Da Madrid, il nostro inviato
Si è conclusa, magra consolazione, contro un degno avversario la campagna madrilena di Matteo Berrettini. Ad avanzare agli ottavi di finale del Mutua Madrid Open è stato infatti Jack Draper, giunto ormai a due vittorie da una top 5 che sarebbe assolutamente meritata. E anche in zona mista, dove si dimostra cordiale e loquace, dimostra tutta la sua attuale fiducia nel proprio gioco: “Mi sentivo bene, avevo molta energia. Aspettare così tanto per giocare è stata la parte complessa. Sono stato qui per nove giorni, quindi non vedo l’ora di scendere in campo. Ho servito abbastanza bene, il primo gioco è stato un po’ duro. Ma sono rimasto attaccato alla partita, ho avuto la giusta mentalità anche dopo aver sprecato delle palle break e mi sento sempre più in fiducia“
“Questi eventi da due settimane sono molto difficili“, prosegue il britannico, commentando uno dei temi sempre più discussi del tennis attuale, “non tanto dal punto di vista fisico, hai comunque dei giorni di riposo. Ma da un punto di vista mentale, anche nei giorni in cui giochi devi allenarti e cose del genere. La difficoltà è data dal fatto che, quando giochi, sei comunque in viaggio, lontano dalla tua famiglia. Una sorta di perdita di equilibrio dalla vita reale, quindi sto provando a rimanere concentrato sulle cose che devo migliorare“.
Di certo tra queste non ci sono la lucidità e una giusta condotta con gli avversari. Qualità che emergono quando è chiamato a commentare la situazione di Berrettini e come abbia influito su di lui: “Sapevo dalla partita contro Giron dell’altro giorno che Matteo aveva dei problemi, ma lo avevo visto giocare e sembrava star meglio. Però avevo anche notato che non era molto energico come è di solito, è sempre carico e molto positivo. E questo l’ho notato, mi sarei sentito allo stesso modo se avessi avuto un infortunio. Ma meriti a lui per essere comunque sceso in campo e aver giocato un buon primo set. La partita era molto fisica, e dopo aver perso il primo set avrebbe dovuto giocarne altri due per vincere…e si vuole evitare di rischiare un infortunio“.
Rischio che (ovviamente detto in maniera ironica) ha avuto anche lui nella strana giornata di lunedì 28: “Ieri ero uscito al mattino a prendere un caffé, e quando sono tornato in albergo ho trovato il blackout. Ho dovuto salire a piedi 15 rampe di scale, avevo quasi i crampi. In realtà non è stato così male staccarsi da tutto per un po’, senza telefono, senza messaggi. Di solito porto sempre con me un libro…ma non leggo mai nulla, finisco sempre per usare il telefono o guardare qualcosa su Netflix, tipico della mia generazione. Ho letto qualcosina sì, ma quando è tornata la corrente ho riacceso il telefono per guardare qualcosa su Netflix (sto guardando Gangs of London. Sicuramente guarderò il documentario su Alcaraz. Avevo visto un po’ Break Point e subito lo avevo stoppato, non mi era piaciuto per nulla. Troppi dietro le quinte nel tennis alla fine un po’ annoiano, ma penso che quello su Carlos, qualcuno della mia età che ha già vinto così tanto, sia davvero interessante. Entrare nella sua vita, capire le sue pressioni, conoscere la sua bella famiglia, e lui stesso è un bravo ragazzo, merita la visione“.
Infine, nel mentre arrivava anche un adirato e scoraggiato Tsitsipas al suo fianco, Draper ha fatto chiarezza anche sull’immediato futuro. E sull’importanza del confronto con i leader tecnici (e non solo) del tennis attuale: “A volte penso ‘cosa penserebbero di me gli altri giocatori?’ Voglio arrivare al punto in cui non avrò più debolezze, negli angoli, al servizio, risposte in corsa o meno. Ogni cosa deve essere a prova di bomba, ed è proprio quello che contraddistingue giocatori come Sinner e Alcaraz. Voglio arrivare a quel punto, lì ti senti molto bene. Il sentirsi sotto pressione vuol dire molto“.