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Editoriali del Direttore

ATP Finals: Super Sinner stronca Fritz avvicinando la semifinale e le 68 vittorie di Nadal del 2017

Gli basterà vincere un solo set contro Medvedev per ritrovarsi in semifinale. Settimane da re o numero di Slam, questo è il dilemma, sognando intanto il primo Masters in bacheca

Last updated: 13/11/2024 23:09
By Ubaldo Scanagatta Published 13/11/2024
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10 Min Read
Jannik Sinner - ATP Finals 2024 (credits FITP)

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Dopo la convincente vittoria di Jannik Sinner su Taylor Fitz nella miglior partita del torneo torinese fin qui, 6-4, 6-4 in un’ora e 40 minuti, a Sinner basterà vincere un set contro Daniil Medvedev giovedì sera per aver blindato un posto nelle semifinali di sabato a Torino.

Quello con Fritz, caratterizzato da un solo break per set e giunto entrambe le volte sempre sul 5-4 quando l’americano serviva per restare nel set non è stato soltanto il match più bello e combattuto del torneo, ma anche quello che è durato di più fra tutti i sei fin qui disputati, tutti conclusi in due set e tutti stranamente determinatisi senza ancora l’ombra di un tiebreak. Che ciò sia accaduto su una superficie indoor è certamente inconsueto.

Come al solito – ormai possiamo dirlo – Jannik ha giocato meglio del suo avversario i punti più importanti, quelli decisivi. Anche negli ultimi due set della finale dell’US Open Jannik aveva strappato la battuta a Fritz nell’ultimo game del set. Come ieri sera. Se una cosa si ripete per quattro volte di fila non può essere una casualità. “Non è il numero 1 del mondo per caso” avrebbe detto infatti Fritz nel corso di una lucida e analitica conferenza stampa post-match.

Giusto per amor di precisione va detto che sebbene lo stato di forma e la solidità di Jannik sembrino oggi a prova di bomba resta ancora in piedi -sia pure soltanto teoricamente – l’ipotesi di una eliminazione di Sinner prima delle semifinali.

Si verificherebbe soltanto se – tanto per cominciare – perdesse 2 set a zero e facendo pochi game in 2 set con il russo battuto 7 volte nelle ultime otto sfide. Ma non basterebbe.

Occorrerebbe infatti anche che Fritz vincesse in due set netti con de Minaur e che Jannik avesse la peggior percentuale nel conteggio game fra i tre giocatori (Jannik, Fritz e Medvedev) che a quel punto vanterebbero tutti 2 vittorie e una sconfitta.

Insomma, paiono proprio quei casi di scuola, fatti apposta per non escludere nulla, ma che definire altamente improbabili è dir poco.

Intanto Sinner ha colto la vittoria n.67 del 2024. Dal 2017 (quando Rafa Nadal ne aveva collezionate 68) nessuno ne aveva vinte di più.

E la n.67 secondo Fritz è giunta “Al termine di un match di alta qualità, da parte di entrambi. Penso di aver giocato davvero bene. Ma nelle situazioni più importanti, quando magari ero avanti 15-30 sul suo servizio o 30 pari, lui ha giocato meglio di me. Una volta, sul 30 pari (erano sul 3 a 3 del secondo set…) ho giocato davvero bene il punto ma mi ha giocato un passante amazing stupendo. Quella (punti come quelli…) è stata la vera differenza nel match. Questo spiega perché lui ha avuto un anno folle così, ecco perché lui è il n.1 del mondo!”

Era stato un rovescio lungolinea davvero pazzesco, colpito su una palla imprendibile per qualunque umano, i piedi divaricato in uno stretch impossibile. Da standing ovation, e infatti all’unisono tanti si sono alzati in piedi e i cori “Olè, olè,olè, Sinnèr, Sinnèr”, si sono levati in aria facendomi rivivere e palpitare quei momenti in cui al Foro Italico risuonavano gli “Aaadriaanooo, Aaadriaanooo” da metà a fine anni Settanta. Brividi allora, brividi oggi.

“Tutti quei punti sul 15-30, sul 30 pari, li giocava meglio di me”. Fritz non poteva essere più onesto ed oggettivo. Non ha imprecato alla sfortuna. Ha sottolineato che Jannik era – è – più forte. Oggi sembra davvero più forte di tutti. Io credo che lo dimostrerà ancora sia in questa settimana che nella prossima, quella della Davis a Malaga.

 Inciso: le convocazioni di Coppa Davis le conosceremo sabato. Ma è difficile che sorprendano: difficile non includano Sinner, Musetti, Berrettini, Vavassori e Bolelli.

