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Rassegna stampa

Rassegna Stampa – Essere Grandi anche in una sconfitta che ti lacera dentro e fuori, Sinner si ricorderà sempre di questo dolore per cercare di non riviverlo mai più

La rassegna stampa di martedì 10 giugno 2025: La lunga notte (Crivelli). Così Jannik a Wimbledon potrà battere Alcaraz (Bertolucci). Perché Sinner ne uscirà più forte (Nizegorodcew). E' un essere speciale anche da sconfitto (Gatti). Da Roger a Rafa alleraa dei SinAl... (Azzolini). Perché tifiamo Sinner? (Gramellini). La Mamma di Sinner e il tifo del pubblico (Cazzullo). Le lacrime di Mamma Siglinde (Soffici). I "Big 2" come Rafa e Roger? E' ancora troppo presto (Santopadre). Fuga da Alcaraz (Martucci)

Last updated: 10/06/2025 13:15
By Cipriano Colonna Published 10/06/2025
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44 Min Read

La lunga notte (Roberto Crivelli, La Gazzetta dello Sport)

A un passo dal sogno. A un punto da un’altra impresa leggendaria. E invece il Roland Garros, che sul 5-3 del quarto set sembrava schiudergli le porte del paradiso, ha riservato a Jannik Sinner una delle delusioni più brucianti del la carriera. Tre match point sciupati, poi la possibilità di servire per chiudere comunque l’incontro nel game successivo, e ancora il 30-30 nel 12° game del quinto set, quando però in battuta c’era Alcaraz e lo spagnolo si è tolto d’impaccio con due prodezze. Alla fine la più lunga finale di Parigi […] e una delle più belle di sempre ha sorriso a Carlitos in una sfida in cui Jannik ha ottenuto un punto in più, 193 a 192. Ecco perché la ferita sanguinava come non era mai accaduto prima e la notte della sconfitta sarebbe diventata un ripiegamento nei tormenti interiori, come rivelato nella triste serata parigina: «Farò fatica a dormire, mentirei se dicessi che è tutto a posto ed è andato tutto bene. Lo sapete, venivo da un periodo difficile, vincere avrebbe dimostrato tanto, per questo così fa più male». […] Il lato triste dello sport, come lo ha definito a caldo, che per qualche giorno ne annebbierà pensieri e motivazioni. Ma Sinner è sempre stato capace di risollevarsi dalle sconfitte, traendone linfa per migliorare fino all’approdo al numero uno del mondo. Un concetto ribadito anche da coach Vagnozzi in un toccante messaggio che gli ha dedicato su Instagram: «Sono queste le partite che ti forgiano, che definiscono chi sei. Chi ti vive tutti i giorni sa cosa c’è dietro ogni
colpo, ogni scatto, ogni salto, ogni pugno: una dedizione totale. In finale hai mostrato al mondo non solo il tuo tennis, ma anche un cuore e una resilienza da numero uno. Il Paese è fiero di te, e io lo so no ancora di più. Questa storica partita ti renderà ancora più forte
». “Vagno”, come lo chiamano nel team, avrà un ruolo fondamentale nella gestione psicologica del momento insieme a Darren Cahill, che potrebbe decidere di rimanere insieme all’allievo fino a Wimbledon senza concedersi una piccola vacanza prima di Londra. Tutti insieme per andare oltre le avversità, come è sempre successo in particolare durante il terribile caso Clostebol. Strategie di cui hanno parlato, malgrado il clima non certamente festoso, già nella cena di domenica sera e fissate nel consueto approccio: l’antidoto alla sconfitta sarà il lavoro. Poi ieri mattina Jannik è partito in fretta da Parigi, lasciando come ricordo un post sui social con due foto,
una da solo e un’altra insieme ad Alcaraz e il commento “Ho dato tutto, ma questa volta non è bastato. Ci vediamo il prossimo anno“. […] I primi giorni di questa settimana saranno dedicati da Sinner al rito che più di ogni altro lo ritempra: l’abbraccio con la famiglia nel calore di Sesto Pusteria. Mamma Siglinde lo ha raggiunto a Parigi per le ultime partite del torneo, e inquadrata spesso durante la finale si è guadagnata la simpatia anche dei francesi per quel crogiolo di emozioni mostrato senza filtri in mondovisione, con genuino amore materno. E’ sulla sua spalla che Jannik ha versato le lacrime più amare dopo la partita […] ed è con lei che ieri è tornato a casa. Tra i suoi monti ritroverà papà Hanspeter e il fratello Mark, che a Parigi non c’erano perché impegnati al lavoro: «Questa è la mia routine, queste sono le cose che mi fanno stare bene e che mi aiutano a non perdermi: tempo per me stesso, la mia famiglia, stare un po’ con loro. E poi andiamo avanti». Pur nella terribile caduta, sono le parole e finali della conferenza stampa post match a rappresentare l’essenza della personalità del più forte giocatore del mondo: «Ora è inutile stare qui a piangersi a dosso». Tremenda delusione, ma il desiderio di ripartire. Da casa, Sinner raggiungerà direttamente Halle tra venerdì e sabato, per cominciare gli allenamenti del torneo che scatta lunedì […] e vinto un anno fa su Hurckaz, il suo primo ed unico trionfo sull’erba. Dopo Halle, un’altra settimana di allenamenti prima di Wimbledon […] sui sacri prati di Church Road inseguirà la rivincita su Alcaraz. Splendore sull’erba.

