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Numeri: il dominio di Djokovic nel tennis maschile dal 2011 ad oggi
Dalle settimane trascorse al numero uno al confronto contro gli altri grandi: Ferruccio Roberti raccoglie alcuni dati che testimoniano chi sia stato il più grande di quest’era tennistica

62 – Il numero percentuale delle settimane trascorse come 1 ATP da Novak Djokovic dal 4 luglio 2011 -giorno successivo alla prima vittoria di Wimbledon che lo proiettò sulla cima del ranking – a oggi. Una cifra di per sé impressionante che probabilmente sarebbe potuta essere ancora più significativa se il serbo non avesse saltato la seconda parte del 2017 e se l’anno scorso non avesse scelto di mettersi nelle condizioni di non poter partecipare a due Slam e quattro Masters 1000 (e a Wimbledon i punti fossero stati assegnati).
Altri numeri aiutano a comprendere meglio quanto fatto dal serbo dalla seconda metà del 2011 ad oggi: dal luglio di dodici anni fa ha vinto 19 dei 42 Slam (il 45,2%) e 29 dei 75 (38,6%) Masters 1000 a cui ha preso parte. In questo stesso periodo ha vinto 190 dei 245 (77.6%) match disputati contro colleghi nella top ten e, più in generale, si è imposto in 670 dei 768 incontri disputati (l’87,2%, una percentuale che sale al 89.3 considerando solo le partite non giocate sulla terra rossa). Della prima top 20 che lo vide al numero 1 sono rimasti sul circuito Nadal, Murray, Monfils, Gasquet e Wawrinka, mentre in quella attuale solo l’immenso campione maiorchino e Carreno Busta erano già tennisti professionisti nel momento in cui Djokovic salì per la prima volta al numero 1 del mondo.
Non per fare inutili paragoni tra campioni che hanno avuto ciascuno la loro fantastica parabola, ma per comprendere meglio questo approfondimento sul periodo che parte da quando Nole è diventato numero 1, si può osservare come solo Nadal, di un anno più grande di Djokovic, ha avuto numeri in qualche modo paragonabili al serbo. In questo lasso temporale Rafa ha comunque vinto dodici Slam e diciassette Masters 1000, occupando la prima posizione del ranking ATP per 107 settimane, ma perdendo 18 dei 31 scontri diretti giocati con Novak e sconfiggendolo solo 2 delle 14 volte in cui lo ha affrontato lontano dalla terra battuta. Ancora più pesante lo score con l’altro leggendario “big three”, Roger Federer: nato quasi sei anni prima di Djokovic, compiva di lì a un mese 30 anni la prima volta che Nole diventava numero 1 e ha inevitabilmente pagato la differenza d’età. Ad ogni modo, l’immenso campione svizzero nel periodo che stiamo analizzando ha vinto 4 Slam e 11 Masters 1000, è stato numero 1 ATP per 25 settimane complessive e contro Nole ha vinto 9 delle 27 volte in cui si sono confrontati.
Quando domenica scorsa ha sconfitto in finale degli Australian Open Stefanos Tsitsipas il serbo aveva 35 anni 8 mesi e 6 giorni, ma non è un record: sei volte è accaduto che tennisti più anziani del serbo vincessero uno Slam (il primato assoluto è di Ken Rosewall, che vinse gli Australian Open del 1972 avendo compiuto da poco più di un mese i 37 anni). Così come non è un record di longevità il ritorno al numero 1 del ranking ATP da parte di Djokovic: Roger Federer nel giugno 2018 lo è stato a meno di due mesi dal compiere 37 anni. Quel che impressiona di Nole è piuttosto come a quasi 36 anni riesca ad avere non solo elevatissimi picchi di rendimento -non impossibili ai campioni come lui- ma anche di continuità, una caratteristica molto più rara per gli over 35 negli sport professionistici. A tal riguardo basti pensare che sconfiggendo Tsitsipas pochi giorni fa il serbo ha vinto 38 degli ultimi 40 incontri giocati (e tutti gli 11 match nei quali ha sfidato colleghi nella top 10).
