campo” permette a Jiri di riuscire ogni volta che ne avverte la necessità, di cambiare l’inerzia dello scambio e del proprio stato all’interno del punto passando rapidamente – in quello che è prima uno scatto mentale e poi tecnico – da una fase difensiva ad una di protagonismo.
A queste evidenti basi di crescita del ceco fa da contro-altare una risoluta flessione del canadese, come spesso accade nel nostro amato sport quando un giocatore sale, l’altro scende. E il calo di Felix è di quelli fragorosi. D’improvviso smarrisce la solidità dei colpi, dovuta in parte anche ad una ricerca di palla che normalmente potendo affidarsi al proprio fantastico gioco di piedi è di statura talmente elevata da poter essere considerata senza dubbio una delle migliori del circuito. Venendo meno questo aspetto e abbinandolo anche ad un oggettiva perdita di consistenza della battuta canadese dovuta all’aggressività del più giovane rivale, con cui Jiri ruba costantemente tempo al primo colpo in uscita dal servizio di Felix, che matura il 6-3 a favore di Lehecka grazie all’unico break del set nell’ottavo game al termine di 36 minuti di durata.
Il finalista delle Next Gen ATP Finals meneghine dell’edizione 2022 ora ha il vento completamente in poppa, mentre Auger-Aliassime deve necessariamente cercare di riprendere l’iniziativa perché lasciarla nelle mani del ceco vorrebbe dire non poter più comandare con il proprio dritto. E per riuscirci, il servizio del nativo di Montreal deve per forza di cose ritornare sui suoi standard per garantirgli conseguentemente di riappropriarsi della propria consistenza – alcuni gratuiti sono stati veramente marchiani come ad esempio un dritto a chiudere in avanzamento affossato sotto il nastro – e far sì che i suoi colpi liftati diano gli effetti sperati. Perché infatti, adesso, i drittoni carichi di Auger fanno solo il solletico alle fiammate di forza, velocità e tocco del semifinalista in carica dell’ATP 500 di Rotterdam.
Tuttavia pur animato dalle migliori intenzioni, gli obbiettivi del n. 1 del movimento della Foglia D’Acero vengono agguantati soltanto parzialmente: il canovaccio della sfida difatti rimane invariato e pedissequo nell’andamento avuto dal secondo parziale. FAA ritrova unicamente il suo portentoso servizio, al contrario degli altri aspetti del suo gioco che continuano a manifestarsi non all’altezza del proprio reale valore – corposità da fondo e pericolosità in ribattuta – come invece avevano dimostrato nel primo set. Ciononostante grandissimo plauso al ceco, che non accenna ad essere vittima della ben che minima flessione o qualsivoglia tipo di rilassamento. E’ una rincorsa continua, quella del giovane ceco, che trascina il dirimpettaio di campo ad offrire palla break a ripetizione: un paio nel settimo gioco e ancora una nell’undicesimo. E pensare che il set avrebbe potuto avere tutt’altro avvio considerando che il ceco ha rischiato seriamente di andare sotto in apertura di parziale, una palla break frantumata nel secondo game – sarà l’ultimo reale momento di sofferenza del suo incontro.
Ma come anticipato, l’unico appiglio del proprio gioco a cui il canadese può aggrapparsi è il servizio. Anche se per onestà intellettuale bisognerebbe ricordare come in questo parziale commetta la bellezza di quattro doppi falli. Effettivamente è proprio Felix stesso molte volte ad inguaiarsi con la proprie mani, nonostante comunque l’efficienza della ribattuta ceca, concentrando i suoi doppi errori in altrettanti turni di servizio. Per sua fortuna, dinanzi ai break point ritorna in modalità chirurgica pescando dal cilindro provvidenziali punti diretti – o dirsi voglia anche ace – per sventare i pericoli corsi. Tuttavia sopravvivere sul filo del rasoio, avendo osservato in continuazione dall’altra parte della barricata il precipizio nel quale si è costantemente rischiato di sprofondare, sottrae al quartofinalista della scorsa edizione del torneo ulteriore sicurezza e fiducia nei propri mezzi oltre che tranquillità nel gestire i vari momenti di tensione ai quali sta andando incontro.
