Undici anni fa. Oggi come allora, è lotta che sembra impari: tra il coraggio e la forza, tra la voglia di stupire tutti e la concreta realtà di ciò che, alla fine, sembra più grande di tutto, anche della forza di volontà.
Quella volta, sul Centrale del Foro Italico, Sara Errani provò a sfidare Serena Williams. In palio, la vittoria agli Internazionali d’Italia. In quel pomeriggio di maggio del 2014, l’aria era calda, resa bollente dall’attesa di un match che, alla fine, non ci fu: troppo ampio il divario in campo, divenuto ancora più netto nel punteggio, che suonava come una sentenza: 6-3, 6-0.
Oggi come allora, la premessa era la stessa. Stesso posto, ma simili nell’attitudine di un coraggio, premessa fondamentale per permettere a Jasmine Paolini di sovvertire quello che sembrerebbe il destino di una tennista non fatta per combattere i giganti. Ma che invece lo fa. Battendoli.
Ha vinto Jasmine: 6-4, 6-2, battendo in finale Coco Gauff. Anche lei americana, anche lei possente, forte e fantasticamente libera di poter colpire come e quando vuole, se in giornata.
Il destino, però, aveva altri programmi per la storia che vogliamo raccontare. È la storia di una giocatrice che ha ritrovato il suo tennis dopo un periodo in cui i fantasmi della conferma, dopo un anno meraviglioso, erano lì a girarle intorno alla testa, quasi volendo intaccare quella seria spensieratezza che, l’anno scorso, ne ha cambiato i connotati tennistici, trasformandola da buona giocatrice a campionessa.
Doha prima, poi le finali a Parigi e Londra, l’oro olimpico e tutti a chiedersi: fu vera gloria?
A Roma, la risposta: un anno fantastico e la sua riconferma. Perché, oltre gli Slam, vincere un 1000 è roba da giocatrici vere, da artiste della racchetta, da tenaci reggitrici dell’ordine tennistico.
Per di più a Roma, dove le aspettative, a volte, soffocano sogni di gloria. E dove vincere, da italiani, è privilegio di pochi. Le lacrime di Sara Errani, nell’angolo di Jas, sciolgono quel peso durato troppo tempo, e che anche lei ha contribuito a rimuovere dal selciato del tennis italiano.
Sono lacrime di gioia per tutti. Sono la certezza che vera gloria è stata. E ancora sarà.