Par | Tit. | Fin. | Part. Gioc. | Part. Vin. | Part. Per. | % Vitt. | % set vinti | % game vinti | % t.b. vinti | |
Australian Open | 18 | 10 | 0 | 97 | 89 | 8 | 91.8 | 82.9 | 62.3 | 63.8 |
Roland Garros | 18 | 2 | 4 | 101 | 85 | 16 | 84.2 | 77.1 | 60.2 | 55.9 |
Wimbledon | 17 | 7 | 1 | 96 | 86 | 10 | 89.6 | 78.7 | 58.6 | 67.2 |
US Open | 16 | 3 | 6 | 94 | 81 | 13 | 86.2 | 76.0 | 60.0 | 61.4 |
Indian Wells | 14 | 5 | 1 | 59 | 50 | 9 | 84.7 | 76.3 | 59.7 | 69.6 |
Miami | 13 | 6 | 1 | 51 | 44 | 7 | 86.3 | 82.1 | 61.6 | 83.3 |
Monte Carlo | 15 | 2 | 2 | 48 | 35 | 13 | 72.9 | 67.0 | 58.0 | 80.0 |
Madrid | 12 | 3 | 0 | 39 | 30 | 9 | 76.9 | 69.6 | 56.0 | 50.0 |
Roma | 16 | 6 | 6 | 74 | 64 | 10 | 86.5 | 76.0 | 59.6 | 63.2 |
Montreal/ Toronto | 11 | 4 | 1 | 44 | 37 | 7 | 84.1 | 79.4 | 58.0 | 73.3 |
Cincinnati | 14 | 2 | 5 | 52 | 40 | 12 | 76.9 | 71.1 | 56.3 | 61.1 |
Shanghai | 9 | 4 | 0 | 39 | 34 | 5 | 87.2 | 81.4 | 61.4 | 71.4 |
Parigi Bercy | 16 | 6 | 3 | 54 | 45 | 9 | 83.3 | 74.2 | 58.3 | 70 |
O2 Arena (ATP Finals) | 11 | 4 | 2 | 46 | 34 | 12 | 73.9 | 68.3 | 56.5 | 70.6 |
Dubai | 12 | 5 | 1 | 50 | 43 | 7 | 86.0 | 78.4 | 59.8 | 69.2 |
Non c’è un centrale che ha fatto la storia recente del tennis a non aver conosciuto le vittorie di Novak Djokovic, unico tennista ad aver conquistato almeno due volte tutti gli Slam, tutti i Masters 1000 (e le ATP Finals). Il decimo successo agli Australian Open, torneo che in assoluto ha vinto più di tutti, fa supporre che con ogni probabilità la Rod Laver Arena sia il campo dove si giocherebbe la sua partita della vita. Più per ricapitolare qualche numero della sua carriera a beneficio dei lettori che per ricavare un dato oggettivo (nel susseguirsi delle edizioni di uno stesso torneo cambiano in parte le condizioni di gioco, basti pensare ad esempio alle modifiche apportate alla superficie e/o alle palline), sono andato a recuperare alcune sue statistiche nei tornei più importanti del circuito e in quelli nei quali ha giocato un elevato numero di match, come Dubai. Dalla tabella in cui sono raccolti i dati arriva la conferma che in effetti gli Australian Open sono il torneo in cui Djokovic ha il più alto rendimento e non solo perché è quello a cui ha preso parte più volte (18, così come al Roland Garros). A Melbourne il serbo vanta la miglior percentuale di vittorie rispetto ai match giocati (91.8%) e di set vinti rispetto a quelli disputati (82.9%). Ovviamente, non sorprende che un sette volte vincitore di Wimbledon abbia numeri eccellenti anche sui campi di Church Road, mentre un pochino stupisce che gli Internazionali d’Italia – dove vanta un ottimo score con sei successi e altrettante finali – siano il torneo sul rosso dove si esprime meglio e in assoluto uno dei migliori per il suo rendimento. In ogni caso numeri incredibili: solo a Monte Carlo, Madrid e Cincinnati (la O2 Arena dove si giocavano le Finals è un discorso a parte, vista l’altissima caratura degli avversari) non ha vinto almeno l’80% delle partite. Not too bad…
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ATP Miami, Alcaraz: “Vincerò un altro Slam”
Il tennista spagnolo dopo il successo contro Bagnis parla dell’importanza della vita fuori dal campo: “Devo prendermi cura di me stesso un po’ di più, sinora non l’ho fatto così bene come avrei voluto”

Si rivela poco più che una formalità l’esordio del numero 1 al mondo Carlos Alcaraz al Miami Open presented by Itaù 2023. Il tennista spagnolo ha lasciato solo due game al malcapitato Facundo Bagnis in una sfida durata poco più di un’ora di gioco. Nella conferenza stampa post partita il tennista spagnolo ha ribadito la voglia di conquistare un altro torneo del Grande Slam, focalizzandosi sull’importanza di ciò che accade fuori dal campo.