Esemplari in tal senso, quelle rare volte in cui il canadese prova vanamente ad uscire dello scambio con pessime esecuzioni di smorzate che lasciano trasparire lo stato d’animo impaurito di Felix, totalmente tramortito da ciò che sta accadendo. Ma arrivati al dunque, il tie-break, al quale si è unicamente giunti per la straordinarietà del servizio canadese nei momenti più delicati: non vi è storia. Deciding game dominato dal giovane ceco che non smette di stupire per l’autorità da ogni punto di vista con cui sta conducendo la sfida. 12esimo gioco aperto da una stecca di dritto del canadese e che in pochissimi minuti, vede Lehecka involarsi sul 6-0. Il terzo set point è quello buono, 7-6(2) (1h10′) che certifica il meritato sorpasso di Jiri.
Sfavillante non solo in fase propositiva, il classe 2001 si esibisce anche in stupendi passanti in recupero su attacchi in avanti garibaldini del canadese, che ormai non sa che pesci prendere. Il quarto parziale segue regolarmente l’alternanza delle battuta, per giungere così al momento della verità: sul 5-4, Felix serve per rimanere nel match. Va sotto 15-30, ma ancora una volta il servizio – ora meno spinto ed eseguito più in controllo per evitare di dover ricorrere alla seconda – tiene a galla la testa di serie numero 6 del tabellone. Al contrario dimostra ancora per l’ennesima volta, una lucidità disarmante il tennista della Repubblica Ceca che non concede nulla in battuta per tutto il parziale – l’ultima palla break offerta ad inizio terzo set, in seguito non ha concesso mai tre punti nello stesso turno -. Altro tie-break, e Auger si scioglie definitivamente davanti alla freddezza impassibile di Jiri. Nuovamente dinanzi al tanto agognato ultimo tassello per poter andare a caccia del colpo grosso, il canadese è mancato di killer instinct e la cartuccia gli è rimasta in canna. Tuttavia eccezionale prova del 71 ATP, che chiude la sua prima qualificazione ai quarti di uno Slam con il 7-6(3), dopo quasi tre ore e venti di un’entusiasmante prestazione da parte sua.
[29] S. Korda b. [10] H. Hurkacz 3-6 6-3 6-2 1-6 7-6(7) (Danilo Gori)
Sebastian Korda prosegue la sua felice estate australiana ed estromette dal tabellone di Melbourne il numero dieci del seeding, Hubert Hurkacz. Il polacco, sempre in total glicine, impone il proprio pressing nella parte iniziale della contesa, ma cala con il servizio e lascia spazio progressivamente al gioco più brillante del classe 2000 della Florida. Riesce a spingere la contesa al quinto, ma nel tie-break finale commette troppi errori. Per quanto riguarda il neoquartista, il nuovo sodalizio con “zio” Radek Stefanek prosegue per il meglio; Petr, padre di Sebastian e campione a Melbourne nel 1998, fu a sua volta coach di Radek, “e probabilmente io sarò il coach delle figlie di Radek” ha previsto qualche giorno fa un allegro Seb.
Korda porta così in parità gli scontri diretti, “vendicando” la sconfitta in due set patita nella finale di Delray Beach del 2021 e affronterà nei quarti Khachanov, vincitore di Nishioka.
IL MATCH
Hurkacz parte meglio, in virtù di una prima palla di servizio efficacissima. Nei primi due giochi al servizio raggiunge il 93% di conversione e approfitta dell’unica palla break di tutto il set, nel secondo gioco. Korda non avrà più distrazioni nel corso della frazione, ma non riuscirà mai a fare male all’avversario nei turni di risposta; inoltre, si dovrà preoccupare per tutto l’arco del parziale della sua prima palla, che entra nel 43% dei casi, e della seconda palla, con cui conquista solo il 38% dei punti. In trentaquattro minuti il set è targato Polonia.
