Di Scott Spits, The Age, pubblicato il 25 gennaio 2023
In questo Australian Open stiamo vedendo scambi che vanno davvero per le lunghe. Le partite maschili durano in media 25 minuti in più di quelle giocate nell’edizione del 2021 e i singoli punti sono più lunghi sia a livello di durata che di numero di colpi di ogni scambio. Questo fatto sicuramente non sorprenderà quegli irriducibili che la scorsa settimana sono rimasti incollati a guardare Andy Murray e Thanasi Kokkinakis darsi battaglia per quasi sei ore fino alle 4 del mattino. Non si meraviglieranno neppure coloro che hanno assistito a quell’incredibile scambio di ben 70 colpi tra l’australiano Jason Kubler e il russo Karen Khachanov nelle prime fasi del torneo.
Tuttavia, i dati ufficiali dell’Open australiano analizzati da The Age e dal Sydney Morning Herald dimostrano come la lunghezza di punti e partite siano parte di un trend che gli esperti attribuiscono a una serie di fattori, tra cui la qualità delle palle, la prestanza fisica degli atleti e il sospetto che i giocatori sfruttino fino in fondo il limite massimo di 25 secondi per servire (regola originariamente introdotta negli Slam dal 2018 per minimizzare le perdite di tempo – quando si dice l’ironia…).
Guardando i primi quattro turni del torneo maschile a Melbourne Park, ossia quelle 120 partite che hanno sfoltito il campo dei tennisti in gara e permesso a otto eletti di approdare ai quarti di finale, gli spettatori paganti hanno avuto una possibilità su quattro di assistere a battaglie di cinque set. Ben 29 partite nelle prime otto giornate a Melbourne sono arrivate al quinto set. Un picco. Infatti soltanto 20 partite nel 2021 e 19 nel 2022 sono state così lunghe all’Australian Open. Nel 2020 a Melbourne Park le partite finite al quinto set sono state 27.
Le partite maschili dei primi quattro turni sono durate in media 172 minuti, che, tradotte, sono quasi tre ore di gioco. Trattasi di un aumento di 25 minuti (circa mezzo set) rispetto alle partite giocate lo Melbourne Park nel 2021 e di un incremento evidente rispetto ai 165 minuti a partita dello scorso anno. La domanda è: quali sono gli elementi che comportano un aumento dei tempi di gioco, col risultato di mettere ulteriore pressione sulla programmazione, che ormai si dilunga fino quasi all’alba?
In primis si potrebbe puntare il dito contro le prestazioni delle palline Dunlop, messe in discussione da vari giocatori tra cui Rafael Nadal e Felix Auger-Aliassime. Sgonfie e morbide, non è chiaro se le loro caratteristiche influiscano sulla durata dei punti. Secondo Tennis Australia i motivi sarebbero molteplici, tra cui: il medical timeout; la pausa tra la fine di un set e l’inizio di quello successivo; le conseguenze involontarie dovute alla presenza dello shot clock in campo.
Marchar Reid, dirigente dell’area innovazione di Tennis Australia, ha affermato che l’attenzione dello sport era focalizzata meno sul problema della durata complessiva delle partite e maggiormente su altri trend. “Chiaramente la durata delle partite dipende da molti fattori,” ha detto Reid. “E’ una forma d’arte imperfetta, sotto certi punti di vista. Dipende sia dalle pause tra i set che dai medical timeout in caso di infortunio – quest’anno abbiamo visto un incremento di entrambi. In più, c’è da considerare il fattore cronometro durante il servizio che, si sa, può essere soggetto a variazioni”.
Tuttavia gli esperti di statistiche tengono d’occhio il tempo medio giocato per ciascun punto e hanno notato un graduale aumento. Un incremento che, curiosamente, Tennis Australia dice essere alquanto evidente nel tennis maschile. “Da circa quattro anni a questa parte, e curiosamente gli effetti sono maggiormente accentuati nel gioco maschile rispetto a quello femminile, parlando di tempistiche quando la palla è in gioco, per i maschi si sono aggiunti un paio di decimi di secondo in più per scambio” ha detto Reid.