D. Hai detto che l’anno scorso questo è stato un torneo molto importante per te. Quando hai vinto qui, forse hai pensato di poter vincere un Grande Slam. Ad un anno di distanza, quanto ti senti cambiato rispetto a quella persona che ha giocato il suo match di primo turno qui l’anno scorso?
ALCARAZ: “è diverso tornare qui come campione in carica. Penso che quando ho detto lo scorso anno non è sbagliato, ero pronto a vincere un Grande Slam. Adesso dirò la stessa cosa: vincerò un altro torneo del Grande Slam. Ovviamente è fantastico giocare qui. Giocare un primo turno qui non è diverso rispetto allo scorso anno. L’unica differenza è che quest’anno ho giocato sul Campo Centrale, non è stato così lo scorso anno.”
D. Pensi di essere cambiato come persona?
ALCARAZ: “Sono cresciuto molto dall’anno scorso. È stato un anno fantastico per me come giocatore ma anche come persona. Ho imparato molte cose, non solo in campo ma anche fuori.
D. Ti stai approcciando a questo torneo come campione in carica o lo stai affrontando come se fosse un nuovo torneo?
ALCARAZ: “Come un nuovo evento. Cerco di non pensare al fatto di essere campione in carica. Sto cercando di non pensare che ho vinto qui nella passata edizione. Dico sempre la stessa cosa quando gioco la prima partita in un torneo: per me è sempre qualcosa di nuovo. Vivo la cosa giorno dopo giorno, turno dopo turno, cerco di giocare al meglio ogni giorno e provo anche a divertirti in ogni partita. Questo è l’unico obiettivo e l’unico pensiero nella mia mente in ogni partita.”
D. Lo US Open, è stato uno sforzo fisico enorme per te. Si è trattato di vincere match al meglio dei cinque. Hai giocato fino a tarda notte. Guardando indietro, pensi che ciò abbia contribuito ai problemi fisici che ti hanno fatto saltare l’Australian Open?
ALCARAZ: “Direi di no. Non ha avuto impatti sul mio problema fisico. Era passato molto tempo dallo US Open e il mio primo infortunio è stato a Parigi. Mi sono ripreso molto velocemente e molto bene. Direi che si tratta solo sfortuna. Probabilmente non mi sono preoccupato abbastanza di tutti gli aspetti fuori dal campo. Ma lo US Open non ha influito su questo.”
D. Questa settimana abbiamo parlato di te con Andy Murray. Ha detto che gli piace il modo in cui giochi senza pensieri. Nella sua carriera, ha detto che poteva giocare così solo quando aveva 18 o 19 anni. Quando è cresciuto, è diventato più difficile perché aveva molti più pensieri nella sua testa. Pensi che questo possa accadere?
ALCARAZ: “Probabilmente sì. Devo approfittare di questo momento, visto che sono abbastanza giovane. Sono d’accordo con quello che ha detto. Sono giovane e non mi preoccupo di nient’altro se non di giocare e divertirmi in campo. Questa è l’unica cosa. Probabilmente quando sei più grande, pensi di più.”
D. Ad Eurosport, hai dichiarato che hai dovuto cambiare alcune cose per proteggerti dagli infortuni. Puoi dirci cosa hai dovuto cambiare? Devi essere a letto ogni sera alle 9:00, non puoi bere qualcosa con i tuoi amici o cose del genere?