La contesa cambia aspetto nel secondo parziale; l’americano prende le misure della seconda palla di servizio di Hurkacz, e riesce a mettere in pratica alcune variazioni di ritmo soprattutto con il rovescio, anche slice a una mano. Ora il polacco è costretto a spostarsi di più e il suo pressing perde di consistenza.
La svolta nel sesto gioco: Hurkacz vince i primi due punti, ma subisce il ritorno del tennista della Florida. Con l’aiuto di un net favorevole ma anche con una splendida volée incrociata di rovescio (per lui un ottimo sei su sette nei pressi della rete) si porta a casa il break. Nei due successivi turni di battuta Korda concede unicamente due punti e riequilibra in questo modo il conto dei set.
Nella terza frazione si consolida la tendenza appena descritta. Il figlio di Petr prende ancora più coraggio e continua a variare i colpi, giocando palle senza peso che sabotano il gioco schematico della testa di serie numero dieci. Per venti minuti circa l’americano imperversa; nel game di apertura conquista due palle break consecutive, le fallisce ma beneficia subito di un’altra, grazie a un doppio fallo quanto mai inopportuno del rivale. La terza chance è quella giusta, e sull’abbrivio si aggiudica altri tre game.
Dopo aver commesso quindici errori non forzati nei primi cinque game del parziale, il giocatore di Wroclaw rimette ordine nel proprio gioco e arriva a conquistarsi due palle per riprendersi almeno uno dei break di ritardo. Ma è di nuovo falloso, e Korda chiude il set all’ottavo gioco.
Hurkacz decide che è il momento di pensarci sopra, e chiede il toilet break. E in effetti al rientro il polacco sembra un altro: per tutto il quarto parziale terrà un ottimo 92% di efficacia con la prima palla, senza concedere nemmeno un’occasione per il break, e sfruttandone a suo favore tre su cinque. Korda al contrario scende di efficacia con la battuta; appare più stanco, e non riesce ad applicare il gioco estroso che gli ha consentito di vincere nettamente le frazioni centrali. Scende a rete qualche volta e ottiene risultati non disprezzabili, ma il suo avversario sbaglia pochissimo e in trentanove minuti il match approda al quinto set.
In apertura di parziale Korda interrompe una striscia perdente di cinque giochi, e Hurkacz commette due errori evitabili, soprattutto con un rovescio lungo, che aiutano l’americano a rientrare anche mentalmente nella partita e a riprendere fiducia. Rivedendo il game alla luce del risultato finale, il polacco in questa occasione ha gravemente mancato di cattiveria.
Ora, infatti, anche il tennista di Wroclaw, che gioca il set decisivo per la terza volta nel torneo, sembra stanco. Entrambi i contendenti chiedono il massimo alle rispettive battute; nei primi sei game ci sono solo quattro punti contro il servizio. A costo di commettere qualche errore il polacco cerca qualche rischio in più, ma Korda chiude ugualmente il settimo gioco con una stop volley di rovescio slice e Stepanek in persona chiede l’incitamento del pubblico.
In questo frangente i contendenti faticano a costruirsi buone occasioni, a meno che queste non vengano concesse dall’avversario. Nell’undicesimo gioco Korda commette due errori non forzati e si trova 15-40, ma il rivale spreca con due rovesci in rete. Non succede più nulla di rilevante e si approda al tie-break lungo.
Il gioco decisivo è in realtà pieno di errori da entrambe le parti; Korda sbaglierà ben quattro rovesci, ma sarà Hurkacz a dolersi per uno schiaffo al volo di dritto facilissimo che manda lo sfidante in vantaggio per sette a tre. Il polacco rimonta e impatta, ma è l’ultimo sussulto per lui, e il biondo di Bradenton fa centro alla prima palla-match con uno splendido passante del suo rovescio ballerino.
