Ci dici una parola su voi tecnici italiani? Secondo me voi tecnici italiani siete una componente decisiva di questo Risorgimento del tennis italiano. Molti di voi sono ex giocatori, e avete aggiunto però alle conoscenze specifiche che vengono dall’aver giocato conoscenze più dettagliate, come per esempio tutti i tipi di alimentazione, la periodizzazione di un allenamento, etc…. Ecco che tipo di gruppo siete, perché secondo me, nello scenario del boom del tennis italiano, questa degli allenatori italiani è una componente importante.
Quando giocavo io facevo fatica a trovare un allenatore che girasse con me a quei tempi perchè i prize money non erano alti, quelli che smettevano di giocare preferivano fare maestri di circolo piuttosto che gli allenatori e girare 25 per le settimane all’anno, perché non ci potevamo permettere di pagarli sufficientemente. E invece adesso tanti ex giocatori come me, Flavio Cipolla, Aldi, Vincenzo [Santopadre] e ne dimentico tantissimi, si sono messi a far questo lavoro e il fatto di aver girato da soli nel passato secondo me ci ha aiutato a sviluppare delle buone qualità come allenatori. E poi il lavoro della Federazione è stato un lavoro importante, tanti tornei in Italia e quant’altro.
Poi c’è pure stata un’annata pazzesca. Questi 2001 2002-2003 sono annate pazzesche. Però penso che anche nel passato ci fossero delle annate dove c’erano tantissimi giocatori che purtroppo non sono arrivati.
Ma guardando nel mondo, non mi sembra di vedere 10 allenatori olandesi, 10 allenatori di un’altra nazionalità, etc…
Ora c’è una scuola italiana che allora non c’era. Stiamo facendo bene, speriamo di continuare.
Parlando di team, e collegandosi alla questione di Darren che lascerà a fine anno. Siccome tu una volta hai detto che coach e super-coach servono se si integrano bene, e l’ha detto anche Darren, e hai pure detto che non puoi rimanere da solo a seguire Sinner tutto l’anno, è anche questa una componente da tenere presente [nel guardare la composizione del team del futuro]?
Intanto, quando si parla di super coach, è un concetto che non mi piace troppo. Quelli che girano 10 settimane possono portare un apporto limitato. Darren gira tanto, gira 25 settimane, quindi è un coach come me e basta. Naturalmente noi abbiamo avuto la fortuna di trovarci bene, io e lui, e non è scontato. È anche complicato stare 42-45 settimane fuori e sempre a contatto. Quindi ogni tanto c’è bisogno di respiro. Non abbiamo ancora iniziato a cercare nessun altro perché ci vogliamo concentrare adesso sui tornei di Parigi e Wimbledon che sono più importanti.
Se chiedete a me io spero che Darren rimanga l’anno prossimo e che abbiamo ancora continuità. Ci sto provando a convincerlo e vediamo. Abbiamo trovato naturalmente io e lui un buon equilibrio: ci sono dei reparti dove magari faccio più io, e dei reparti in cui fa più lui. Però ci siamo integrati bene e speriamo di convincerlo a continuare.
Volevo chiederti: Jannik viene da quattro sconfitte consecutive con Carlos. Conoscendolo, immagino che più che una una sudditanza psicologica lui da queste quattro sconfitte stia cercando di capire come arrivare a quel livello e magari anche andare oltre.
Allora nelle quattro sconfitte ci metterei anche Riyadh, perché era un’esibizione ma si giocavano tanto e ci tenevano molto a vincere. Sono state partite che veramente sono state decise da piccole cose. Roma sicuramente era un po’ più complicata per noi perché [Alcaraz] veniva da tante partite giocate sulla terra. Per noi era un po’ diverso, però siamo stati contenti soprattutto il primo set perché è stato veramente punto a punto e la partita è stata un po’ quella che ci aspettavamo nella gestione di Alcaraz. Qualche volta sembra quasi che quello sfavorito vince, quindi magari è anche un una situazione mentale, e probabilmente se qui arrivassimo in finale noi, che adesso siamo sfavoriti…
Comunque dentro l’arco della partita ci sono sempre delle piccole situazioni che poi cambiano un po’ l’andamento del match e che bisogna stare attenti un po’ a sfruttarle. A Roma queste piccole occasioni sono stati i due set point, poteva essere un altro match.
Come ho detto prima, non penso che ci siano segreti nei loro incontri. Sono partite punto a punto che quella situazione, quel nastro, magari quella risposta sbagliata, quell’errore può cambiare un po’ l’andamento.
Una curiosità. Volevo chiederti se hai visto il documentario del Alcaraz, e, se sì, cosa ne pensi?
Sì. Allora, è stato carino, bello. Magari si è concentrato solo su un certo aspetto, quando poi ce ne sono talmente tanti altri nella vita di un tennista. Però penso che sia importante capire che questi sono ragazzi di 22-23 anni e che loro vorrebbero vivere anche una vita più normale, mentre magari appena subiscono una sconfitta tutti li massacrano, tutti gli stanno dietro e sembra che non gli sia mai permesso di perdere. Però ci dobbiamo ricordare sempre che sono ragazzi di 22 23 anni. Che sacrificano tanto per fare quello che gli piace e che quindi a volte dicono che il calendario è un po’ troppo lungo. Abbiamo avuto negli ultimi anni ragazzi che sono usciti [dal tennis] a causa di problemi [mentali]. In questa era dei social dove tutto è visibile a tutto e tutti sono criticabili, secondo me è importante riuscire anche a far capire le persone che sono tutti esseri umani e possono sbagliare. E che la vita non è solo soldi e successo, ma ci sono anche tante altre cose oltre a quelle.
Un’ultima cosa: percentualmente, in questo momento, se dovessi dire rispetto a un 100% Jannik a che punto è?
Oggi sta bene. Vediamo come ha recuperato in questi due giorni, ma io oggi l’ho visto bene. Penso che domani possa fare un ottimo match e naturalmente in uno Slam è difficile poter stare tutti i giorni al 100%, è impossibile. Abbiamo visto anche in Australia con Rune, è riuscito a passare quella partita e poi da lì è cresciuto molto di livello. Bisogna pensare un giorno alla volta e neanche chiedersi dove siamo. Domani dovrà dare 100% di quello che ha e poi vediamo.
Ma Jannik te l’ha fatto il regalo?
Oggi si è asciugato i capelli. Quello è stato il mio regalo.