ALCARAZ: “Ho detto che devo prendermi cura di me stesso un po’ di più fuori dal campo, preoccupandomi di andare a letto presto, riposare meglio, mangiare bene, prendermi cura di me stesso fuori dal campo. Questa è la cosa più importante per me. Direi che sinora non l’ho fatto così bene come avrei voluto. Ma dopo l’infortunio di gennaio ho iniziato a gestire meglio le situazioni fuori dal campo.”
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Italiani in campo sabato 25 marzo: Berrettini, Musetti, Sonego e Trevisan a Miami, a che ora e dove vederli
Berrettini e Musetti cercano di interrompere il periodo negativo contro McDonald e Lehecka. Per Sonego sfida contro Evans. Occasione Trevisan contro Liu

Sarà un sabato di grande tennis per i tifosi italiani. Saranno, infatti, ben quattro i nostri portacolori che scenderanno in campo nel Miami Open presented by Itaù. Il secondo turno del tabellone maschile del torneo della Florida vedrà in campo altri tre italiani, dopo il successo di Sinner su Djere e l’eliminazione di Fognini al primo turno.
Tutti e tre giocheranno sul Court 1. In apertura di programma alle 16 italiane (le 11 locali) ci sarà la sfida tra Lorenzo Musetti e il numero 44 del mondo, il ceco Jiri Lehecka. Per Musetti la sfida con il ceco è l’occasione per interrompere la striscia negativa iniziata con il ritiro nella sfida di United Cup con Tiafoe. Da quel momento 6 sconfitte, quattro delle quali consecutivi, con in mezzo il successo contro Cachin a Buenos Aires.
Lehecka ha già saggiato le condizioni di Miami superando al primo turno l’argentino Coria e nella sfida con Musetti si presenta da favorito, secondo i bookmakers. Il successo del ceco viene pagato 1,42 da Snai mentre quello di Musetti vale 2,8 volte la posta. Tra il tennista carrarino, testa di serie numero 19 del tabellone di Miami, e il nativo di Mlada Boleslav vi è un unico precedente giocato nel 2022, in quel di Rotterdam. Ad aggiudicarsi la sfida fu Lehecka per 7-5 al terzo set.
Subito dopo la sfida di Musetti, toccherà ad un altro tennista italiano in cerca di fiducia, Matteo Berrettini. Il tennista romano, numero 23 del mondo, affronterà lo statunitense Mackenzie McDonald, numero 55 del ranking ATP.
La sfida con il tennista della California potrebbe essere l’occasione giusta per ripartire per Berrettini dati i precedenti. Sono due le sfide tra il tennista romano e McDonald. Il primo datato 2019 vinto in due set da Berrettini ad Auckland in Nuova Zelanda, il secondo giocato lo scorso anno a Napoli e vinto dall’italiano per 6-3 al terzo. Per i bookmakers l’italiano parte con i favori del pronostico. Eurobet quota la vittoria dell’italiano 1,53 mentre il successo dello statunitense paga 2,47 volte la posta.
Il terzo match sul Court 1, cioè alle 20:00 circa, vedrà in campo Lorenzo Sonego, reduce dal successo in due set su Dominic Thiem. Il torinese, numero 59 del mondo, affronterà la testa di serie numero 23 Daniel Evans. Il britannico è reduce da cinque sconfitte consecutive, la più pesante subita in Davis dal colombiano Media, numero 243 del ranking.
Un’ottima occasione per Sonego per approdare al terzo turno del torneo statunitense, almeno secondo i bookmakers. Bet365, infatti, vede favorito il tennista italiano con una quota pari a 1,57 contro il 2,38 pagato in caso di successo di Evans. Tra i due tennisti vi è un unico precedente risalente a Vienna 2020, torneo caro a Lorenzo Sonego visto il successo nei quarti conquistato contro Djokovic. La sfida tra Sonego ed Evans fu la semifinale del torneo austriaco e vide un Sonego on fire chiudere in due set.
Se gli uomini italiani monopolizzeranno il programma del Court 1, l’unica tennista italiana rimasta in tabellone giocherà il terzo match sul Butch Buchholz.
Martina Trevisan, testa di serie numero 25 del tabellone femminile, alle 19:30 circa giocherà contro la statunitense Claire Liu, nella porzione di tabellone lasciata sguarnita dal forfait di Iga Swiatek. Trevisan è reduce dalla buona prestazione contro la giapponese Hibino, mentre Liu ha beneficiato del ritiro di Siniakova al primo turno, e ha regolato la Lucky loser Grabher al secondo turno.