Più servizio e gioco a rete. Così Jannik a Wimbledon potrà battere Alcaraz (Paolo Bertolucci, La Gazzetta dello Sport)

Non sarà facile per Jannik Sinner metabolizzare una sconfitta in una finale Slam maturata con 3 match point a favore non sfruttati, ma conosciamo le sue doti di reazione la sua capacità di migliorare il suo rendimento e di elevare il livello nelle partite
successive alle […] sconfitte. […] Sicuramente gli farà bene trascorrere qualche giorno in famiglia, per ritrovare serenità e tranquillità nel contorno degli affetti più cari. Poi ripartirà nell’unico modo che conosce e che gli permetterà di focalizzarsi sui prossimi obiettivi senza tornare con i ricordi all’occasione persa al Roland Garros: il lavoro quotidiano. Comincia la stagione sull’erba e Wimbledon per lui, che ha già giocato la semifinale nel 2023, è senza dubbio un obiettivo concreto. Anche perché Parigi ha dimostrato una volta di più quanto sia profondo il divario che separa lui e lo spagnolo dal resto della concorrenza. Ma prima di analizzare come potrà svilupparsi una loro eventuale sfida sui sacri prati inglesi, e giusto chiedersi quali aspetti positivi Sinner debba portarsi via dalla Francia, malgrado la sconfitta. Intanto, credo sia stata una sorpresa anche per lui giocare due finali sulla terra dopo il rientro dalla squalifica: significa che dal punto di vista mentale ha completamente superato il trauma del caso Clostebol e che la preparazione nel periodo senza partite è stata eccezionale. La reazione sul finire del 5° set, quando ha strappato il servizio ad Alcaraz che batteva per conquistare il torneo, ha dimostrato una volta di più la feroce determinazione di Jannik a sottrarsi alla sconfitta ed è la garanzia che saprà smaltire in fretta la delusione. Dal punto di vista fisico, è evidente che nel 5° set fosse più stanco dell’avversario, ma è stato capace di trovare energie insperate giocando un tennis favoloso negli ultimi tre game del parziale, fino al tie break in cui lo spagnolo ha espresso un tennis irreale. Jannik probabilmente aveva bisogno di partite più combattute nel corso del torneo per farsi trovare più pronto, ma la finale gli darà informazioni preziose su come gestire la lunga distanza quando gli capiterà di nuovo: in definitiva credo che le partite oltre le 4 ore non saranno più un handicap per lui. […] Ma tutto questo come si tradurrà nei match sull’erba, una superficie con peculiarità uniche? La premessa è che il livello espresso da Sinner e Alcaraz è tale che le loro sfide saranno sempre decise da minimi dettagli, da pochi punti decisivi e quindi possono andare in una direzione o nell’altra nel corso della stessa partita, come è successo a Parigi. Dal punto di vista tecnico, a Wimbledon Jannik dovrà alzare la percentuale di prime palle in gioco, che al Roland Garros raramente si è avvicinata al 60%, un obiettivo alla portata considerando che sull’erba più che la botta risolutiva, spesso serve giocare un servizio più lavorato per offrire all’avversario un rimbalzo più complesso. Sulla seconda, invece, le variazioni nei tagli mostrate al Bois de Boulogne diventeranno un’arma ancora più affidabile. Nel posizionamento di gambe sui colpi a rimbalzo e nella risposta al servizio, fondamentale sui prati dove i grandi battitori possono rappresentare un pericolo soprattutto nei primi turni, il numero 1 del mondo è già al top, e dunque i miglioramenti dovranno riguardare il gioco a rete. Al Roland Garros Sinner ha giocato un paio di volée non risolutive in situazioni di vantaggio, un errore che non dovrà commettere sui campi londinesi, dove la fase dell’approccio a rete può consentire di prendere in controtempo i rivali oppure di ottenere punti facili dopo che la pressione negli scambi da fondo ha portato l’avversario in una posizione di campo complicata. […] Nel contesto, diventerà utile in qualche circostanza utilizzare anche il serve and volley. Nello specifico, poi, nonostante abbia vinto gli ultimi 2 Wimbeldon, Alcaraz sui prati non può contare sulle stesse armi che lo hanno reso il migliore sulla terra . Sull’erba, il servizio in kick da sinistra che porta Sinner fuori dal campo aprendogli lo spazio per la soluzione con il lungolinea di dritto, così tanto usata a Parigi, è meno frequentabile perché la palla rimbalza di meno. Inoltre, la straordinaria capacità di colpire in anticipo che toglie tempi di gioco immediati a Jannik, sul verde risulta più complessa per le qualità dei rimbalzi, aumentando il numero degli errori. Infine, le grandissime doti difensive di Carlos possono esaltarsi solo in parte sull’erba, dove le scivolate sono impossibili. Sulla terra le percentuali erano 52% per lo spagnolo e 48% per l’azzurro, a Wimbledon si capovolgeranno e Sinner dovrà considerato leggermente favorito.