Nei quarti di finale il figlio di Petr affonterà Karen Khachanov che ha letteralmente demolito il giapponese Nishioka cominciando il match addirittura con un doppio 6-0. Nei primi 2 set i parziali sono stati 27 punti a 11 e un incredibile 24-2 nel secondo set con il giapponese furibondo. Nel terzo set arriva finalmente la reazione dopo una serie di 14 giochi a 0. Nishioka ha anche due palle break per andare a servire per il set sul 4-4 senza successo. Si arriva al tie-break e Khachanov dà la spallata finale vincendo gli ultimi 4 punti consecutivi dal 3-4. Per Khachanov si tratta del 4° quarto di finale in uno Slam, il secondo consecutivo dopo la semifinale raggiunta a New York la scorsa estate
Australian Open
Wozniacki, Raducanu, Osaka, Kerber… Quali wild card all’Australian Open 2024?
Decisione difficile per Tennis Australia: tante giocatrici di grande richiamo non avranno la classifica per entrare in main draw

L’Australian Open 2024 si preannuncia essere uno Slam di grandi rientri per il tennis femminile: diverse giocatrici sono state fuori per tempo dal circuito e sono “nobili decadute” della classifica, di conseguenza non hanno il ranking per partecipare al primo Slam della stagione. Su tutte c’è Caroline Wozniacki, che ha già annunciato di aver terminato la stagione 2023 dopo l’ottavo raggiunto allo US Open perdendo in tre set contro Coco Gauff. La danese è rientrata alla grande dopo la doppia maternità ed è risalita al numero 242 del ranking. In conferenza stampa ha annunciato che Melbourne sarà un grande obiettivo all’inizio del prossimo anno: verosimilmente un invito andrà alla campionessa dell’edizione 2018.
Non solo la 33enne di Odense: proverà a rientrare anche un’altra neo-mamma come Naomi Osaka. La giapponese, due volte campionessa in Australia, aveva dichiarato ancora prima di Wozniacki di voler tornare in campo appena dopo aver concluso la prima maternità.
Stesso discorso per Angelique Kerber, vincitrice del primo Major dell’anno nel 2016: la tedesca ha espresso più volte la volontà di rientrare. La tedesca potrebbe usufruire però del ranking protetto. Chi non si vuole arrendere è Venus Williams che ha ottenuto qualche buon risultato in questo 2023 e cerca di continuare per togliersi qualche altra soddisfazione.
La prossima stagione vedrà anche il rientro di Emma Raducanu dopo tre interventi chirurgici, a entrambi i polsi e alla caviglia: anche la britannica può utilizzare il ranking protetto.
Capitolo a parte riguarda invece Garbine Muguruza e Simona Halep. La spagnola si è presa quest’anno una pausa di riflessione dal tennis, ma nel 2024 vuole tornare a competere. L’iberica è stata finalista degli Open d’Australia nel 2020. Finalista nel 2018 in Australia la rumena, che vedrà scadere la sua sospensione per doping. Tantissime giocatrici in lizza per le sei wild card disponibili: vedremo quali saranno le scelte di Tennis Australia.
Australian Open
Wimbledon: Sonego-Berrettini il ventunesimo derby azzurro negli Slam, Fognini l’italiano ad averne disputati di più
11 Roland Garros, 5 Wimbledon, 3 US Open, un solta volta a Melbourne: così suddivisi i derby italiani nei Majors

A distanza di poco più di tre settimane dal loro incrocio sull’erba di Stoccarda, Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini daranno vita, nel primo turno dell’edizione 2023 di Wimbledon, al ventunesimo derby italico che si consumerà nella prestigiosa cornice dei tornei del Grande Slam.
I derby di Wimbledon
Se poi si vuole limitare il campo di analisi al “solo” Church Road, quello tra il torinese ed il romano, sarà il sesto incontro con protagonisti due tennisti azzurri ad affrontarsi nella storia dello Slam londinese che va in scena sul suolo di Sua Maestà. Il capostipite, in tal senso, dei Championships è stato il match di 43 anni fa, correva quindi il 1980, fra Adriano Panatta e Corrado Barazzutti: una partita di secondo turno che vide l’Adriano Nazionale aggiudicarsi la sfida con Barazza, compagno di squadra in Davis, solamente al quinto set per 1-6 6-3 6-4 3-6 6-1. Piccola curiosità relativa al contorno, o se preferite all’antipasto, di quello scontro “nostrano” è rappresentata dal fatto che Corrado al round precedente superando lo statunitense Scott Davis ottenne il primo ed unico successo della carriera sui sacri prati.