Vi è un precedente tra la tennista toscana e la ventiduenne californiana. Martina Trevisan, infatti, si aggiudicò la finale del torneo di Rabat giocata contro Liu per aggiudicarsi il primo titolo WTA della carriera della ventinovenne azzurra. Nonostante i precedenti a favore di Trevisan, i bookmakers vedono favorita la tennista statunitense. Secondo Sisal il sucesso di Liu è pagato 1,66 volte la posta, mentre la quota in caso di vittoria di Trevisan è pari a 2,25.
ITALIANI IN CAMPO VENERDI’ 24 MARZO:
ATP Miami, Lorenzo Musetti – Jiri Lehecka: dalle ore 16 italiane sul Court 1. Diretta Sky Sport Tennis e in streaming su Sky Go, Now TV e Tennis TV.
ATP Miami, Matteo Berrettini – Mackenzie McDonald: sul Court 1 ore 18:00 circa. Diretta Sky Sport Tennis e in streaming su Sky Go, Now TV e Tennis TV.
ATP Miami, Lorenzo Sonego – Daniel Evans: sul Court 1, ore 20:00 circa. Diretta Sky Sport Tennis e in streaming su Sky Go, Now TV e Tennis TV.
WTA Miami, Martina Trevisan – Claire Liu: sul Butch Buchholz, ore 19:30 circa. Diretta SuperTennis e in streaming su SuperTennix
ATP
Dal doppio Rublev-Molchanov alla tensione nel circuito femminile: come il tennis ha vissuto e sta vivendo la guerra
I rapporti tra tenniste ucraine da un lato e russe e bielorusse dall’altro sono del tutto compromessi in alcuni casi. Il risentimento sembra farla da padrone ma qualcuno che sfugge a questa dinamica pare esserci

“Siamo persone normali, non politici. Pratichiamo uno sport e lo sport unisce sempre”. O almeno dovrebbe. Le parole riportate sono di Andrey Rublev e risalgono a 13 mesi fa. Le pronunciò dopo aver vinto il torneo di doppio dell’ATP 250 di Marsiglia insieme all’ucraino Denys Molchanov, oggi numero 124 nella classifica di specialità. Pochi giorni dopo ebbe inizio quella che in Russia chiamano ancora “operazione militare speciale” in Ucraina: era nell’aria e la tensione a livelli altissimi già quando Andrey e Denis decisero di giocare insieme. Non fu un caso, insomma: l’intenzione di mandare un messaggio, di affermare con forza che i due popoli sarebbero rimasti uniti a prescindere dalle decisioni dei governanti, era sotto gli occhi di tutti. Nel giro di questi 13 mesi, però, di messaggi simili ne sono arrivati molto pochi, e anzi in particolare il tennis (e nella fattispecie quello femminile) è stato e continua ad essere luogo di episodi spiacevoli che contraddicono una delle missioni dello sport.
Nelson Mandela disse infatti che “lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di suscitare emozioni. Ha il potere di unire le persone come poche altre cose al mondo”. Lo sapeva bene perché fu anche grazie al rugby che riuscì a riconciliare definitivamente il popolo sudafricano, a lungo diviso dal regime di segregazione razziale dell’Apartheid. Quanto sta succedendo, invece, nel tennis femminile non fa altro che aumentare la distanza tra le due parti, separate da un crepaccio generato dall’odio. Criticare le scelte e le dichiarazioni (spesso molto dure) di alcune giocatrici ucraine sarebbe comunque profondamente sbagliato per l’impossibilità di mettersi nei loro panni. Ciò che è legittimo, invece, è chiedersi se e come si riuscirà a ricucire un tessuto ormai lacerato quando la guerra sarà finita. In ballo, infatti, non ci sono “solo” le sorti del mondo, ma anche quelle – come disse in un suo articolo su “Il Foglio” il collega Manuel Peruzzo lo scorso anno – dell’ “idea di mondo che abbiamo costruito”.