Perché Sinner ne uscirà più forte (Alessandro Nizegorodcew, Corriere dello Sport Stadio)

I giorni passano, ma la finale del Roland Garros fa ancora male. A Jannik Sinner e a tutti i suoi tifosi. La sconfitta contro Carlos Alcaraz, seppur devastante psicologicamente per la maniera in cui è arrivata, porta però con sé molti aspetti positivi. Difficili, oggi, da scorgere, ma in realtà molto evidenti. «Questa storica partita ti renderà ancora più forte», ha scritto coach Simone Vagnozzi sui propri canali social. Una frase che racconta ciò che, molto probabilmente, sarà visibile nelle prossime settimane, mesi, anni. Jannik ha dimostrato, dopo ogni batosta, di saper comprendere i dettami che quel match gli ha insegnato. Nel bene e nel male. Ciò non vuol dire che la finale di Parigi non rimarrà a lungo nei pensieri […] di Sinner, ma che insieme al suo team saprà analizzarne ogni singolo dettaglio. Lavorare, crescere, migliorare. Jannik ha sempre ragionato così e continuerà a farlo; ha reagito ogni volta alle difficoltà e non vedrà l’ora di confrontarsi nuovamente con il suo acerrimo rivale; e piano piano scardinare le certezze. E’ avvenuto in passato, continuerà ad accadere. […] Un classico esempio è la storia dei match contro Stefanos Tsitsipas. Nel gennaio del 2023 Jannik affrontò il greco negli ottavi di finale degli Australian Open in quella che fu la loro sesta sfida. Tsitsipas era avanti 4-1 nei precedenti e si era imposto nettamente a Melbourne l’anno precedente 6-3 6-4 6-2. Dodici mesi dopo, con Simone Vagnozzi in panchina al posto di Riccardo Piatti, Sinner uscì comunque sconfitto ma stavolta in cinque combattuti set. Fu un incontro completamente diverso rispetto a quelli precedenti e, seppur perso, rivelò qualcosa di nuovo. Jannik uscì dal campo rimediando la sedicesima sconfitta su diciassette contro i Top 5 ATP. Il pensiero comune era: più di così non potrà mai fare. Nulla di più sbagliato. Poche settimane dopo l’azzurro dominò contro Tsitsipas a Rotterdam conquistando, da lì in poi, ventidue delle successive trentadue sfide all’élite mondiale. Studiare l’avversario da dentro il campo […] è un’arte di Jannik e del suo team. La mini saga contro Daniil Medvedev ne è ulteriore testimonianza: sei sconfitte nelle prime sei sfide e poi otto vittorie nelle successive nove. Ovviamente ribaltare l’head to head contro Carlitos sarà tutt’altro che semplice ma la sensazione è che, a breve, potrebbe esserci un’inversione di tendenza. […] Più che ricordare la rivalità tra Nadal e Federer, che soprattutto su terra ha visto lo svizzero patire Rafa per tutta la carriera, è più probabile che la saga tra Carlos e Jannik possa riportare alla memoria, per equilibrio e intensità, quella tra Nadal e Djokovic. Sfide in cui pochi punti possono fare la differenza. Cosa sarebbe accaduto se Sinner avesse chiuso […] uno di quei tre match point? Cosa si sarebbe detto? Jannik avrebbe vinto […] dominando in quattro set, senza mai dare scampo ad Alcaraz. Lo spagnolo, per vincere contro Sinner, deve invece sempre disputare un match straordinario. La finale di Parigi ha raccontato che Jannik è arrivato a un passo dalla vittoria senza l’ausilio della prima di servizio […] e che, allo stesso tempo, ha migliorato molto la seconda. Il match ha evidenziato che Alcaraz può tenere un livello più alto dell’azzurro, ma solo per una manciata di minuti […]. Quando Carlos arriva in fondo significa che sta giocando il suo miglior tennis, mentre Jannik giunge in finale a prescindere. I margini di miglioramento di Sinner sono, complessivamente, superiori a quelli di Alcaraz. Chi oggi spara sentenze dovrà presto ricredersi. Chissà, magari già da Wimbledon.

