Mentre sui campi del Roland Garros si susseguono senza sosta i match dei primi turni del secondo Slam stagionale, prosegue dietro le quinte la lotta di potere che minaccia di cambiare ogni aspetto del tennis professionistico. Secondo quanto riportato dal quotidiano sportivo francese L’Equipe, durante la giornata di giovedì della settimana scorsa, proprio nel bel mezzo della cerimonia di sorteggio dei due tabelloni di singolare, i Top 10 ATP e WTA hanno convocato i rappresentanti dei quattro tornei dello Slam (Australian Open, Roland Garros, Wimbledon, US Open) per ribadire la propria insoddisfazione a proposito di come vengono suddivisi i proventi dei tornei del Grande Slam.
Solo poche settimane fa i quattro Major si erano visti recapitare una lettera firmata da tutti i Top 20 maschili e femminili che avanzava sostanzialmente le stesse rimostranze, sottolineando uno degli argomenti presentati dall’associazione dei giocatori PTPA nella causa intentata contro ATP, WTA, ITF e ITIA, nella quale gli Slam sono indicati come co-cospiratori.
Gli aumenti non bastano
Nel corso dell’ultimo ventennio i premi dei tornei dello Slam sono aumentati a dismisura, basti pensare che l’assegno per il primo turno del Roland Garros nel 2012 era €18.000, mentre ora è esploso a €78.000, e l’assegno del vincitore è passato dal milione di euro del 2006 ai 2,55 milioni di Euro di quest’anno. Ma secondo i giocatori si tratta solamente di briciole, dato che lo Slam francese incassa 340 milioni di euro l’anno e il montepremi ammonta “solamente” a 56,35 milioni, il 16,5%.
“Sì, i Grandi Slam generano enormi profitti – interviene Gilbert Ysern, l’ex CEO del Roland-Garros – ma anche le strutture sono molto migliorate. Gli organizzatori non hanno sviluppato le loro risorse trascurando i giocatori. Non c’è nulla da gridare allo scandalo. Dobbiamo astenerci dal confronto con gli sport statunitensi (dove la divisione 50-50 tra giocatori e teams è spesso la normalità). E non dobbiamo dimenticare tutto ciò che i Grandi Slam portano al loro sport. Hanno fatto molto per promuovere il tennis in termini di copertura mediatica e creazione di valore. Hanno investito molto nei loro stadi. Oggi, i giocatori sono accolti come principi in questi tornei. Sappiamo tutti quanto una vittoria del Grande Slam cambia il valore di un giocatore”.
Come si è visto, l’aumento dei premi è stato molto più tangibile per gli sconfitti nei turni preliminari: ormai il montepremi dei tornei dello Slam è una dotazione imprescindibile per qualunque Top 100 che voglia potersi permettere le spese per la stagione (viaggi, coach, fisioterapista, incordature, strutture di allenamento, cure mediche, etc…) e tutto ciò è avvenuto grazie all’intervento dei Fab 4 nel 2012.
- Tartarini sul derby tra Musetti e Sinner: “Lorenzo era completamente bloccato mentalmente. Con Jannik non c’è rivalità”
- WTA San Paolo: Rakotomanga Rajaonah supera Tjen e festeggia il primo titolo della carriera
- Coppa Davis, ecco tutte le nazionali qualificate per la Final Eight
- Musetti sventola la bandiera a scacchi al GP di Misano: “Giocare con Sinner mi ha fatto capire tante cose”
- Coppa Davis, Spagna-Danimarca da 0-2 a 3-2: Carreno Busta completa la clamorosa rimonta
L’intervento dei Fab 4 a favore degli altri colleghi
Infatti, l’ex direttore del Roland Garros Gilbert Ysern ricorda di come venne convocato a Indian Wells da parte di Roger Federer, Rafael Nadal, Novak Djokovic e Andy Murray. “Vi tenete troppi profitti – dissero i quattro campioni – dovete condividerne un po’ di più. Non ci interessa dei primi premi, non ne abbiamo bisogno, ma i giocatori che perdono al primo turno portano a casa solo 8-10 mila euro. È una vergogna”.
“Da quel momento abbiamo dovuto aumentare i prize money. Perché anche se i proventi degli Slam vengono comunque reinvestiti nello sviluppo del tennis, chi beneficia di quei fondi sono sempre gli stessi”, ha raccontato Ysern. L’idea di fondo era che non dovessero essere solamente gli inglesi, i francesi, gli australiani e gli americani a poter beneficiare di quel denaro, attraverso wild-card o sostegno economico per la loro attività, ma tutti i giocatori del circuito, perché la creazione e il sostentamento di un circuito pro è uno sforzo globale, non solo di alcuni Paesi.
Ogni Slam ha scelto quale strada percorrere, perché tutti sono molto restii a discutere apertamente tra di loro argomenti di questo tipo per paura di ritorsioni da parte delle autorità antitrust dei vari Paesi, le stesse autorità che sono state chiamate in causa a New York, Londra e Brussels nella iniziativa legale della PTPA citata in precedenza.
La “B-word”
Ma la paura più grande ora si chiama “boicottaggio”, una parola che nel tennis riporta la memoria al lontano 1973, quando 81 dei migliori giocatori del mondo rinunciarono a giocare il torneo di Wimbledon per mostrare la loro solidarietà nei confronti del collega Niki Pilic, sospeso dalla federazione jugoslava per aver declinato la convocazione per un incontro di Coppa Davis. Quel boicottaggio fu la spinta necessaria per dare forza alla neonata ATP (Association of Tennis Professionals), inizialmente nata come sindacato per i giocatori e oggi trasformatasi in un’entità di cui ormai pochi capiscono la natura.
Ma quanto è davvero vicino lo spettro di un boicottaggio? “Sarebbe completamente irragionevole, sarebbe segare il ramo su cui sono seduti“, sostiene Ysern. Ma non tutti sono d’accordo: il direttore del torneo di Marsiglia, Jean-François Caujolle, pensa che si tratti di una distinta possibilità: “Ricordo i primi passi, già nel 1999 – dice Caujolle a L’Equipe – Todd Martin e Richard Krajicek avevano chiesto un appuntamento con la FFT, per discutere una partecipazione in un fondo pensione per i giocatori. Alla fine non se ne fece nulla, perché Sampras, Agassi o Safin non erano coinvolti. Qui è diverso, sembrano più strutturati. È legittimo? Io dico di sì. C’è un rischio? Io dico di sì. Possono boicottare, davvero…”
Secondo l’ex n. 1 del mondo Andy Roddick, ora diventato podcaster con il suo “Served” prodotto dall’azienda media di cui lui stesso è proprietario, la strategia più efficace sarebbe quella di puntare alle ATP Finals: mettere d’accordo 8 giocatori è molto più semplice che metterne d’accordo 128, e probabilmente i primi 8 della classifica hanno molti meno problemi di denaro di molti degli altri Top 100. L’ATP trae più della metà delle proprie risorse finanziarie dalle ATP Finals, di conseguenza minacciare di far saltare l’evento finale della stagione vorrebbe dire assestare un colpo letale alla sua sopravvivenza economica.
La partita è appena cominciata.