Decisiva la fatica contro Alcaraz, ma che torneo esaltante (Bertolucci). Sinner sbatte sul tabù (Giammò). Sinner cade nella tela di Medvedev e rimanda il salto tra i grandi del tennis (Semeraro). Caldo e fatica, Sinner si spegne con Medvedev, la sua bestia nera. Ma torna al n. 9 (Piccardi)

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Decisiva la fatica contro Alcaraz, ma che torneo esaltante (Bertolucci). Sinner sbatte sul tabù (Giammò). Sinner cade nella tela di Medvedev e rimanda il salto tra i grandi del tennis (Semeraro). Caldo e fatica, Sinner si spegne con Medvedev, la sua bestia nera. Ma torna al n. 9 (Piccardi)

La rassegna stampa di lunedì 3 aprile 2023

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Decisiva la fatica contro Alcaraz, ma che torneo esaltante (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport).

Questa finale era una partita già molto difficile in partenza: battere Daniil Medvedev, il giocatore più in forma degli ultimi due mesi, probabilmente uno dei primi due giocatori al mondo sul cemento, richiedeva un’impresa di altissimo livello. Gli effetti dell’autentica battaglia sostenuta in semifinale contro lo spagnolo Carlos Alcaraz – nel fisico, ma soprattutto nelle gambe di Jannik Sinner – hanno purtroppo lasciato numerose scorie addosso al nostro, che il giorno di riposo non è stato purtroppo sufficiente per superare. Sin dalle prime battute, in mezzo a quel catino rovente dello stadio di Miami, con l’alta temperatura e l’alta umidità, si è capito che qualcosa non andava nel tennis dell’altoatesino. Jannik ci ha provato e ha dato tutto se stesso nel tentativo di rimanere attaccato all’avversario nel primo set, ma man mano che l’incontro è andato avanti, la poca benzina che c’era nel suo serbatoio si è esaurita. Per questo motivo nel secondo set la differenza tra i due è risultata ancor più evidente. L’azzurro ha perso quindi ancora una volta in finale a Miami, al termine però di un torneo esaltante, nel corso del quale ha dimostrato a chiare lettere di fare ormai parte dell’elite di questo sport e di comporre, insieme a Medvedev, Djolcovic, Alcaraz e al probabilmente rientrante Nadal, il quintetto destinato a primeggiare in questo 2023.

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C’è ancora spazio per miglioramenti tecnici e in particolare ci sarà ancora bisogno di un paio d’anni di costruzione fisica per poter essere in grado di affrontare alla pari gli scontri durissimi che questo sport ormai richiede quotidianamente. Sinner torna a casa con tanta fiducia e con pochi giorni a disposizione per prepararsi alla stagione sulla terra che prenderà il via domenica prossima con il torneo di Montecarlo e terminerà al Roland Garros.

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Sinner sbatte sul tabù (Ronald Giammò, Corriere dello Sport)

Non per il caldo, né per la stanchezza o per la pressione della posta in palio. Semplicemente, Daniil Medvedev è, a oggi, avversario più forte di Jannik Sinner e meritatamente si è aggiudicato la finale del Masters 1000 di Miami (7-5 6-3), suo quarto titolo della stagione. Ed è un gap, quello che ancora divide i due, che per l’italiano si annuncia faticoso da colmare. Perché il russo, per consistenza, solidità e poca propensione all’errore, è rivale diverso dagli altri top player cui Jannik ha iniziato a dare la caccia in questi primi mesi del 2023.

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Che per Sinner il russo fosse avversario indigesto, lo dicevano già i precedenti tra i due, tutti appannaggio del n.5 del mondo. La seconda sconfitta da lui patita in altrettante finali nel giro di un mese, tuttavia, non sconfessa i progressi fatti sin qui dall’allievo di Simone Vagnozzi e Darren Cahill. Rilancia, semmai, le ambizioni del numero uno italiano, presentandogli lo scenario, e con esso i limiti che ancora ne pregiudicano l’approdo, verso cui puntare nei prossimi mesi. Aver riconosciuto alla vigilia del match che quella contro Medvedev sarebbe stata «una partita diversa in cui prendere qualche accorgimento in più», conferma la lucidità dell’altoatesino nel voler continuare sulla strada intrapresa un anno fa e che oggi lo rivedrà tra i Top 10 (numero 9). ll piano, però, è apparso subito cozzare con una condizione e una lucidità che non lo hanno aiutato. «C’erano condizioni molto difficili – ha ammesso Medvedev a fine match – Caldo, umidità, anche Jannik ne ha risentito. Ma è la fiducia che ha fatto la differenza». Una condizione, la sua, figlia delle cinque finali consecutive collezionate negli ultimi due mesi e che, sommare alle tre sole sconfitte, fanno di lui il giocatore più vincente di questo primo scorcio di stagione. Miami però potrà tornare utile anche a Sinner; ripensando tanto alla delusione di questo ultimo atto quanto alla gioia per la vittoria in semifinale contro Carlos Alcaraz, in un match che resterà comunque come l’highlight del torneo, come riconosciuto dallo stesso Medvedev: «Congratulazioni a Jannik, abbiamo capito tutti quanto il pubblico abbia apprezzato il suo match contro Carlos. Io sono stato fortunato, perché mentre correva come un pazzo me ne stavo comodo a letto».