E’ un essere speciale anche da sconfitto (Cristiano Gatti, Corriere dello Sport Stadio)

Ammettiamolo, siamo tutti umani in carne e ossa, non mancherebbe davvero niente per una sbroccata epocale, del tipo quell’Alcaraz ha un bidone della spazzatura al posto del cuore […]. C’è la batosta al super tie-break dopo mezza giornata di tennis, ci sono i tre match-point buttati nell’indifferenziato uno dietro l’altro, c’è questa sequela ormai tabù degli ultimi cinque incontri tutti persi contro lo spagnolo, c’è praticamente il cocktail esplosivo per uno psicobotto memorabile: invece lui torna dalla doccia e chiude la questione come un Forrest Gump a fine corsa, quello del mi sento un po’ stanchino. «Non è un momento facile per me… Staccherò qualche giorno». E poi complimenti all’avversario, e poi subito l’impegno a riprovarci, e poi quasi un porgere le scuse per la delusione inflitta alla nazione. E che diamine: per questo dopo-partita parigino mi verrebbe da dire che Jannik Sinner non ha davvero niente di italiano, niente della nostra atavica propensione a giustificare il fallimento scaricandolo addosso a qualcuno o qualcosa, ma mi sa che non darò mai più del poco italiano a Sinner perché già troppi glielo rinfacciano e in un modo per niente carino. Allora, cercando di alzare la testa: per una volta eccoci qui ad apprendere dal nostro ragazzo strano speciale originale non tanto l’arte di vincere, ma l’arte di perdere. In una delle giornate più luminose dello sport mondiale, in una delle giornate più cupe della sua pirotecnica carriera, lui trova da qualche parte il coraggio di ripresentarsi in pubblico semplicemente così com’è. Diventa ciò che sei ha detto il filosofo, a quanto pare Jannik lo è già diventato in così tenera età, molto prima di aver concluso il suo lungo viaggio nell’esperienza e nella conoscenza. Dev’essere un dono di natura, non può essere diversamene. E’ solo così, restando placidamente se stessi, trattando allo stesso modo vittoria e sconfitta, tenendo entrambe a distanza di sicurezza come si meritano i grandi bugiardi, è solo così che anche la più carogna delle disfatte può tramutarsi in un bicchiere mezzo pieno, comunque un bicchiere da tracannare senza morirne avvelenati. Sinner si porta a casa record di ascolti televisivi, l’abbraccio solenne di Sommo Federer […], soprattutto un picco di tenera simpatia che nessun trofeo gli regalerà mai. È alla fine di questo master accelerato che persino il vecchio Alca, ipoteticamente un tremendo incubo notturno, potrà diventare digeribile come il vecchio Alka-Seltzer, senza che neppure la più perfida delle finali riesca a lasciare tracce nel domani di Sinner. Il fenomeno speciale nel trionfo, speciale nella rovina. Si scriverà un giorno di questa fantascientifica giornata del Roland Garros 2025: quella domenica, su quel campo, non un colpo, non una parola, non ci fu niente di convenzionale. Tantomeno lo sconfitto.

Da Roger a Rafa all’era dei SinAl… (Daniele Azzolini, Tuttosport)