Da quella partita fratricida in salsa tricolore sul perfetto manto erboso di SW19, trascorrono 11 lunghi anni prima di poter riammirare – con annesso plotone emotivo che ne consegue – un altro derby italiano nella medesima prova Major: il teatro che ospita lo spettacolo infatti è sempre lo stesso, ancora Wimbledon, ma nel 1991 i “nuovi” volti sono quelli di Omar Camporese e Claudio Pistolesi. Da annotare anche una piccola differenza a livello di momento nel tabellone in cui il duello prende vita, non i trentaduesimi bensì i sessantaquattresimi: alla fine della fiera, però, cambia poco. Vince il bolognese con lo score di 6-1 6-3 2-6 6-3.
Il terzo derby azzurro consumatosi nel torneo più famoso del Pianeta è decisamente più recente, rintracciabile nel primo quinquennio del ventunesimo secolo: era il 2005, e tra un giovane Andreas Seppi ed un esperto Davide Sanguinetti – i 21 anni del bolzanino contro le 33 candeline del viareggino – ad avere la meglio fu il maggiore chilometraggio del tennista toscano che si impose nettamente in scala discendente 6-3 6-2 6-1. Esattamente un anno dopo, dunque con il ritmo dei sorteggi malandrini che accoppia uno contro l’altro esponenti della racchetta del Bel Paese in considerevole aumento rispetto al passato, al 2°T e nel quarto derby verde-bianco-rosso di sempre sull’erba più sublime che esista Daniele Bracciali trionfava in quatto parziali sul padovano Stefano Galvani.
L’ultimo, prima di Sonny-Berretto, è datato 2018 con gli amici “Chicchi” di mille avventure in doppio Simone Bolelli e Fabio Fognini a doversi misurare con le ripercussioni psicologiche che un tale faccia a faccia poteva portare in dote: a spuntarla fu il più forte in quel preciso frame storico delle loro carriere sulle superfici rapide, il ligure staccò il pass per i sedicesimi in virtù del 6-3 6-4 6-1 finale.
Negli altri tre appuntamenti Slam del calendario, l’Italia tennistica nella storia di questo sport ha così distribuito i suoi 20 derby: 11 al Roland Garros, 5 a Wimbledon, 3 allo US Open, 1 all’Australian Open.
Fognini il tennista azzurro ad aver giocato, e vinto, più derby tricolore
Il tennista azzurro che in assoluto ha disputato più volte un derby Slam è il taggiasco Fabio Fognini, la bellezza di 5 scontri con connazionali a tentare di contrastarlo dall’altra parte delle rete sulla lunga distanza: a Melbourne ha sconfitto Salvatore Caruso nel 2021, nella Parigi terrosa ha superato sempre Andy Seppi sia nel 2017 che nel 2019, cinque stagioni orsono all’All England Club la già menzionata vittoria di Fogna si è materializzata a discapito del fido Bolelli. Infine, a completamento del proprio personale Career Grand Slam a livello di derby giocati c’è l’unico KO con Stefano Travaglia a New York nel 2017.
A quota tre derby nei Majors ci sono invece Barazzutti e Seppi; a 2 Bolelli, Bracciali e Sanguinetti.
Vale la pena anche ricordare come nessun derby azzurro Slam sia andato in scena oltre il 3°T, non abbiamo mai assistito ad un ottavo di finale tutto italiano per capirsi. I sedicesimi nella storia – in assoluto, non soltanto nell’Era Open – Majors sono stati 3: De Morpurgo-Bonzi all’Open di Francia del lontanissimo 1929, Paolo Lorenzi – Thomas Fabbiano nel 2017 a Flushing Meadows e dulcis in fundo Lorenzo Musetti contro Marco Cecchinato al RG del 2021, l’ultimo tutt’ora.
Ma adesso siamo pronti per scrivere un altro capitolo, il ventunesimo: Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini fateci divertire.
