Simone Bolelli, all’età di 39 anni si prepara a giocare le sue seconde ATP Finals della carriera.
Le prime Finals risalgono al 2015, un’annata straordinaria nella quale Bolelli e Fabio Fognini divennero la prima coppia italiana a conquistare un titolo del Grande Slam all’Australian Open e i primi italiani ad entrare nella top 10 mondiale di doppio. È passato quasi un decennio, ma il tennista bolognese ha ritrovato tanti stimoli per continuare a competere nel circuito del doppio maschile, anche e soprattutto, grazie al suo compagno Andrea Vavassori. Non un “fratello minore” come Bolelli ha definito Fabio Fognini, ma un ragazzo con il quale ha dovuto costruire un rapporto partendo da zero, scoprendo in fretta un grande amico anche fuori dal campo.
Con le 2 finali slam consecutive raggiunte e i tre titoli ATP conquistati quest’anno, Bolelli e Vavassori sono arrivati a Torino al quarto posto nella race.
Il tennista bolognese è stato anche numero 1 d’Italia in singolare nel 2009, anno in cui raggiunse il suo best ranking posizionandosi al 36esimo posto della classifica mondiale. Ma la fine della carriera come singolarista nel 2019, è stata la continuazione di un altro capitolo. Grazie ai tornei di doppio maschile, Bolelli ha potuto continuare una carriera vincente che, come ha raccontato durante questa intervista esclusiva, continua a fargli sperare di competere ad alti livelli ancora per diversi anni.
Dalla nostra inviata a Torino, Margherita Sciaulino
D: Cosa significa per te tornare a giocare le Finals in Italia, 9 anni dopo quelle di Londra insieme a Fognini?
Bolelli: “È un traguardo incredibile. Non paragonabile a quando ero venuto a Torino come riserva insieme a Maximo Gonzalez, nel 2021, quando eravamo noni nella race. Quest’anno Vava ed io siamo protagonisti e le cose cambiano notevolmente. Abbiamo fatto un anno molto buono e costante. La finale di Melbourne ci ha dato una grande spinta, da quel momento arrivare a Torino è stato un nostro obiettivo. Fin dall’inizio abbiamo avuto tanti punti che ci hanno spinto a crederci. La cosa molto diversa dalle Finals del 2015 insieme a Fabio è che questa volta avremo il pubblico dalla nostra parte. E ovviamente è una cosa che andrà a nostro favore”.
D: Se dovessi scegliere l’anno più bello della tua carriera da doppista quale prenderesti: il 2015 o il 2024?
Bolelli: “Sono stati entrambi due anni fantastici. Nel 2015 ero con Fabio che per me è come un fratello minore e abbiamo iniziato vincendo Melbourne, è stato bellissimo. Però quest’anno è vero che con Vava abbiamo vinto più titoli rispetto al 2015 con Fabio. Quindi è difficile dire quale sia stato più bello. No, non posso sceglierne uno perché sono stati unici e incredibili entrambi”.
D: Aver trovato un compagno di doppio come Vavassori ti spinge a pensare di continuare a competere anche fino a 44 anni, come sta facendo Bopanna?
Bolelli: “Sicuramente. Vava è molto più giovane, è carico, mi dà molta energia. Anche se io sono più verso la fine della carriera riesce sempre a darmi tanta voglia per andare avanti. Per me è stato molto importante quest’anno. Quando sei verso la fine della carriera hai molto più bisogno di nuovi stimoli. I viaggi ti massacrano e io sono in viaggio da quando ho 18 anni. Sono più di vent’anni che sono in giro per il mondo, ma con Vava ho ritrovato la voglia che serve per continuare”.
D: Chi è più grato all’altro tra voi due? Tu per aver trovato nuovi stimoli o lui per essere cresciuto tanto grazie alla tua esperienza?
Bolelli: “Credo che le due cose vadano di pari passo. Nel doppio quando le cose funzionano è perché tutti e due le fanno funzionare. Non c’è uno che deve di più all’altro. È la coppia che, quando trova l’equilibrio, fa la differenza insieme. C’è un’energia che si alterna sempre, non c’è qualcuno che mette di più rispetto all’altro altrimenti l’equilibrio si romperebbe”.
D: C’è stata una partita o un torneo in particolare nel quale hai capito che era nato quel genere di equilibrio?
Bolelli: “Si, mi è rimasta molto impressa la semifinale di Melbourne contro i due tedeschi. Lì ho pensato: caspita siamo in finale Slam. Allora mi sono detto: possiamo fare veramente bene. Prima non sapevamo di essere pronti, di avere già quel livello. Quella è stata la partita che a me personalmente ha fatto scattare qualcosa”.
D: Qual è la coppia che può darvi più problemi secondo te in queste Finals?
Bolelli: “Contro Arevalo e Pavic non abbiamo mai vinto. Però credo che ci sarà equilibrio in campo con tutte le coppie. Sicuramente anche Granollers e Zeballos hanno fatto un anno straordinario. Il fatto è che la regola del punto secco ti taglia davvero le gambe ogni tanto; quindi, le partite possono cambiare direzione molto velocemente. È difficile capire chi sia il favorito”.
D: Visti i successi che stai continuando ad ottenere nel doppio, ti è mai capitato di pensare che avresti potuto continuare ancora qualche anno anche nei tornei del singolare?
Bolelli: “No perché quando è stata ora di decidere sono stato molto freddo. Sapevo che non sarei più riuscito a tornare nei primi 100 del mondo e quello era il livello che volevo, oltre ad essere costante. Mi è sempre piaciuto giocare il doppio a prescindere, perché mi aiutava tanto anche nel singolo con la risposta, le volée ed il servizio. E poi perché quando uscivo dal singolo potevo continuare a competere nel torneo da doppista”.
D: In generale, qual è stato il momento più bello della tua carriera? E il più difficile?
Bolelli: “Il momento più bello direi che è stato Wimbledon 2014 dove poi persi con Nishikori al terzo turno partendo dalle quali. Avevo vinto cinque partite di fila e mi sentivo molto bene. Lui era il numero 12 del mondo, stavamo giocando un gran match, ma la partita era stata sospesa il sabato sera per oscurità. Ma quando abbiamo ripreso il giorno dopo ha vinto lui al quinto set. Però era stato un gran torneo per me. Il più brutto invece direi nel 2016, quando mi sono operato al ginocchio. Ero il numero 50 del ranking in singolo e 20 nel doppio. E ovviamente in seguito all’operazione ho perso tutto il ranking, ritrovandomi a giocare i tornei Challenger dove perdevo delle partite brutte contro gente con cui dovevo vincere. Quindi a un certo punto mi sono messo l’anima in pace e mi sono dato al doppio”.