Australian Open, Shelton: “Forse cinque o sei statunitensi in top 20 entro l'anno”

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Australian Open, Shelton: “Forse cinque o sei statunitensi in top 20 entro l’anno”

“Grandi speranze per il tennis Usa con Paul, Korda, Brooksby e gli altri. Spero di farne parte” dice Ben Shelton. E, dopo le esperienze positive dei suoi primi tornei fuori dagli States, insiste: “Non vedo l’ora di giocare sulla terra battuta e sfruttarne i rimbalzi”

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Ben Shelton - Australian Open 2023 (foto Twitter @usta)
 

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Si è fermata contro il connazionale Tommy Paul la corsa di Ben Shelton, ventenne di Atlanta lo scorso maggio ancora fuori dai primi 500 del ranking. Numero 89 all’inizio dell’Australian Open, lunedì prossimo salirà al 43° posto, classifica che gli permetterà di entrare in tutti i tornei del circuito senza passare dalle qualificazioni, peraltro affrontate sono due volte nella sua finora brevissima carriera pro – US Open 2021 e Adelaide 1 all’inizio di quest’anno.

Nonostante la sconfitta, Ben affronta i giornalisti con impressioni positive. “È stata un’esperienza fantastica” dice subito, “è stato divertente essere in campo per il mio primo quarto di finale Slam. Credo di aver giocato bene. Avrei potuto fare meglio alcune cose, forse la prossima volta le farò in modo diverso”.

D. Sorridevi uscendo dal campo, cosa ti è piaciuto qui in Australia?

“Il pubblico, gli spettatori sono stati incredibili, mi hanno sostenuto. Non me lo aspettavo, essendo americano, ma mi hanno considerato uno di loro. Sono andato ben oltre le mie aspettative, non solo dal punto di vista tennistico, ma vincere tutti questi incontri al meglio dei cinque set. Ne avevo giocato solo uno prima.”

D. Cosa hai imparato su di te in queste due settimane?

“Di avere la capacità di essere tosto in campo, di resistere per cinque set contro un bel po’ di gente. Questo è incredibilmente positivo, non solo per il mio tennis ma anche per la mentalità, per aver saputo mantenere il livello”.

D. Cosa ha fatto davvero bene Tommy, oggi?

“Tante cose. È stato bravo a tenere la battuta servendo per la sua prima semifinale Slam. So che io sarei stato parecchio teso in quella situazione. È stato anche molto solido da fondo ed è stato bravo a muovermi, a tenermi fuori equilibrio. Ottimo con il rovescio, lo ha tenuto basso, rendondomelo difficile da attaccare. Tra quello e come ha servito e risposto, per me è stato molto complicato.”

D. Hai parlato di tornare a lezione e dare degli esami. Quale sarà il prossimo torneo? E la programmazione per il resto della stagione?

“Il prossimo sarà negli Stati Uniti, non so ancora se Dallas o Delray. Le lezioni sono online, posso farle di sera in hotel, non mi cambiano la routine. Qualche problema se gli esami coincidono con i giorni di viaggio. Finora me la sono cavata.”

D. Con il tuo prossimo ranking, potrai partecipare a qualsiasi torneo. Hai giocato quasi solo sul duro, cosa ti aspetti dalla terra battuta e dall’erba?

“Non vedo l’ora di giocarci. Penso che il mio giochi si adatti alla terra, userò i rimbalzi alti a mio vantaggio, farò le scivolate. L’esperienza nuova sarà giocare tanto fuori dagli Usa.”

D. Hai mai giocato sulla terra rossa?

“Sì, mi ci sono allenato qualche settimana al Centro Usta di Orlando, lì c’è quella italiana. Ancora nessun torneo, però.”

D. Da parecchio non c’è un vincitore Slam statunitense, Tommy è il primo semifinalista qui da quasi 15 anni. Con il vostro gruppo, il tennis Usa sta tornando alla ribalta?

“Lo spero. Ne parlavo con il mio coach, dicevo, non vedo perché entro l’anno non possiamo essere in cinque o sei in top 20, visto come stanno giocando alcuni dei ragazzi che ancora non sono tra i primi venti. Ci sono grosse speranze per il nostro tennis e spero di farne parte.

D. Un ricordo particolare di questo tuo primo viaggio fuori dagli Usa?

“Il match contro Popyrin mi resterò dentro per un po’, l’atmosfera sulla John Cain. Uno dei match più fighi di cui sono stato parte, tipo Coppa Davis (sorride).”

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