ATP
Numeri: il dominio di Djokovic nel tennis maschile dal 2011 ad oggi
Dalle settimane trascorse al numero uno al confronto contro gli altri grandi: Ferruccio Roberti raccoglie alcuni dati che testimoniano chi sia stato il più grande di quest’era tennistica

62 – Il numero percentuale delle settimane trascorse come 1 ATP da Novak Djokovic dal 4 luglio 2011 -giorno successivo alla prima vittoria di Wimbledon che lo proiettò sulla cima del ranking – a oggi. Una cifra di per sé impressionante che probabilmente sarebbe potuta essere ancora più significativa se il serbo non avesse saltato la seconda parte del 2017 e se l’anno scorso non avesse scelto di mettersi nelle condizioni di non poter partecipare a due Slam e quattro Masters 1000 (e a Wimbledon i punti fossero stati assegnati).
Altri numeri aiutano a comprendere meglio quanto fatto dal serbo dalla seconda metà del 2011 ad oggi: dal luglio di dodici anni fa ha vinto 19 dei 42 Slam (il 45,2%) e 29 dei 75 (38,6%) Masters 1000 a cui ha preso parte. In questo stesso periodo ha vinto 190 dei 245 (77.6%) match disputati contro colleghi nella top ten e, più in generale, si è imposto in 670 dei 768 incontri disputati (l’87,2%, una percentuale che sale al 89.3 considerando solo le partite non giocate sulla terra rossa). Della prima top 20 che lo vide al numero 1 sono rimasti sul circuito Nadal, Murray, Monfils, Gasquet e Wawrinka, mentre in quella attuale solo l’immenso campione maiorchino e Carreno Busta erano già tennisti professionisti nel momento in cui Djokovic salì per la prima volta al numero 1 del mondo.
Non per fare inutili paragoni tra campioni che hanno avuto ciascuno la loro fantastica parabola, ma per comprendere meglio questo approfondimento sul periodo che parte da quando Nole è diventato numero 1, si può osservare come solo Nadal, di un anno più grande di Djokovic, ha avuto numeri in qualche modo paragonabili al serbo. In questo lasso temporale Rafa ha comunque vinto dodici Slam e diciassette Masters 1000, occupando la prima posizione del ranking ATP per 107 settimane, ma perdendo 18 dei 31 scontri diretti giocati con Novak e sconfiggendolo solo 2 delle 14 volte in cui lo ha affrontato lontano dalla terra battuta. Ancora più pesante lo score con l’altro leggendario “big three”, Roger Federer: nato quasi sei anni prima di Djokovic, compiva di lì a un mese 30 anni la prima volta che Nole diventava numero 1 e ha inevitabilmente pagato la differenza d’età. Ad ogni modo, l’immenso campione svizzero nel periodo che stiamo analizzando ha vinto 4 Slam e 11 Masters 1000, è stato numero 1 ATP per 25 settimane complessive e contro Nole ha vinto 9 delle 27 volte in cui si sono confrontati.
Quando domenica scorsa ha sconfitto in finale degli Australian Open Stefanos Tsitsipas il serbo aveva 35 anni 8 mesi e 6 giorni, ma non è un record: sei volte è accaduto che tennisti più anziani del serbo vincessero uno Slam (il primato assoluto è di Ken Rosewall, che vinse gli Australian Open del 1972 avendo compiuto da poco più di un mese i 37 anni). Così come non è un record di longevità il ritorno al numero 1 del ranking ATP da parte di Djokovic: Roger Federer nel giugno 2018 lo è stato a meno di due mesi dal compiere 37 anni. Quel che impressiona di Nole è piuttosto come a quasi 36 anni riesca ad avere non solo elevatissimi picchi di rendimento -non impossibili ai campioni come lui- ma anche di continuità, una caratteristica molto più rara per gli over 35 negli sport professionistici. A tal riguardo basti pensare che sconfiggendo Tsitsipas pochi giorni fa il serbo ha vinto 38 degli ultimi 40 incontri giocati (e tutti gli 11 match nei quali ha sfidato colleghi nella top 10).
