Le semifinaliste: Lois Boisson
La grande sorpresa dello Slam parigino è stata la francese Lois Boisson. Numero 361 del ranking, è entrata in tabellone grazie a una wild card, ed è arrivata addirittura sino alla semifinale. Boisson ha esordito eliminando la testa di serie numero 24 Elise Mertens. Poi ha sconfitto Kalinina e Jacquemot, approdando così tra le ultime sedici rimaste in corsa. A questo punto il tabellone si è fatto davvero impegnativo: ha sconfitto in rimonta la numero 3 del mondo Jessica Pegula (3-6 6-4 6-4) e quindi la numero 6 Mirra Andreeva (7-6(6) 6-3). Per fermarla c’è voluta una prestazione impeccabile della futura campionessa Gauff (6-1 6-2).
Premetto che non la conoscevo e che non sono riuscito a seguirla nei primi tre turni parigini; dunque l’ho scoperta direttamente in occasione dei successi contro le due Top 10 Pegula e Andreeva. Credo che la domande che un po’ tutti si fanno siano di questo tenore: quanto vale come giocatrice? Siamo di fronte a un exploit irripetibile o abbiamo assistito ai primi passi di una futura protagonista del circuito?
Cominciamo dagli aspetti che sollevano qualche dubbio. Analizzando brevemente le partite degli ottavi e dei quarti bisogna riconoscere che sia Pegula che Andreeva non sono apparse irreprensibili. Durante il match con Boisson, specie nella seconda parte, Pegula ha avuto problemi nella ricerca di palla. Questo l’ha portata a colpire spesso in precario equilibrio, a causa di aggiustamenti in extremis al momento di eseguire lo swing; di conseguenza è cresciuta la percentuale di errori.
Andreeva invece ha subito la pressione dello scenario per lei insolito, vale a dire giocare di fronte a un pubblico ostile. Mirra è giovanissima, ha appena compiuto 18 anni, ed è abituata a vestire i panni della baby prodigio, che scende in campo accompagnata dalla simpatia di quasi tutti gli spettatori. Ma contro Boisson le cose erano del tutto differenti. Dopo un buon inizio, al momento di servire per il primo set (sul 5-4) ha commesso un paio di gratuiti di dritto che hanno favorito il break di Boisson; da quel momento, con tutto il pubblico coinvolto, ha cominciato a smarrire non solo la lucidità esecutiva ma anche quella tattica. Nel secondo set sembrava che il suo dritto non riuscisse proprio a far viaggiare normalmente la palla: usciva lentissima dalla racchetta, come se fosse “incollata” al piatto corde.
Insomma, per raggiungere la sua straordinaria semifinale, qualche involontario aiuto esterno Boisson l’ha avuto. Ci sono però altri aspetti che depongono a favore di Lois. Intanto ricordiamo che si tratta di una giocatrice ancora giovane (è nata nel maggio 2003), che negli ultimi anni non è riuscita a disputare una stagione intera a causa di seri infortuni. L’ultimo è del maggio 2024: rottura del crociato del ginocchio con inevitabile operazione e lunghi mesi di convalescenza. In pratica ha ripreso a competere nel febbraio 2025, ed è chiaro che con queste premesse la classifica è per forza deficitaria e poco attendibile.
Ma soprattutto ci sono alcuni aspetti tecnici che mi sono sembrati degni di nota, in particolare per il tennis da terra rossa. Innanzitutto una ottima mobilità, sia in orizzontale che in verticale. Poi una battuta efficace e varia, che supera i 180 km/h, capace di portarle punti facili con una certa continuità. Infine un dritto davvero potente, sia nella versione classica eseguita da destra che in quella anomala da sinistra. Per questo chi se l’è trovata di fronte ha dovuto gestire con attenzione le palle indirizzate dalla parte del dritto, un po’ come accadeva nel recente passato con avversarie come Samantha Stosur e Polona Hercog.
Cito Stosur ed Hercog perché entrambe avevano un gran dritto, ma nel rovescio il punto debole del loro repertorio. Confesso che nei tre match di Boisson che ho seguito non sono riuscito a capire quanto possa valere davvero il suo rovescio: a volte appariva anche efficace (che fosse in top spin o slice) ma altre volte le ha procurato errori abbastanza sconcertanti. Questo è l’aspetto che più di tutto mi fa sospendere il giudizio su di lei: se si dimostrerà sufficientemente solida sul lato sinistro dei colpi, allora potrà continuare a fare bene come a Parigi. Ma se invece mancasse competitività sul rovescio le prospettive risulterebbero meno rosee.
Infine sottolineo che la terra battuta parigina non è probabilmente la superficie migliore per valutare l’efficienza in risposta di una giocatrice: come si comporterà su erba e soprattutto sul cemento? In fondo sul duro si disputa più della metà dei tornei del circuito e quindi prima di emettere una valutazione di insieme più attendibile andranno rivalutate su altri terreni le sue qualità di “risponditrice”.
a pagina 4: Iga Swiatek