C’è ancora magia, su quella terra rossa stretta fra il bosco di Boulogne e il complesso delle serre in stile liberty, e non credevo fosse possibile, non dopo i quattordici titoli vinti da Rafa Nadal. Ci sono nuove emozioni da scoprire, nuove inquadrature da ammirare, e l’eterno incanto della bellezza che continua a sorgere con il sole del mattino e a illuminare tutto di sé. Sbagliavo, non era un capitolo chiuso, non bastava ripetermi che nessuno sarebbe stato più come Rafa, e dare per scontato che nessun altro avrebbe potuto ricondurmi a quello stato di pura sospensione che avvertivo nel sentirmi trascinato verso i Campi Elisi del mio sport preferito, là dove si gioca a tennis come in paradiso. La finale di domenica tra Alcaraz e Sinner mi ha riportato a quegli antichi pensieri, a quei contrasti, all’idea che due nuovi rivali, destinati a diventare amici come Rafa e Roger, fossero in grado di ricondurre il tennis alla sua fase creativa più alta ed essenziale, quella che nasce dal contrasto degli elementi in campo, degli stili, delle opposte strategie. La magia di Nadal e Federer, che congiunse le due opposte metà di un tennis agli antipodi, per dare vita a un insieme unico e inscindibile, perfetto e rotondo come una pallina, ha ripreso a vivere nella finale tra Alcaraz e Sinner, geni opposti di uno sport che vuole ancora stupire. Ed è stata la finale più bella che potessi immaginare, estenuante e intricata, edificata su colpi geniali portati a una velocità impressionante. I Fedal sono andati in pensione, evviva i SinAl, che a lungo si sono rincorsi, per trovarsi nella loro prima finale dello Slam. Da domenica, il tennis è tutto per loro. Del resto, chi mai potrebbe batterli? La finale delle cinque ore e ventinove minuti li eleva due spanne sopra gli avversari. Sì, voglio dire, qualche sconfitta prenderà forma, qui e là, sarebbe disumano se non accadesse, ma nel corso di una stagione lunga e tempestosa, vi sembra davvero che qualcuno possa sostituirsi a loro, o anche soltanto a uno dei due? Sinner, più cinico di Alcaraz quando gioca con gli altri, meno quando di fronte ha lo spagnolo, ha fatto strage degli avversari più vicini. Al punto che certi risultati che hanno lasciato tutti a bocca aperta, conquistati tra Roma e Parigi, assumono oggi un valore quasi assoluto, simile a una bocciatura definitiva. Il 6-0 6-1 a Ruud, il 6-0 6-1 6-2 a Lehecka, il 6-1 6-3 6-4 a Rublev. Abbiamo applaudito Bublik per aver obbligato Jannik a un secondo set da dodici game, incastonato tra una prima frazione da 6-1 e una terza da 6-0. A Roma si dice, «ma di che stamo a parlà?»… I russi sembrano pensionati, Medvedev appare anche un po’ in stato depressivo, Zverev è in coma tennistico, la vecchia guardia da terra rossa […] alle prese con un invecchiamento precoce, la nuova […] ancora di là da completare la propria crescita. E l’unico che possa contrastarli, oggi, appare Musetti… Poi c’è Djokovic, che ha l’anima del campione e vuole resistere agli anni e a qualsiasi avversario. Sa che Sinner e Alcaraz sono diventati irraggiungibili sul cemento, e Carlitos anche sull’erba. Da questo Roland Garros ha capito come stanno le cose anche sulla terra rossa. Ma lui è un caso a parte, e non è nemmeno giusto infilarlo nel mucchio selvaggio dei troppo facili da battere. Bello il messaggio di coach Vagnozzi a Sinner. Ispirato e fraterno… «Essere al tuo fianco non è solo un onore, ma una responsabilità che porto con fierezza. Questa storica partita ti renderà ancora più forte. Il Paese è fiero di te, e io lo sono ancora di più. Fa male. Ma sono queste le partite che ti forgiano, che definiscono chi sei. Chi ti vive tutti i giorni sa cosa c’è dietro ogni colpo, ogni scatto, ogni salto: una dedizione totale. Ieri hai mostrato al mondo non solo il tuo tennis, ma anche un cuore e una resilienza da numero uno. Il Paese è fiero di te, e io lo sono ancora di più. Grazie Jannik, con gratulazioni ad Alcaraz e a tutto il suo team». Servirà per ripartire, ma non credo che Sinner avrà problemi. La sconfitta gli resterà appiccicata addosso per un po’, così come alcune valutazioni annesse e connesse, come quella che “con qualche partita in più nelle gambe e nella testa” forse la finale si sarebbe chiusa sui tre match point del quarto set. Io ne sono convinto, ma non conta e non cambia niente… Poi tutto svanirà, e altri sentimenti più conosciuti si faranno largo. L’erba è una bella occasione per ricominciare, e Sinner […] ha la possibilità di giocarsela alla pari con Alcaraz, che a Wimbledon ha vinto le ultime due stagioni. Con la certezza che il numero uno resterà con lui fino al termine dei Championships. Quando le settimane di regno saliranno a 58, anche Courier sarà superato e Sinner sarà dodicesimo nella lista dei più forti di sempre. Resta la questione Alcaraz… Il conto attuale, di 8-4 a favore dello spagnolo, assume una consistenza forse troppo punitiva nei confronti di Jannik, vista anche la vicinanza tra i due espressa dalla finale di Parigi. La storia ricalca in qualche modo quella di Rafa e Roger, che dopo quattro anni di confronti vedeva lo spagnolo avanti 12-6 al termine del 2008. Nella fresca storia dei SinAl, però, la cosa curiosa è che i geni di Federer hanno attecchito più su Alcaraz, mentre l’etica del lavoro di stampo nadaliano è più dalla parte di Sinner. Un motivo in più per godere della nuova rivalità. Sinner avrà tempo e modo per recuperare.

