Marian Vajda, storico coach di Djokovic: “Sinner è il più forte, ma Novak non ha ancora finito di vincere” [ESCLUSIVA]

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Marian Vajda, storico coach di Djokovic: “Sinner è il più forte, ma Novak non ha ancora finito di vincere” [ESCLUSIVA]

“Dopo 15 anni con Djokovic ho perso la motivazione, ora lo guardo con meno trasporto emotivo”. Vajda alla Mouratoglou Tennis Academy: “La vita di prima non mi manca, ho trovato la serenità con la mia organizzazione no-profit. L’addio di Ivanisevic? L’ho letto sui giornali, non me l’aspettavo”

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Novak Djokovic e Marian Vajda - Rolex Paris Masters 2018 (foto @Sport Vision, Chryslène Caillaud)
 

Marian Vajda e Novak Djokovic, insieme, hanno vinto 85 titoli in 15 anni, di cui 20 Slam e 37 Masters 1000, e con l’allenatore slovacco al suo fianco, Djokovic è stato sul trono da numero 1 del mondo per 361 settimane. Con l’arrivo di Goran Ivanisevic nel giugno del 2019, Vajda aveva cominciato a mollare la presa, comunicando di voler passare più tempo vicino alla sua famiglia lasciando definitivamente il team del serbo nell’inizio del 2022. Iniziavano a mancare le energie da dedicare a un lavoro molto impegnativo che ad oggi, dice di non rimpiangere.

Vajda attualmente si trova alla Mouratoglou Tennis Academy dove sta seguendo alcuni dei talentuosi ragazzi iscritti alla sua organizzazione no-profit: “HRAJME TENIS SLOVENSKO”.

Ci tiene a precisare che non è un’accademia ma un’organizzazione con l’obiettivo di finanziare e sostenere i ragazzi dai 10 ai 15 anni interessati al mondo del tennis. Non si tratta solamente di ragazzi talentuosi ma anche di giocatori meno portati. Il secondo, ma non meno importante obiettivo dell’organizzazione è quello di formare nuovi maestri per renderli dei coach completi. Un’idea che è iniziata quando Vajda era ancora a fianco di Djokovic, ma che oggi rappresenta la sua vita.

Attraverso questa missione, Marian Vajda ha trovato la pace: continua a fare il lavoro che più lo appassiona, senza stress e vicino alla sua famiglia. Alla vigilia del torneo di Monte Carlo però, distante solo pochi chilometri dal nostro tavolo, non potevamo non parlare un po’ di quello che sta succedendo tra i top players di oggi.

D: La differenza tra allenare il numero 1 del mondo e dei giovani ragazzi è notevole. Ti manca essere il coach di un top player?

Vajda:Sì, la differenza è davvero enorme. Avevo già iniziato a occuparmi di questa organizzazione no-profit mentre lavoravo ancora con Novak, quattro anni fa. Quindi non è una novità dell’ultimo anno, ci pensavo da tempo. I 15 anni insieme a Djokovic sono stati molto intensi, ho speso davvero tantissime energie, quando mi sono separato da lui ho provato a continuare per un anno con Alex Molcan (top 50) però mi sono accorto che ormai mi mancava qualcosa. Ero meno motivato, volevo stare più vicino alla mia famiglia e preferivo aiutare i ragazzi giovani ad entrare nel mondo del tennis in Slovacchia, a Bratislava. Con questa organizzazione ho trovato la mia serenità, quindi ad oggi direi che no, non mi manca. Però seguo sempre volentieri Novak, mi tengo informato e continuo a guardarlo ma chiaramente, senza lo stesso trasporto emotivo di prima”.

D: Qual è stato l’aspetto più duro di essere il coach di Djokovic?

Vajda:Eravamo sempre in viaggio, da un continente all’altro. Dovevo sempre salutare la mia famiglia senza sapere quanto tempo sarei stato lontano e le pressioni nei tornei erano fortissime, anche per me. Sai, nel tennis il coach viene messo costantemente sotto esame. La pressione di questo sport è stremante anche per l’allenatore. Nel calcio quando una squadra perde, non è mai colpa di un singolo individuo, non si va a guardare tutte le volte come ha lavorato l’allenatore per preparare quella partita. Mentre quando un tennista perde, l’allenatore viene subito messo in discussione”.

D: Come sei riuscito a trovare gli stimoli giusti per iniziare qualcosa di così diverso?

Vajda:È successo in modo molto naturale, mi rendeva talmente felice vedere questi ragazzi impegnarsi e appassionarsi sempre di più che lo stimolo è stato semplicemente quello”.

D: Secondo te oggi chi è il giocatore più forte?

Vajda:Direi Jannik Sinner. Nell’ultimo anno ha giocato un tennis davvero impressionante e continua a migliorare, tenendo alto il livello. Credo che sia nettamente il favorito per diventare numero 1 del mondo. Trovo molto forte anche Alcaraz, però Sinner in questo momento è sicuramente il più focalizzato per arrivare in vetta”.

D: All’inizio tutti pensavano che Djokovic da giocatori come Sinner e Alcaraz avrebbe trovato nuove motivazioni per continuare a vincere, ma nell’ultimo periodo l’impressione generale è cambiata. Credi che Djokovic stia facendo un passo indietro?

Vajda:Credo che Novak stia cercando di adattarsi e di trovare il giusto bilanciamento. Ormai non può pensare di giocare tutti i tornei come faceva una volta. Il calendario è troppo pieno, deve fare delle scelte. La grande motivazione per lui restano gli Slam e l’Olimpiade. Quindi deve trovare il tempo per prepararsi, per allenarsi bene, ma non può pensare di mettere la stessa concentrazione anche negli altri tornei. La vera domanda credo che sia se questo nuovo metodo riuscirà ugualmente a farlo vincere. Perché se giochi meno tornei, arrivi magari meno allenato rispetto a chi ne ha giocati più di te. Però Novak sa come fare, è molto intelligente e nessuno dei nuovi top players ha la sua esperienza, semplicemente per un fatto di età. Anche l’anno scorso ha saltato diversi tornei come Indian Wells e Miami però poi ha vinto il Roland Garros, ha fatto finale a Wimbledon e vinto lo US Open. Quindi non credo che abbia finito di vincere e quest’anno lo dimostrerà ancora una volta”.

D: E cosa pensi della separazione con Ivanisevic? Te l’aspettavi?

Vajda:Guarda no, non me l’aspettavo. L’ho letto anche io sul giornale come tutti, quindi il mio parere è solamente su quello che ho letto negli ultimi giorni. Ero abbastanza sorpreso perché negli ultimi anni Novak si è sempre trovato bene con lui, ormai era totalmente parte del team. Forse la pressione a cui vengono sottoposti i coach, quella di cui parlavo prima è diventata stancante anche per Ivanisevic. Però non ho certezze a riguardo”.

D: Anche al livello dei giovani ragazzi che alleni oggi, quale credi che sia la difficoltà più grande per un tennista in generale?

Vajda:Per un tennista è molto importante essere rilassato mentalmente, altrimenti non può giocare il suo tennis migliore. Però bisogna trovare il giusto equilibrio tra essere sereni e lavorare duramente. Ogni giorno il programma di allenamento è molto intenso, ma va rispettato e portato a termine seriamente. La ricerca di un equilibrio tra lavorare bene, senza stressarsi, nel tennis è difficile ma fondamentale”.

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