Il direttore Ubaldo Scanagatta è stato intervistato da Paolo Gaiardelli per il quotidiano “Alto Adige”
Intensità, fisico, tattica. Ha messo dentro il campo di tutto Jannik Sinner per centrare il suo secondo successo nel circuito contro Daniil Medvedev e posizionare così in bacheca il titolo di Vienna, il quarto stagionale, il decimo della carriera. Una vittoria ancora più significativa rispetto a quella colta qualche settimana fa a Pechino, perché arrivata al termine di un braccio di ferro senza precedenti, che alla fine ha premiato proprio il 22enne di Sesto Pusteria. «E questa forse è la cosa più sorprendente – spiega il giornalista Ubaldo Scanagatta, attento conoscitore del gioco e direttore del sito di settore Ubitennis.com -. Perché vedere più stanco del nostro l’irriducibile Medvedev, uno, per intenderci, programmato per le battaglie da tre set su cinque, è qualcosa che deve fare riflettere».
Una vittoria figlia della grande condizione atletica dunque?
SCANAGATTA: Non solo. Certamente Jannik, in questo momento, sta molto bene e bisognava essere al top per venire a capo di un match del genere. Ma non è stata unicamente una maratona. C’è stato molto di più.
A cosa si riferisce?
SCANAGATTA: Sinner ci ha dimostrato, ancora una volta, che non ha mai smesso di costruire se stesso. E che ogni settimana ci può regalare qualcosa di nuovo, qualcosa di più. Sono tanti quelli che, nelle varie conferenze stampa a cui ho assistito, quando sentivano dire da Jannik “c’è ancora da lavorare”, “c’è ancora da migliorare”, pensavano che si trattasse di un bluff. Invece l’altoatesino è sempre stato onesto. Dalla scelta di lasciare Piatti, al passaggio prima con Vagnozzi, fino all’arrivo di Cahill, Sinner ha continuato a inserire particolari nel suo gioco, ad arricchire il suo bagaglio, e dunque a crescere.
Tanto da arrivare a battere due volte su due uno che, fino a pochi mesi fa, non riusciva davvero a digerire…
SCANAGATTA: E a Vienna lo ha fatto in modo speciale. Si è messo alla prova, ha voluto dimostrare a se stesso di tenere testa a Medvedev sul terreno preferito dal russo, scambiando da fondo; e ci è riuscito.
E adesso ci sono le Finals…
SCANAGATTA: Appunto. E non mi stupirei se arrivasse fino in fondo. Attualmente Sinner lo vedo dietro unicamente a Djokovic.
Anche meglio di Alcaraz quindi?
SCANAGATTA: Si è sempre detto che Alcaraz è più completo e più talentuoso di Jannik, allora io penso ad un altro dualismo, quello tra Federer e Djokovic; di sicuro tutti propendono per la classe dello svizzero, ma alla fine chi è che ha vinto di più tra i due?
Questo Djokovic continua a tornare, è un caso?
SCANAGATTA: Certo che no. Perché Sinner ricorda molto Djokovic all’inizio della sua grande ascesa. E non solo io a dirlo. È stato il serbo per primo a dichiaralo.
In che occasione?
SCANAGATTA: Eravamo a Wimbledon, nel 2022. Jannik aveva appena battuto Alcaraz e si apprestava ad incrociare Djokovic ai quarti di finale. Prima di quel match, mi ricordo che chiesi a Nole in conferenza stampa di parlare un po’ del suo prossimo avversario e lui ammise di rivedere molto di sé nel cammino intrapreso da Sinner.
Vuol dire che l’obiettivo deve essere quello di arrivare al numero uno del mondo?
SCANAGATTA: Sicuramente. Ho fatto anche il mio ultimo editoriale proprio su questo argomento, su questa ambizione.
Può raccontarci qualcosa in più?
SCANAGATTA: Certo, sostanzialmente Jannik guarda lontano. Ed è per questo che anche quando gli si chiede di tutti questi record italiani inanellati ultimamente, lui non sembra mai completamente trasportato. Il motivo sta tutto lì, lui sa di poter valere la prima posizione del ranking.
E ce la farà?
SCANAGATTA: La certezza non esiste. Ma di sicuro l’azzurro è convinto di avere le potenzialità per farcela. Queste convinzioni non animano tutti, animano solo i campioni. Poi, se ci crede lui, perché non dovrei crederci io. E aggiungo, iniziano a crederci pure quelli che fino a poco tempo fa lo hanno un po’ snobbato.
L’ottimo momento di Sinner quanto può essere determinante in ottica Davis?
SCANAGATTA: Abbiamo una grossa chance, non c’è dubbio. Forse dal 1976 non ne abbiamo avute mai di così nitide, fatta eccezione per il 1998, quando Gaudenzi si infortunò contro Norman. Innanzitutto dobbiamo battere l’Olanda facendo affidamento ai singolari, perché nel doppio sono meglio loro. Poi in semifinale ci sarà una tra Gran Bretagna e Serbia. Chi augurarsi? Forse la Serbia, visto che Jannik sono quasi convinto che a Torino incrocerà Djokovic e imparerà ancora qualcosa per essere più pericoloso in un secondo incrocio.
La classifica ATP aggiornata e commentata, con le prime 20 posizioni, la situazione degli italiani e la Race to Torino, è disponibile sul sito di Intesa Sanpaolo, partner di Ubitennis.