Perché tifiamo Sinner? (Massimo Gramellini, Corriere della Sera)

Anche se qualcuno si ostina a non considerarlo italiano […], proprio nel giorno in cui ha perso una finale già vinta Sinner è assurto a rito unificante del Paese, surclassando quello della Nazionale di calcio, che sopravvive solo nei maschi più attempati. Uno dei quali sarei io, eppure ho trascorso la domenica davanti al televisore per incoraggiare un tennista che non mi poteva sentire, che non conosco e di cui ho criticato alcune scelte. Mentre mi struggevo per lui, arrivando a maledire il suo avversario, quel torero che dopo ogni colpo vincente roteava il pugno per sollecitare l’ovazione della folla adorante, ecco, mentre retrocedevo all’infanzia e palpitavo per un rovescio a due mani come per il primo gelato sbrodolato sul bavaglino, mi domandavo: ma cos’è? Il transfert, dico, o come diavolo si chiama questa strana alchimia per cui un collega alla fine del primo game del primo set mi ha scritto: «E vai, che siamo già avanti 1 a 0!». Fino a poco tempo fa, un’amica di mia moglie pensava che il tie-break fosse una colazione elegante. Ebbene, ieri mi ha confessato che il pensiero della sconfitta le galleggiava ancora nello stomaco. Anche a me. Eppure, ripeto, non conosco Sinner e non ho percentuali sui suoi guadagni. Perché mai gli ho affidato un pezzetto del mio umore e sono pronto a scommettere che a Wimbledon batterà Alcaraz in quattro set? L’unica spiegazione è che quel ragazzo dalle gambe troppo magre sia capace di fare qualcosa che ad altri non riesce più. Emozionarmi.

La Mamma di Sinner e il tifo del pubblico (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera)

Se Adriano Panatta, che resta purtroppo l’unico italiano ad aver vinto il Roland Garros in era Open, definisce la finale di domenica la più bella partita di tennis cui abbia assistito nella sua vita, allora vale la pena fermare alcune delle immagini che ci hanno più emozionati. Innanzitutto, il volto della mamma di Sinner. La signora Siglinde ha un nome da divinità nibelungica ma è più latina di noi. La sua sofferenza ci ha coinvolti, tanto più che il figlio, pur nella sua apparente freddezza, ha nel viso l’identica espressione della madre. Il tennis, ce lo siamo già detti, è un confronto della mente, uno sport di combattimento senza contatto, un incrocio tra il pugilato e gli scacchi. Che due campioni che saranno l’uno per l’altro il rivale della vita si siano affrontati alla morte senza mai perdere il rispetto, anzi concedendosi a vicenda punti mal giudicati dagli arbitri, è qualcosa di straordinario. Tra Connors e McEnroe non sarebbe mai successo, e pure con Djokovic in campo qualche frizione con Nadal e Federer c’è stata. Alcaraz a volte esulta in modo particolarmente plateale, anche per trascinare con sé il pubblico. A Parigi ci è riuscito. Ma il vittimismo social è alimentato da chi non conosce le dinamiche del Roland Garros e del tennis. Il pubblico tifa sempre per la partita. E poi Alcaraz e Sinner hanno un tennis molto diverso. Non è vero che Alcaraz giochi meglio. E’ vero il contrario. Sinner è tatticamente superiore […]. Alcaraz è più spettacolare; il che è un’altra cosa. Se Sinner domenica ha commesso un errore, è stato non sfruttare appieno il servizio, l’unico colpo in cui è superiore ad Alcaraz, grazie agli otto centimetri di statura in più. A Wimbledon potrebbe andare diversamente.

Le lacrime di Mamma Siglinde Sinner (Caterina Soffici, La Stampa)