Par | Tit. | Fin. | Part. Gioc. | Part. Vin. | Part. Per. | % Vitt. | % set vinti | % game vinti | % t.b. vinti | |
Australian Open | 18 | 10 | 0 | 97 | 89 | 8 | 91.8 | 82.9 | 62.3 | 63.8 |
Roland Garros | 18 | 2 | 4 | 101 | 85 | 16 | 84.2 | 77.1 | 60.2 | 55.9 |
Wimbledon | 17 | 7 | 1 | 96 | 86 | 10 | 89.6 | 78.7 | 58.6 | 67.2 |
US Open | 16 | 3 | 6 | 94 | 81 | 13 | 86.2 | 76.0 | 60.0 | 61.4 |
Indian Wells | 14 | 5 | 1 | 59 | 50 | 9 | 84.7 | 76.3 | 59.7 | 69.6 |
Miami | 13 | 6 | 1 | 51 | 44 | 7 | 86.3 | 82.1 | 61.6 | 83.3 |
Monte Carlo | 15 | 2 | 2 | 48 | 35 | 13 | 72.9 | 67.0 | 58.0 | 80.0 |
Madrid | 12 | 3 | 0 | 39 | 30 | 9 | 76.9 | 69.6 | 56.0 | 50.0 |
Roma | 16 | 6 | 6 | 74 | 64 | 10 | 86.5 | 76.0 | 59.6 | 63.2 |
Montreal/ Toronto | 11 | 4 | 1 | 44 | 37 | 7 | 84.1 | 79.4 | 58.0 | 73.3 |
Cincinnati | 14 | 2 | 5 | 52 | 40 | 12 | 76.9 | 71.1 | 56.3 | 61.1 |
Shanghai | 9 | 4 | 0 | 39 | 34 | 5 | 87.2 | 81.4 | 61.4 | 71.4 |
Parigi Bercy | 16 | 6 | 3 | 54 | 45 | 9 | 83.3 | 74.2 | 58.3 | 70 |
O2 Arena (ATP Finals) | 11 | 4 | 2 | 46 | 34 | 12 | 73.9 | 68.3 | 56.5 | 70.6 |
Dubai | 12 | 5 | 1 | 50 | 43 | 7 | 86.0 | 78.4 | 59.8 | 69.2 |
Non c’è un centrale che ha fatto la storia recente del tennis a non aver conosciuto le vittorie di Novak Djokovic, unico tennista ad aver conquistato almeno due volte tutti gli Slam, tutti i Masters 1000 (e le ATP Finals). Il decimo successo agli Australian Open, torneo che in assoluto ha vinto più di tutti, fa supporre che con ogni probabilità la Rod Laver Arena sia il campo dove si giocherebbe la sua partita della vita. Più per ricapitolare qualche numero della sua carriera a beneficio dei lettori che per ricavare un dato oggettivo (nel susseguirsi delle edizioni di uno stesso torneo cambiano in parte le condizioni di gioco, basti pensare ad esempio alle modifiche apportate alla superficie e/o alle palline), sono andato a recuperare alcune sue statistiche nei tornei più importanti del circuito e in quelli nei quali ha giocato un elevato numero di match, come Dubai. Dalla tabella in cui sono raccolti i dati arriva la conferma che in effetti gli Australian Open sono il torneo in cui Djokovic ha il più alto rendimento e non solo perché è quello a cui ha preso parte più volte (18, così come al Roland Garros). A Melbourne il serbo vanta la miglior percentuale di vittorie rispetto ai match giocati (91.8%) e di set vinti rispetto a quelli disputati (82.9%). Ovviamente, non sorprende che un sette volte vincitore di Wimbledon abbia numeri eccellenti anche sui campi di Church Road, mentre un pochino stupisce che gli Internazionali d’Italia – dove vanta un ottimo score con sei successi e altrettante finali – siano il torneo sul rosso dove si esprime meglio e in assoluto uno dei migliori per il suo rendimento. In ogni caso numeri incredibili: solo a Monte Carlo, Madrid e Cincinnati (la O2 Arena dove si giocavano le Finals è un discorso a parte, vista l’altissima caratura degli avversari) non ha vinto almeno l’80% delle partite. Not too bad…