Anche se non manca chi sostiene che un Sinner così dovrebbe scendere in campo anche nel doppio e che Lorenzo Sonego resta il suo partner ideale. Perché Jannik gli è amico, ne ha fiducia e sente di averci il giusto affiatamento: Lorenzo è quello che a rete intercetta e  si muove meglio di tutti, più di Berrettini che ha certo un miglior servizio ma sottorete è piuttosto statico.. Credo che Volandri potrebbe convocare Sonego soltanto se fosse Sinner a suggerirglielo. Ma Volandri chiederà il parere di Jannik? E altrimenti Jannik suggerirebbe questa scelta che penalizzerebbe uno degli altri giocatori oggi favoriti? Onestamente mi sembra improbabile. Ci sarà tempo per riparlarne. Oppure sarà inutile parlarne dopo sabato.

Fritz ha anche sottolineato come a Torino il match sia stato migliore rispetto a quello di Flushing Meadows. “Il risultato è stato simile, ma sento che il match è stato molto molto diverso. A New York non servii bene, non mi sono mai sentito a mio agio, ero sempre come …sopraffatto. Tentavo di inventarmi colpi estemporanei pur di sottrarmi a quella che avvertivo come una superiorità. Qui invece c’è stato equilibrio…a New York dritto contro dritto lui mi…uccideva! Oggi no. Ho anche servito meglio, salvo che nei game in cui ho subito il break. Ma stavolta non mi ha dominato”.

Ecco, ormai gli avversari di Jannik sognano soprattutto di riuscire almeno a sottrarsi al dominio dei suoi colpi pesantissimi, del suo ritmo da fondocampo. E Fritz nel primo set ha giocato forse meglio di Jannik nei primi game. E’ stato lui a procurarsi la prima palla break sul 3 pari. Ma Jannik gliela ha annullata e poi con un ace e un servizio vincente è salito sul 4-3 e, su quell’abbrivio, sullo 0-40 quando Fritz è andato a servire. Il break che non gli è riuscito sul 4-3 nonostante le 3 pallebreak gli è riuscito però sul 5-4, a 15.

Gli inglesi chiamavano il settimo game “the crucial game”. Avranno avuto ragione di dirlo. Certo che per due volte, sul 3 pari, Fritz ha avuto le sue migliori occasioni, ma Jannik è uscito dalla buca alla grande.

Sono 5 mesi ormai che Jannik è n.1 del mondo. E  lo è diventato dopo che era già deflagrata, anche se solo all’interno del suo clan, la “bomba Clostebol”. Una bomba che poteva minare la sua serenità, devastarlo. Sarebbe accaduto a chiunque

Invece lui ha continuato imperterrito a macinare una vittoria dopo l’altra come se niente fosse accaduto, come se quella spada di Damocle non se la sentisse sulla testa. E a differenza di tanti altri n.1 del passato almeno fino a oggi sembra non avvertire proprio alcuna vertigine, alcuna pressione  (“E’ un privilegio sentirla”) per essere il n.1.

John McEnroe era diventato n.1 a chiusura dell’era Borg, ma non faceva che lamentarsene. E dopo aver vinto 82 match su 85 nel 1984 abdicò dal trono a favor dell’odiato rivale Lendl, senza più riuscire a vincere un solo Slam. Come se dall’esser diventato n.1 ne fosse rimasto traumatizzato. Quattro anni dopo Mats Wilander vinse tre Slam su quattro (tutti meno Wimbledon), ma lo sforzo di quell’irripetibile 1988 logorò talmente tanto lo svedese di Vaxjo che dopo 20 settimane -cioè 3 meno delle 23 che Jannik ha già vissuto con lo scettro in mano – riconsegnò la gloriosa ma pesante corona a Ivan Lendl per non riprenderla mai più. Sono 14 le vittorie contro Top 10 nel 2024 impresa riuscita dal 2000 solamente ai Fab 4

Fra 13 settimane, a metà febbraio, Jannik potrebbe essere stato re per 36 settimane, quante Carlos Alcaraz. Allo spagnolo un pochino la corona è pesata, a giudicare dalla sua apparente discontinuità, sconfessata soltanto dal duplice trionfo nell’accoppiata più tradizionale e prestigiosa Roland Garros-Wimbledon.

Settimane da re a parte, ormai contano forse più gli Slam e allora per chi ne ha vinti fin qui soltanto 2 come Jannik – che sono due più di quelli vinti da Zverev, il suo avversario più temibile a Torino – sarebbe importante prima di tutto fare i conti con chi di Slam in tempi non giurassici ma post anni Cinquanta ne ha vinti tre (Drobny, Fraser, Kodes, Kuerten, Murray, Wawrinka), quattro (Rosewall, Hoad, Cooper, Santana, Vilas e Alcaraz), cinque (Sedgman e Trabert), sei (Edberg e Becker), sette (Wilander, McEnroe, Newcombe), otto (Connors, Lendl, Agassi).  Minimo minimo ci potrebbero volere, ad essere ottimisti, 3 o 4 anni. Agli undici di Laver e Borg, ai dodici di Emerson, ai quattordici di Sampras che nel 2001 parevano inarrivabili, direi di pensarci eventualmente fra qualche anno in più. E invece ai 20 di Federer, ai 22 di Nadal e ai 24 di Djokovic, direi proprio di non pensarci neppure.


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