La mamma di Jannik Sinner, un po’ come la moglie del tenente Colombo: non si vede mai. Dice che non ce la fa a seguire le partite dal vivo. Troppa sofferenza per quel figlio che lotta e corre e suda punto dopo punto. Domenica invece l’abbiamo vista fin troppo, Siglinde Sinner. C’era lei, stranamente, nel box di Jannik. Lei, che in genere rimane a casa e accende la tv ogni tanto, per controllare il risultato. Lei, che a Roma è uscita dopo il primo set perso contro Tommy Paul e l’hanno vista passeggiare sul Lungotevere. Adesso sta vincendo, non rientra signora? Non ci penso neanche, non c’è la faccio. Aspetto che finisca. Domenica Siglinde era al Roland Garros e la telecamera indugiava sul suo volto. E potevamo seguire, noi che soffrivamo da casa, la sofferenza di Siglinde, il suo volto sempre più sfatto, quasi liquefatto, che si scioglieva come una candela e bruciava per quelle interminabili 5 ore e 29 minuti, la partita più lunga nella storia del torneo. Così, attraverso il volto della mamma di Jannik potevamo seguire l’andamento della partita. Percepire, o almeno immaginare, anche la sofferenza del figlio. Sui tre match point sfumati da Sinner al quarto set, la telecamera ha in quadrato lo sguardo spiritato di Siglinde, poi la Coppa dei Moschettieri, poi è tornata sul campo dove prendeva forma l’epica battaglia. Ma gli occhi di Siglinde, ormai non più protetti da gli occhiali da sole, dicevano tutto. Alla fine hanno pianto tutti. Ha pianto Siglinde, che sfata il mito dell’algida altoatesina e piange come tutte le mamme del mondo. Anche se tuo figlio è il numero uno del mondo, le emozioni restano quelle della recita di fine anno di prima elementare. Lui è lì, da solo sul palcoscenico, e tu non puoi fare niente, il tuo massimo contributo è soffrire in silenzio e alla fine piangere. Ha pianto Jannik, negli spogliatoi. Per sfogare la tensione, la delusione, la rabbia di una partita che poteva essere il suggello della perfezione ed è stata la sconfitta più dolorosa. Perché dicono che Jannik è una macchina da guerra. Un robot del tennis. Un alieno capace di cose extraterrestri. Tutto vero, ma è anche un ragazzo di 23 anni e nessuno è invincibile e forse avrà pianto abbracciato alla mamma, chissà? E non è una brutta cosa piangere, che si buttano fuori tante cose tossiche, si ammazzano i fantasmi e si rimettono gli orchi nell’armadio delle paure. E ora Jannik torna con Siglinde a casa, nelle sue montagne della Val Pusteria, dove tutto è semplice e così diverso dai luoghi che frequenta di solito. Stanze di albergo anonime, lussuose ma alla lunga insopportabili. Aerei, lounge, interviste, spot e poi allenamenti e allenamenti e allenamenti. La miniera è peggio, diciamocelo. Ma anche questa non è una vita facile per un giovane di 23 anni. Anche l’extraterrestre Sinner ha bisogno di tornare sul suo pianeta, specie per ricaricarsi dopo una batosta del genere, perdere al Roland Garros quando avevi la vittoria in pugno. Ha bisogno della sua famiglia, ha detto. Ha bisogno di condividere la sofferenza con qualcuno che parli il suo lessico famigliare, dei gesti che ha lasciato da piccolo quando si è trasferito a Ventimiglia all’accademia di Piatti. Non lo sapremo mai, ma ci scommetto che Siglinde ha pianto tanto quando l’ha lasciato andare, quando quel furetto dai capelli rossi ha chiesto di seguirei suoi sogni. Aveva tredici anni. Ma adesso che ne ha 23, quando la vita colpisce duro, Jannik torna a casa, nell’unico luogo al mondo dove non deve dimostrare niente a nessuno.

I “Big 2” coma Rafa e Roger? E’ ancora troppo presto (Vincenzo Santopadre, La Stampa)

Alcaraz e Sinner avrebbero avuto serie chance di battere Rafael Nadal al Roland Garros nel suo periodo migliore. Se arriveranno a vincere più di 20 Slam a testa? Lo ritengo improbabile, perché è una cifra davvero spaventosa. Al tempo stesso, devo ammettere che il livello a cui hanno giocato in questa finale è il più alto che abbia mai visto». Sono parole di McEnroe, ma con tutto l’enorme rispetto per il personaggio, mi sembrano un po’ chiacchiere da bar… del tennis. In primo luogo perché Nadal si sarebbe adattato, come ha dimostrato di saper fare nel corso di una carriera lunghissima. E poi perché paragoni del genere potremo farli quando Sinner e Alcaraz avranno vinto 14 volte il Roland Garros… Non voglio certo sminuire Jannik e Carlos, intendiamoci. La loro partita giustamente è entrata subito nella leggenda: perché era una finale Slam, fra il numero 1 e 2 Atp, perché è finita al quinto set, anzi al tie break del quinto set, e dopo mille capovolgimenti di fronte. Personalmente non ricordo un’altra finale Slam in cui entrambi abbiano servito per il match e si siano fatti breccare. Inoltre, più il tempo passava più la partita saliva di livello. E stato il match che ha definitivamente sdoganato una rivalità che era già ben avviata. Alcaraz è due gradini sopra tutti, Sinner […] per me tre e mezzo: e lo dico perché Alcaraz a volte inciampa nei primi turni, come se si distraesse, mentre Jannik ha una continuità impressionante. In compenso lo spagnolo è in grado di “accendersi” nei match che contano e nei momenti cruciali, come i tie-break. Li è come se vibrasse, risuonasse di mille “armonici” mentre lo “strumento Jannik” ha un suono più pieno e continuo, ma meno articolato. Poi a Carlos piace giocare colpi ad effetto. Come Lorenzo Musetti, gode del piacere del pubblico, entra nel cosiddetto “flow” e decolla. Per concludere: i “Big 2” sono già campioni assoluti, ma per paragonarli ai loro predecessori, caro John, meglio aspettare ancora un poco. […]