La durata dei punti è aumentata a 6.2 secondi quest’anno a Melbourne Park; un balzo di due decimi di secondo rispetto ai numeri del 2022. Trattasi dello stesso tipo di incremento verificatosi il gennaio scorso rispetto alle statistiche del 2021. Quest’anno la lunghezza degli scambi è salita a una media di 4.4 colpi. Quattro anni fa bastavano in media 4 colpi per aggiudicarsi un punto. “Curiosamente, però” ha detto Reid “non vi sono aumenti di velocità di palla degni di nota. Sia il dritto che il rovescio dei maschi rimangono velenosi; il servizio è diventato leggermente più determinante, ma la vera differenza si osserva sul piano fisico.”
I dati raccolti da Tennis Australia indicano che i progressi fisici dei tennisti migliori, quali per esempio Alex de Minaur e Novak Djokovic, permette loro di recuperare un maggior numero di palle, di coprire il campo molto meglio e di gestire bene cambi direzionali di palla ad alta velocità. L’insieme di questi fattori ha chiaramente contribuito ad aumentare la durata dei punti.
“In termini statistici, gli scambi sono leggermente più lunghi, come anche osservato all’US Open, sempre per quanto riguarda gli atleti maschi,” ha detto Reid. “A livello di sport, è una cosa che stiamo tenendo d’occhio.”
Craig O’Shannessy, tennis data analyst che ha lavorato con il vincitore di 21 grand slam, Djokovic, afferma che siano tre i fattori che vanno ad influenzare la durata media degli scambi: i giocatori che raggiungono le fasi più ambite di un torneo, le temperature e le condizioni del campo e delle palle. I giocatori che solitamente prediligono scambi più lunghi, come Djokovic (con una media di oltre 5 colpi per rally), Stefanos Tsitsipas, Andrey Rublev e l’americano Tommy Paul, a Melbourne erano tutti presenti nei quarti di finale. E, a detta di O’Shannessy, ciò va a influire direttamente sulle statistiche.
“Fattore numero due è la condizione del campo e della palla. Ci sono state molte discussioni quest’anno sulla morbidezza delle palline Dunlop – tale caratteristica rende il colpo meno incisivo, meno vincente,” ha detto. “La lunghezza degli scambi aumenta a causa della morbidezza della palla. La situazione è questa. Si discute anche del fatto che il feltro della palla si gonfia, il che la rallenta in aria. Di conseguenza, anche questo aumenta la durata degli scambi.”
Il caldo estremo non si può dire sia stato un fattore determinante questo gennaio, dato che finora si sono superati i 30 gradi una sola volta dall’inizio del torneo. “Più caldo fa, più la palla sfreccia in aria, diminuendo la durata degli scambi,” ha detto O’Shannessy.
Sebbene le quattro del mattino raggiunte da Murray e lo scambio da 70 colpi di cui l’australiano Jason Kubler è stato uno dei protagonisti siano stati fra i momenti che hanno attirato maggiormente l’attenzione nelle ultime due settimane, secondo O’Shannessy i numeri non sono sempre e necessariamente ciò che sembrano.
Afferma che per un numero significativo di punti (circa il 30%) è bastato un solo colpo (nel caso di ace o servizio senza risposta), mentre per quanto riguarda la stragrande maggioranza dei punti, ossia fino al 90%, si oscilla tra 0 e 8 colpi. “Quando ho chiesto [impressioni sulla durata degli scambi] ad Andy Murray, Novak Djokovic [e altri] hanno risposto di aver giocato più scambi a quattro colpi,” ha detto O’Shannessy. “[In realtà] la situazione è ben diversa [da quella che credono]. E’ impressionante.”
Traduzione di Silvia Gonzato