Le mancate strette di mano al termine di match tra bielorusse o russe da un lato e ucraine dall’altro stanno diventando la norma. L’ultimo caso ha visto protagoniste Marta Kostyuk (che allo US Open si oppose alla partecipazione di russi e bielorussi a un evento di beneficenza per l’Ucraina) e Anastasia Potapova (ammonita formalmente dalla WTA per aver indossato la maglietta dello Spartak Mosca durante l’ingresso in campo per un match a Indian Wells) che si sono ignorate al termine del loro incontro di secondo turno – vinto dalla russa – a Miami. Gli episodi di questo tenore sono ormai all’ordine del giorno, mentre è sempre più raro assistere a iniziative simboliche all’insegna della riappacificazione.
Quando lo scorso anno Wimbledon comunicò ufficialmente il suo noto ban, il collega Angelo Carotenuto propose sulla sua newsletter quotidiana “Lo Slalom” una soluzione alternativa. Parlò di un “sogno che a Wimbledon non hanno fatto” con protagonista il chairman dell’All England Club, Ian Hewitt, a colloquio con tutti i tennisti e le tenniste di nazionalità russa, bielorussa e ucraina, di cui riportiamo un estratto:
[Hewitt] ha deciso di spendere minuti, ore, casomai giornate per convincerli. Non a giocare uno contro l’altro. Convincerli a giocare insieme. Gli dice che ha chiuso la porta a chiave e che dalla sala non uscirà nessuno finché non avranno trovato un accordo. A Wimbledon giocheranno i tornei di doppio solo in coppie formate da un russo e un ucraino, una russa e un’ucraina. Ovviamente l’accordo vale anche per il torneo misto. Ne parlerà tutto il mondo. […] Avete una grande occasione, gli dice. Anzi. Abbiamo una grande occasione. Restituire allo sport il suo ruolo di costruttore di ponti e di dialoghi. Io comincio, tu rispondi. Il tennis lo fa meglio di tutti. Tocca a noi, gli dice. Se nessuno comincia, nessuno prosegue.
Il sogno non si è avverato l’anno scorso e, dopo 13 mesi di guerra, è sempre più impossibile che si possa realizzare qualcosa di simile. I rapporti sono incrinati, in alcuni casi del tutto compromessi. E se fin dall’inizio dell’invasione si è pensato che eventuali gesti eclatanti da parte di giocatori russi avrebbero potuto mettere a rischio la loro sicurezza e quella delle famiglie, oggi il discorso può essere applicato più o meno negli stessi termini anche per l’altra parte. La propaganda di guerra ha preso ovviamente piede anche in Ucraina e la retorica diffusa (che spesso si traduce anche in leggi ad hoc) è che chiunque non prenda posizione contro la Russia sia un traditore.
Eppure qualcuno che nel suo piccolo prova a rimanere lontano dall’odio generalizzato (di cui anche Sabalenka ha dichiarato di essere vittima), coltivando rapporti umani e professionali più forti di qualsiasi conflitto tra Stati, c’è. È andato a cercarli, scavando nei circuiti minori, Cristian Sonzogni per il sito di Supertennis. Il caso più ambiguo riguarda Valeriya Strakhova (n. 130 in doppio), di nazionalità ucraina ma nata in Crimea, la regione annessa dalla Russia tramite un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale nel 2014. Quest’anno Valeriya ha vinto tre tornei ITF con due diverse compagne, entrambe russe.
“Se in questo caso la provenienza della giocatrice […] può aver giocato un ruolo, in altri casi – afferma Sonzogni – è stata evidente la volontà di mandare un messaggio. Se non di pace […] almeno di lasciare fuori lo sport dalla tragedia della guerra e dai giochi di potere”. È quello che emerge infatti dalle parole del 25enne ucraino Oleg Prihodko (n. 121 ATP in doppio) che a maggio dell’anno scorso ha disputato il Challenger di Vicenza con l’amico russo Yan Bondarevskiy, ignorando il parere negativo della sua Federazione: “Credo che una persona debba essere giudicata per le proprie azioni, non per la propria nazionalità. Ho tanti amici russi e bielorussi che mi sostengono e che sono contro la guerra”.
Per prepararci a ricostruire i ponti di fratellanza distrutti dalla guerra, non si può prescindere da un ragionamento simile.