Sinner, fuga da Alcaraz (Vincenzo Martucci, Il Messaggero)

Dopo lo sguardo perso sul campo, dopo l’annuncio che non
avrebbe dormito tutta notte, dopo lo sfogo e le lacrime negli spogliatoi, dopo l’onestissima analisi del dopo partita […], dopo la rabbia, dopo la fuga sui suoi monti da mamma, papà e amici, dopo l’attenta analisi coi coach rivedendo con attenzione la finale del Roland Garros, dopo aver curato le vesciche ai piedi ed aver calzato le scarpe da erba per Halle […], Jannik Sinner punterà ancor di più il mirino sull’unico avversario che lo batte: il terribile Carlos Alcaraz. Si leccherà le ferite dopo l’ottava sconfitta in dodici duelli, la quinta consecutiva, la prima sotto il traguardo Majors, sporcando il 3/3 nelle finali Slam e l’aura di numero 1 non solo di continuità, freddezza e classifica ATP, ma soprattutto di rendimento sotto pressione. Le montagne da scalare da Spiderman-Sinner contro l’erede di Rafa Nadal sono una vera e propria catena. […] Sia nello scambio che nel match, il Profeta dai capelli rossi e il suo team hanno avuto la conferma che Carlitos accusa solo la velocità. Qualità che è alla base del gioco dell’altoatesino e che risulta decisiva con tutti gli altri avversari. Ma che, contro la tecnica e la fisicità dello spagnolo, presuppone uno sforzo atletico importante e una condizione fisica che, per Sinner, dopo i tre mesi di forzato stop, erano lacunosi. Tant’è che Jannik ha cominciato a mostrare la corda già al via di terzo set della finale, ha tenuto di nervi e di orgoglio, ma ha perso sempre più lucidità, sbagliando in modo anche eclatante, senza più le sue magnifiche gambe. Come s’è visto sul colpo più debole, il dritto, e anche sul servizio, che è andato a corrente alternata con la prima, con una media del 54% davvero troppo bassa per tenere lontano dal campo il toro scatenato Alcaraz in avvio di game. […] E’ chiaro che il preparatore atletico Marco Panichi dovrà trovare il modo di irrobustire il telaio senza toccare il magico motore del primo italiano a salire al numero 1 del mondo che ha festeggiato ieri le 53 settimane in vetta. Secondo i rilievi ATP, la durata media di una partita del Grande Slam maschile è salita infatti dalle 2 ore e 21 minuti del 1999 alle 2 ore e 54 di quest’anno. Con un aumento medio di oltre mezz’ora per partita che, al Roland Garros, è cresciuto al 24,8% rispetto al 1999, con una durata media di 2 ore e 56′. Per lo spettacolo è sicuramente meglio, in termini di partite epiche e quindi di popolarità, dai Fab Four al duopolio Alcaraz-Sinner. Che, ricordiamolo s’è spartito gli ultimi 6 Slam: l’anno scorso, Melbourne e US Open di Sinner, Roland Garros e Wimbledon di Alcaraz, quest’anno, finora, Melbourne di Sinner e Parigi di Alcaraz. Pubblico e popolarità che, nel tennis, si conformano a una media di utenti di 61 anni, come da sondaggio del 2017. […] Gestire Sinner in funzione di Alcaraz non è facile. Considerando che l’allievo di Juan Carlos Ferrero ha superato Jannik proprio durante il suo dominio, unico a riuscirci nelle ultime 49 partite, ritoccando il proprio straordinario bilancio […] anche nei tie-break, dove invece in genere l’italiano domina, e mettendo in rilievo il fattore 5° set che un tempo penalizzava in modo evidente l’allievo della coppia Vagnozzi-Cahill. Battuto per la terza volta dopo un vantaggio di due set a zero, 8/8 quando le partite superano le 3 ore e 50. Insomma, meglio andar veloci e non entrare nel Guinness dei primati, esaltando Carlos, terzo era Open ad aggiudicarsi una finale Slam dopo aver salvato match point, dopo Gaston Gaudio contro Coria al Roland Garros 2004 e Novak Djokovic contro Federer a Wimbledon 2019. L’argentino e lo svizzero ne sono rimasti scioccati, Sinner è sempre tornato più forte di prima. Anche dopo i due ko in 5° set con Alcaraz, agli US Open 2022 e al Roland Garros 2024.


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