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Sinner cade nella tela di Medvedev e rimanda il salto tra i grandi del tennis (Stefano Semeraro, La Stampa)

Non si stroncano così anche i tennisti? Giocare una finale a Miami all’una, con 35 gradi e il 60 per cento di umidità ha probabilmente senso per l’orario delle tv, che con il fuso orario possono contare anche sul prime time europeo, ma non fanno certo un favore a chi regge lo show. Specie se i due incaricati di intrattenere l’audience vengono da lunghe settimane di gara, e da due semifinali in tre set – Sinner contro Alcaraz, Medvedev contro Khachanov. Poi il diavolo si trova meglio all’inferno, dove a sentire chi c’è stato fa molto caldo, e quindi capita che a spuntarla in due set, 7-5 6-3 in un’ora e 35 minuti, sul cemento torrido dell’Hard Rock Cafè sia Daniil Medvedev, il Belzebù di Mosca che si allena in Provenza, il grande ingannatore del tennis, indovino delle traiettorie altrui e imprevedibile nel confezionare le proprie. Sinner, lui, è uscito di partita purtroppo in fretta, costretto a farsi somministrare sali già sul 4-3 del primo set, dopo aver dovuto difendere per 10 minuti il primo turno di servizio. Coraggioso nel resistere con le poche energie che aveva a disposizione – tentando anche qualche serve e volley alla Enrico Toti – ma lento sulle gambe, falloso con il diritto (36 errori gratuiti), incapace di evadere dalla mefistofelica ragnatela di Medevdev, alla fine stravolto anche nell’espressione. Insomma, non il Sinner fantasmagorico di due giorni fa, e il merito è soprattutto della capacità di Medvedev di non dargli mai una palla facile da picchiare. Il russo così mette insieme la quarta vittoria negli ultimi cinque tornei giocati – a Indian Wells ha fatto “solo” finale – e rifila un cappotto a Jannik il Pretendente: ora il bilancio degli scontri diretti è 6-0. Daniil, che a Miami non era mai arrivato in finale, vince così il 19esimo titolo in 19 città diverse – il quinto in un 1000 – e da oggi è numero 4 del mondo. Ventiquattro vittorie nelle ultime venticinque partite, appena tre sconfitte nel 2023. Sinner si consola con la top ten riconquistata e con una trasferta americana – semi in California, finale in Florida, primo successo contro un n.1 del mondo – che l’ha riportato sulle tracce dei migliori. A un passo dal Paradiso dei primi 4-5, migliorato in risposta e nel servizio, ma con qualche tessera ancora da mettere a posto. «Quando mi sono svegliato non stavo benissimo – ha spiegato Jannik, alla seconda finale persa a Miami in tre anni -. E purtroppo non ho potuto giocare il mio miglior tennis. Non sono riuscito neanche questa volta a prendermi il trofeo grosso, ma spero di farcela in futuro. Complimenti a Daniil, ora però arriva la stagione sulla terra rossa e vediamo come se la caverà…». In cauda venenum, ma il tema ora è proprio questo.

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Caldo e fatica, Sinner si spegne con Medvedev, la sua bestia nera. Ma torna al n. 9 (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)

Lo sbadiglio in faccia di Torino (Atp Finals 2021), ancora una volta rimane impunito. Il caviale beluga nascosto nella pancia dell’Hard Rock Stadium di Miami è di chi lo sa apprezzare di più, il russo Daniil Medvedev, che si conferma bestia nera di Jannik Sinner (6-0 ora i confronti diretti) e in due set (7-5, 6-3) conquista il 19 titolo in carriera in 19 tornei diversi, quinto Master mille. Medvedev, da oggi n.4, è chirurgico. Sinner, ahinoi, stanco: «Non mi sono svegliato al meglio, peccato non aver potuto dare il massimo» dirà. Tra i due è quello che subisce maggiormente l’umidità feroce della Florida, il serbatoio segna rosso, forse c’è anche una certa disabitudine a giocare due settimane consecutive a tre metri sopra il cielo (l’azzurro veniva dalla semifinale di Indian Wells e da due sessioni consecutive di wrestling con Alcaraz, una persa e l’altra vinta. Tutte lezioni, a questa età, da imparare. La finale con lo straordinario maratoneta sghembo di Mosca (quarto successo in 5 settimane) è in salita da subito. Il russo risponde dai teloni e da laggiù, con la barbetta elettrica e i colpi storti, tesse la sua ragnatela vischiosa, dentro la quale Jannik cade lentamente. C’è subito una palla break che Jannik annulla con il servizio, il primo quindici made in Italy sulla battuta di Medvedev arriva al quinto game, un piccolo capitale che viene dilapidato in fretta. Succede, sul 2-2, che Daniil infili tre doppi falli e offra una (annullata con il servizio), due (servizio), tre (seconda di servizio), quattro (rovescio), addirittura cinque palle break; alla quinta Jannik capitalizza: brealcdel 3-2 con un attacco di dritto e una pregevole volée bassa, fresca acquisizione nel bagaglio. Il peccato mortale è restituirlo subito, quel break, invece di incassare e darsela a gambe: è un nastro (sul dritto) a riportare il punteggio della finale di Miami in parità. 3-3. Sul 4-3 per Medvedev, al cambio di campo Jannik chiama fisioterapista e medico. Si sente groggy come un pugile gonfio di cazzotti, i 35 gradi del centrale, uniti alle scorie della battaglia con Alcaraz, chiedono il conto.

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Medvedev approfitta della sua passività per salire 40-15 sulla battuta dell’azzurro e prendersi il set 7-5 in un’ora. E un dritto esausto in rete di Sinner a consegnarglielo: la sintesi del match. Il secondo set è un pro forma (6-3), la buona notizia è il ritorno di Jannik nei top 10 (n.9) e l’indubbia ricchezza di una settimana che non ha prodotto il risultato sperato, però lo arricchisce sotto ogni punto di vista.

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