WTA Miami, Collins: “Non sarai mai al 100%, ma devi trovare la via”

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WTA Miami, Collins: “Non sarai mai al 100%, ma devi trovare la via”

“Destreggiarsi tra i pensieri negativi è quello che ti fa diventare tra le migliori del mondo” spiega una raggiante Danielle Collins dopo la finale vittoriosa su Elena Rybakina

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Danielle Collins – WTA Miami 2024 (photo credits: Miami Open/Hard Rock Stadium)
 

Danielle Collins si è presa la soddisfazione di vincere il suo primo WTA 1000 proprio nella stagione dell’annunciato ritiro, battendo in finale la numero 4 del mondo Elena Rybakina. È stata la sua quinta vittoria contro una top 5, con quella precedente che risale a San Diego 2022 con la n. 2 Paula Badosa. Al 53° posto a inizio torneo (sarà 22^ da lunedì), Danielle ha superato Kim Clijsters (n. 38 nel 2005) come tennista dalla classifica più bassa a vincere il Miami Open. “Un sogno che diventa realtà aver giocato a quello livello per due settimane” ha commentato la classe 1993 di St. Petersburg dopo la vittoria.

La felicità è tale da non venir nemmeno scalfita dal sentirsi ancora domandare se intenda riconsiderare l’idea di ritirarsi – un po’ quello che capita a Andy Murray, però al contrario. “Capisco le buone intenzioni quando me lo chiedete ma, come ho detto, ho dei problemi di salute da affrontare [soffre di endometriosi e artrite reumatoide, ndr] che rendono le cose fuori dal campo un po’ più difficili per me. Spero che tutti rispettino questa situazione molto emotiva e personale”.

Nell’ultimo game – quello che ha rischiato di non essere davvero l’ultimo, con due palle break per Rybakina e uno, due, tre match point sfumati – Danimal ha cercato di caricarsi anche più del solito esigendo il sostegno del pubblico per la prima statunitense a un passo dal successo finale all’Hard Rock Stadium. “Elena stava facendo ottime cose, costringendomi a tirare fuori il mio gioco migliore, il che è una grossa sfida. È fantastico quando hai una striscia in cui ti senti “in the zone”, ma sono umana e a volte inizi a pensare, è troppo bello per essere vero, finirà oggi questa sensazione, cadrò? Allora ho cercato di restare concentrata, pensare a tecnica, tattica e agli adeguamenti necessari. Il tennis è questo: un gioco in cui sapersi adeguare”.

Collins vincitrice a trent’anni, Dimitrov in finale a 32, per qualcuno forse un segno che la nuova generazione non ha ancora del tutto soppiantato la precedente. “Magari, quelli più vecchi come me e Grigor sono più saggi, no? Non lo so. Però, mi piace di più questa teoria che quella dei giovani non ancora ‘arrivati’” dice Danielle strappando risate.

Il fatto di aver vinto il titolo più importante (finora…) alla sua ultima stagione potrebbe non essere un caso, anzi, come lei stessa spiega, “ho sempre voluto vincere ogni torneo a cui partecipavo, ma penso che proprio perché è l’ultimo anno, volevo davvero vincere un Masters (sic) 1000. E questa la possiamo depennare”.

Un risultato che certo non si aspettava già in Florida visto che a inizio mese si era dovuta ritirare durante il quarto di finale a Austin per un infortunio alla schiena, non roba da poco dal momento che “letteralmente non ero in grado di camminare, ho pianto parecchio: ho lavorato sodo e adesso che ci sono Indian Wells e Miami mi capita questo?”.

Non al meglio ma con il problema sotto controllo grazie al chiroterapeuta, ha giocato in California perdendo nettamente al secondo turno da Iga Swiatek e non aveva una gran fiducia dirigendosi verso la sua Florida: “Pensavo che sarebbe stata dura, senza un allenamento in cui sentissi di aver dato il massimo. Ciò mi rendeva un po’ nervosa. Riuscire a battere Bernarda Pera, una mancina che te la rende complicata mi ha reso felice, ma ho fatto anche un ottimo lavoro nel cancellare tutti quei timori, starò facendo abbastanza, risento dell’infortunio e tutto quanto. Quelle che rende alcune giocatrice le migliori del mondo è imparare a giocare destreggiandosi tra questi pensieri. È questo l’insegnamento più importante che mi porta questo torneo: non sarai mai al 100% e devi comunque trovare la via”.

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