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Lorenzo Carboni da Alghero, classe 2006, sta disputando il torneo Junior del Roland Garros e ha appena raggiunto le semifinali del torneo. Dopo Sinner e Paolini un altro atleta italiano raggiunge le fasi finali del torneo parigino. Ma torniamo a Carboni: ai quarti di finale del torneo riservato alle giovanissime promesse ha trionfato in tre set contro il giapponese Rei Sakamoto, vincitore dell’ultimo Australian Open dedicato agli juniores e testa di serie numero 1 del tabellone.
E pensare che l’amore per il tennis non è nato su un campo con una rete nel mezzo, bensì giocando… a racchettoni in spiaggia. Alghero, estate 2009, in riva al mare il giovane Lorenzo ammira il padre intento a giocare a racchettoni. L’istinto lo porta a chiedere a papà Sebastiano – ex buon calciatore a livello dilettantistico – di poter provare quel gioco che vedeva fare ad altri sulla battigia. Il padre intuisce subito che il figlio ci sapeva fare: era coordinato, non sembrava un novizio con in mano una racchetta, così pensò bene di iscriverlo a dei corsi di tennis. Inizialmente al vecchio Parco Tarragona con la prima maestra Barbara Galletto, poi al Tc Alghero, con Giancarlo Di Meo.
Il piccolo Lorenzo cresce tra un cesto di palline e l’altro – lui figlio di un primario di otorinolaringoiatria all’ospedale civile di Alghero, e di mamma Maria Francesca, sportiva di buon livello nella pallacanestro – fino al 2018, quando Di Meo, resosi conto che l’allievo ci sapeva fare sul serio, gli ha suggerito il trasferimento al Piatti Tennis Center di Bordighera. La decisione del giovane Lorenzo di trasferirsi da Alghero a Bordighera per sognare con la racchetta ha impegnato l’intera famiglia, nonni compresi, diventando una scelta di vita comune. Per sposare le ambizioni del ragazzo, fin dal 2019, i genitori e nonni si danno il cambio ogni due settimane in Liguria, così da potergli stare accanto. E lui, riconoscendone gli sforzi, lascia tutto quello che ha sul campo da tennis.
“Il primo anno a Bordighera – ha raccontato Lorenzo – è stato molto difficile, senza i miei amici più cari e con mia sorella lontana. Ma è stato anche tanto utile. Devo dire grazie ai miei genitori: percepisco i loro sacrifici e sarò loro grato in eterno. In ciò che faccio c’è molto di loro, perché sono stati loro a trasmettermi la passione per lo sport”. Durante i primi anni sotto la supervisione di Coach Piatti, Carboni ha fatto in tempo ad incrociare Sinner. “Quando sono arrivato a Bordighera c’era ancora Jannik – racconta – e mi sono allenato spesso con lui. Sono grandi emozioni, soprattutto vederlo adesso numero 1 del mondo. Mi fa piacere. L’ho visto qui nei giorni scorsi e ci siamo salutati”.
Nel suo primo anno da professionista, Carboni ha fatto tantissimo. Nel primo torneo Itf fra i grandi, a marzo dello scorso anno in Tunisia, il 18enne sardo è arrivato in semifinale partendo dalle qualificazioni. In seguito si è guadagnato l’ingresso nella classifica ATP, poi a luglio a Biella ha giocato la sua prima finale Itf.
Cresciuto col mito di Novak Djokovic (“seguo tutti i suoi incontri, e ho guardato ore e ore di suoi video per studiarne il gioco”), il tennista sardo ha sempre avuto nel rovescio il suo colpo migliore. Al servizio non è un gigante, e dunque non diventerà un bombardiere, ma il circuito è pieno di ottimi battitori dalla statura comune. Al suo angolo c’è un certo Gianluigi Quinzi, che da quasi tre anni studia per riuscire da allenatore a ottenere quei risultati che ha mancato da giocatore.
“Lorenzo – ha detto di lui coach Quinzi, la scorsa settimana a Olbia – è uno dei ragazzi più forti al mondo fra i nati nel 2006, e può arrivare in alto. È ambizioso, determinato, mi piace il suo atteggiamento in partita. L’importante è non avere fretta. A questa età, nel tennis, non contano i risultati ma gli obiettivi”. Un modo di pensare figlio anche della sua esperienza da giocatore, che ha trasmesso due sogni al Quinzi allenatore: “portare un ragazzo in top ten oppure a vincere uno Slam”.
Di essere sardo lo dice gonfiando il petto, quando gli viene chiesto di parlare della sua regione. “È una terra meravigliosa, abbiamo un mare stupendo. Per me è molto importante diventare un giocatore professionista soprattutto per la mia isola. Mi farebbe piacere che un ragazzo sardo arrivasse in cima alla classifica. Lo dico perchè il mare è bellissimo ma qualche volta diventa un problema”.
Lorenzo infatti porta sulle spalle una certa responsabilità in quanto sardo. Fra le 20 regioni italiane la sua Sardegna è una delle sole cinque (con Basilicata, Calabria, Molise e Valle D’Aosta) a non avere mai dato al tennis italiano un giocatore o una giocatrice capace di arrivare fra i primi 100 della classifica mondiale. Ci proverà, un passo alla volta, come quando cominciò quindici anni fa sulle spiagge di Alghero. Stavolta al posto dei racchettoni ha una racchetta, ma con la Sardegna sempre nel cuore.